Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

9.1•❄︎𝕻𝖔𝖐𝖊𝖗 𝖋𝖆𝖈𝖊❄︎•

𝑵𝒐, 𝒏𝒐𝒏 𝒓𝒊𝒆𝒔𝒄𝒆 𝒂 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂 𝒇𝒂𝒄𝒄𝒊𝒂 𝒅𝒂 𝒑𝒐𝒌𝒆𝒓
-𝐋𝐚𝐝𝐲 𝐆𝐚𝐠𝐚

❄︎❄︎❄︎

🔴 contenuti sensibili, se non volete leggerli saltate la prima parte e leggete dopo i primi fiocchi di neve





Le ho mentito.

Ho mentito alla prima persona che si meritava la verità, con cui avrei dovuto esser sincero fino in fondo, ma non ce l'avevo fatta.

Tuttavia non potevo considerarla una menzogna, mi ero limitato ad omettere una piccola parte, a cambiare la versione dei fatti. Peccato che dalle conseguenze non si direbbe che si tratti solo di una bugia.

Le mani erano di nuovo percorse da fremiti, i miei occhi avevano iniziato a bruciare e giurai che se mi fossi visto allo specchio in quel momento avrei potuto notare che si erano arrossati.
L'ansia mi assalii improvvisamente lungo la gola, come se volesse tentare di soffocarmi, togliendomi secondo per secondo ogni singolo respiro. La stanza si fece talmente sfocata che dovetti cercare a tentoni una sedia su cui sedermi, recuperando in vano l'aria perduta.
Mi succedeva spesso, ancora di più dopo che lei aveva messo piede in questa città. Avvenivano improvvisamente quando tentavo anche solo di sfiorare quel ricordo. Erano attacchi che erano stati coltivati nel tempo, anno in anno. Volevano ribadirmi quanto la mia vita stesse andando a rotoli, o meglio che ormai era già tutta basata su dei fottuti errori.

Un vuoto allo stomaco mi fece ripiegare su me stesso, costringendomi a posare la testa sul bordo del tavolo e a chiudere frettolosamente gli occhi. Sentivo il mio corpo urlare e tremare allo stesso tempo, ma la cosa più buffa era che quelle grida non le udiva nessuno, erano silenziose per un ascoltatore esterno, strazianti per me.

E fu in quel momento che le udii, dolci e innocenti: delle risate provenienti dall'appartamento che confinava con il mio.

Erano due, una più flebile e contenuta dell'altra. Ma pur sempre una risata, associata da un nome improbabile per questo genere di azioni. Non la potevo vedere, l'udivo soltanto, ma era ciò che bastava per rompermi in altri mille pezzi, come se fossi fatto di ceramica e mi avessero appena buttato a terra con violenza. Ci provai per davvero a raccogliere i miei cocci e rincollarmi, ma chi è fatto di ceramica non può muoversi, deve spettare qualcuno che lo sistemi al posto suo, qualcuno che è disposto a tenersi qualcosa di rotto e non a sostituirlo con qualcos'altro di nuovo.

Ma viviamo in un mondo materiale, no? Chi vuole riaggiustare se con un 'clic' si può ordinare lo stesso oggetto, ma intatto?

Quando ero in quella camera bianca e con la puzza di farmaci che invadeva l'aria, immaginavo che tutte le persone che entravano da quella porta indossassero delle maschere di gesso. Non con delle espressioni, come quelle del teatro, bensì gelate e immobili, con le labbra che davano una leggera illusione di essere incurvate verso il basso, ripeto: illusione.

Delle vere e proprie poker face, che nascondevano le emozioni che provavano, che tradivano.
I medici di quel fottuto posto li avevo sempre odiati, ti dicevano che andava tutto bene quando non era un cazzo vero. Mi dicevano che sarei uscito certamente da lì, ma anche a mia madre avevano detto quello e quando aveva messo il primo piede fuori era già morta e trasportata sotto un telo bianco. Io non mi trovavo più tra quelle mura, ma un po' morto lo ero comunque.

Tutti questi pensieri erano trascinati nella mia mente sovrapposti ai tremori che non smettevano, alla vista annebbiata che non svaniva...accompagnati dalle risate di sottofondo.

Se fu a causa delle urla del mio corpo sovrapposte al riso delle due ragazze a farmi gridare sul serio, non lo saprò mai. Sono consapevole soltanto di averlo fatto, di aver dato una voce al dolore che nessuno sentiva, che anche io volevo un po' nascondere.

Fu così rumoroso che avrebbe potuto attirare l'attenzione di tutto il piano, talmente straziante che non poteva essere correlato a niente oltre alla disperazione. Mi accasciai alla superfice del tavolo con tutto il mio torace, incapace di muovere anche un solo arto, le mie orecchie fischiavano e gli occhi erano ancora più lucidi, ma non avrei pianto, non lo avrei fatto dopo tutti questi anni.

Solo dopo un tempo che non riuscii a determinare mi accorsi che le risate si erano spente, e che erano appena state sostituite dal rumore legnoso delle loro mani che bussavano contro la mia porta, mi avevano udito, non che mi sorprendesse più di tanto.

"Galpin? Galpin giuro che sfondo questa porta", fu la voce di Enid a parlare, leggermente pervasa dalla paura.
E la porta la sfondò veramente, dopo la sesta volta che mi chiamò. Sperai in silenzio che non l'avesse rotta, o ero nella merda con Faye dato che l'abitazione apparteneva a lei.

Un 'Oh mio dio' sfuggì dalla bocca della bionda, mentre si avvicinava, seguita da un'ombra che presunsi fosse Mercoledì- la vista sfocata non aiutava.

Ebbi paura su come potessi apparire in quel momento, un ragazzo immobile che le guardava assente, lasciato a brandelli da se stesso. Non volevo che mi vedessero in quello stato, soprattutto la ragazza dalle trecce nere.

"Chiamiamo qualcuno" esordì Mercoledì.
Mi si raggelò il sangue, anche se loro non lo notarono. La testa mi vorticò ancora di più e giurai di vedere la stanza capovolgersi. Presi tutte le forze che avevo e parlai, o meglio risposi a loro.

"No" sussurrai, a stento.

No, non volevo essere creduto debole.
No, non volevo che si sapesse in giro.
No, non volevo ritornare al Willowhill Psychiatric Hospital.
No, volevo solamente che dimenticassero il mio grido.

Perchè io sto bene, sono il cattivo della storia, sono un assassino. Io sto bene, non posso esser ridotto in questo modo.

Potevo osservare i contorni dei loro corpi, macchie indefinite dal mio punto di vista, camminare in cerchio per la stanza e discutere a bassa voce su cosa fare. Poi la macchia più scura si avvicinò a me, silenziosamente. Prese l'altra sedia e la posizionò accanto alla mia. Non fece nient'altro oltre che stare lì e a sussurrarmi un: "respira".

Non so quanti minuti passammo in questa situazione, ma furono abbastanza da spingere Enid a sedersi sul divano, lasciandoci un po' di spazio. Ero abbastanza sicuro che lei comprendesse, dato che una delle nostre ultime conversazioni aveva dato come risultato che lei conosceva quello che io e le mura del Willowhill tenevamo nascosto, come l'avesse saputo rimaneva ancora un mistero che avrei risolto al più presto.

La mia vista iniziava mano a mano a farsi più nitida e il mio respiro più regolare, solo le forze venivano di meno. Lei fu la prima figura che apparì sul mio campo visivo. Indossava un pigiama nero e lungo con la scritta 'I'm a night girl', segno che probabilmente avrebbe dormito da Enid anche questa notte, i suoi capelli erano raccolti in una morbida treccia che le ricadeva su una spalla e il suo viso era privo di trucco. Era dannatamente bella.

Solo qualche istante dopo collegai quanto fosse passata in fretta quella giornata, il fatto che era già sera, dettaglio che collegai dalla scelta di vestiti della corvina, e che avrei dovuto già essere a lavoro.
Alzai la testa di scatto, ignorando che subito dopo la stanza aveva iniziato a girare di nuovo, e cercai di alzarmi in piedi. Ma delle mani pallide e fredde si appoggiarono sulle mie spalle e mi fermarono ancor prima di tentarci seriamente.

"Devi stare fermo" disse Mercoledì, avvicinandosi ancora di più a me.

"Vedo che sei di molte parole questa sera, Treccine" ribattei, ancora con voce debole.

La corvina sbuffò in risposta, seccata, e strinse ancora di più la presa sulle mie spalle, come se volesse ribadirmi di non provare a muovermi ancora. Enid dal divano ci osservava, con una curiosità da fare invidia alla scimmietta stramba di quel cartone per bambini, come si chiamava? George?

Fatto sta che potrebbe benissimo prendersi dei popcorn e prepararsi alla conversazione, o battibecco, che avrebbe avuto luogo in questo momento.

"Devo andare a lavoro, sono in ritardo" mormorai, cercando un senso di approvazione.
Mai disubbidire a Mercoledì Addams, questo l'ho imparato ancora anni fa, sa essere pericolosa.

"Sono le due del pomeriggio, dubito che il tuo turno inizi così presto".

Quello confuso in quell'istante fui io, avevo veramente perso così tanto la concezione del tempo?

Mercoledì sembrò impallidire, forse era stata attraversata anche lei dai miei stessi pensieri. Mi spiegò solo successivamente che era in pigiama perchè doveva fare skincare con Enid, prima di dirigersi ad una serata, tra svariate ore. Il fatto che mi lasciò così allibito, però, fu che iniziò a farmi strane domande, ad esempio se avessi mangiato qualcosa per pranzo, che ora pensassi che fosse. E io non riposi.

"Hai perso la concezione del tempo" trasse in conclusione lei.

"Non dovrebbe importartene" ribattei.

"Ma si può sapere che ti è successo!", si rivolse a me con un tono esasperato.
Ed è difficile vedere Mercoledì Addams così.

"Niente che io voglia dirti o raccontarti", le risposi.

"Invece io penso che tu deva, non vedo il motivo per cui dovresti fare il contrario".
Certo che non mollava proprio.

Così espolsi, dalla rabbia e dalla frustrazione. Perché lei non capiva, non sapeva. Quindi glielo dissi, le rivelai un mio piccolo segreto:"Sì, invece, il motivo c'è: è per te che sto così, Mercoledì, è per te che che sono fuggito a Chicago, è per te che sono così fottutamente distrutto".

Lei spalancò gli occhi, di certo non si sarebbe aspettata una risposta del genere e nemmeno io avrei dovuto dire tutto ciò. E mi bastò posare lo sguardo sulla ragazza bionda poco più in là per vedere che era scoppiata in lacrime, in un muto e nascosto pianto.

Mercoledì, seppur confusa e travolta da una verità simile, trascinò le sue mani, che non si erano mai spostate, dalle spalle lungo il mio collo fino a raggiungere i miei capelli. Incatenò i ricci tra le sue dita e con un lieve tocco, ignorando la terza persona che ci osservava, spinse il mio volto verso di lei, posandolo sul suo ventre avvolgendomi in uno strano abbraccio.

Le avevo appena detto che era la causa dei miei dolori e lei mi aveva abbracciato, forse è vero che siamo fragili come ceramica e bugiardi come maschere di gesso.

❄︎❄︎❄︎

"Si può sapere chi è la testa di cazzo che ha spanto il whisky a terra?".

Erano appena le sette e venti e al Magic c'era già aria pesante. Il ritorno dalle vacanze era faticoso per tutti, anche se erano durate solamente due giorni. Sembrava che, al posto di esser riposati e attivi, tutti i dipendenti procedessero con una lentezza tale da sembrare dei bradipi. Niente che mi stupì, dopotutto avevo pianificato dei giorni tranquilli, ma si erano rivelati il contrario. Comprendevo la loro stanchezza.

L'unica eccezione era Wendy, che sprizzava energia da tutti i pori e insultava chi commetteva il minimo errore, come esattamente stava accadendo in quel momento- lei e Enid andrebbero molto d'accordo.
Dato che il Karma mi perseguita, al cento per cento questa sera le due ragazze avrebbero avuto modo di conoscersi, dato che per la 'Masquerade evening' sono stati invitati tutti gli ospiti di quest'ultima settimana con l'aggiunta di un amico a loro scelta.

Questo evento non era pressoché complicato da organizzare, non avevamo voluto fare qualcosa di grande e maestoso, capodanno si avvicina ed è uno dei giorni più importanti per un night club. Avevamo semplicemente deciso di rinvitare degli ospiti già visti e aggiungere un particolare dettaglio: appena sarebbe scoccata la mezzanotte tutti, dipendenti compresi, avrebbero indossato delle maschere e avrebbero ballato al centro della pista.

E dato la Addams era stata una dei nostri ultimi ospiti, sarebbe venuta in compagnia di Enid. Tutto questo l'avevo realizzato mentre ero in camerino a indossare la divisa, per poco non la infilai storta.

Ignorai i battibecchi dei ragazzi, dirigendomi verso il banco centrale delle bibite. Ogni volta che entravo in questo locale rimanevo stupito dalla sua grandezza, era talmente immenso che ti ci portevi perdere.
Era stato costruito su una base circolare, che assieme alle luci dava l'aspetto di esser appena entrati in un circo. Il colore dominante era il viola, presente sulle pareti e sulle tende che coprivano le entrate delle porte, era presente anche sul soffitto e al secondo piano, quest'ultimo somigliante alla galleria di un teatro. Tutto questo era costellato da tavolini e sedie in legno, decorati da tenere tovaglie e cuscini.
Questo locale era il simbolo del gioco, dell'ironia pungente. Basato su un'eleganza in apparenza e realtà, ma magia e senso del proibito nascosti dietro gli angoli.

Sistemai sopra al banco varie bottiglie e bicchieri, ordinando le prime in base a quanto frequentemente le uso, tequila e whisky erano alcune di quelle. Essere preparato era una delle mie priorità.

Un suono di tacchi mi fa capire che il breve momento di solitudine era giunto già giunto al termine e quando gli occhi azzurri di Faye incrociano i miei capisco definitivamente che il 'lavorare solo' sarebbe diventata un'altra illusione.

"Carico per la serata?", mi chiese sorridendo.
Si posizionò al mio fianco e iniziò a sistemare assieme a me. Indossava un vestitino azzurro che trovavo un po' assurdo, con la gonna di tulle che spuntava dal grembiule da cameriere.
Tutti avevamo una divisa da indossare quando lavoravamo, composta da una polo nera con il logo che spiccava in uno sgargiante viola fluo e dei jeans a nostro piacimento, a patto che non fossero esagerati.
Faye era l'eccezione e ogni sera sfoggiava vestiti sempre diversi, si poteva benissimo confondere per una delle ballerine.

"Non molto sono state delle giornate...intense" risposi incapace solamente di descrivere a lei cosa fesse successo. Fino a quel momento non credevo che potesse accadere così tanto in poco tempo.

Lei mi guardò così intensamente che ebbi la sensazione di dover voltarmi. Logicamente, non era una novità che avesse preso la mia frase come una frecciatina a scopo sessuale, al posto di interpretarla normalmente come qualcun altro. La fortuna, però, oggi si degnò di arrivare pure a me e non feci tempo a ribattere che i ragazzi ci avvisarono dell'arrivo degli ospiti.
La ragazza mi salutò e si diresse verso il banco laterale sinistro, altro dettaglio del Magic era la presenza di più banchi e questo non faceva che aumentare la percezione della vastità del luogo.

"Sono così entusiasta! Abbiamo sia la scrittrice che uno dei sceneggiatori di Hollywood in una serata, credi che settimana prossima riusciamo invitare anche Billie Eilish?" esclamò la voce voce sovraccarica di entusiasmo di Wendy.

"Dimmi che non mi hanno messo ancora assieme a te" dissi sbuffando, ma quella frase era più un'affermazione che un dubbio.

"Sì, per tua immensa gioia. C'è anche Adak con noi" rispose e indicò con la mano il ragazzo dai capelli blu che si stava avvicinando.

Perfetto, solo a me potevano capitare quella su di giri e il 'rimorchia cameriere' più conosciuti tra tutti i duecento dipendenti del locale.

Adak era un tipo veramente strano, con cui non ho mai avuto veramente occasione di parlarci più di tanto. Ma la sua fedina era già sporca per me, dato che era stato il motivo per cui ho dovuto accogliere Mercoledì Addams e la causa dell'inizio di tutto questo disastro. Portava i capelli quasi rasati a zero e, come già citato prima, tinti di un blu acceso. Sul suo viso il piercing al naso, gli occhi grigi e le lentiggini creavano un contrasto tale che, a detta delle ragazze, è il vero motivo per cui 'vengono solo a guardarlo'.
Mi vergogno solamente di aver ricordato queste riluttanti parole.
Peccato, sarebbe pure un bravo ragazzo, spiritoso e intelligente, se non collezionasse le sue conquiste come se fossero figurine. Ha ormai trent'anni ed è così da quando ne aveva sedici, sempre a detta delle ragazze. Qualcosa mi dice che non cambierà mai.

"Ehi ciao hyduccio, come va?" disse lui, con un sorriso sghembo.

"Come cazzo mi hai chiamato?" domandai io, mentre la rabbia mi ribolliva nel corpo.

"Ehi, calmati, stavo scherzando" ripose, per poi voltarsi e lasciarmi abbastanza confuso.

Dato che non c'è nessuna regola scritta che dobbiamo andare d'amore e d'accordo tra colleghi, mi volto anche io e decido di lasciare perdere. Azione perfettamente sbagliata, dato che appena lo faccio compare una chioma colorata e due trecce nere che conosco perfettamente.

"Potrei un martini, per favore?" chiese Enid, arrotolandosi una ciocca di capelli fra le dita.

"Si, aspetta due minuti e arrivo", le risposi per poi iniziare a preparare il tutto.

"Due minuti? Sei patetico, io te lo preparo in un minuto, signorina", si intromise Adak, spalmandosi praticamente sul banco per avvicinarsi il più possibile a lei.
Povera Enid, è appena diventata la nuova vittima del ragazzo dai capelli color puffo.

"Fa come vuoi, Adak. L'importante è che per una volta svolgi il tuo lavoro" conclusi io.

Rivolsi lo sguardo alla Addams, che se ne stava due passi dietro Enid. Non scherzo, sembrava la sua ombra.
Le chiesi gentilmente se gradisse anche lei qualcosa, ma mi liquidò con un 'no' secco, perfettamente nel suo stile. Sarà stato il ricordo della serata che avevamo passato in quel locale assieme, ma i miei occhi si posarono per un lieve istante sulle sue labbra e mi vergognai dei miei stessi pensieri in quel momento.
Se la serata sarebbe partita così probabilmente non ce l'avrei fatta a resistere a quella tentazione.

❄︎❄︎❄︎

E invece la serata passò eccome, almeno la metà. Non ci furono altri contatti tra me e lei, dato che le ragazze furono prese in ostaggio da Adak, che avrei voluto strozzare.

La mezzanotte arrivò come un fulmine a ciel sereno e io e gli altri ci avviammo verso i camerini per cambiarci. Era infatti previsto che dovevamo cercare anche noi di confonderci con gli invitati.
In contemporanea il dj aveva iniziato a far riecheggiare la prima canzone tra le pareti. Non canzonette da discoteca, sia chiaro, ma vere e propri testi, suoni e ritmi premeditati con un significato dietro.

Quando entrai nella pista da ballo con la mia camicia bianca perfettamente bottonata e la maschera del medesimo colore la cercai. Non me lo seppi spiegare, ma la cercai. Tentai di trovarla in mezzo ad un mucchio di persone mascherate. Ma le sue trecce sono inconfondibili, no? L'unica difficoltà era il numero di persone che erano presenti, quasi millecinquecento, che si ammassavano in due differenti piani.

Ma se non erravo, lei doveva essere lì, probabilmente leggermente in disparte a prendere per il culo le abilità di ballo delle persone.
Purtroppo, quando percorsi il perimetro della sala non la trovai, quasi mi arresi se non fosse per la canzone che si sparse in quel momento nell'aria: RunRunRun.
La stessa che avevamo sentito quella sera.

'Oh, Father, please, please forgive all my sins
The water is way too deep, the deep end is where I live
Father, please, there's blood all over these sheets
The Devil is in the mirror, he's staring right over me'

Senza perdere le speranze corsi al centro della pista e dopo svariati minuti la trovai, accanto ad Enid, che tuttavia stava parlando con Wendy e Adak e era troppo immersa nella conversazione per accorgersi che nel giro di poco presi per il polso la sua amica e la trascinai al di fuori della folla.

'I always thought it would be easy
To get you out my mind
I think I found a new addiction
And it feels so right'

"Certe volte vorrei proprio sapere cosa ti passa per la mente" disse, sospirando.
Frase del tutto comprensibile, l'avevo colta di sorpresa, e sinonimo che sapeva che ero io anche se indossavo una maschera, che non avrei potuto togliere fino alle due.

'Run, baby, run, run for your life
I'ma tear out your heart, it'll always be mine
Run, baby, run, run for your life
Gonna tear out your heart, it'll always be mine'

"Lo vuoi veramente sapere? Va bene, sto pensando che sei bellissima dall'inizio di questa serata, anzi da quando stamattina sei entrata nel mio appartamento. Sto pensando che la vita vuole proprio andarmi contro perchè dovresti essere quella che devo tenere più lontana da me, ma io non ce la faccio. Non so nemmeno perchè ti ho cercata, volevo solo...solo cercarti e sperare di trovarti", le dissi tutto d'un fiato, perchè certe volte bisogna dire cosa ti passa per la testa.

"Ammetto di essere senza parole, cosa potrei fare per uscire da tutto ciò?" domandò e il mio cuore ormai era i tilt.

"Niente, è troppo tardi. Solo...permettimi di baciarti".

Baciami perchè forse è l'unico modo per trovare delle risposte.
Baciami perchè lo desidero da quando abbiamo guardato il tramonto il giorno di Natale.
Baciami perchè con te sono Tyler e non la Dalia Nera.
Baciami perchè sei l'unica che nel mio mondo non indossa una maschera fatta di gesso.

'Run, baby, run, run for your life'

Nota autrice: [LEGGETE PLEASEE]
Ciau, scusatemi per l'assenza, ma questo capitolo è stato veramente molto difficile da scrivere.

Vorrei spiegarvi un paio di cose, perciò state attenti e leggete:

Perché la prima parte è fatta così?
Semplicemente voglio dare una versione di Tyler cattiva, ma che soffre. Che soffre molto, perché a parer mio da un passato del genere non si esce senza ferite. È stata una mia scelta perché non lo ho mai visto così a pezzi nelle altre ff (e questo vuol dire che c'è ancora gente sana di mente, grazie) e ho voluto testare e fare così. Preparatevi perché ci sarà di peggio :)

Perché Mercoledì ride?
Mi piace l'idea che Mercoledì sia molto aperta con Enid, dato che trovo che il loro rapporto sia uno dei più belli inassoluto della serie.
Mercoledì ora è adulta e certe emozioni le ha sperimentate, è meno chiusa rispetto la se adolescente. È cambiata, ma in meglio e senza trascurare quella che è sempre stata.

In tutto ciò spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciate una stellina e dei commenti...questo aiuterebbe tanto la storia a crescere!

Ps: sta andando ancora tutto troppo bene per me...qualcosa deve accadere no?
Qualcuno si ricorda di Xavier?

Se you soon,
Lily














Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro