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I denti della coscienza

La notte che l'oscurità si diradò dal suo cuore, Draco Malfoy aveva appena scoperto che la coscienza ha denti aguzzi, che sanno mordere a fondo.

Da quando l'Oscuro Signore aveva ripreso forza, tornando dal mondo dei morti, la sua famiglia aveva ceduto a ogni ricatto, a ogni pressione, certa che fosse l'unico modo per andare avanti senza essere distrutti dalla vendetta implacabile dell'Oscuro Signore per quello che considerava un vile tradimento, perpetrato negli anni in cui l'avevano creduto morto.

Raddrizzava la schiena, Draco Malfoy. Tirava indietro i biondi capelli, consapevole che la sua immagine di mago purosangue e figlio di mangiamorte gli avrebbe aperto la strada. Aveva mentito, insultato, prevaricato, senza battere ciglio.

Non era stato facile, continuare a sentirsi superiore agli altri, in quella scuola di pezzenti: una sangue sporco dimostrava al mondo magico doti così brillanti da eclissare ogni suo compagno di corso. Ogni voto in meno, rispetto a quelli della Granger, aveva significato un'umiliazione in più, per mano di suo padre. Poi c'era Potter. Aveva rifiutato la sua amicizia sin dal primo anno. Arrogante almeno quanto lui, a suo parere. E scaltro. Sarebbe stato bene tra le serpi! Invece era finito tra i grifoni, salvava il mondo magico ogni fine anno scolastico e le sue foto campeggiavano sui giornali.

Perfino la morte per mano dell'Oscuro Signore aveva scampato più volte. Avrebbe voluto vederlo con la faccia nel fango.

Poi però era arrivato il giorno in cui aveva aperto gli occhi: non era nessuno. Non era più della professoressa Burbage, diventata cibo per il serpente di Voldemort. Non era più di Peter Minus, la cui mano era stata tagliata e sacrificata per donare un corpo al suo padrone. Non era più di Cedric Diggory. Quello era il pensiero che mordeva di più, quello con i denti più affilati.

Cercava di dar a credere che non gli importasse sapere che un ragazzo poco più grande di lui fosse stato ucciso con il gesto indolente di una mano. Se se ne fosse presentata l'occasione, ne avrebbe parlato con disprezzo, strascicando le parole in una consapevole imitazione del tono paterno. Sì, consapevole. Imitare Lucius Malfoy in quel momento era l'unico modo di mantenere il controllo dei propri nervi. Gli avevano scoperto il braccio, l'avevano marchiato... bruciava come il fuoco dell'inferno e come il fuoco dell'inferno aveva il gusto amaro della disperazione.

Era bestiame. Era venduto al macello.

Uccidi Albus Dumbledore. Era la morte!

Cominciò a osservare il suo preside, a far piani, a chiedersi come sopravvivere all'alta marea della follia. D'un tratto il cielo gli si rischiarò: Albus Dumbledore non lo voleva morto. Non lo voleva neppure vivo e schiavo. Albus Dumbledore lo voleva libero. Glielo aveva letto negli occhi. Peccato fossero su una torre, con le spalle al passato e nulla avanti! Alle sue spalle, i mangiamorte erano arrivati. La mano di Severus Snape si stese, la bacchetta non tremava, neppure leggermente. Draco Malfoy fece qualcosa che non era mai rientrato nella sua natura: si gettò davanti al preside, per fargli da scudo. Fu in quel momento che accadde qualcosa di assolutamente inaspettato: il tempo si fermò.

- Morirò

Albus Dumbledore lo guardava, sorridendo.

- No, io mi sono messo davanti, non...

- No, figliolo. Morirò. Sono stato colpito da una maledizione, quindi è il mio destino e Severus Snape lo sa bene. Mi fa solo piacere che la tua anima sia salva. Hai lasciato questo mondo con un atto di altruismo. Addio.

Morirono. Entrambi. Un sacrificio che, se avesse saputo, non avrebbe fatto, Draco Malfoy. Un sacrificio che stravolse i piani di Albus Dumbledore! Draco Malfoy era morto da padrone imbattuto della bacchetta di sambuco che così esaurì il suo potere.

Passò un anno, un anno di stenti e dolore, nel mondo dei maghi, prima che si giungesse all'ultimo atto di quella lunga tragedia. Sembrò eterna la battaglia, anche se nella realtà non durò che poche ore. Harry Potter e Lord Voldemort si trovarono infine faccia a faccia. Harry era un ragazzo coraggioso, altruista e decise di fronteggiare il proprio destino: andò incontro alla morte. Il Signore Oscuro già credeva di avere così la vittoria in pugno! Ma il coraggio ruggiva vigoroso nel sangue grifondoro di Neville Longbottom. Estrasse la spada del nobile fondatore dal cappello e, con un fendente deciso, spiccò la testa di Nagini, ultimo horcrux rimasto, morto Harry Potter. Poi, occhi negli occhi, lanciò la sfida a colui che ormai era molto meno di un uomo. La profezia non aveva mentito: Tom Marvolo Riddle fu ucciso infine da colui che era nato in luglio da genitori che tre volte l'avevano sfidato. Non colui che tutti avevano riconosciuto come "il prescelto", ma colui che era rimasto nell'ombra, a lottare senza respiro, colui che il Signore Oscuro aveva sempre reputato meno importante di un granello di polvere sulla sua strada.

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