Capitolo 4
Suonarono il campanello intorno alle due del pomeriggio. Ignazio e Camila, che stavano sparecchiando, si guardarono, dubbiosi. Era comune ascoltare il fastidioso suono del citofono, ma non quello del campanello dell'appartamento. Probabilmente si trattava di Aníbal. Camila osservò l'esterno dallo spioncino. Era la vicina, Alicia.
-Ciao, Camila.
-Ciao, Alicia.
-Ho bisogno del duo aiuto. La baby sitter mi ha appena chiamata per dirmi che non può venire. Appena adesso! Mi ha piantata quando sto per ricevere la mia prima paziente! Potresti venire a casa mia e stare con Lucio mentre io lavoro? Ti pagherò!
-No, no, va bene- Balbettò. Non sapeva cosa fare. Da un lato, Alicia l'attirava, le sembrava franca e allegra. Dall'altro, temeva che i suoi genitori si sarebbero infuriati se scoprivano che era entrata nella casa di una sconosciuta.
-Perdonami, eri impegnata?
-I miei doveri.
-Se vuoi, porta i libri e studia a casa mia. Lucio lo possiamo mettere nel box e si potrà intrattenere da solo. È buono e tranquillo. Ho solo bisogno che tu stia vicino a lui e che gli dai un'occhiata, mentre io sono con i miei pazienti.
-Va bene- Accettò. Cercò i suoi quaderni e i suoi libri e seguì Alicia, che le diede qualche indicazione -sul cambiare i pannolini, il biberon, i suoi giochi preferiti e altro- prima che la prima paziente suonasse il citofono.
Quel primo pomeriggio Camila non aprì libro. In onore alla verità, non aveva molto da studiare e aveva finito i compiti prima che Alicia si presentasse; quindi passò il tempo giocando con Lucio, che si mostrò come il bambino più adorabile, simpatico ed intelligente che conosceva.
Intorno alle sei del pomeriggio, incominciò ad avere fame. Visto che Alicia l'aveva autorizzata, aprì il frigo. Si servì una porzione di cheesecake ai frutti di bosco, la sua preferita, e si preparò un thé con latte. Mise a sedere Lucio nel seggiolone e gli diede uno dei biscotti dolci che Alicia le aveva dato. Mentre godeva della cheesecake, si torturava con l'idea del che era grassa e non dovrebbe mangiarla. Lucio la guardava mangiare, mentre sbavava il biscotto. La contemplava con una serietà che a Camila scappò una risata soffocata. Lo osservò. Era carimo, occhi verdi grigiastri e capelli castano chiaro. Non assomigliava ad Alicia, e si chiese se aveva preso dal padre. Durante il tempo in cui aveva vissuto lì, Camila non ricordava essersi incrociata con nessun uomo simile.
Lucio si sfregò gli occhi e appoggiò la testa sul tavolino del seggiolone. Camila rimase a guardarlo, ubriaca di tenerezza. Bevve l'ultimo sorso di thé, lavò la tazza, la mise sullo scolapiatti e prese in braccio Lucio. Il bimbo appoggiò la testa sulla spalla di Camila. Lei lo abbracciò, andò in salotto e si sedette sulla poltrona. All'inizio e visto la scarsità della luce, non capì il quadro che aveva di fronte. Quando i suoi occhi si abituarono alla penombra, si scandalizzò. Si trattava di una lamina enorme, forse di un metro per un metro, con una cornice robusta e dorata, che faceva vedere una donna sdraiata, nuda e con le gambe aperte, dalla quale si vedeva parte del torso e l'intero monte di Venere, coperto da ricci neri. Il realismo del quadro le risultava ammirevole, tanto che sembrava una fotografia. Si alzò con difficoltà e si avvicinò per leggere una legenda ai piedi del quadro: L'Origine du monde - Gustave Courbet - Musée d'Orsay - Paris.
-Non è bellissimo?
-Ah! -Si spaventò Camila- Non ti ho sentita entrare.
-Eri molto assorta. Vedo che Lucio si è fatto subito amico tuo. Quando ha sonno, non dorme con nessuno, ad eccezione di me.
-È molto buono.
-Ti piace L'Origine du monde? -Alicia pronunciò bene il francese- È stato nascosto da un'altra pittura per molto tempo. Causò un enorme scandalo nella sua epoca, nel 1866. Io lo trovo affascinante.
-Sembra una foto.
-Perchè Courbet è uno dei padri del realismo. Amo tutte le sue opere. Di che segno sei, Camila?
-Del Toro.
-Toro! Come Lucio.
-Non so nulla di astrologia.
-Sai come definiamo noi astrologi ad alcuni del Toro? Io sento.
-Io sento?
-Sì. Voi siete i più sensuali dello Zodiaco. Apprezzate le cose in base ai sensi: quello del gusto, dell'olfatto, del tatto. Nella sua forma più semplice, siete golosi e comodi, non vi piace muovervi.
Camila si sorprese. Nessuno l'aveva definita con migliore esattezza nei suoi quasi sedici anni. Amava mangiare e le piaceva mettersi a leggere o vedere la tele; amava dormire fino a tardi; detestava che le mettessero fretta e odiava gli sport.
-Hai terminato con i tuoi pazienti?
-Sì, per oggi sì -Alicia le diede vari banconote- Alla baby sitter le pago venticinque pesos all'ora. Sei stata qui quattro ore, sono cento pesos.
"Cento pesos!".
-Grazie, ma l'ho fatto con piacere. Non devi pagarmi.
-Certo che devo pagarti. Nessuno lavora gratis, Camila. E poi, volevo proporti di diventare la nuova baby sitter di Lucio. Sembra stare molto bene con te. A che ora esci di scuola?
-All'una sono già a casa, tranne i martedì e i giovedì che ho ginnastica. In questi giorni arrivo alle due e mezza.
-Non c'è problema. I martedì e i giovedì io incomincio a lavorare intorno alle tre. Puoi pranzare qui quando arrivi.
L'idea la tentava: cento pesos al giorno e la bella sensazione che provocava stare a casa con Lucio.
-Non so se mia madre vorrà.
-Vuoi che parli con lei?
-No, no -Disse in fretta. Josefina non accetterebbe il tipo di donna come Alicia- Glielo chiedo e ti chiamo più tardi.
-Ok. Annotati il mio numero.
Fu Juan Manuel, suo padre, che le diede una mano per convincere Josefina.
-Juan, non abbiamo idea di chi sia questa donna.
-È la vicina. Camila sarà davanti casa.
-E dici che lei lavora lì?
-Sì. È psicologa e ha il consultorio nell'appartamento. Il suo appartamento è il doppio del nostro.
-Trascurerai lo studio- Insistette, e Juan Manuel sbuffò.
-Per favore, Josefina! Non conosci tua figlia? È la ragazza più responsabile e applicata dell'Argentina.
-Badare ad un bambino non è un gioco.
-Devo solo dargli un'occhiata. Lo metto nel box e lo guardo dal tavolo da pranzo nella quale studio.
-Per favore, Camila! Ho cresciuto due figli. Non mi dire che lo lascerai nel box e che rimarrà tranquillo perché so che non è vero.
-È molto tranquillo. E poi, mi pagherebbe molto bene. Io voglio avere i miei soldi. Oggi mi ha dato cento pesos per stare quattro ore con Lucio.
-Cento pesos! -Esclamò Ignacio- Anche io voglio essere baby sitter.
-Vai in camera tua a finire i compiti, Ignacio!- Lo oppresse Josefina.
-Uffa!
-E se ti vedo un altra colta su quel maledetto Facebook, verrai castigato per un mese.
-Uffa!
-Quando l'elemosina è alta, anche al santo vengono dubbi.
-Ti pagherebbe cento pesos tutti i giorni?- Juan Manuel passò sopra il detto di sua moglie e incominciò a fare calcoli.
-Non lo so, papà. Magari alcuni giorni avrà bisogno di me per meno ore.
-Ne dubito. Alla fine, tua figlia, Josi, prenderà più soldi di te, che fatichi a dare lezioni.
-Così potrei avere soldi per i miei bisogni e non dovrei chiederli a voi- Anche se la verità è che chiedeva loro pochi soldi da quando la fabbrica aveva chiuso.
-Voglio conoscere la tale Alicia.
-È fantastica- Disse Juan Manuel, e Camila tremò dentro. Non conosceva sua moglie per esprimersi tanto facilmente su una donna giovane e attraente? Non sapeva che era gelosa? Il suo futuro da baby sitter era al bordo della morte.
-Ah, sì? E come sai che è tanto fantastica?
-L'ho incrociata varie volte in ascensore.
-Ma guarda un po'. Io non l'ho mai incrociata.
-Cami -Disse Juan Manuel-, chiama la vicina e chiedile se può venire un momento.
Camila espirò alleviata: aveva temuto che i suoi genitori decidessero di andare a visitare la casa di Alicia, nella quale sala, al posto della Madonna con il figlio, come avevano loro, si trovava il quadro più scandaloso che conosceva.
Alicia accettò di visitarli e, in cinque minuti, si trovava nella sala della casa di Camila con Lucio in braccio. Ad opinione di Camila, sua madre non si scomodò a dimostrare l'antipatia che aveva verso la vicina. Alicia, invece, si comportò con cordialità. Juan Manuel decise che avrebbe provato per una quindicina di giorni. Se Camila, dato il lavoro, non svolgeva i doveri scolastici, avrebbe rinunciato.
La sera mangiarono in un ambiente teso e silenzioso. Camila si sentiva colpevole. Ignacio, suo fratello, come sempre, parlava del suo primo giorno di scuola, senza rendersi conto che nessuno gli prestava attenzione. Camila lavò i piatti e andò a farsi la doccia. Si sdraiò sul letto e appena sentiva le voci dei suoi genitori. Senza avere dubbi, sapeva che stavano discutendo. Camila s'angosciò al pensare che litigavano per colpa sua, della sua insistenza per lavorare con Alicia.
Alicia le aveva detto cose interessanti e sconcertanti: Io sento. Così si definiva una persona col segno del Toro. Poche volte l'avevano descritta con tanta precisione. In realtà, era la prima volta che qualcuno si preoccupava di descriverla. "Come sono?", si chiese.
Il mattino dopo entrò a scuola con un'altra prospettiva. Guardava i suoi compagni e rifletteva: "A differenza di voi, io lavoro per mantenermi", perchè aveva deciso che non sarebbe tornata a chiedere soldi ai suoi genitori neanche per i suoi beni e i libri scolastici. La sensazione di sicurezza e il sentimento di superiorità cedettero quando i suoi occhi caddero su Ines e Paola.
Recuperò un po' della sua positività durante la prima lezione di francese, che, per la maggior parte delle persone, era una nuova lingua; per lei, no. Anche l'intelligente e sempre imbattibile Lautaro si girò per chiederle come si pronunciava avoir e cosa voleva dire voiture. Il meglio avvenne quando, dopo che lesse un paragrafo su richiesta della professoressa, Sebastián le gridò:
-Hey, principessa! Sai anche parlare francese?
Si limitò a guardarlo con un sorriso e il cuore palpitante. Durante la ricreazione, non le dispiacque la sua solitudine come in passato. Si diceva che, in poche ore, avrebbe abbandonato quel vecchio e decrepito edificio, lascerebbe indietro i suoi compagni immaturi e dipendenti, e comincerebbe una nuova vita, quella di una donna che valeva per se stessa. I suoi pensieri s'interruppero subito quando Sebastián si sedette accanto a lei.
-Ciao, Cami.
-Ciao- Disse, senza fiato.
-Volevo chiederti un favore. Potresti tradurmi questo? -Le passò un foglio con la canzone "Bring me to Life", degli Evanescence- Questo testo è troppo complicato.
Camila lo mirò di lato e scoprì per la prima volta un luccichio sincero un lui, un gesto privo della vanità che lo caratterizzava.
-Va bene.
-Me la dai prima di uscire?
-Ok- Disse, e subito se ne pentì. Si ricordò di quando Lautaro la riprese: "E tu glielo hai letto, ovviamente". Come se l'avesse chiamato col pensiero, alzò lo sguardo e lo scoprì ad alcuni metri da lei; era con Laura e Nicola, però osservava lei con questa inspiegabile insistenza. Lo evitò; il suo sguardo la fece sentire un'idiota.
Si scontrò con Sebastián all'uscita della lezione di ginnastica. Era rimasto ad aspettarla? Gli fece un sorriso e tirò fuori il foglio con la traduzione per darglielo e continuare il suo cammino, velocemente, senza il contatto visuale. Sebastián la seguì.
-Perchè cammini così veloce? Non vuoi venire a prendere un caffè con me?
-Non posso.
-Non puoi?- Chiese, scandalizzato, e Camila trattenne un sorriso.
-Sto arrivando tardi.
-Dove?
-A lavoro.
-Tu lavori? -Si fermò prendendola per il braccio- Dove lavori?
-Sono baby sitter -Disse solamente. Dopo averlo fissato e aver apprezzato il verde dei suoi occhi, lo salutò- Ci vediamo domani, Sebastián. Sul serio, devo andare- Riprese a camminare, cosciente del fatto che lo lasciava indietro e che lui le guardava "globo terrestre".
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