12.1 ❄︎•𝖗𝖔𝖑𝖑𝖎𝖓𝖌 𝖎𝖓 𝖙𝖍𝖊 𝖉𝖊𝖊𝖕•❄︎
𝑳𝒆 𝒄𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒊 𝒅𝒆𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆 𝒎𝒊 𝒓𝒊𝒄𝒐𝒓𝒅𝒂𝒏𝒐 𝒏𝒐𝒊.
𝑬 𝒎𝒊 𝒇𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒃𝒃𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒂𝒗𝒖𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒂𝒔𝒊 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐.
𝑳𝒆 𝒄𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒊 𝒅𝒆𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆 𝒎𝒊 𝒍𝒂𝒔𝒄𝒊𝒂𝒏𝒐 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒓𝒆𝒔𝒑𝒊𝒓𝒐.
𝑵𝒐𝒏 𝒓𝒊𝒆𝒔𝒄𝒐 𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒓𝒆,
𝒑𝒐𝒕𝒆𝒗𝒂𝒎𝒐 𝒂𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐
𝑻𝒊 𝒂𝒖𝒈𝒖𝒓𝒆𝒓𝒂𝒊
𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒂𝒗𝒆𝒓𝒎𝒊 𝒎𝒂𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒂
𝑹𝒐𝒕𝒐𝒍𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒏𝒆𝒍 𝒑𝒓𝒐𝒇𝒐𝒏𝒅𝒐
𝑨𝒗𝒆𝒗𝒊 𝒊𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒕𝒓𝒂 𝒍𝒆 𝒎𝒂𝒏𝒊
𝒆 𝒉𝒂𝒊 𝒈𝒊𝒐𝒄𝒂𝒕𝒐,
𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒍 𝒔𝒖𝒐 𝒃𝒂𝒕𝒕𝒊𝒕𝒐
-𝐀𝐝𝐞𝐥𝐞
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Se vi va di vederlo, dura un minuto. È per entrare nel mood del capitolo e del prossimo ♡.
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Erano passati tre giorni.
Tre giorni senza sentire il suono dei suoi tacchi sul marmo del pavimento, senza che la sua lingua tagliente trafiggesse in qualche modo il mio cuore, senza le sue immancabili trecce ordinate, che ti facevano venir voglia di sciogliere.
Perché quando qualcosa iniziava ad andare bene, nella mia vita, prima o poi devoveva finire?
Erano passati tre giorni, non molti meno rispetto a quelli che avevo trascorso in sua compagnia.
Eppure, la sua assenza si sentiva, eccome. Avevo vissuto quattro anni senza di lei, ma adesso, dopo una settimana in cui si era fatta spazio tra la mia storia, mi ero dimenticato com'erano, i giorni senza sua presenza.
"Tyler, possiamo parlare?", mi domandò Faye, mentre ero intento a passare uno straccio sul bancone.
Erano le due del pomeriggio e tutti i dipendenti stavano mettendo a lucido il Magic, pronti per questa sera. Sì, perché quella sera era capodanno. La festività più significativa per i locali come il nostro, il momento in cui ognuno di noi si impegnava al massimo per contribuire ad una realizzazione dell'ultima notte dell'anno impeccabile.
Ecco spiegato perché, con in mano panni e spugne, era ormai da un ora che mi ritrovavo lì dentro a sistemare, lavoro che di solito era destinato agli addetti delle pulizie, ma che oggi rappresentava un impegno immancabile per chiunque.
Motivo per il cui, a capodanno, erano anche tutti più nervosi. Bastava prendere Adak, per esempio, che dal solito play boy con un solo neurone si era trasformato in collaboratore con i fiocchi, ordinando tutte le bottiglie in ordine alfabetico, compito che di solito preferiva evitare.
O Wendy, che nonostante i suoi giochetti notturni rimane una ragazza dolcissima, intenta a controllare ogni singolo angolo, mancherebbe solo che facesse sollevare tutti i battiscopa per togliere ogni millimetro di polvere.
"Oh, va bene" risposi alla streghetta bionda, allontanandomi dal mio lavoro incompiuto.
Mi sedetti in una delle panche dei camerini, di solito riservati per le ballerine, ma che ora erano ancora vuoti. La guardai, sperando che i suoi occhi cristallini possano rivelarmi cosa ci fosse di tanto importante da dirmi.
"Tutto ok, Fy?" chiesi, quando ebbi impressione che la situazione si sarebbe ben presto trasformata in qualcosa di spiacevole.
"Al dire il vero, volevo fare la stessa domanda a te, Tyler", mi rispose lei, appoggiandosi all'armadio che c'era in quella stanza.
"A me? Mi hai portato qua dentro per chiedermi se sto bene?".
"Si, cioè no. Più o meno. In realtà nel mio piano mentale la prima mossa era spingerti fuori da questo posto a pedate e dirti di ragionare con il cervello ogni tanto, ma sì, volevo anche chiederti come stai" iniziò a farfugliare, mentre le sue mani avevano preso a gesticolare nervosamente.
"In che senso, scusa?", a quanto pare oggi ero capace di fare solo domande, comprensibile dato che non capivo che cazzo stesse succedendo.
"Nel senso che mi sto seriamente chiedendo perché tu non sia ancora andato a trovarla".
Quella risposta mi investì all'istante, come se mi avessero appena gettato un secchio d'acqua ghiacciata addosso. Era prevedibile, che prima o poi me l'avrebbe detto. Faye è sempre un passo avanti agli altri, l'avevo imparato quando ero alle elementari e lei mi a aveva detto che, alla partita di dogeball , la mia squadra avrebbe vinto.
Lei era una sensitiva, non un corvo come Mercoledì, ma riusciva a prevedere i fatti basandosi sul modo di comportarsi degli altri. Come se lei ti conoscesse grazie ad un solo sguardo. Inquietante, ma è comunque la mia migliore amica. Cercando di divagare meno, Faye aveva intuito che qualcosa non andava, sin dalla notte in maschera.
"Non posso" sussurrai più a me stesso che a Faye, avevo perso il conto di quante volte avessi pronunciato quelle due parole.
La ragazza mi guardò con un'espressione indecifrabile, che se l'avesse fatta in un altra occasione avrei probabilmente riso. Aveva aggrottato le sopracciglia con fare buffo e stretto le sue labbra fini in una smorfia, accompagnate delle braccia incrociate. Doveva essere incazzata, presumo.
"Tyler, vuoi seriamente aspettare altri quattro anni, prima di rivederla? L'hai già lasciata scappare una volta, ora è il momento di fermarla. La fiducia delle persone non si può comprare, devi conquistarla e se stai qui a pulire banconi e tavoli tanto da farli brillare non succederà niente".
Era vero, volevo realmente aspettare altri anni, prima di rivederla? Soprattutto dopo quello che le avevo rivelato?
Dannata Faye e i suoi consigli filosofici.
"Non..." provai a dire, prima che lei mi interrompesse.
"Sei esonerato dalla festa di capodanno, parlerò io con Tiffany. Ora, tu andrai da quella ragazza, non farai il cretino come al solito e metterai le cose in chiaro. Fallo, o ti ci mando io a suoni di sberle", mi interruppe lei, alzando la mano in aria per mimare il gesto di uno schiaffo. Deve esserle proprio piaciuta la corvina, per tenere a lei. O forse sa che io sono un coglione patentato e vuole mettermi di nuovo sulla strada giusta.
Tiffany, la proprietaria del Magic, non si sarebbe lamentata di certo se fossi mancato. Faye era la sua protetta, ogni scusa che le avrebbe detto sarebbe bastata.
"Sembri mia Zia Stacy" risposi, roteando leggermente gli occhi.
"Non paragonarmi a lei, Tyler Galpin! Ora vai, prima che sia troppo tardi", mi urlò contro offesa, ma la sua faccia era buffa.
Forse, se non ci fosse stata Mercoledì, noi due saremmo potuti essere una coppia.
Ma c'era solo un unico punto: esisteva Mercoledì.
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"... e dopo questo lungo monologo della mia intrepida avventura dal Magic alla tua porta, ecco come mai sono qui, Enid Sinclair".
Avevo appena concluso uno dei racconti più emozionanti che avessi mai fatto nella mia assurda vita, che solo una certa bionda, che al momento indossava un coloratissimo maglione con scritto 'life is wonderful', aveva avuto l'onore di udire.
In breve, non mi sarei mai aspettato che nel giro di un'ora mi sarei ritrovato davanti alla porta della mia amata vicina, a spiegarle per quale motivo necessitassi di sapere dove si trovasse Mercoledì in questo momento.
Probabilmente mi starà prendendo per pazzo, ma dopotutto lo sono già.
"Quindi, fammi capire, hai bisogno del mio aiuto per ricreare la vostra scena perfetta da Demon e Elena, con il mitico bacio sotto la pioggia? Visto il tempo, riformulo, sotto la neve?" domandò ironica la bionda, nonostante avesse capito la gravità della situazione.
Annuì, nonostante il suo sarcasmo. Avevo bisogno di trovare Mercoledì, perché Faye in fondo aveva detto la verità: l'ho già lasciata correre via da me in passato, ma ora posso scegliere se farlo una seconda volta o no.
In mezzo a questa "o" si trovava solo una decisione. E avevo scelto di rincorrerla, non di stare fermo.
Nonostante avrei preferito che lei fuggisse. Perché non può stare vicino a me, un essere sporco e vile. Ma la Dalia Nera mi sta sussurrando solo una frase: sii, egoista. Prendila per te, lei pura che riesce a tappare le tue sofferenze, tienila stretta, anche se sai che la ferirai soltanto.
"È al Marvin's Coffee a scrivere. Se fai in tempo la trovi ancora lì" disse a bassa voce, quasi come un segreto, Enid.
Mentalmente, la ringraziai. Senza di lei probabimemte mi ritroverei ancora all'inizio di questa storia.
"Cosa vuoi in cambio di questa informazione?", le domandai. Era impossibile che non l'avesse fatto senza un compromesso.
"Nulla, Galpin. Sotto sotto sono ancora là ragazzina delle superiori pronta a distribuire gentilezza ovunque. Ma se mai Mercoledì minaciasse di uccidermi per questo, allora tu sarai messo in causa".
Risi, abbastanza silenziosamente. Enid era una persona unica nel suo genere. Eppure, sapevo che tutta quella ironia e positività servivano a nascondere qualcosa.
Perché le riconosco, quelle come lei hanno sempre il sorriso, ma dentro di loro nascondono tutte le più grandi insicurezze.
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Dopo essermi trattenuto dall'insultare tassista, che guidava a passo d'uomo sparando a palla una musica simile a quella che mia nonna metteva mentre cucinava, sono arrivato al Marvin's Coffee.
Non ero mai stato nelle zona del Lincoln Park, ma dovevo ammettere che, ora, avevo capito il motivo per cui Mercoledì passava lì le sue ore di scrittura. Erano giardini immensi ricoperti di neve, che sembravano creare una sorta di paradiso per gli abitanti di Chicago. C'erano ragazzi che chiacchieravano seduti ai tavoli dei bar, con in mano della cioccolata calda, bambini che facevano gli angeli sulla neve e genitori che scappavano dai propri figli, con in mano le palle di neve. A quell'immagine, quasi mi piacquero le vacanze natalizie, nonostante la nostalgia che mi creavano.
A Jericho, quando iniziava a nevicare, la neve non si fermava più. Tutto veniva avvolto da un mantello bianco e candido, che sarebbe durato fino a all'arrivo della primavera. Ricordo ancora quando io e mamma, in un giorno che chiamavamo banalmente "Snowman day" , andavamo in giardino e ci divertivamo a creare pupazzi dalle forme buffe- perché non assomigliavano per niente agli originali pupazzi di neve- e li circondavamo di lucine dorate e argentee, per illuminare la strada a Babbo Natale. Papà invece non c'era mai, lavorava sempre, anche quando lei era ancora con noi. Le ultime feste insieme le avevo passate metà a casa con mamma, l'altra metà da solo dai nonni, che mi con continuavano a dire:" Tua mamma ha delle visite importanti, tornerà presto".
So solo che quell'anno fu l'ultimo snowman day. L'altro lo passai davanti ad una lapide di pietra.
Decisi di pensare ad altro, non volevo ricordare tutto quello, non oggi, non ora.
Entrai nella caffetteria con le mani nelle tasche dei jeans, e con il naso rosso dal freddo. Appena dentro, un bel tepore mi scaldò dal rigido gelo dell'esterno.
Era un locale semplice, con tanti tavolini di legno chiari che lo riempivano, attorniati da graziose sedie e poltroncine. Tutte le decorazioni, come foglie, piante, quadri e mensole piene di libri antichi, ricordavano l'autunno e i suoi colori. Dire che era accogliente, era dir poco.
Mi affrettai a cercarla con gli occhi. La vidi quasi nell'immediato, seduta attorno ad un tavolo, intenta a premere i tasti della sua macchina da scrivere, mentre sorseggiava il suo solito caffè. Mi avvicinai a lei silenziosamente, poi decisi di parlarle:" Ciao, Treccine".
Lei non sollevò la testa nemmeno di un millimetro, non sembrava essersi accorta di me, eppure mi aveva sentito forte e chiaro. "Treccine...", la chiamai nuovamente.
"La tua pazienza è alla pari dei mocciosi che stanno giocando lì fuori, Galpin. Devo finire il capitolo, aspetta" rispose, questa volta, senza staccare gli occhi dal foglio.
Mercoledì era tornata nei suoi perfetti panni, con un'espressione concentrata in volto e le sue dita che non lasciavano i tasti per un secondo. Attesi dodici minuti. Dodici pezzi di tempo composti da sessanta secondi. Che passai a guardarla, nel mentre che lei era immersa nel suo mondo immaginario, che conosceva solo lei, un universo dove poteva annegarci dentro, in acqua che non la soffocava, ma la faceva respirare.
"Ho finito, ora puoi smetterla di fissarmi" decretò, infine, mentre faceva scrocchiare le dita delle mani, che probabilmente le staranno facendo un male tremendo, data la velocità e l'intensità che metteva sulla tastiera.
"Ho letto il tuo libro" ammisi io, invece. Non lo dissi casualmente, ma più per pararmi il culo dall'accusa di averla guardata troppo, fatto vero, di cui non me ne pento affatto.
Lei mi guardo sorpresa, per quanto fosse possibile intuire dal suo leggero cambio da 'glaciale' a 'surgelato appena tirato fuori dal freezer'. Che poi non saprei definire che espressione abbia un surgelato, ma nel dubbio, è la stessa di una Mercoledí Addams sorpresa.
Umorismo a parte, mi divertì il fatto di averla lasciata spiazzata. E mi fece quasi dimenticare il fatto che due giorni fa lei avesse detto che mi odiava. Ma allo stesso tempo, si era lasciata sfilare il vestito da me. L'ho fatto io, con le mani che odia. L'ho baciata io, con le labbra che odia. E dovetti scacciare immediatamente quell'immagine dalla mia mente, o avrei seriamente rischiato di prenderla e spogliarla, anche direttamente in questa caffetteria, intanto era deserta. Una cosa che il mostro ed io avevamo in comune era la fame che avevamo di lei, una dipendenza che ci consumava. Entrambi volevamo toccarla, morderla, graffiarla, fino a farla urlare. Ma in due sensi completamente differenti.
"Strano, non pensavo che un tipo da Grande Gadsby potesse apprezzare la letteratura dark, curioso" disse Mercoledì, poi iniziò a riporre tutto il suo materiale in una valigetta.
"Oh, l'unica cosa curiosa che c'è, al momento, è che non l'avrei mai letto se non ci fosse stato il tuo nome stampato sopra", la provocai. Se volevo arrivare ad un chiarimento con lei, prima dovevo parlare d'altro, cercare di attirare un certo interesse su di me, che l'avrebbe convinta a rivolgermi la parola e ascoltarmi.
"Non dovresti adempire al tuo lavoro di barista, questo grande giorno? Enid si è lasciata scappare qualche informazione di troppo, vero?", fece due domande contemporaneamente lei, puntando le sue iridi sulle mie.
Tipico di Mercoledì, sviare il discorso.
"Dovevo parlare con la mia padrona, perché guarda caso è sparita per giorni interi" decisi di dire la verità, il motivo per cui mi trovavo qui.
Lei mi guardò, alzò leggermente gli occhi al cielo a andò verso la cassa per pagare il suo caffè. Si lamentò perchè il cameriere le aveva rivolto una sguardo ammiccante, dandogli del "Tristamente patetico", e io mi trattenni dal ridere. Sia per l'atteggiamento della ragazza e sia perchè se quello lì pensava anche solo di poterla sfiorare, era un povero illuso.
"Wow, Addams. A quanto pare attiri tutti camerieri" mormorai, con un mezzo ghigno stampato in volto.
"Stai includendo anche te stesso, in questa frase?" disse e ripose lo scontrino nella borsa.
"Ovvio, ma io sono il migliore".
"Forse dovresti solo montarti meno la testa" concluse lei il dibattito.
E le sorrisi, perchè per quanto possa essere fredda e credersi invincibile, per me rimarrà sempre buffa, con quelle treccine e la bassa statura.
Prese il suo cappotto dall'appendi abiti e lo indossò, prima che entrambi uscissimo all'aperto.
Ringraziai di essermi abituato a il cima rigido, Chicago era una città veramente fredda. La temperatura media in dicembre era alla pari di una decina di gradi sotto lo zero, e certe persone non riuscivano nemmeno ad uscire di casa.
Io ero abituato, anche Jericho aveva una temperatura simile, tuttavia leggermente maggiore.
"Sai, prima avevo pensato ad una cosa assurda. Te, seduta a scrivere in una caffetteria, mi ha ricordato...", le dissi, mentre i nostri respiri congelati creavano delle piccole nuvole in cielo.
"Il Wheatervane" completò la mia frase lei, facendomi capire che anche lei aveva ricordato la mia stessa cosa.
"Si", confermai.
Era come se fossimo condannati. Come se il nostro destino sarebbe stato sempre condizionato dal passato. Ogni singola cosa ricordava Jericho e i suoi demoni. Non c'era modo di dimenticarsi degli eventi di quattro anni prima.
"Verso il tardo pomeriggio torno dai miei. A Villa Addams c'è un grande archivio di vecchi libri, posso trovare qualcosa che ci aiuta a capire qualcosa in più su questa situazione" disse lei, all'improvviso, sviando ancora una volta il discorso.
Era veramente interessata a quello che stava succedendo? O lo faceva solo per capire di più di se stessa? Dopotutto era come se avesse scoperto di essere una persona diversa da come si aspettava. Come vi comportereste se scopriste di poter comandare una persona, per la giunta pericolosa?
"Mercoledì, vorrei parlarti. E questa volta non con domande a botta e risposta" sussurrai, mentre attraversavamo il prato del Lincoln Park.
"Per quanto detesti dover scambiare solo una parola con te, Galpin, per una volta hai usato i nervi che si trovano nella tua testa correttamente" rispose lei e si voltò verso di me.
"Wow, non mi aspettavo che potesse essere così facile convincerti" scherzai, ma allo stesso tempo ero realmente stupito della sua risposta.
"Ripeto: lo faccio solo per scopi del tutto correlati a me stessa. Sono la tua padrona, no? Stavo iniziando a reputare questo potere inutile, ma a quanto pare dovevo sbagliarmi. Ti ricordo che basta poco e ti riduco in un pezzo di carne e sangue".
"Boh, a me piace di più la versione di te che lo fai solo per vedermi strappare i vestiti di dosso. Dopotutto funziona così anche per noi. Vedere una persona trasformarsi in un mostro alto due metri ha un che di sexy" scherzai, ancora una volta.
A quanto pare non riuscivano mai a provare avanti un discorso serio.
"È patetico come tu ti stia riferendo a te stesso. E non definirei attraente un essere con due occhi grandi quanto le ruote della moto di mio zio Fester" ribattè lei è dovetti ammettere che l'offesa mi era arrivata dritta nel petto.
"Zio Fester! Come sta? Era simpatico quel tipo". A quanto pare amavo prenderla in giro, ma dopotutto stavo dicendo la verità. Zio Fester mi era sempre stato simpatico.
"Dovrebbe importartene? Due minuti fa stavamo parlando di qualcosa di serio e ora stai pronunciando solo patetiche parole, sorprendente quanto tu ti distragga facilmente" ritornò al discorso serio, lei.
"Si dal caso, Treccine, che tu abbia partecipato attivamente allo scambio reciproco di parole patetiche. Questa l'aggiungerò alla prove inconfutabili che mi trovi attraente".
Lei cambiò la sua espressione da 'sono la so tutto io Addams' a 'Sei serio patetico di merda' nel giro di un istante. Non potrei fare una descrizione dettagliata di queste tonalità di emozioni che assume Mercoledì, lo sai e basta, lo intuisci quando sei abituato a parlarci- e a farla puntualmente incazzare ogni volta.
Entrambi presimo posto in una panchina del parco, pronti ad affrontare quell'inevitabile argomento.
"Va bene, torniamo al discorso precedente, ma devi prestare attenzione, anche questa volta" iniziai a dire io, dopo aver accolto la sua espressione di disappunto "Se dovessi descrivere tutto questo con una parola, questa sarebbe strano. Siamo padrona e Hyde, il destino del cazzo ha deciso di scegliere proprio noi. Diciamolo, siamo due sfigati.
Ho sbagliato, a non dirtelo prima. E poi odiarmi pure, per questo, ma tanto lo fai già. Volevo solo, proteggerti. Non sarebbe successo niente se non l'avessi saputo, avresti continuato la tua vita tranquillamente. Ma ecco, l'ultima settimana ha mandato tutto in fumo. Dio, tu non sai che infarto mi hai fatto prendere quando sei entrata al Magic. Non sapevo nemmeno se eri ancora viva, ti rendi conto?
E tu sei arrivata lì, con quella viso che appartiene ad una donna, non piu alla ragazzina che conoscevo. Mi hai fatto capire quanto sia tutto cambiato e in quel momento...mi hai spezzato il cuore. Perché io stavo cercando di scappare da Jericho, ma sei arrivata tu. E cazzo Addams, sei ancora più bella di quanto ricordassi" dissi tutto ad un fiato, pensiero dopo pensiero che aveva occupato la mia mente per anni.
Lei mi guardò, e questa volta il mio complimento la sciolse un po', facendo trapelare un leggerissimo e quasi invisibile sorriso.
"Anche tu sei stato una spiacevole sorpresa, Tyler. E come hai detto tu, anche io cercavo di scappare da Jericho, per quanto disprezzi questo verbo. La Nevermore resterà per sempre il posto di tortura più bello in cui sono stata, ma dopo tre anni era giunta l'ora di chiudere quel capitolo. E hai ragione, dovevi dirmi di questo molto tempo prima. Da quanto lo sapevi?" rispose Mercoledì, prima di farmi un'altra domanda.
"Dalle prime analisi dopo la Luna di Sangue" iniziai a dire e a questa risposta lei sgrana gli occhi. "Volevo allontanarti, Mercoledì. Ti rendi conto di quanto io ti faccia male? Anche ora, che siamo seduti qui a parlare. Mi sento come ad una gara di corsa, tutto va così in fretta e nessuno cammina. È come se la vita, ogni anno che se ne va, passasse sempre più velocemente".
"La vita? Quella è come una dannata clessidra. La sabbia scorre e tu non puoi fermarla, in nessun modo. Spetta a te decidere come riempire ogni istante in cui un granello scende. Puoi startene fermo a guardare, o far si che quell'attimo diventi un ricordo da custodire. La verità è che ti basta un semploce granello, per stravolgere
tutto, Tyler.
Ecco, dove volevo arrivare con il discorso. Vorrei che usassimo un po' di questa sabbia per capire meglio quello che stiamo attraversando. Non mi importa quello che scopriremo, ho bisogno della verità e tu sei compreso in essa".
Ma io, un pezzo di verità preferivo nascondetelo, per proteggerti.
"Quindi? In cosa consisterebbe la tua filosofia sul tempo?".
"Consiste che hai due possibilità: morire per dissanguamento causato dalla sottoscritta o preparare le valige e venire in New Jersey con me. A te la scelta".
Mi stava chiedendo di venire con lei. Quasi non ci credetti.
Le sorrisi, avvicinandomi al suo orecchio, per sussurrare una risposta, che le persone attorno a noi non dovevano udire:" Tu non hai ancora capito che andrei ovunque con te".
E lei rabbrividì, al contatto con il mio fiato caldo.
"Ti odio" ribadì.
"Ne sei così sicura?".
"Sì" sussurrò lei. E fece l'ultima cosa che ti aspetti, dopo che qualcuno ti dice che ti odia.
Mi baciò. Unì le nostre labbra per quei pochi secondi che bastarono per fermare il tempo.
Aspetta che arriviamo in New Jersey, piccolo Corvo, e vedrai se avrai ancora il coraggio di dire che mi odi.
Nota autrice (importante):
Corvo...vi dice qualcosa, vecchi lettori? 🤭
Eccomi qui! Sono tornata.
Ho deciso di dividere il capitolo 12 in due parti, perché dopo averlo concluso mi sono venute fuori settemila parole e direi che erano troppe.
Fun fact: questa parte che avete appena letto doveva essere racchiusa in 1000 parole di introduzione, dopo ho divagare troppo, ops.
Ecco spiegato perché le scene più sclerose le trovere nella prossima parte, CHE USCIRÀ DOMANI (se riesco a revisionarla in tempo, perché ahimè l'estate per me finisce oggi).
Quindi vedrò se tornata da scuola non avrò troppe cose da fare ♡ Ma inteoria dovrei farcela.
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