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31✔️

-9 alla fine.💕

Quando apro gli occhi, una forte luce mi acceca. Sbatto le ciglia un paio di volte per adattarmi, poi mi guardo attorno: non sono in camera mia, bensì in una stanza d'ospedale.
Odore di disinfettante, pareti bianche, pavimento lucido, tende grigie che incorniciano la finestra... È così strano, non mi inquieta più questo ambiente.
Ci sono stato talmente tante volte che ormai sembra quasi confortevole.

Solo ora, però, mi accorgo che c'è qualcuno seduto in fondo alla stanza con gli occhi puntati su di me: Anthea.

«Cosa ci fai tu qui?» chiedo, alzando la schiena di scatto. Una forte fitta alla testa mi costringe a stendermi nuovamente.

«Non sforzarti e non fare movimenti bruschi, non devi. Un auto ti ha investito fuori dal locale, hai spinto Violet prima che prendesse anche lei» spiega. «Ricordi qualcosa?»

Mi sforzo il più possibile per ricordare almeno un singolo istante di quanto accaduto, ma niente di niente. Vuoto più totale.

«Sei stato quindici giorni in coma, non credevo nemmeno ti saresti svegliato» sospira. «Violet pensa siano stati gli atlantidei, ma la polizia non è ancora riuscita a rintracciare il guidatore.»

«Quindici..?» boccheggio, sconvolto. «Che giorno è oggi?»

«Ventitré agosto» risponde, poi si avvicina a me e mi stringe una mano per rassicurarmi. «Violet e Dylan hanno continuato a indagare e cercare indizi, perciò non hanno sprecato tempo prezioso. Ora, però, devi riposarti.»

«Riposarmi quando Aimee è nelle mani degli assassini? Ci pensi a lei qualche volta?» sbotto, ignorando le fitte che sento alla testa ogni volta che faccio movimenti bruschi.

«Ci penso sempre, perché lei ti rende felice! Tutto ciò che voglio è vederti sorridere, cosa che non posso fare da anni!» si ammutolisce.

«Cosa intendi?» domando, aggrottando la fronte.

«Niente, lascia perdere. Vado a chiamare Mary e Dylan, sono qua fuori da stamattina...»

«No» la interrompo. «Voglio una spiegazione.»

Torna a sedersi con sguardo assente, continuando a torturarsi le pellicine delle unghie. Sospira. «Non penso sia il caso. Non ho idea di come potresti reagire, o se mi crederesti. Sono l'unica a sapere com'è veramente andata.»

Resto in silenzio, cercando di decifrare le sue parole. Non ha alcun senso, cosa sta dicendo? «Mi dispiace, ma non...»

«Capisci? Lo so, ma tu ricordi tutto. Che senso ha? Ormai sono senza una casa, con un fratello che ti odia perché ti ritiene colpevole delle nostre sventure e senza genitori. La vita è così strana e al tempo stesso complicata, non credi?»

«Anthea...»

«Non chiamarmi così!» urla, con le lacrime agli occhi. «Sono stufa di sentirtelo pronunciare, di pretendere di essere qualcun altro. Non è il mio vero nome, non sono chi credete io sia, la mia identità deve restare nascosta, ma sono così strana.»

«Come dovrei chiamarti, allora? Non riesco a capire di cosa stai blaterando, parli a vanvera!» dico, nel panico. Non voglio essere così crudele con lei, ma sembra così sofferente, come se ogni parola la stesse distruggendo. Mi sento in colpa.

«Non mi riconosci, Sam? Sono io, Grace.»


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