28
«Ma come, te ne vai?» chiede Bree, imbronciata. «E quando torni?»
Faccio fatica a sentire cosa mi sta dicendo, la musica è talmente alta che potrebbe perforarmi un timpano. Credo sia una versione di It's beginning to look a lot like Christmas ma unita a qualche base techno, in modo che sia più moderna e adatta al ballo. Dietro Bree, tra l'altro, c'è un gruppo di ragazzi vestiti da pupazzo di neve che si agita a ritmo di musica. Sembrano una setta, a essere sincera.
Questa famosa festa di Natale non è esattamente come me l'aspettavo. È... particolare. Escludendo qualche lucina e qualche studente travestito da elfo, renna o pupazzo di neve, potrebbe essere scambiata per una delle classiche feste della Haldell. L'ennesima scusa per ubriacarsi prima di tornare a casa dalle proprie famiglie.
«So che avevo detto che non ci sarei andata, ma ieri mia sorella mi ha mandato un messaggio. Prenderò il treno domani pomeriggio e resterò a Forks per circa due settimane» spiego. Sospiro e bevo un sorso del mio drink. Il sesto bicchiere. Forse il settimo, non lo so, ho perso il conto.
Avevo bisogno di bere. Avevo bisogno di staccare per almeno una sera. Tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni sono stati... troppo. Ho bisogno di sentirmi un'adolescente spensierata che esce con le sue amiche per fare festa.
Inoltre, tutta questa situazione è davvero imbarazzante, una delle peggiori feste a cui io sia stata. Per resistere alla tentazione di ritornarmene in stanza prima della mezzanotte, avevo proprio bisogno di qualche drink. Devo ammettere, però, che mi è sfuggita la situazione di mano.
«Salutami tua mamma, allora» dice Dylan.
Ridacchio. «Mio padre no?»
«Meglio di no, Fiammetta» Alza gli occhi al cielo e non riesce a nascondere una smorfia di disgusto. Dylan è uno dei pochi a conoscere papà e consapevole del rapporto che scorre fra me e lui. Sono certa che, se non fosse una delle persone che mi ha messa al mondo, lo prenderebbe a pugni alla prima occasione. Non mi dispiacerebbe, a essere sincera.
«Ma cosa ti ha fatto cambiare idea?» chiede Bree.
«Mia sorella» rispondo.
Quando ho letto il messaggio di Jennifer sono rimasta a bocca aperta: ha insistito talmente tanto per avermi a casa a Forks che alla fine, mio padre, ha ceduto per sfinimento. Lei e mia madre non vedono l'ora, hanno già i regali pronti sotto l'albero e la mamma ha cambiato tutto il menù della cena non appena ha saputo del mio arrivo.
Abbiamo una tradizione, in famiglia: posizionarsi tutti in cerchio davanti al camino con i regali al centro e una tazza di cioccolata calda in mano. È l'unico momento in cui sembriamo per davvero una famiglia, ora che ci penso. Anche mio padre la prende molto seriamente.
Ognuno di noi, dopo aver scartato tutti i pacchi, deve fare una preghiera per mostrare gratitudine per i doni ricevuti. Questa è la parte che interessa più a mio padre, noi donne Ryle siamo tutte atee. Lui, invece, prega una qualche divinità strana, da quel che so. Ne è quasi ossessionato. Forse è buddista, non lo ricordo. Non mi è mai interessato poi così tanto.
«Disturbo?» chiede qualcuno alle mie spalle. Mi volto. Ci metto un po' per mettere a fuoco il viso di Violet. Perfetto, è l'ultima persona che avrei voluto vedere questa sera. «Vorrei parlarti, Aimee.»
«No» dico, secca.
Bree spalanca la bocca, sconvolta dalla mia risposta. Dylan alza gli occhi al cielo, abituato a questo mio lato infantile che esce soprattutto quando bevo. Prende la mia compagna di stanza per il braccio e la trascina via, dicendo: «Vi lasciamo sole» borbotta.
«Non parlo con una manipolatrice che mi ha messa contro al ragazzo che mi piace facendomi credere che volesse farmi fuori» dico, tutto d'un getto. Violet aggrotta la fronte, confusa. Devo aver biascicato. «Oh, aspetta! Anche tu volevi farmi fuori, ora che ci penso!»
«Wow...» mormora la bionda. «A quanti drink sei arrivata?»
«Vaffanculo» sbotto.
Faccio per andarmene, ma lei mi afferra per un braccio. «Okay, scusa. Non è stato l'approccio migliore per farmi perdonare, lo ammetto» dice. «Ho una spiegazione per ogni cosa, ma devi starmi a sentire seriamente. Non ti ho mai voluta mettere contro Sam, okay? Hai fatto tutto da sola. Certo, tempo fa mi piaceva...» Si interrompe e sembra, per un momento, perdersi nei suoi pensieri. Sembra triste, ma dura per un secondo. Ritorna la sua faccia fredda e impossibile da interpretare. «Mi piaceva, tanto tempo fa. Non mi metterei mai fra di voi, lui è il mio migliore amico.»
«Cosa c'entra questo con il volermi uccidere?»
Sbuffa. «Non ho mai avuto intenzione di farti fuori, semmai di tagliarti fuori dalla situazione. So che sei la numero sei, Aimee. Ti voglio aiutare. Sei mia amica, ti voglio bene» I suoi occhi si inumidiscono. «Non voglio vederti soffrire. Non voglio saperti morta.»
Rimango a bocca aperta. «Come fai a saperlo? Te l'ha detto Sam?»
«Ci sono cose che è meglio tu non sappia» spiega. «Ma è importante tu sappia che di me ti puoi fidare. Sempre. Sono dalla tua parte, Aimee.»
«Ragazzi, è il momento delle luci! Correte fuori!» esclama Bree. Mi afferra per un polso e mi trascina dietro di lei. Non mi dà nemmeno il tempo di rispondere a Violet, che mi guarda allontanarmi con faccia triste.
Perché è così turbata?
In giardino, mi guardo attorno e cerco Sam, ma non riesco a vederlo in mezzo a questa folla. Peccato, mi sarebbe piaciuto ammirare le Luci per la prima volta insieme a lui. Pensiero che terrò per me e che non dirò mai ad alta voce, ovviamente: Dylan mi prenderebbe in giro a vita.
Tutti gli studenti parlano, c'è chi ancora sta cantando a squarciagola qualche canzone di Natale, ma quando la prima Luce appare nel cielo, cala il silenzio. Una, due, dieci, trenta... Quei misteriosi puntini luminosi ricoprono il cielo come se fossero delle stelle, lasciandomi senza parole. Bree mi stringe la mano forte, ha le lacrime agli occhi. Anche io, dentro di me, sento qualcosa smuoversi.
«Sono arancioni, quest'anno» sussurra una ragazza affianco a me.
La sua amica annuisce. «Su Google c'è scritto che l'arancione rappresenta il cambiamento e l'evoluzione.»
Cambiamento ed evoluzione. Chissà se sia vero, o se chiunque sia il responsabile di questo spettacolo scelga i colori completamente a caso.
Arancione. Cambiamento. Evoluzione. Mi piace, preferisco questa versione.
Mi guardo attorno e, finalmente, vedo Sam. È appoggiato alla sua auto, si guarda attorno. Non appena incrocia il suo sguardo con il mio, sorride. Mi fa segno di avvicinarmi. Si guardava attorno per me. Sam cercava me.
Lo raggiungo con fatica, sentendo la testa pesante. Quando mi ritrovo davanti a lui, gli lascio un bacio a stampo. Lo colgo di sorpresa, glielo leggo negli occhi. In realtà sono sorpresa anche io.
«Ciao» mi limito a dire.
«Pensi che io mi accontenti di un bacio a stampo? Non sai a cosa hai dato inizio, Ryle» dice, sorridendo. Mi incanto a guardare le sue fossette. Sono proprio belle. Lui è proprio bello. Sembra quasi sia stato scolpito da... «Aimee? Sei ancora su questo pianeta? Quanto hai bevuto?»
«Un po'» Sorrido. «Perché? È un dettaglio importante? Piuttosto, tu che fine avevi fatto? Ti ho cercato ovunque per vedere le Luci.»
«Scusami, ma quando sono arrivato erano già cominciate e non ho voluto disturbarti.»
«Sì, ma dov'eri?» insisto.
«Con degli amici.»
Inarco un sopracciglio. «Amici?»
«Che c'è, Ryle? Sei gelosa?» Mi prende una mano e la bacia, prima sul dorso e poi sul palmo. Sento la pelle bruciare, lo stomaco incendiarsi. «Non devi essere gelosa di nessuno. Ci sei solo tu. Se me lo permetti, ovviamente. Devi solo darmi un segnale, Ryle, e sarò tuo e solo tuo.»
«Che tipo di segnale?»
«Quello che vuoi tu.»
Sorrido e lo guardo negli occhi. Mi avvicino lentamente e gli bacio il collo, poi la mandibola, poi di nuovo il collo. Lascio una scia di baci che sento che lo fanno rabbrividire, il suo fiato accelera. Mi stringe con forza il fianco, affonda le sue dita nella mia carne. Non è doloroso, ma piacevole. «Sam» sussurro. «Andiamo nella mia stanza?»
«Sei sicura?» chiede. Passa il naso sul mio collo, facendomi rabbrividire. «Non vorrei che...»
Lo interrompo. «Stai zitto. Sono sicura.»
«Non me lo farò ripetere due volte» esclama. Mi prende in braccio e inizia a correre verso i dormitori, facendomi ridere. Talmente tanto che mi viene mal di pancia. Non mi sentivo così spensierata da... non mi ricordo nemmeno io quando.
Arriviamo davanti alla porta della mia stanza e mi fa tornare con i piedi per terra. Inizia a baciarmi con foga, tirandomi leggermente i capelli. Entriamo a tentoni nella mia stanza, lui si mette immediatamente sopra di me. Io, però, ribalto la situazione. Con una spinta mi metto sopra di lui, passo le mani sul petto lasciato scoperto dalla camicia sbottonata.
«Non pensavo fossi così...»
«Sam, metterò subito le cose in chiaro. Non mi fido del tutto di te, ma... sei tu. Provo qualcosa per te e la cosa mi dà immensamente fastidio» lo interrompo. Passo un dito sulle sue labbra, lui lo bacia e mi guarda con così tanta passione che sento lo stomaco ribaltarsi. «Purtroppo, sei anche molto bello e la cosa gioca a tuo favore. Quello che succederà stanotte è la prova di fiducia di cui parlavamo. Fai un passo falso e sei fuori, Sam.»
«Aimee...»
«Mi hai capita? Un passo falso e sei fuori» dico, tagliente. Gli do un bacio sul collo, poi gli mordo una spalla. «So perdonare tante cose, Sam, ma anche io ho un limite. Sappi che se mai, un giorno, dovesse venire fuori che hai tradito la mia fiducia, che ti sei approfittato di me, io non ti perdonerò mai. Mai, mi hai capita?»
Sam annuisce. «Mai, Ryle. Non ti farò mai una cosa simile.»
Resto a guardarlo per qualche secondo, poi mi tolgo il maglioncino. Sorrido e gli mordo un labbro, tiro fino a che non geme di dolore e piacere allo stesso tempo. «Bene. Ora, smettila di parlare. Usa quella bocca per qualcos'altro.»
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