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Capitolo 33: tra provette e serpenti

Confine col Paese delle Cascate, tempo presente

Ci inoltrammo nel bosco oltre il piccolo villaggio, non molto lontano dal confine col Paese delle Cascate.
Grazie alle indicazioni forniteci da Konan, che chissà poi come aveva ottenute, non ci misimo molto ad individuare l'ingresso del nascondiglio di Orochimaru.

«Kai!» dicemmo Sasori e io in contemporanea sbloccando l'ingresso.
Una parte del terreno si sollevò aprendoci la visuale sul covo, che iniziava con una serie di scale che terminavano avvolte nell'oscurità.

Ci scambiammo un'occhiata veloce, ricercando uno nello sguardo dell'altro il via per entrare, e iniziammo a percorrere la scalinata in pietra, oltre la quale si estendeva un lungo tunnel scavato nella roccia, completamente buio.

Creai una sfera di fuoco nella mano per rischiarare il tunnel, scoprendo le fiaccole per candele appese alle pareti e accendendole man mano che proseguivamo; esse avevano la forma di un serpente, davano l'idea di quanto viscido fosse il verme che percorreva regolarmente quei luoghi.

Arrivammo ad un incrocio.
«Da che parte?» chiesi al marionettista al mio fianco.

«Proviamo a sinistra, in caso torneremo indietro. Vedi di tenere a mente bene la strada, e ricordati di non abbassare la guardia. Potrebbero esserci delle trappole nascoste ovunque.» mi allertò guardandosi intorno guardingo, sopra, sotto e ai lati, come in cerca di quelle trappole.

«Potrei usare il byakugan per facilitarci. Tanto è certo che Orochimaru non sia qui, altrimenti lo avremmo già percepito.» proposi, anche se non avevo molta voglia di accelerare i tempi, oltretutto dovevo escogitare un piano per toglierlo di mezzo, non prima però di aver ricavato alcune informazioni da lui.

«Molto bene, procedi pure.» acconsentì lui sentendosi più sicuro sapendo dove fosse più sicuro mettere i piedi.

Agii attivando l'abilità oculare. Ispezionai l'intero corridoio, e come Sasori aveva previsto erano state piazzate diverse trappole, tra cui bombe e kunai pronti a scagliarcisi contro superato il sensore di movimento impiantato nel pavimento.
Esaminai anche le stanze del corridoio, spingendomi fin dove si divideva nuovamente; il covo era davvero immenso, e avevo ancora tutta l'altra ala da controllare.

«Il laboratorio non è qui, meglio provare con il corridoio dietro di noi.» suggerii dopo aver controllato l'ultima stanza, disattivando il byakugan.

Potrei attivare qualche trappola e tentare di farlo secco, anche se so che non avrebbe difficoltà a superarle... riflettei cambiando direzione, seguendo Sasori a pochi metri di distanza.

«Muoviti non abbiamo tutto il giorno.» disse acido muovendo la sua coda di metallo come a invitarmi ad affrettarmi.

Kami quanto vorrei ucciderlo all'istante!

«Che hai? Il pepe nel culo per caso? Nessuno ci corre dietro per una volta, tanto vale prendersela comoda.» replicai io seccata.

L'eco dei nostri passi rimbombava nei corridoi vuoti, rendendo l'ambiente quasi spettrale, senza contare le simpatiche decorazioni piazzate qua e là da un pedofilo di nostra conoscenza. Dava quasi i brividi quel posto, per fortuna che mi avevano impedito di finire tra le sue grinfie.

Continuai a creare delle fiamme per accendere le candele, e man mano che camminavamo una brutta sensazione cresceva dentro di me, ma ero certa fosse solo pessimismo il mio, così proseguimmo in silenzio lungo il corridoio con una stretta fastidiosa attorno allo stomaco.

«Byakugan.» controllai le stanze e finalmente individuai il laboratorio. «Laggiù.» indicai precedendo Sasori lungo la strada.

Aprii la porta, rimanendo disgustata. Lì dentro c'erano sì cose normali come fiale, provette, microscopi e tutto il resto per giocare ai piccoli chimici, ma c'erano anche i risultati della mente malata di uno scienziato pazzo.

A stento trattenni un conato di vomito passando lo sguardo sugli enormi cilindri in fondo alla stanza, dentro i quali nuotavano in un liquido azzurrognolo orripilanti creature serpentinose, dalle sembianze in parte umanoidi, in altri invece erano solo parti di corpi, braccia, occhi, parte di tessuti riposti con cura sui ripiani sulla parete destra, mentre su quella a sinistra c'erano, su uno scaffale, dei tomi di medicina, pergamene e simili affianco ad un tavolo di metallo. Sebbene sangue e dissezioni corporee per me non fossero una novità, questo ambiente da brividi rendeva il tutto più macabro, malsano, un'idea distorta che solo un fanatico come Hidan avrebbe potuto apprezzare. C'era qualcosa di malato e perverso che mi faceva sentire in colpa per i genocidi che avevo compiuto in passato.

È forse così che vedevano i resti del mio passaggio?

La luce che rischiarava la stanza aveva un che di inquietante. Sasori non parve minimamente turbato, forse perché conosceva Orochimaru e le sue stramberie meglio di me, o forse perché certe cose non lo toccavano affatto. Io di certo ero più sensibile a certe questioni morali ed etiche; non per altro stavo aspirando a migliorarmi.

«Qui c'è tutto quello che ci serve. Vieni.» si avvicinò al tavolo recuperando gli strumenti necessari per prelevarmi il sangue e poi analizzarlo con una strana macchina. Per facilitarsi i movimenti uscì dalla sua marionetta.

Un po' riluttante mi avvicinai a lui, cercando di non pensare agli esperimenti in fondo alla stanza.

«Paura?» domandò Sasori con un sorrisetto divertito notando il mio sguardo perplesso.

«Spaventata no, schifata si.» ammisi, anche se dovetti ammettere almeno a me stessa che quel luogo mi stava evocando brutti ricordi. Memorie di Konoha, della Radice... i loro laboratori non erano poi molto diversi.

Presi uno sgabello vicino a me e mi sedetti, scoprendo il braccio per farmi prelevare il sangue. Mi sentivo nervosa, solo perdere sangue per una ferita non mi sembrava strano, mentre vedere così il mio sangue... mi ricordava troppo la Radice.

Scossi la testa, dicendomi di non pensarci.

"Sicura di star bene?" domandò Kurama, anche lui un po' nervoso.

"È una cosa che va fatta. Se voglio anche solo una parte di risposte, questo è l'unico modo."

Sasori mi disinfettò il braccio, poi con gesti precisi mi infilò l'ago nel braccio, e quando ritenne di averne prelevato abbastanza sfilò lo strumento e infilò la fialetta con il mio sangue in un macchinario.

«Ci metterà una mezz'ora circa per analizzarlo, nel frattempo terminerò di identificare le varie sostanze di questo veleno.» asserì estraendo da una tasca interna della sua cappa la provetta col veleno.

«Va bene.» risposi constatando che sul braccio non era rimasta traccia del buco creato dall'ago.

Lo osservai spostare alcuni macchinari sul tavolo e fare spazio buttando sul pavimento con un gesto veloce del braccio le cose di troppo che non gli servivano.

I fogli svolazzarono fino a posarsi a terra, come foglie trascinate dal vento. Non seppi perché, ma ciò mi ricordò di un autunno lontano, di calde foglie del colore del sole volarmi attorno come in una criptica danza, di me che ballavo con loro sul ritmo di una melodia indecifrabile con i miei piedini scalzi sulla superficie di un fiume, conscia che qualcuno mi stesse guardando incantato, ma com'era venuto quel ricordo abbandonò la mia mente.

Di tanto in tanto mi capitava che i ricordi riaffiorassero in quel modo, sottili, a volte distanti altre più sentiti, eppure non riuscivo a ricollocarli nel giusto tempo. Quando era stata l'ultima volta che avevo danzato spensieratamente in quel modo? Ero certa di aver trascorso l'infanzia sempre in compagnia di Naruto, eppure qualcosa nella mia testa mi diceva che non fosse Naruto ad osservarmi in quel momento. Ma quando allora? Forse... prima del mio arrivo a Konoha?

Quella parte di me era un vero mistero. Non sapevo chi fossi prima di Konoha, a malapena sapevo chi ero diventata dopo. Però c'era un prima, un tempo in cui ero felice, magari in cui avevo una famiglia, dei genitori.

"Ohi Tsukiko? Non dovresti interrogarlo sui propositi dell'Alba?" mi ricordò Kurama notando che in quel momento ero distratta, persa nei miei pensieri più del solito.

"Si giusto..." dissi ancora imbambolata a pensare a quello straccio di ricordo.

«Ehi Sasori, spiegami un po': a cosa serve l'Organizzazione?» domandai cercando di non essere troppo diretta, per quanto possibile.

«Pain ha fondato l'Akatsuki per i suoi propositi, ma poi ognuno si è unito per perseguire i propri scopi. La maggior parte di noi lo fa per interesse personale e per avere un luogo sicuro dove rifugiarsi, dato che siamo tutti nukenin, e collaboriamo per raggiungere l'obiettivo del capo. Questo è quanto.» rispose continuando indisturbato il suo lavoro.

«Ok, ma perché dei terroristi dovrebbero cercare di portare la pace nel mondo?» domandai sinceramente confusa.

Scrollò le spalle; mi chiesi se lo fece perché effettivamente non lo sapeva o perché stufo delle mie domande, o magari perché era un segreto troppo grande da rivelare a qualcuno aggiuntosi all'Organizzazione da così poco tempo.

«Seguiamo gli ordini e basta. Per quel che mi riguarda, fin tanto che avrò un tetto sotto cui dormire e la possibilità di continuare a progettare marionette, mi andrà bene qualunque cosa.»

«E i bijuu? Come pensa di usarli Pain per portare la pace nel mondo? Non ha alcun senso! La gente sarà solo terrorizzata!» constatai scuotendo la testa. Davvero non capivo.

«Chiedi a lui. A me non importa poi molto, e penso valga così anche per gli altri.» troncò il discorso; alla fine avevo ottenuto poco più di nulla.

Ciò che mi aveva riferito era pressapoco la stessa cosa che mi avevano detto all'inizio. Era stato un buco nell'acqua; speravo che da tutta questa storia riuscissi almeno a scoprire qualcosa su di me.

Aspettammo che la macchina finisse di analizzare il mio sangue. Cercai di organizzare un piano per sbarazzarmi di Sasori, ogni minuto che passava diventavo più impaziente sia di eliminarlo sia per avere risposte.

Dopo la lunga attesa, finalmente la macchina per analizzare il sangue si era fermata. Su uno schermo lì vicino comparvero dei dati che non compresi, diciture mediche che Sasori, anche se a fatica, comprese.

«Avevo ragione. Osserva.» mi intimò a guardare lo schermo, ma tra tutte quelle linee, termini per me alieni e tutto il resto non capii nulla.

«Si... adesso mi è tutto chiaro. Ah ah.» annuii con convinzione.

«Non hai capito niente vero?» domandò Sasori sospirando.

«Già.» biascicai sorridendo angelicamente, facendolo buttare fuori l'aria in un tentativo di mantenere la calma.

Aprì la bocca, pronto a spiegare, ma non ne ebbe il tempo.

Ricordo l'assordante frastuono dell'esplosione, del dolore che mi investì assieme alle macerie che ci caddero addosso, il battito del cuore accelerato per lo spavento. Cosa era appena successo?

Tossii più volte, la polvere mi stava soffocando. Ero bloccata sotto svariate rocce, non c'era luce e la testa pulsava terribilmente.

Creai una sfera di fuoco con la mano destra, cercando di alzare il braccio, ma nel tentativo un dolore fulminante mi investì.

Cazzo, devo avere la spalla slogata.

Tossii ancora. Se non uscivo di lì, sarei per davvero morta soffocata. Attivai lo sharingan ed evocai il Susanoo, non solo il costato ma il corpo completo, spostando i massi e facendomi strada, verso la luce.

Appena uscii rimasi spiazzata. Sopra si vedeva il cielo, della decina di metri sopra il reticolo di gallerie del covo, composto da tonnellate di terra e foresta, non c'era più traccia.

«Ma che cazzo?»

Disattivai il Susanoo e sostituii lo sharingan sinistro col byakugan per trovare Sasori. Mi chiesi se fosse stato sbalzato via, se fosse ancora lì sotto o se magari aveva evitato la mia stessa sorte grazie ai suoi riflessi più sviluppati. Una pecca causata dal mio mancato addestramento, una debolezza che avrei dovuto eliminare al più presto, assieme a Sasori e all'organizzazione.

Lo individuai sotto i massi più superficiali, alla destra della mia posizione. Scambiai nuovamente il byakugan con lo sharingan e, aiutata dal Susanoo, lo liberai.

«Era ora.» sbuffò seccato. «Odio chi mi fa aspettare più del dovuto.»

«Odio chi mi fa aspettare più del dovuto.» gli feci il verso con voce stridula.

«Senti...» non terminò mai la frase. Non che volessi sentirne il seguito, certo, ma forse sarebbe stato meglio a ciò che avvenne dopo.

Sebbene quello fosse il corpo di una marionetta, era vivo, in qualche modo che non comprendevo, o almeno lo era pochi secondi fa.
Avvenne tutto velocemente, nemmeno il mio sharingan captò quei movimenti fulminei, ma alla fine quello che stavo pianificando si realizzò senza il minimo sforzo. Tutto era andato per il meglio.

Sasori era finalmente morto.

Ma non fui io la sua assassina.









Spazio autrice

Ciao bella gente 😘

Spero il capitolo vi sia piaciuto, anche se personalmente la fine non mi convinceva molto, è troppo breve, però mi serviva per il capitolo successivo; spero quindi che non vi sia sembrata troppo veloce rispetto al resto del capitolo, dove la storia avviene con un certo ritmo potremmo dire.

⚠️Importante!⚠️

La storia la aggiornerò da ora in poi mensilmente, così mi sarà più facile tirare avanti più storie contemporaneamente e regolarmente.

Alla prossima 🤗

🌟🦋vostra Fra🦋🌟

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