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Il sole si sta preparando ad andarsene, si nasconde timido dietro alle nuvole, pronto a lasciare lo spazio alla luna.
La Haldell si sta svuotando, le lezioni della giornata sono terminate e tutti sono pronti a chiudersi nelle loro stanze. Cammino per i corridoi con le cuffiette alle orecchie, estraniandomi dalle conversazioni dei pochi studenti in cui mi imbatto.
Busso alla porta della stanza di mia sorella.
In attesa che apra, osservo gli studenti nelle camere affianco alla sua. Sembrano tutti normali, sono ragazzine di tredici anni di cui constato di non dovermi preoccupare troppo. Evidentemente i soggetti più particolari sono capitati tutti a me.
Oggi è stato il secondo giorno di lezione di mia sorella e voglio indagare su come si trova. Jenn sa essere una persona molto riservata, ma non con me. Mi racconta sempre tutto, si sfoga e mi permette di aiutarla, e ciò che cela lo capisco dal suo linguaggio corporeo.
Il mio istinto di protezione nei suoi confronti, qui ad Hauntown, è diventato ancora più forte rispetto a quando eravamo a Forks. Mi sono fatta influenzare dalle paranoie dei miei amici che parlano di questo posto come un inferno e ho paura possa capitare qualcosa alla mia sorellina.
Come se non bastasse nostra madre ha iniziato a tartassarmi di messaggi. Vuole sapere tutto di Jennifer: i suoi spostamenti, come si trova, se sta facendo amicizia... Ovviamente io, oltre ad avere la mia vita a cui pensare, sono diventata la sua guardia del corpo ufficiale.
C'è una preoccupazione che accomuna me e mamma, ovvero la sua compagna di stanza, motivo per cui sono venuta a visitarla direttamente nella sua camera. Voglio conoscerla e capire che tipo di persona sia.
Jennifer apre la porta e mi abbraccia. Mi stritola forte, come sempre, e quando fa così è come se mi entrasse dentro al corpo. La avvolgo con le mie braccia e le lascio un bacio fra i capelli, godendomi il suo profumo. Siamo state lontane solo una settimana, ma mi era mancata da morire. «Aimee, non immaginerai mai cosa è successo!» esclama. «Due ragazze si sono urlate contro per un ragazzo, questa scuola è pazzesca. A Forks non succedeva nulla di così eclatante.»
Ridacchio. Classica Jennifer con la passione per i pettegolezzi. «Come sono andati i primi giorni?» chiedo, mentre entro nella stanza.
La sua valigia è ancora a terra, aperta e con qualche indumento al suo interno. Quelli rimanenti sono sparsi sul letto, alcuni ripiegati con cura nell'armadio. La stanza è praticamente identica alla mia, le pareti, almeno, sono verdi e non di un colore vomitevole. Io e mia sorella siamo entrambe disordinate, nelle nostre stanze sembrava sempre ci fosse stata una tempesta che aveva colpito solo i vestiti.
«Bene, alcune materie sono noiose, ma bene» Si volta verso la ragazza che ci osserva dal suo letto. È minuta, talmente piccola da dimostrare meno di tredici anni, e i suoi grandissimi occhi verdi la fanno sembrare una bambina. Sembra così innocente e piccola che non farebbe paura nemmeno a un neonato. «Lei è Joy, la mia compagna di stanza.»
«Piacere, devi essere Aimee» dice, sorridendo. Si alza per stringermi la mano e io ricambio. Anche le sue dita sono sottili, le unghie curate. Indossa un maglione più grande rispetto alla sua taglia, che la avvolge completamente come una coperta. «Jennifer mi ha parlato tanto di te.»
«Spero solo cose positive» rispondo.
«Non ci contare» ribatte Jennifer. Ride e mi dà un pizzicotto sul braccio. «Vado in bagno e poi ci prepariamo per andare a cena. Tu cosa farai?»
«Non lo so, penso resterò nella mia stanza, non ho molta fame.»
Solitamente non mento mai a mia sorella, ma in questo caso è per una buona causa. Non posso dirle che ho intenzione di visitare un accampamento di senzatetto per indagare sul possibile omicidio di una studentessa. Per prima cosa, sembrerei una deficiente. Poi vorrebbe a tutti i costi venire con me e non glielo permetterei mai.
Quando Jennifer se ne va, decido di indagare un po' di più su Joy. Sembra una ragazza tranquilla e la cosa mi rassicura, potrebbe essere l'amica perfetta per mia sorella. Sono grata di non dovermi preoccupare di lei, l'idea che sarebbe potuta finire con una persona strana o potenzialmente... «Quindi adesso esci con Sam Stark?» chiede, interrompendo il mio flusso di pensieri.
Joy mi guarda negli occhi, le labbra incurvate in un sorrisino malizioso. Rimangio tutto quello a cui stavo pensando, mia sorella è finita in stanza con una ficcanaso. Brava, tra l'altro, perché nemmeno Violet e Jena sanno dell'uscita fra me e Sam. «Siamo solo amici, non...»
«Non m'importa di quello» mi interrompe. Aggrotto la fronte, sorpresa da questo caratterino che fino a poco fa teneva ben nascosto. Non mi capacito che un corpo così minuto possa avere tutto questo fuoco dentro. «Ho qualcosa che potrebbe interessarti, Aimee.»
Non riesco a trattenere una risata. «Ah sì? E cosa sarebbe?»
«So del biglietto che hai trovato nel bosco e so che Gordon non è una persona» risponde. Mi lascia senza parole. Come fa a sapere del biglietto? «Potrei fornirti le informazioni che ti servono, ma in cambio voglio qualcosa.»
«Joy, non ti seguo, come fai a...»
«Non è importante, so tutto e basta» mi interrompe. Di nuovo. «Puoi fidarti di me, ti do la mia parola.»
Non so come reagire davanti a questa bambina. È una ragazzina di soli tredici anni, eppure sembra molto più furba di quanto dà a vedere. Ogni mio movimento viene seguito da una sua occhiata, il che significa che mi sta studiando. Mi ricorda me alla sua età e non so se la cosa mi spaventi o mi faccia tenerezza.
Non devo scordarmi, però, che è solo una bambina e non dovrebbe mettersi in mezzo a queste cose. Sapere della mia uscita con Sam è un conto, qualcuno potrebbe averci visti insieme e averglielo detto, ma la questione del biglietto è inquietante. Non mi spiego come possa saperlo, il dubbio che lei sappia qualcosa si insinua dentro di me ma provo a scacciarlo subito. È una ragazzina, la sua corporatura è esile, non potrebbe essere coinvolta in alcun modo. Allora come fa a saperlo?
«Joy, è morta una ragazza. È pericoloso, non dovresti metterti in mezzo» dico.
«Perché tu puoi e io no?» ribatte. Estrae un foglio da sotto il cuscino. «In ogni caso alla Haldell mi annoio, devo trovare un modo per passare il tempo. In più Dana la conoscevo, era amica di mia cugina Ellie. In cambio voglio una tua foto.»
«Una mia foto?» ripeto, confusa. «A cosa ti serve?»
Mi sventola il foglio davanti al viso. «Lo vuoi o no?»
Sbuffo. «Va bene, ma non posso dartela adesso. Non ne ho una» rispondo. Prendo il biglietto dalle sue mani e le lancio un'occhiata torva. «Posso sapere cosa hai in testa? Devo preoccuparmi anche per mia sorella?»
«No, Jennifer non lo saprà mai. Non ti preoccupare» risponde.
La conversazione finisce nel momento in cui mia sorella fa il suo ritorno. Ci racconta, tutta entusiasta, di aver incontrato in bagno una delle due ragazze di cui parlava prima e di aver origliato che il ragazzo ha scelto la contendente. Alzo gli occhi al cielo, ma sono comunque divertita. Almeno mia sorella si sta vivendo questa scuola in modo spensierato.
Ci salutiamo con un abbraccio, ma prima di andarmene lancio un'occhiata a Joy per raccomandarle di fare attenzione con mia sorella.
Scendo in giardino e trovo un taxi, su cui salgo immediatamente. Chiedo all'autista di portarmi a East Coast Rover e la sua occhiata giudicante non mi piace per nulla. Penserà io stia andando a comprare droga, probabilmente. Spero non chiami la polizia.
Quando il taxi parte, mi giro e osservo la Haldell farsi sempre più lontana e piccola. Un brivido mi attraversa la schiena: questa potrebbe essere una delle ultime cose viste da Dana, che pensava di star semplicemente andando a un appuntamento.
Non capisco perché mi importa così tanto di questa storia. Potrei farmi gli affari miei, dimenticarmi della morte di questa studentessa, ma non ce la faccio. Potrebbe essere davvero stato un suicidio, andare in questo accampamento e rischiare la pelle potrebbe rivelarsi inutile, ma non dimentico ciò che mi ha detto Sam. Tutti pensano sia stato un omicidio. Potrebbe toccare a me o a mia sorella. Il solo pensiero mi taglia lo stomaco. La mia sorellina uccisa e ritrovata nel bosco.
No, non lo permetterei mai.
Prendo il biglietto che mi ha dato Joy e lo spiego per leggere cosa ci ha scritto.
Più avanti scoprirai a cosa mi serve la tua foto, ma il momento non è ancora arrivato. Prima devi sapere che, come ti ha già detto Sam Stark, East Coast Rover è una spiaggia. È lì che gli studenti prendono la droga che gira ai festini domenicali, molti di loro si conoscono alla perfezione come amici di vecchia data.
Gordon, invece, non è una persona, ma uno dei clan. Sono divisi fra di loro, come delle tribù, e solitamente prendono il nome del loro capo, nonché fondatore. Sono persone sole, abbandonate a se stesse, e tutto questo serve loro per sentirsi parte di qualcosa.
Tutto ciò che dovrai fare una volta giunta sulla spiaggia sarà nominare Dana Fry.
Rileggo il biglietto almeno tre volte, fino a memorizzarne il contenuto. Dopo aver concluso questa vicenda lo brucerò: se la polizia lo trovasse risalirebbe a Joy e, automaticamente, mia sorella finirebbe in mezzo ai guai.
Penso a Dana, una comune studentessa sul cui luogo del delitto c'era un biglietto che la collega a questo luogo spaventoso. Faceva parte del clan Gordon, forse, magari lavorava per loro e spacciava droga. O forse ne faceva solo uso, magari è stata uccisa perché non aveva ripagato dei debiti... Avrebbe senso, Sam mi ha detto che era una ragazza semplice e che, a differenza di metà studenti della Haldell, non aveva una famiglia potente a proteggerla.
Tuttavia, tutti mi hanno parlato di lei in maniera positiva. Certo, l'hanno definita un po' egocentrica e con un bel caratterino, ma non come una ragazza che potesse avere a che fare con un gruppo di tossicodipendenti.
Non appena arriviamo, chiedo all'autista di aspettarmi. Lui annuisce e mi dice, scocciato, di fare in fretta. Non appena scendo dall'auto sento che si chiude dentro al veicolo. Per nulla rassicurante.
Cammino fino a raggiungere un uomo seduto sul ciglio della strada. È da solo, si tiene la testa coperta da un berretto sgualcito fra le mani, e sta fissando il vuoto. Non intravedo una singola emozione nei suoi occhi, né tristezza, né rabbia. È solo vuoto.
«Scusami» Attiro la sua attenzione. Il suo sguardo vacuo si sposta su di me, ma è come se mi trapassasse. «Sto cercando l'accampamento Gordon. Dove si trova?»
Solleva la mano e con l'indice punta a un gruppo di persone riunite attorno a un falò. Da qui ne distinguo forse cinque o sei, non sono troppi. Lo ringrazio, ma lui è già tornato a guardare il nulla. Mi avvicino a quello che deve essere il clan Gordon, sentendo le loro urla, i loro canti e i loro ululati. Il sole sta tramontando, inizia a essere buio, e mi maledico di aver avuto l'idea di presentarmi qui a quest'ora.
Non devo avere paura, non mi faranno del male. Sono solo una ragazza, non possono nemmeno scambiarmi per un poliziotto. Mi prenderanno per una studentessa ficcanaso, tutto qui.
Mi ritrovo a un passo da loro quando tutti si ammutoliscono e si girano verso di me. Okay, questo è stato davvero inquietante. Mi schiarisco la voce prima di parlare, sentendomi una piccola lepre che sta per essere sbranata da un branco di lupi. «Chi di voi è il capo, qui?» domando.
«Chi mi cerca?» chiede un uomo. Alto, muscoloso, dalla faccia minacciosa. Sono ancora in tempo per voltarmi e scappare a gambe levate. Sono ancora in tempo per tirarmi indietro.
«Mi chiamo Aimee, studio alla Haldell» spiego. «Camminavo nel bosco e ho trovato un biglietto con il nome del vostro accampamento.»
L'uomo si avvicina a me e, sebbene ancora abbastanza lontano, sento da qui l'odore terribile che emana il suo corpo. Sporcizia, alcool e fumo. Le braccia sono scoperte e i tatuaggi in bella vista. Inarca un sopracciglio spelacchiato, quindi mi fa cenno di seguirlo. Si incammina verso il mare e io lo seguo in silenzio. Se dovessi difendermi, ora avrei più probabilità, giusto? Uno contro uno. Ovviamente senza tenere conto del fatto che è alto almeno trenta centimetri più di me e che io, in confronto a lui, sono una formica.
«Cosa vuoi?» chiede. «Droga? Di solito venite a chiedercela il venerdì sera.»
«No, nulla di tutto questo» balbetto. «Sono qui per Dana Fry.»
Succede tutto in fretta. All'improvviso sono a terra, le mani ricoperte di sabbia umida e la guancia dolorante. Mi volto verso di lui e vedo la sua mano ancora stretta in un pugno, nei suoi occhi c'è una luce che lo rende feroce: follia. Un sapore amaro si fa spazio fra le mie labbra, deve essere sangue. Il mio sangue. Deve avermi aperto un labbro.
Si muove per avvicinarsi a me e io indietreggio. «Mi chiamo Aimee Fry, sono una cugina di Dana» mi affretto a dire. La mia voce esce spezzata, le lacrime mi rigano il volto. «Sono tornata ad Hauntown per sapere di più sulla morte di mia cugina.»
Questa mia risposta sembra tranquillizzarlo. Mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi, ma lo ignoro. Con i palmi mi sollevo e mi allontano da lui, poi mi asciugo le lacrime e mi porto una mano al labbro. Le mie dita sono ricoperte di sangue. «Scusami» mormora. «Pensavo fossi della polizia, io...»
«Me ne vado, non mi vedrai più. Promesso» dico.
«Aspetta!» esclama, talmente forte da farmi sobbalzare. «Dana ti ha mai parlato di me?»
Nego con il capo.
«Era la mia fidanzata. Ci amavamo da morire, mi amava così tanto nonostante io abbia trent'anni e nemmeno un tetto sulla testa» sussurra. «Mi aveva proposto di fuggire insieme, si era stufata della Haldell e di questa città, ma io rifiutai. Aveva del potenziale e volevo spiccasse in quella scuola, sapevo che l'aspettava un futuro brillante. Fu l'errore più grande della mia vita, se avessi accettato non sarebbe stata uccisa...»
«La gente parla di suicidio, non omicidio» ribatto.
«Non si è suicidata. Quel giorno un uomo, o meglio, un ragazzo, ha comprato da uno dei nostri clan rivali una corda. È la stessa con la quale dicono si sia uccisa, ne sono certo.»
«Non sai il nome del ragazzo?»
«Il capo dell'altro clan non me lo dirà mai, sa quanto soffro e di avermi in pugno in questo modo» dice. Sospira, osserva il mio labbro. «Ragazzina, anche io vorrei giustizia per tua cugina, ma non immischiarti. La verità non verrà mai a galla. Torna a casa e dimenticati di questa storia.»
Non me lo faccio ripetere due volte. Lo ringrazio e corro verso il taxi. L'autista, non appena mi vede, sgrana gli occhi e mi chiede se deve portarmi in pronto soccorso. Rispondo di no e gli dico di riportarmi alla Haldell.
Quando si allontana, mi volto verso l'accampamento. Penso che questa è una delle ultime cose che deve aver visto l'assassino prima di uccidere una ragazza innocente.
Joy Device è interpretata da Mckenzie Foy
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