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C'è un vero e proprio modo per reagire a una notizia del genere?
No, non penso.
Tutti, compresi gli studenti che non la conoscevano e che non ci avevano mai parlato, siamo rimasti pietrificati e senza sapere cosa dire. Una ragazza qualsiasi, agli occhi delle persone solo un po' eccentrica, è finita in un ospedale psichiatrico dopo la scomparsa della sua migliore amica e la morte della ragazza di cui era innamorata.

Una volta terminata la riunione io, Violet, Mary, Dylan, Jena e Clary abbiamo deciso di andare a prendere qualcosa al ristorante per stendere i nervi e rilassarci. Anthea si è unita a noi dopo l'invito da parte di Jena, offrendole anche un modo per conoscere meglio la città.
Mi affaccio alla terrazza del ristorante e osservo il mare. Qualche gabbiano sfiora le onde col petto bianco e si innalza verso il cielo, lasciando dietro di sé una scia di gocce d'acqua.
Dylan, mentre si siede ad un tavolo, spiega che qui è dove ha portato Aimee il suo primo giorno ad Hauntown. Anche per lui è doloroso nominare il suo nome e, per quanto egoista possa suonare, mi fa stare bene sapere di non essere l'unico a sentirsi in questo modo.

«Non bevi la tua granita?» chiede Violet, guardandomi preoccupata.
La granita alla menta è la mia preferita e in altre situazioni l'avrei finita in pochi minuti, ma oggi non riesco proprio a finirla. Ho lo stomaco troppo chiuso per ingerire qualcosa senza stare male.

«Da dove vieni?» domanda Jena ad Anthea.

La nuova arrivata accenna un sorriso timido e si sistema i capelli dietro alle spalle. «Vengo dal Brazile, più precisamente da Fortaleza» risponde, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Tranne la mia. «È un bel posto e un po' mi manca, ma anche Hauntown sembra un bel posto. Molto tranquillo.»

A sentire queste parole sento il cuore fermarsi. So che è solo un caso, in molti lo dicono, ma sono le stesse parole che ripeteva Aimee i primi giorni ad Hauntown. «Déjà-vu...» mormora Dylan, come se mi avesse letto nel pensiero.

«Raccontaci qualcosa in più su di te» insiste Jena, sorseggiando il suo caffè. «Tuo fratello è il nuovo assistente del professor Dofel, non è così?»

Annuisce. «Sta cercando di racimolare qualche soldo per pagare l'affitto dell'appartamento in cui vive. Non essendo uno studente non ha potuto usufruire dei dormitori, così ha trovato un posto in centro.»

«Vado a fare una camminata» dico, alzandomi dalla sedia e lasciano i soldi per pagare la granita sul tavolo.
Dopo aver rifiutato l'offerta di Violet che si è proposta di farmi compagnia, mi allontano.

Mentre cammino faccio dei respiri profondi, ispirando l'aria di mare a pieni polmoni. Mi affaccio a una ringhiera per ammirare il panorama, intravedendo in lontananza delle barche a vela e qualche coraggioso ragazzo nuotare. Vorrei essere al loro posto: felice, spensierato, magari con la mia ragazza e mia figlia.

«Sam Stark?» chiede qualcuno alle mie spalle.

Mi volto lentamente, incrociando lo sguardo di un uomo mascherato. Una felpa nera e larga mi impedisce di capire quanto sia robusto e quindi, in caso si tratti di un rapinatore, se mi convenga attaccarlo.

«Chi mi cerca?» chiedo.

Infila una mano in tasca e prontamente indietreggio, pensando stia per estrarre una pistola. In realtà è un foglio bianco ripiegato su se stesso, che mi mostra come se fosse un tesoro prezioso. «Lo vedi questo?» domanda, sventolandolo davanti alla mia faccia ridacchiando. «Questo servirà a salvare la tua fidanzatina.»

Non riuscendo più a controllarmi scatto in avanti e lo afferro per il collo della maglietta, sbattendolo contro la ringhiera. «Dimmi dov'è o ti butto giù» lo minaccio, sbilanciandolo all'indietro.

 «Sarebbe una mossa stupida. Uccidimi e loro faranno la stessa fine, se non peggio» ribatte «Ci stanno osservando e non sono molto felici del tuo comportamento. Mi lasci andare, ora?»

Allento la presa e mi guardo attorno, sentendo una scarica di adrenalina scorrere lungo le braccia. Gli Atlantidei sono qui? Perché non stanno intervenendo e da quanto mi stavano osservando? Con un sospiro lo lascio andare: non posso mettere a rischio la vita di Aimee, non compiendo un atto dettato dalla rabbia o dalla voglia di vendetta.

«Stavamo dicendo» dice, lisciandosi la felpa con le mani. «Questo biglietto contiene un indovinello che ti porterà al luogo in cui si trova la rossa. Risolvilo e la troverai sana e salva e noi non le torceremo un capello.»  

«Allora dammelo.»

Ridacchia. «Non così in fretta! Il primo luglio troverai questo biglietto nella tua stanza, ovvero fra tre giorni. Avrai due mesi per ritrovarla, forse un po' di più.»

«Forse un po' di più?» ripeto, accigliato. «Da cosa dipende il tempo?»

«Dalla nascita della bambina» risponde «Non ci permetteremmo mai di uccidere una neonata, figurati quando deve ancora nascere. Avrai una settimana di tempo dopo il parto, poi il tempo sarà scaduto.» 

«E poi?»

«Poi Aimee morirà.»  


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