13 ❄︎•𝕯𝖊𝖘𝖎𝖗𝖊•❄︎
𝑅𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑜, 𝑡𝑖 𝒂𝒎𝒆𝒓𝒐́
𝑇𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑜́ 𝑎 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑖 𝑙'𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂
𝑫𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒊𝒐, ℎ𝑜 𝑓𝑎𝑚𝑒
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𝐌𝐞𝐠 𝐌𝐲𝐞𝐫𝐬
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𝐭/𝐰 🟠: 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐞 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐮𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞𝐬𝐩𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐞
Il desiderio è qualcosa di profondamente complicato. Qualcosa che ti porti dentro assieme alla tua natura, un'ombra che ti segue e che ti rende l'antagonista. Tanti provano a spiegare cosa significhi l'amore eppure nessuno sa spiegare come fuggire al desiderio. Quella sensazione che ti mangia da dentro, che ti manda fuori di testa per una persona.
E vorrei tanto dire che io questo desiderio lo sappia tenere a bada, ma guardando l'immagine minuta di Mercoledì, aggrovigliata tra le coperte era come se lui avesse vinto.
Ancora ero incredulo di ciò che era accaduto, poco prima che ci abbandonassimo tra le braccia di Morfeo, tuttavia non mi rimaneva che credere.
"Ciao" sussurrai piano, quando la corvina aprì gli occhi, che spalancò subito in un gesto di sorpresa.
Era quello che immaginavo facesse, così mi avvicinai di più a lei e le sorrisi piano.
"Tyler Galpin nel mio letto, questa immagine è più raccapricciante di quanto mi fossi immaginata" disse lei con la voce ancora impastata dal sonno, girandosi a pancia in sù.
"Mercoledì Addams, vuol dire che te lo eri già immaginata? Non sapevo avessi questo tipo di pensieri su di me" scherzai, e lei mi diede una spinta, non sufficiente a farmi cadere dal letto, ma quasi.
A quel gesto risi e per mia immensa sorpresa Mercoledì sembrò addolcire il suo sguardo.
"Sei pericolosa" la incolpai.
"Tra i due, sei tu che sei un Serial Killer" ribatté lei, in sua difesa.
Mercoledì appoggiò la testa sul mio petto e chiuse ancora gli occhi. Per fortuna che non poteva vedermi, perché probabilmente dovevo avere un sorriso da ebete in faccia. Eppure, per quanto surreale fosse quella situazione, decisi di godermela appieno. Posai le mie mani tra i suoi capelli e iniziai a giocare con le sue ciocche corvine, lasciando che Mercoledì si rilassasse sotto le mie carezze. Era bellissima, appena sveglia, sembrava un piccolo angelo, anche se questo paragone con lei poteva sembrare assurdo.
Questo, tuttavia, non durò molto, poiché Mercoledì proruppe con:" la colazione sarà già pronta, dobbiamo scendere".
E ne fui felice, perché se sarebbe stata ancora in quella posizione avrebbe udito i miei battiti del cuore troppo veloci.
"Va bene" risposi e sfilai delicatamente le coperte dai nostri corpi.
Solo dopo realizzai che io mi trovavo a petto scoperto e che lei indossasse solo una mia misera maglietta, sotto la quale , oltre agli slip, non c'era nulla. Ci scambiammo entrambi uni sguardo fugace, ancora seduti sul materasso, come per chiederci veramente la conferma di ciò che era successo quella notte.
Lei si alzò per prima, si precipitò verso l'armadio e prese un vestito in velocità, senza nemmeno vedere effettivamente cosa avesse scelto di indossare. La parte divertente, avvenne dopo. Perché mentre io pensavo che si sarebbe cambiata nella sua cabina armadio, lei decise di fare ciò che invece non avevo previsto in nessun modo. Si sfilò la maglietta davanti a me, scoprendo i suoi seni tondi e la sua pelle candida. Quasi indugiò un attimo prima di infilarsi il primo pezzo di stoffa che l'avrebbe coperta.
"Addams" la chiamai, quasi sotto forma di rimprovero, perché mi stava facendo venire dei brividi lungo la spina dorsale immaginabili.
Non rispose.
"Mercoledì", cercai la sua attenzione di nuovo, ma lei si limitò a infilarsi delle calze in lana che le arrivavano fino a metà polpaccio. Oddio, non può fare sul serio.
"Cara mia, così mi torturi" dissi con un lieve sorriso sulle labbra. Lei si voltò all'istante.
"A me piacciono le torture" affermò lei, dirigendosi verso lo specchio, spostato leggermente più a destra nella mia visuale. Per quanto la scena che avevo proiettata davanti a me fosse al dir poco allettante e gradita, ebbi paura per un istante. Continuava a dire che mi odiava e poi mi faceva questo, eppure riconoscevo il suo sadismo. Perché infondo io e lei eravamo così simili.
Decisi semplicemente di lasciar perdere, di annegare nella sua immagine così proibita, che strano scherzo del destino, essere così tremendamente attratti da una Addams, da una ragazza che da bambina si divertiva a disseppellire nonno e nonna dalla tomba. Ciononostante non potevo desiderare nessuno fuorché lei. E lo pensai nello stesso istante in cui la vidi sciogliersi le trecce, far ricadere i suoi lunghi capelli corvini sulla schiena nuda. E posso giurare, in quel momento mi sentivo morto per davvero.
"Sei sadica" brontolai, senza staccare gli occhi dalla sua immagine.
"Tu quanto me, mon cher", si voltò e mi guardò con la malizia che sgorgava dai suoi occhi.
Mon cher. La signora Addams chiamava così suo marito...
Non riuscivo più a sopportare nessuna parola che fuoriuscisse dalla sua bocca, non se lei si trovava davanti a me, ma allo stesso tempo così distante. Così balzai dal letto e la raggiunsi, travolgendola con la mia presenza.
"Sono già considerato uno psicopatico da mezza nazione, non serve che ci sia anche tu a mandarmi fuori di testa ancora di più".
Le presi i fianchi e la strinsi contro di me, lasciando che il suo profumo al cocco mi invadesse le narici.
"Non penso te l'abbiano già detto, Tyler, ma si dal caso che io sia piuttosto attratta dalle menti malate e contorte", mi provocò lei con questa frase.
"Mercoledì", sussurrai il suo nome al limite.
"Sì?".
"Baciami, ti prego".
La guardai implorante e lei curvò leggermente le labbra in su soddisfatta. Poi si sollevò sulle punte dei piedi e unì le nostre labbra in un bacio tutt'altro che innocente. Mi persi in quella morbidezza, come se stessi assaggiando il più dolce dei nettari. Le colmai la bocca con la mia lingua, facendola scontrare con la sua passionalmente, senza alcun limite. All'improvviso si udì una strana melodia provenire da fuori della stanza, una canzone che riconobbi subito. Si trattava di back to black, e presunsi che fosse opera dei coniugi Addams, appena svegli. Io e Mercoledì, però, decidemmo di farla passare abbastanza in secondo piano. Il mostro che rapisce la bambina, ecco cos'eravamo, peccato che io avevo scelto la bambina sbagliata da spaventare, perché lei non mi temeva affatto.
E forse mi sentii un filo in colpa, perché non riuscivo ancora a capire il motivo per cui adoravo la sensazione che il suo corpo mi dava quando si scontrava con il mio, a ritmo di quella musica. Quella musica che era fottutamente d'aiuto per quello che stavamo facendo. Una canzone che parlava di una relazione chiusa dolorosamente, dove uno ci mette poco a ricominciare e l'latro invece è come se gli avessero trafitto il cuore.
E anche quando scesi a baciarle la clavicola, laddove una volta le mie mani le avevano fatto del male, lei non si lamentò. Anzi, le sue mani si strinsero attorno ai miei capelli ricci, stringendoli con forza. E, porca puttana, vedere Mercoledì Addams piegare indietro la testa per causa mia, per il piacere che io le stavo provocando, era qualcosa di indescrivibile.
"Tyler" disse fievolmente, forse per ribadirmi di quanto questo non sia assolutamente giusto.
"Che c'è?" Domandai con voce rauca, sollevando il volto verso di lei.
I suoi occhi, neri come l'abisso, mi guardavano con desiderio.
E, al contrario di quello che pensavo, lei fece ricominciare le nostre labbra. Addams mi farai impazzire prima o poi.
Trasportati dall'eterno bacio, non mi accorsi nemmeno in che modo lei si mise seduta sulla superficie della specchiera, di come velocemente con le mani avesse spazzato via i trucchi sopra essa. E nemmeno per quale ragione le mie mani finirono sulle sue cosce, fino a stringerle le natiche per avvicinarla sempre di più.
"Oh, cazzo" esclamò appena il suo centro sfiorò il mio, percependo la mia erezione. È la seconda volta che la sento parlare con questo linguaggio di registro così basso, e quasi mi fece tenerezza.
"Possiamo fermarci, Addams" sussurrai, ma le mie parole non erano per niente vere, l'avrei fatto solo se lei mi avesse detto di smetterla. Fosse per me, avrei continuato.
Lei accarezzò piano i miei ricci, respirando pesantemente, affannata.
"No, va bene" sussurrò delicatamente, in un tono troppo dolce per lei.
E infatti l'imbroglio ci fu, poiché lei scese con le sue labbra a baciare il mio petto, sfiorò una ad una le cicatrici che possedevo, incluse quelle che mi aveva curato lei. Io mi lascia sfuggire un leggero sussulto dalle labbra.
Qualcuno bussò all'improvviso e ci allontanammo di scatto. Mercoledì si coprì il corpo con le sue mani, ma la vidi rilassarsi quando il viso di Enid fece capolino da dietro alla porta.
Io invece avevo il batticuore ed ero in profondo imbarazzo, cercai di voltarmi per non far vedere la situazione precaria tra le mie gambe. Enid spalancò una prima volta gli occhi, per poi lasciarsi abbandonare un sorriso più che soddisfatto. Oddio, che grande figura di merda.
"Lo sapevo, cazzo! Oh mio dio mi dispiace così tanto di avervi interrotti, dovevo avvisarvi che la colazione era pronta...scusa" disse, per poi pronunciare l'ultima parola verso Mercoledì.
"Ok, Enid scuse accettate, ora potresti per favore..em...lasciarci due minuti per, ecco, sistemarci?" le chiesi io, alludendo sia alla mia situazione, ma soprattutto a quella di Mercoledì, che seduta ancora sulla specchiera indossava solo delle calze e delle mutande, con soltanto i capelli a farle da scudo nelle parti di pelle scoperte.
"Nulla che non abbia già visto" rispose placida, la lupa.
"Ha ragione" confermò Mercoledì, come se non fosse quella nella situazione più scomoda. Io le guardai sorpreso, come per chiedere se mi stessero prendendo in giro.
"No, aspettate...voi mi avevate raccontato che 'vi siete concesse abbastanza da infilarvi le mani sotto la maglietta', che cosa significa questa affermazione?" domandai, mentre il me interiore aveva subito un profondo shock.
"Caro e dolce Tyler, nella vita si raccontano tante balle, dovresti imparare a riconoscerle" mi rispose Enid, senza smettere di sorridere.
"Non sto capendo nulla di quello che dici, Enid. Mercoledì, qualcosa da dire in tua discolpa?" interpellai la corvina che era intenta a godersi la scena, come se non fosse mezza nuda sopra a un mobile.
"Che la cicatrice, sull'interno coscia sinistro di Enid, è al dir poco idilliaca", fu la sua risposta e anche lei ghignò divertita.
"Bene, penso che abbiate recepito il mio messaggio, vi aspetto in sala pranzo" concluse la conversazione Enid, per poi fare l'occhiolino a Mercoledì, prima di dileguarsi.
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"Che sia un triste primo giorno dell'anno a tutti".
Gomez Addams arrivò in cucina con un sorriso stampato sulla faccia, in completo stile Addams. Si sedette accanto alla moglie, pronto a gustarsi la colazione.
Io e Mercoledì prendemmo posto subito dopo di lui.
La tavola era coperta da una tovaglia in pizzo nero e decorata da candelabri del medesimo colore, bandita da bacon e uova dall'aspetto strano, accompagnati da bibite rosso scuro e caffè nero. Mi voltai, con lo stomaco che si contorceva, a vedere Enid, Mercoledì che mangiavano tranquille. Così, titubante, addentai un pezzo di uova e rimasi sorpreso che, per qualunque ignota provenienza avessero, erano anche buone.
"Allora Tyler, hai passato bene questa notte? Spero che Casa non abbia fatto la solita, tende a aprire finestre e far cadere oggetti a suo piacere. Ma di solito con gli ospiti tende a fare la taciturna" mi domandò la signora Addams.
Per un attimo mi irrigidii sul posto e fu lo stesso per Mercoledì, che istintivamente mi prese il polso con la sua mano, come per dirmi di non dire qualcosa di stupido. E questo lo sapevo, di certo non le avrei risposto che avevo passato tutta la notte a far morire dal piacere sua figlia.
"Un bel capodanno, Signora Addams. Era da anni che non lo festeggiavo" riposi, per ringraziarla. Omisi il continuo della frase tuttavia, poiché il motivo per cui avevo saltato dei capodanni era il fatto che fino a un mese fa ero in prigione.
"Oh, per noi Addams è sempre un piacere dare ospitalità, di solito tutti rimangono piuttosto colpiti dal nostro metodo di accoglienza. Deduco che tutti voi abbiate fatto degli incubi, le vostre urla sono risuonate nelle ombre della notte come la più velenosa melodia" prese parola il signor Addams e a fine frase guardò sua moglie con un'occhiata troppo complice, quasi come se la stesse spogliando con gli occhi. E mi dispiace dire questo dei padroni di casa, ma era piuttosto evidente a tutti.
Mercoledì strinse il mio polso ancora più forte, poiché come me aveva subito collegato la parola 'urla' a ben altro. Enid notò le nostre espressioni, così decise di prendere parola al posto nostro: "Abbiamo fatto il nostro solito gioco, Morticia. Come sempre è stato fantastico".
"Interessante, spero che come sempre vi siete divertiti e torturati sufficientemente a vicenda. A proposito, Mercoledì ti ricordo che se volete invitare qui qualche vostro amico di Chicago, soprattutto per giocare, le porte di Casa sono sempre aperte e anche quelle della sala torture".
Mercoledì annuì silenziosa, prima di dare un ultimo morso ad un pezzo di pane e alzarsi. Sparì nel corridoio, nella stessa direzione di camera sua. Io e Enid aspettammo ancora un po', prima di defilarci, ma quando gli amoreggiamenti tra i coniugi Addams iniziarono a diventare eccessivi ci dileguammo anche noi.
Nel mezzo del corridoio, tuttavia, una voce richiamò la nostra attenzione: "Ehi, stanno ancora pomiciando sul tavolo?".
Dall'ombra di una stanza comparve il volto di colui che doveva essere Pugsly Addams, che con qualche passo ci raggiunse. Lo riconobbi a stento. Era alto almeno cinque centimetri più di me, aveva un fisico slanciato è una cascata di ricci neri che gli ricadeva sul volto. Solo in quel momento realizzai che non era più il ragazzino di tredici anni che avevo visto, ma un ragazzo che probabilmente avrà raggiunto quest'anno la maggiore età. Fece un cenno di saluto con la mano, goffamente, poi continuò il suo discorso: "Non ho intenzione di fare colazione con due che si limonano davanti a me, ho diritto di scelta".
Non sapevo cosa dire, non ero abituato a quella che in casa Addams era definita abitudine. Ci pensò Enid al posto mio: "Sono alla fase tre, Mostriciattolo. Devi barricarti in camera finché non si trasferiscono nelle coperte della stanza matrimoniale".
"Devi smetterla di chiamarmi così Enid. Non sono più un bambino e ho solamente due anni in meno di te!" si lamentò lui e in riposta la lupa si sollevò sulle punte e gli scompigliò i capelli.
"Giammai, questo soprannome sarà cucito nella tua anima per sempre, Pugsly Addams. Finché aspetti che la scena vietata ai minori finisca, vieni in biblioteca con me? Devo fare alcune ricerche per lavoro e voi Addams avete più libri sui reietti della Nevermore".
"Va bene, lupa. A proposito, mi piace il tuo nuovo colore di capelli, ti danno proprio un'aria da avvocata".
Non seppi cosa dire, la corvina aveva scherzato sul fatto che "Pugsly avesse un debole per Enid", ma mai avrei immaginato così il loro rapporto. Dato che comunque i due mi avevano abbandonato, decisi di raggiungere Mercoledì. Percorsi le scale di tutta fretta e bussai alla sua porta.
"Chi è?" Chiese.
"Il mostro che ti vuole mangiare. Seriamente Addams, chi vuoi che sia?" risposi e quando terminai la frase il suo volto apparì dallo spiraglio della porta.
"Si dal caso, Galpin, che tu sia un mostro. Sul fatto che mi vuoi mangiare, dipende tutto dalle tue intenzioni", le sue parole erano tremendamente vere e quasi mi venne da ridere.
"Non saprei, il sapore del tuo corpo, ieri notte, non era niente male. Però, se mi dai di più non mi lamento" la presi in giro, perchè provocarla era troppo divertente.
"Sei un pervertito" rispose, rivolgendomi un'occhiataccia
"Sei tu che mi provochi con la metafora del mostro".
Sbuffò, capendo che l'avevo incastrata.
"Ti va di venire con me a fare due passi, devo parlarti" disse tutto d'un fiato, poi.
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Quando Mercoledì mi aveva chiesto di fare "due passi", di certo non avrei immaginato che mi avrebbe portato nel cimitero di famiglia. Non si poteva dire che fosse un posto modesto, poiché ogni tomba possedeva la propria statua che richiamava i tratti del defunto, dalle più svariate geometrie. Ringraziai che era appena giorno, perché con il buio tutti questi morti che mi 'guardavano' mi avrebbero messo a disagio.
"Mercoledì, cosa c'è?" le chiesi, cercando di assumere un tono di voce più dolce possibile.
Lei mi guardò soltanto, prima di sedersi ai piedi di una lapide. Prese il viso tra le sue mani e con un leggero cenno col capo mi invitò a raggiungerla accanto a lei.
"È umiliante il fatto che io non riesca a trovarne le parole giuste da usare" mormorò, fissandosi la punta delle scarpe.
"Ascolta, se è per questa notte e mattina voglio che tu sappia che..." iniziai a dire io, ma la fortuna mi interruppe. "No, quello è stata soltanto l'ennesima prova del mio fallimento, Tyler. Mi ero promessa con tutta me stessa di dimenticarti, di non pensare più a te. Avevo persino attaccato la tua foto sul bersaglio per esercitarmi nel lancio dei coltelli. Ma evidentemente trovi sempre il modo di tornare".
Le sue parole mi ferirono, ma in un certo senso fui grato che lei si stesse aprendo con me.
"Non posso dire che ti capisco, perché siamo due differenti persone. Ma anche io, ho provato a dimenticarti. Quando ero al Willowhill era impossibile, perché lì ero tutto il tempo in una cazzo stanza a rimuginare su me stesso. Ma quando sono arrivato a Chicago questo mese ho davvero sperato di allontanarmi da tutto questo, Jericho, mio padre, la Nevermore e te. Eppure sei stata capace di tornare lo stesso anche tu e giuro che forse è questa vita che per me risulta essere un grande scherzo, ma è andata così e non possiamo cambiarlo".
Un leggero vento iniziò ad innalzarsi, muovendo la neve che si era depositata tra i rami degli alberi. Il clima, nonostante i nostri profondi discorsi, era di una eterea pace.
Mercoledì, probabilmente nervosa, si alzò di scatto. Iniziò a camminare tra le lapidi, affondando i suoi stivali nel soffice tappeto bianco ed io la seguii.
Ci furono alcuni minuti di silenzio, prima che lei riprendesse parola: "Tu mi hai quasi uccisa e hai portato via delle vite innocenti. Non mi importa che sia stata la Gates a guidarti, voglio che tu sappia che io ti vedrò sempre come un assassino. Tuttavia, a me sei piaciuto, nel momento in cui eri un semplice normale. Quando ho scoperto cosa nascondevi sotto il tuo falso sorriso, invece ti ho odiato. E vorrei essere in grado di perdonarti, ma non posso. Il tuo ruolo rimarrà sempre quello dell'antagonista, nella mia storia".
Udire le sue parole, fece male. Allo stesso tempo, però, sapevo di essere perfettamente dalla parte del torto, anche se avevo un voglia irrefrenabile di dirle che la sua, era una storia al contrario. E le storie al contrario non seguono le regole.
"Hai ragione" dissi.
"Tuttavia, so di aver perso al gioco di ieri. E so perché mi sono rifiutata di rispondere. Io...non volevo dare la conferma che la promessa della me sedicenne, fatta al termine della luna di sangue, venisse infranta . Io ti ho odiato, Tyler. Ti odierò ancora per quello che hai fatto. Ma questa versione di te, invece, non mi dispiace" disse tutto ad un fiato, mentre la sua maschera di ghiaccio si rompeva.
"Stai dicendo che sei..."
"Non dirlo, ricadere in inutili déjà vu non mi serve. Ho fatto un'attenta analisi di ciò che sta succedendo e sono giunta ad una conclusione, estremamente disgustosa per me. Dato che presumo che tu abbia capito, ti lascio il compito di concludere concludere".
Immaginavo che non riuscisse a dire quelle parole, così le sorrisi. Mi faceva tenerezza. Voleva...che il nostro rapporto diventasse più serio. Stava dicendo che era pronta ad essere più di un'amica.
"Va bene, Mercoledì Addams, non te la farò tanto difficile. Vorresti essere la mia ragazza e intraprendere una di quelle disgustose relazioni che tu hai sempre evitato?", le chiesi, cercando di non far troppo vedere l'euforia che varcava il mio sguardo.
Aprì e chiuse le labbra più volte, prima di riuscire effettivamente a parlare.
"Sì".
Non le lasciai dire altro, mi fiondai sulle sue labbra come il più avido cacciatore. La baciai come si fa con ciò che per te è prezioso: delicatezza, amore e passione, perché volevo darle tutto. Le avrei dato il mio cuore, se fosse stato possibile.
Era un finale, avevamo varcato la soglia dove cinque anni prima ci eravamo interrotti. Dove un singolo bacio, che avrebbe dovuto dare l'inizio a tutto, aveva invece decretato la fine.
La baciai, ma fu proprio nel mentre di uno dei più bei momenti della mia vita, che successe. Accadde l'irreparabile, quel genere di imprevisti che non sono mai graditi. La storia si ripetè, un'altra volta. Un circolo vizioso che chi sa quando avrebbe avuto fine.
Il corpo di Mercoledì, che era stretto a me, sì irrigidì, i suo capo venne spinto all'indietro da una forza sovrannaturale: ebbe una visione.
A quanto pare la nostra storia non voleva ancora giungere al finale.
Nota autrice:
Triste Halloween a tutti!
Perdonatemi, lo so che non sono divertente. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto.
Dolcetto o scherzetto?
Direi scherzetto, dato il finale ;)
Ci saranno alcuni errori, li correggerò appena ho tempo.
Al prossimo capitolo (ora le cose di fanno interessanti).
Lily
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