Capitolo 21: membro dell'Akatsuki
«E staccati Tobi!»
«Ma sempai... Tobi è un bravo ragazzo!»
«Grrrrr! Ora basta, mi hai stufato! Katsu! Uhm!»
Mi svegliai a causa delle urla di quegli scellerati, ma soprattutto per il rumore assordante dell'esplosione che seguì alla loro accesa discussione.
«Ma che hanno da urlare?» dissi con la voce impastata dal sonno, muovendomi un po' su quella semi-morbida superficie su cui ero distesa e tirandomi su a sedere, venendo volta da un capogiro e da un lieve dolore all'addome, dove istintivamente portai una mano per assicurarmi di non star più sanguinando.
Ciò che subito mi colpì, prima ancora di aprire gli occhi, fu il forte e freddo vento presente che mi scompigliò i capelli.
Aprii gli occhi lentamente, accecata dalla forte luce del sole, che sembrava più intensa del normale; fui costretta a coprirmi gli occhi col braccio, ma ciò non mi impedì di scoprire l'origine di quel vento: stavamo volando ad alta quota, e la cosa mi metteva un po' di paura. Nemmeno trasformata in un animale avevo mai sperimentato a volare, terrorizzata dall'idea di cadere di sotto e sfracellarmi al suolo.
Tuttavia, non era poi così male: da lassù la vista era fantastica, sotto di noi si estendeva per decine di chilometri un'immensa e verdeggiante foresta, e davanti a noi, lungo l'orizzonte, vi erano alte montagne, scure e cupe, verso le quali sembrava ci stessimo dirigendo.
«Vedo che ti sei ripresa. Però forse è meglio che ti riposi ancora un po'.» mi consigliò Sasori.
«Fosse facile! Con quei due cretini che urlano la vedo dura!» sospirai, lanciando uno sguardo omicida nella direzione del biondo che però non notò, intento com'era a cercare di far precipitare faccia a mulinello.
«Si, sono alquanto fastidiosi.» concordò con voce atona.
Osservai meglio la struttura che ci stava trasportando. Era interamente bianca, con due immense ali e una testa con un becco e la cresta.
«Ma che roba è?» domandai curiosa al rosso.
«È una delle creazioni di Deidara. Lui manipola l'argilla esplosiva, impostandola col chakra, che poi puoi far esplodere a comando.»
«Sperando che sia sufficientemente intelligente da non far esplodere gli uccelli esplosivi su cui stiamo volando.» commentai scettica.
«Non c'è da preoccuparsi. Comunque, sei sicura di star bene? Appena un'ora e mezza fa stavi sanguinando molto, sei certa-»
«Si si, sto bene, non devi preoccuparti.» lo interruppi prima che finisse la ramanzina. «Ehi biondina, vedi di abbassare i toni, c'è gente che cerca di dormire qui!» sgridai Deidara, che volava su un'altra delle sue creazioni.
«Uhm? Già sveglia? Ah, chissene! Non rompere, devo farla pagare a Tobi!» ribattè seccato, ma al quel punto quella incazzata ero io.
«Come scusa?» dissi cupamente, così tanto che il biondo e l'idiota con la maschera si voltarono preoccupati verso di me, sbiancando alla vista dei miei occhi iniettati di sangue.
«C-cioè... ecco... quello c-che volevo dire era...» tentò Deidara, supplicando con lo sguardo il rosso affinché lo aiutasse.
Il rosso restò fuori dalla situazione; se con uno sguardo avessi potuto uccidere, quei due sarebbero diventati un cumulo di cenere.
Lo sharingan fa sempre questo effetto, terrorizza i poveri sfortunati che incombono nella mia ira, e francamente non mi dispiaceva.
Dopo alcuni attimi di silenzio, mi distesi a pancia in su, avendo già comunicato implicitamente in quello scambio di sguardi la mia volontà: silenzio assoluto.
Ero pur sempre un'inferma, e quei non avevano mostrato il minimo rispetto nei miei confronti.
Fossi stata in vena, li avrei ammazzati sul momento, ma non era il caso: ora erano mie compagni di squadra, avrei dovuto evitare certe azioni violente nei loro confronti, anche se da come aveva trattato Tobi il biondo non mi sembrava che fosse poi così sbagliato pestarli a sangue una, due, ance tre volte.
Per il resto del tragitto nessuno aprì bocca, chi perso come me nei propri pensieri, chi terrorizzato dalla sottoscritta. A quanto pare, la mia fama era loro ben nota, avevano capito che non potevano e non dovevano prendermi sottogamba, altrimenti ci avrebbero rimesso.
In quelle ultime ore di viaggio curai un po' la mia ferita, nonostante ci avrei messo ancora alcune ore per guarire completamente, e fissai il cielo, svuotando la mente da tutto.
Trovavo rinvigorente il silenzio, l'assenza di pensieri, preoccupazioni e responsabilità; era rilassante avere la mente sgombra da inutili tormenti, libera e vuota. Certo era che quella lontananza dalla terra e quella vista, la vastità del cielo sopra di me, aiutavano a liberare la mente, come quando meditavo: gli elementi giusti per sentire la tranquillità invadermi e lasciar riaffiorare i pochi momenti felici della mia vita. Poter percepire un senso di pace dentro di sé, ecco cosa chiedevo, ciò di cui avevo veramente bisogno.
Nel pomeriggio arrivammo ad uno dei cibi dell'Akatsuki, situato nei meandri di quelle montagne che poche ore prima stavo ammirando da lontano.
La montagna era stata scavata, ricavandone un intricato labirinto in cui era facile perdersi, soprattutto per me che non avevo la benché minima idea di in quale vicolo svoltare o quale rampa di scale salire.
Atterrammo su una piccola piazzola, scendemmo e ci addentrammo nella struttura nascosta.
Dopo aver sbloccato l'entrata dal sigillo, percorremmo diversi corridoi, ritrovandosi infine in una specie di soggiorno, decorato in modo spartano, con solo il necessario, dove ad attenderci trovammo il resto dell'Organizzazione, chi in piedi, che seduto su uno dei divani.
«Ben arrivati.» salutò con voce fredda per di carota. «È andato tutto bene con i ninja di Konoha?»
«Si, la missione è stata un successo, anche se Tsukiko è rimasta ferita durante il combattimento.» rispose sinteticamente Sasori.
«È vero?» si informò quello che ricordai chiamarsi Pain.
«Si.»
Notai gli altri, rimasti dietro, sussurrare tra loro.
"Non staranno sparlando di me spero!"
«Forse non è poi così forte se è rimasta ferita contro dei ninja tanto scarsi!» sentii sussurrare l'albino al compagno affianco.
"E no, questo è troppo!"
«Ehi, voi laggiù! Cosa credete, ho dovuto farlo! O lui o me, e dubito fortemente che il rosso sarebbe sopravvissuto a quell'attacco a sorpresa, ance perché non se n'era nemmeno accorto che stavano le colpirlo! Se non ci fossi stata io sarebbe morto!» sbuffai arrabbiata attivando nuovamente lo sharingan portando le mani sui fianchi.
«Senti mocciosa, un vero ninja avrebbe impedito al proprio compagno di morire e avrebbe evitato di farsi colpire! Non c'è nulla di eccezionale in quello che hai fatto ragazzina!» ribatté Hidan con arroganza.
«Io non sono un ninja, e tantomeno voglio esserlo!» mi imposi su l'unica cosa di cui ero sicura. Presi un respiro profondo, cercando di calmarmi e continuare in modo più civile, in fondo l'apparenza è tutto. «Stavo solo facendovi notare che l'ho aiutato anche se di lui non me ne importa un beato cazzo di niente, emerito idiota che non sei altro! Collega il cervello prima di sparare sentenze, o la prossima volta te lo farò saltare in aria assieme al resto!» avevo iniziato bene, ma verso la fine avevo ceduto alla rabbia, lasciando fluire quelle parole cariche d'odio.
«Non male come prospettiva, uhm! Io ti appoggio se decidi di farlo saltare in aria, uhm.» commentò dietro di me Deidara.
Per evitare che aggiungesse altro, ma soprattutto per sfogarmi un po', presi il controllo del sangue nel suo corpo, facendolo sbattere violentemente contro la parete a lato, lasciando un solco piuttosto profondo nella roccia con lo stampo del suo corpo.
«Ora basta!» disse con voce imperiosa e tremendamente seria Pain. «Questo battibecco è inutile, ricomponetevi entrambi. Hidan, ricordati che lei è una risorsa preziosa per la nostra Organizzazione, vedi di non sottovalutarla.» lo rimproverò con lo stesso tono di voce. «Tsukiko, hai fatto bene ad agire in quel modo. Sono certo che hai calcolato i rischi prima di entrare in azione, evitando di esporti più del dovuto per non mostrare al nemico le tue abilità. Ho ragione?»
«Non avrei saputo spiegarlo meglio.»
«Altro da riferire?» si rivolse poi a Sasori, Deidara e Zetsu.
«Io, uhm! Mi servirebbe che Kakuzu mi riattaccasse le braccia, uhm.» disse Deidara.
«Kakuzu, occupati di Deidara. Potete ritirarvi nelle vostre camere, vi chiameremo quando la cena sarà pronta.» concluse Pain.
«Vieni, ti accompagno nella tua stanza.» si offrì la ragazza dai capelli viola, Konan.
«Va bene.»
La seguii lungo il corridoio sulla destra, soffermandoci davanti alla quinta porta sulla sinistra.
«Se hai bisogno di qualcosa, motrici nella stanza qui di fronte.»
«D'accordo, ma non preoccuparti. Un po' di riposo e sarò come nuova. Comunque, quell'albino del cacchio è stupido o che? Stronzo magari?» provai a dialogare con lei, anche un po' per sfogarmi con qualcuno.
«È un tipo difficile, ci farai l'abitudine.» troncò il discorso.
«Ne dubito.» finii io entrando nella mia camera, adibita per l'alloggio di due persone.
C'erano due letti e due scrivanie sui lati opposti della stanza, un armadio in comune al centro e una porta sul lato destro.
"Vediamo un po'..."
Aprii quella porta, trovandoci dietro un bagno poco decorato, con lo stretto indispensabile: water, doccia, specchio, lavandino e un mobiletto con dentro alcuno asciugamano di varie misure.
"Deve essere un covo poco utilizzato" constatai facendo un'analisi finale delle caratteristiche del covo.
In seguito frugai nell'armadio, trovandoci appese quattro cappe bere a nuvole rosse di diversa misura.
Ne presi una e la provai, trovandola troppo cotta.
Provai la seconda, azzeccando quella giusta.
Sul fondo del l'armadio c'era un cappello di paglia con dei campanelli i attaccati, che ricordava vagamente quello dei contadini che lavorano nelle risaie; lo provai e mi specchia. In fondo non stavo poi tanto male.
"Però la cappa avrebbe bisogno di qualche modifica..."
Passai il resto del pomeriggio a tagliare, cucire e aggiustare la cappa, modificandola secondo il mio personale gusto.
Finito il lavoro, indossai nuovamente la cappa.
«Ora si che ci siamo!» affermai soddisfatta del mio lavoro. Le maniche erano state rimosse, sfruttando il tessuto che le costituiva per realizzare dei polsini che mi arrivavano fino al gomito e che coprivano parte della mano; il colletto alto lo avevo lasciato, accorciandolo di un pochino, mentre avevo stretto la vita e aggiunto una cintura nera per valorizzare la mia vita sottile. La tenni aperta, per dare maggiore slancio alla mia figura e dare un effetto migliore.
Insomma, ero una favola, la cattiva e sexy ragazza che tutti desiderano.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, perciò dovetti interrompere il mio autocompiacimento.
«Avanti.»
Era Pain. E adesso che voleva?
«Vedo che hai già trovato una cappa» disse con voce atona, e non capivo se gli andava bene oppure no del mio intervento su di essa.
«Si, ho apportato alcune modifiche. È un problema?»
«No. Ti manca solo una cosa.»
«E cosa?» domandai curiosa.
«Questo.» da una tasca interna della sua cappa estrasse un anello in metallo coi simboli dello yin e dello yang.
«Prendilo, è tuo.»
Lo presi, rigilandolo un paio di volte fra le dita per studiarlo, memorizzarne ogni minimo particolare, ogni rifinitura. Era davvero bello. Lo misi nel dito medio destro, assicurandomi che fosse della misura giusta, infine riportai il mio sguardo su Pain.
«Ora sei ufficialmente un membro dell'Organizzazione Alba.»
Spazio autrice
Eeeeee.... salve a tutti, cari lettori!
No, non sono morta, se ve lo stavate chiedendo.
Scusate se non ho aggiornato, ma è stata una settimana piena di verifiche e interrogazioni! (Vedi mo a fare il tirocinio a settembre....)
Comunque sia, spero che il capitolo vi sia piaciuto, commentate e stellinate mi raccomando!
Baci a tutti 😘
🌟🦋vostra Fra🦋🌟
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