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Capitolo 3

-Greg alzati! Sono già le dieci del mattino!- apro lentamente gli occhi, ma faccio fatica a vedere perché sono ancora molto assonnato. 

-Dai, forza! Oggi mi avevi promesso che saremmo andati a fare shopping insieme!- sorrido e richiudo gli occhi. -Dai Greg, alzati!- e inizia a scuotermi, provando ad alzare il mio braccio e a schiaffeggiare delicatamente la mia faccia, proprio come una bambina piccola che non vede l'ora di giocare. 

La avvicino a me e la abbraccio. Lei diventa rossa come un pomodoro e mi bacia, un bacio molto sensuale, pieno di emozioni. Dentro di me si sveglia un mare di farfalle nello stomaco e a momenti mi riaddormento di nuovo. 

Alla fine però mi sono alzato e mi sono preparato per andare a fare shopping con lei. 

Adesso stiamo al centro di Houston e siamo appena usciti da un centro commerciale.

-Che ne dici di fare pranzo in un ristorante all'aperto?- mi chiede Lucy in vicinanza ad un ristorante dove siamo soliti andare a mangiare. È un ristorante piuttosto grande, a due piani, con un grandissimo terrazzo, che offre una bellissima vista della città. Si chiama "The Paradise", ed è sempre stato uno tra i miei ristoranti preferiti. Potrebbe dare l'aria di un ristorante molto costoso o di lusso, ma in realtà fa dei prezzi molto buoni e adatti a tutti. Quando entro lì mi sento veramente come in un paradiso. Propone anche un menù volto vario, con tantissimi tipi di piatti. Io intanto acconsento ed entriamo. Il cameriere ci ha riservato un tavolo al terrazzo del secondo piano, dove si ha  una bella vista sulla città.

Abbiamo ordinato il menù da poco, quando inizia a squillarmi il cellulare. 

John Scrunton, il capo della mia azienda. Cosa vorrà a quest'ora? Rispondo quasi subito.

-Buon... buongiorno signor Scrunton-non so perché ma quando parlo con lui balbetto sempre.

-Gregory Stuart, finalmente una dannata volta che risponde subito alle mie chiamate! Ho una notizia molto importante da dirle.- me lo ha detto con un tono stranissimo, e non riesco a capire se devo avere o no paura riguardo quello che mi sta per dire.

-Dica tutto-

-Non so se glielo ha detto di persona o non ne sapeva nulla, ma Charlie Gubas, il suo collega, si è preso un mese di ferie per passare del tempo insieme ai suoi figli, che, da quello che mi ha raccontato, sono tornati da Sydney no?-

-Sì... sì, me lo aveva detto venerdì. Non... non sapevo però che si era preso le ferie, comunque buon per lui!-

-Comunque il succo del mio discorso è di dirle che in questo mese lavorerà con Benjamin Woyde, dato che Charlie non ci sarà-

-Ok, va bene- VA BENE UN CAZZO IO NON CI STO UN MESE CON QUELLO LÌ.

-Allora arrivederci a lunedì Gregory, buon weekend- e mi chiude il telefono in faccia.

-Cosa voleva Scrunton?- mi chiede Lucy vedendomi agitato.

-Devo stare un mese con quel coglione di Benjamin- mentre glielo dico abbasso lo sguardo, so già cosa mi dirà.

-Cosa?! Lui? No Greg! Non puoi farlo! Non ci starai con lui un mese! Mi dà fastidio solo a pronunciare quel nome, lo sai. Hai sempre avuto la fortuna di non aver mai lavorato con lui tra i piedi, e adesso...- il suo bellissimo viso comincia a rigarsi di lacrime. Il mascara comincia a scenderle e a mischiarsi con le lacrime. Si avvicina e mi abbraccia più forte che può.

-Non devi piangere, stai tranquilla Lucy. Che ci provasse soltanto quel mostro a toccarti un'altra volta! - anche a me alla fine iniziano a scendere un po' di lacrime.

-Lui non sa che stiamo insieme vero?-

-Non penso, ma anche se lo sapesse, non sa dove abiti, non sa più niente lui su di te credo-

-Ti prego Greg qualsiasi cosa ti chiede su di me tu non sai nulla d'accordo?-

-Ovvio- e le bacio la fronte.

Quasi tutti i clienti del ristorante si  sono voltati verso di noi e hanno iniziato a squadrarci. 

-Lucy, vai al bagno a lavarti il viso. Non ti posso vedere ridotta così per colpa di quell'anticappato.-con le dita provo ad asciugarle alcune delle tantissime lacrime che le sono scese da quegli occhi color cioccolato.

Lucy è una ragazza molte sensibile e permalosa, lo è sempre stata. 

Dietro di lei però c'è una storia.

Prima di me lei era fidanzata con Benjamin.

Non so nulla di ciò che c'era tra i due, nemmeno di come la trattava, non so niente, ma ho tanta paura quando ci penso.

Lucy non ha mai voluto dirmi nulla, glielo ho chiesto più volte di raccontarmi una minima parte, ma la risposta che mi dava è stata sempre la stessa : "Greg, sai che sei la persona più importante della mia vita. Sai che ti amo. Preferisco non raccontarti nulla piuttosto di vederti soffrire, piuttosto di vederti morire davanti ai miei occhi. Tu non sai lo schifo che c'è sotto questa storia, ce n'è così tanto che scapperesti via da me, mi crederai pazza, penserai che ciò ti racconto esista soltanto nell'inferno."

Io ero solito risponderle che di me si poteva fidare di me, e che non sarei mai scappato da lei, ma ha sempre preferito nasconderlo.

-Greg, stai lontano da quell'uomo. Non fidarti di lui, per nessun motivo. Qualsiasi cosa ti dice non ascoltarlo, tu non sai cosa può fare, non sai di cosa è capace.- mi dice seria appena tornata dal bagno. 

Sta per aggiungere qualcosa quando arriva il cameriere che ci porta da mangiare.

Appena si è lavato dalle scatole mi ha detto a bassa voce: - Greg, se tu non fossi stato lì, quel giorno, sarei morta.- detto ciò inizia a mangiare la zuppa fredda che aveva ordinato.

"Greg, se tu non fossi stato lì, quel giorno, sarei morta." Queste parole hanno iniziato e  continuano a girare nella mia testa, senza fine. Non riesco nemmeno a mangiare. Mi sto intrigando in pensieri che nemmeno il sottoscritto riesce ad interpretare. 

"Quel giorno".

Sto provando a riaffiorare quel ricordo. 

No.

No.

Non posso.

Ormai mi è rientrata in testa tutta la scena.

Era sera. Non ricordo che ore erano, mi sembra fossero le dieci passate comunque.

Stavo tornando a casa da una festa con dei miei amici. 

Avevo più o meno vent'anni. 

Avevo dovuto parcheggiare la  mia moto in vicinanza di una via un po' disabitata e inquietante, perché il resto dei parcheggi erano pieni. 

Era una via un po' spenta, buia... un po' strana. Ricordo che c'erano dei vecchi condomini disabitati, pieni di edera. I vetri delle finestre erano quasi tutti rotti e spaccati. Alcuni avevano la porta di ingresso aperta, da dove si poteva vedere un nero totale. Alcuni erano invece demoliti, ma le macerie non erano state portate via da anni. I lampioni non erano del tutto funzionanti, e producevano una luce piuttosto fioca. Tra alcuni palazzi c'erano dei piccoli vicoli stretti e imbrattati da bombolette spray, pieni di spazzatura, sporchi... schifosi.  Le insegne erano per la maggior parte sbiadite o arrugginite. Mi metteva tanta ansia quel posto, e mi pento pure di esserci andato a parcheggiare. Avevo tanta paura di incontrare qualche malintenzionato con una pistola da puntarmi contro; temevo di non riuscire a tornare vivo a casa . Ma fortunatamente mi era andata bene, o almeno in parte. 

La mia moto era parcheggiata accanto ad un muretto in mattoni un po' rovinato, dove un po' più in lontananza c'erano dei bidoni pieni zeppi di spazzatura. C'era una grande puzza lì. Era veramente schifoso, lo so, ma non ci potevo fare niente.

Mi stavo dirigendo verso la moto, quando in lontananza ho iniziato a sentire delle urla :"Aiuto!... Aiuto!.... Aiuto!...Aiutatemi vi prego! C'è qualcuno? " . La voce era femminile, ma sconosciuta a me. Erano urla di dolore, e piuttosto lontane da dove mi trovavo. Le urla non cessavano, anzi, diventavano sempre più forti. In quel momento ebbi una strana sensazione, non so come descriverla. Mi sembrava che non fossi più me. Mi era venuta una strana voglia di dirigermi lì, per salvare la persona che urlava. Era una voglia strana, quasi involontaria, perché sarebbe stata l'ultima cosa che avrei fatto stare ancora un altro po' in quel luogo di merda.

Era più forte di me. Non so nemmeno come spiegarla questa cosa. Non ero io a dirigermi verso quelle urla. Non ero io. Mi sentivo più come posseduto da qualcosa, non so cosa. Cercavo di fermarmi, di prendere il casco e salire in moto, per andarmene definitivamente, ma non ci riuscivo.

Ho avuto tanta paura, davvero tanta. Credevo che sarei morto da un momento all'altro. Non potete capire. Non mi sono mai sentito così in vita mia. Mai. Volevo scappare, volevo tornarmene a casa, volevo morire, volevo urlare... non lo sapeva nemmeno il sottoscritto Greg cosa voleva fare della vita.

L'unica cosa che seppi è che ci andai. Purtroppo.

Andai verso la direzione delle urla, ovvero all'interno di quel quartiere, via, o quel che era. Le urla provenivano da un sottopassaggio ridotto molto male. Mi metteva ansia andare lì, ma dovevo andarci, me lo sentivo, come se fosse un sesto senso. Dovevo andare lì. Dovevo salvare quella ragazza, o chiunque fosse stato ad urlare lì sotto.

Il sottopassaggio si trovava esattamente alla fine del muretto dove avevo parcheggiato la moto. Era mezzo disastrato anche quello ovviamente. Era nascosto da alcune piante, che mi impedivano all'inizio di scendere le scale. Riuscii però, aiutato da una torcia, a passare sopra quelle erbacce e a scendere quei gradini vecchi e spezzati, rischiando pure di ammazzarmi.

Ascoltai di nuovo la voce, che ormai era molto più vicina, ma anche molto più forte. Erano urla di dolore, un dolore immenso. Non avevo mai sentito nessuno in vita mia urlare in quel modo, così forte, come se stesse per morire da un momento all'altro.

Dopo aver sceso le scale mi trovai  in un tunnel molto lungo e sporco. I muri erano molto vecchi, ed erano quasi completamente imbrattati da bombolette spray di vari colori.  Era molto inquietante quel posto, giuro. Il soffitto era di un bianco ammuffito, con delle luci che penzolavano e producevano la luce un po' a tratti, producendo una specie di ronzio.

Avevo l'impressione come se da un momento all'altro spuntasse qualche amico di "It" , il clown.

Oltre alle urla sentivo anche dei passi di qualcun altro nelle vicinanze, oltre alla ragazza che urlava. 

C'era inoltre una forte puzza di... credo fosse bruciato, un odore del genere comunque mi pare.

Le urla si facevano più vicine, e, in un angolino di quel tunnel, la vidi. 

Una ragazza con i vestiti  tutti stracciati, sporchi di sangue, fracidi.  Il volto rigato dalle lacrime. I capelli lunghi e rossi, il rosso più bello che avessi mai visto, erano bagnati e sporchi di sangue, come se qualcuno avesse provato a strapparle alcune ciocche con la forza. La fronte piena di lividi, come le braccia, dove si potevano intravedere profondi tagli da dove sgorgava tantissimo sangue. 

Non molto distante da lei c'era anche una pozza di sangue. Forse apparteneva alla ragazza, ma non ero sicuro, e tutt'ora non lo sono, perché era... non so come dire... come un presentimento, che mi ha portato sempre a pensare che quel sangue non fosse suo. Ma non mi importava di chi fosse quel sangue, pensai invece alla ragazza, che intanto aveva smesso di urlare, iniziando invece a fissarmi con uno sguardo magnetico. Quasi mi ipnotizzava. Anzi, credo lo abbia fatto veramente. Provavo una strana sensazione mentre mi fissava in quel modo. Una specie di attrazione un po' inquietante.

Volevo andarmene, volevo scappare. Non mi fidavo a restare lì. Non ci riuscivo però. Quella specie di "possessione", di cui ho parlato prima, mi impediva tutto. Non voglio esser preso per pazzo, ma sul serio, mi sentivo come se ci fosse qualcosa o qualcuno che mi controllava, non so se mi spiego. Sentivo i brividi che mi correvano dietro la schiena, iniziai a sentire un tremendo gelo dentro di me (era estate quando era successo). Era un gelo inquietante, languido. Secondo me in quel momento mi era passato il diavolo vicino. Ne sono sicuro. Non ho altre spiegazioni da dare a me stesso, che poi sinceramente non sono mai riuscito a darmele riguardo quel giorno.

Il mio sguardo si posò di nuovo su quella ragazza. Nonostante le condizioni era davvero bella, così tanto che me ne innamorai all'istante. Fu una specie di colpo di fulmine nel momento sbagliato. Ancora oggi mi chiedo come possa essere stato possibile. Era successo proprio in un secondo. Quel gelo svanì e un calore inverosimile mi invase, la testa mi iniziò a girare, per poco non traballai. Era una passione strana, un amore strano ed inquietante, che non ho mai smesso provare.  Non capivo più niente. Non riuscivo a distinguere la realtà dal sogno. Non mi sembrava reale stare in quel posto orrendo, con quella povera ragazza ridotta male davanti ai miei occhi.

Sentivo di nuovo la presenza di qualcuno non molto distante da lì. I suoi passi si facevano ancora più vicini.

Ebbi un'idea lampo, mancava soltanto la lampadina sopra la testa, come nei cartoni animati.

Presi delicatamente in braccio la ragazza e le feci il cenno del silenzio. Mentre la prendevo il braccio quel calore aumentò di più. L'attrazione si faceva più forte. Avevo voglia di baciarla al momento, e forse anche peggio. Ero sicuro di stare sognando, non poteva essere tutto questo reale. Era impossibile. Invece era vero. Mi sembrava impossibile che io, Gregory Stuart, abbia il coraggio di andare in tunnel spaventoso per salvare una ragazza ridotta malissimo mentre intanto arriva qualche malintenzionato, come un "Samaro", It o forse anche Saw. 

Iniziai a correre più veloce che potevo, diretto verso le scale del tunnel. Cercavo di essere più veloce che potevo ma con lei in braccio e il pavimento a tratti spaccato, rischiavo sempre di scivolare e cadere per terra. 

I passi avevano iniziato ad essere più veloci, quasi mi inseguissero. Ero finalmente arrivato alle scale. Cominciai a salirle stavolta piano, anche perché ero tutto sudato oramai. Speravo che quei passi si bloccassero. Che quel tizio che si nascondeva lì sotto non mi catturasse. Mi mancava il respiro. Ero stanco. Quei passi. Non ce la facevo più. "Se riesce a raggiungermi mi sa che non farò mai più ritorno a casa" pensai mentre salivo gli ultimi gradini delle scale.  Ad un tratto però fortunatamente si fermarono. Feci un piccolo sospiro di sollievo.

- Un giorno ti ritroverò Lucy, e quando ci riuscirò non scapperai più da me. Ricordatelo. Possi bruciare al numero 13 di Dark Street- urlò una voce proveniente non molto lontano dall'inizio del tunnel. "Possi", ma come parla questo qua? "Sarà nato in una caverna il nostro amico" elaborai con un mezzo sorriso, che svanì dopo un millisecondo. Aveva una voce sporca, la classica voce che ha qualcuno che fuma sempre. Tralasciando quel tono minaccioso. Mi incupiva. Inizialmente non riconobbi la voce. Successivamente sì però. 

"La ragazza si chiama Lucy quindi"  pensai mentre mi avvicinavo alla moto. Osservai quella ragazza che intanto piangeva silenziosamente, mentre il sangue continuava a scendere da tutte le ferite che le aveva fatto quel porco. Mi faceva pena. Tanta pena. Ricordo che anche io in quel momento cominciai a piangere.

Ma, cos'era il numero 13 di Dark Street? Questo dubbio ce lo ho ancora oggi, ma non ho mai osato chiedere a nessuno cosa fosse, o dove si trovasse, per non risvegliare questi brutti ricordi. 

Ripensai di nuovo alla voce e finalmente la riconobbi. Apparteneva a Benjamin, un ragazzo che aveva frequentato il college insieme a me. Non ho mai avuto nessun rapporto di amicizia con lui, poiché lo vedevo sempre in disparte ed escluso. Non me lo aspettavo però da lui sinceramente. Non lo ho mai creduto capace di ridurre in quello stato una povera ragazza innocente, e soprattutto bella, come lei. Nessuna persona normale farebbe mai una cosa del genere. Non sei una persona dopo aver ridotto qualcuno in quello stato. Puoi essere soltanto una cosa. Un mostro. Ma nemmeno un mostro si comporterebbe così, ne sono sicuro. Benjamin. No. Non ci credevo e tutt'ora non ci credo.

Eravamo finalmente arrivati alla mia moto. Eravamo al sicuro, o almeno credo, dato che Benjamin non ci aveva seguito. 

-Come stai...Lucy? Lo so che è una domanda piuttosto stupida date le tue condizioni ma... niente.- la appoggiai delicatamente per terra. Le mie mani si erano riempite di sangue, come i miei vestiti. Rimasi un po' schifato, ma non dissi nulla.

-No, non è una domanda stupida. Non c'entrano per niente le mie condizioni, le mie ferite, o tutto quello che mi ha fatto B- Benjamin... mi da fastidio solo a pronunciarlo quel nome...- Scoppiò a piangere di nuovo e io la strinsi forte a me. Riuscì dopo un po' a riprendersi e singhiozzando concluse la frase che aveva iniziato prima: - Tu non puoi... non puoi capire ma, adesso, sto veramente molto meglio. Grazie a te. Non so cosa avrei fatto se non ci fossi stato tu a salvarmi. Anzi, l-l-lo so, sa-sarei morta.- 

-No, non dire così. Non voglio sentire queste parole, mi danno fastidio. Lucy, non pensare al passato, adesso sei in salvo, ci sono io con te.- le dissi provando ad asciugare quel mare di lacrime che le scendevano dagli occhi senza fine. 

Lei fece un lieve sorriso e io le diedi un leggero bacio sulla fronte.

-Greg, tutto apposto? Ti vedo un po' con la testa tra le nuvole- 

-Sì sì, tutto apposto. Mi ero soltanto immerso un pochino nei pensieri, nulla di che ecco..- credo abbia capito in che tipo di pensieri, o meglio ricordi,  mi ero immerso. Ho preferito però chiudere il discorso, perché non voglio farla soffrire ancora con questi ricordi.

Quindi inizio a mangiare il mio petto di pollo in salsa, girandomi ogni tanto a guardare il panorama che mi offre la terrazza di questo ristorante.

.......

Ciao a Tutti!!!

Scusatemi per la lunghezza di questo capitolo, ma non avevo voglia di separarlo ahahah 😅😂

Spero vi stia piacendo almeno un pochino la mia storia!

Cosa pensate sia successo a Lucy che non vuole dire a  Greg? Perché la menava Benjamin, cosa c'era sotto? Perché lo nasconde e ha paura di raccontarlo a Greg? 

Dovrete aspettare alcuni capitoli per saperlo però

Fatemi sapere nei commenti cosa  pensate della mia storia 😅

Come al solito, segnalatemi subito gli errori che notate nella mia storia🙂

In questo periodo sto quasi tutto il tempo a cercare di scrivere questa storia, quindi scusatemi se notate se non leggo le vostre storie 🥺(tranqui in questa settimana le leggerò😉)

Un bacio,

Gina🥰

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