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Durante il viaggio Bree non ha fatto altro che spiegarmi come dovrò comportarmi una volta arrivati alla prigione di Hauntown, nella speranza che tutto vada secondo i suoi piani. Nessun contatto fisico fra di noi - il nostro dovrà sembrare un rapporto strettamente professionale - e non dovrò aprir bocca a meno che non siano loro a rivolgermi la parola per primi.
Ha detto si occuperà di tutto lei, nonostante non mi sembri nelle condizioni per farlo.

Sono sicuro si tratti della storia del sogno e che stia iniziando a ricordare cos'è accaduto nella sua vita precedente. Aveva già iniziato a dare qualche segnale d'allarme, ma non ci avevo prestato più di tanta attenzione pensando fosse una cosa passeggera.
Violet mi ripeteva spesso che Bree veniva trovata al cimitero accanto alla tomba della terza vittima in preda alle lacrime e i sensi di colpa, come se avesse capito che la sua vita è costata quella di un'altra ragazza innocente. Inoltre sta cercando in tutti i modi di entrare in contatto col fratello della vittima, Alex, per avere qualche informazione in più su di lei, ma a quanto pare è partito per Londra e di lui non c'è più traccia.

Camminiamo lungo i corridoi di questa lugubre prigione affiancati da una poliziotta, che ci porta in una piccola stanza arredata solo da un tavolo in ferro. Bree si volta verso di me e mi prende la mano, cogliendomi alla sprovvista. «Il suo avvocato registrerà la conversazione e siamo circondati dalle telecamere, perciò una parola sbagliata e il piano salterà. Cercherà sicuramente di sfidarti e provocarti, ma tu dovrai resistere, okay? Non cedere.»

Nel momento esatto in cui annuisco la porta viene aperta, facendo entrare Fitz e quello che deve essere il suo avvocato. Il biondo, che viene ammanettato al tavolo, ci lancia qualche occhiata omicida e dei macabri sorrisetti strafottenti. Un secondo in sua compagnia e già vorrei prenderlo a pugni, sentire le sue ossa rompersi e le sue urla di dolore. «Signorina Melson» dice l'avvocato, «è un piacere averla qui. Lei deve essere...»

Solo qualche secondo dopo mi rendo conto che sta parlando con me, così mi affretto a stringergli la mano. «Stark, Sam Stark. L'avvocato di Breanna Melson» mi presento, forzando un sorriso.

Lui annuisce e appoggia un registratore sul tavolo, incrociando le mani sotto al mento e accennando con il capo al suo cliente. Spesso mi chiedo come deve essere difendere il colpevole, sapere di essere dalla parte di un assassino, di un ladro o di qualcuno non definibile essere umano. «Dunque, lo sappiamo entrambi perché siamo qua, vero?» chiede l'uomo, passandosi una mano sul volto per asciugare il sudore sulla fronte. «Io e Fitz abbiamo discusso a lungo e mi ha spiegato la storia di questo... video che è stato registrato. Si è fin da subito dimostrato dispiaciuto, la tiene veramente a cuore, signorina, e prova dei sentimenti reali nei suoi confronti. Spero possa accettare le sue scuse e...»

«E perché non posso sentirle provenire dalla sua bocca?» lo interrompe.

«Fitz è traumatizzato da un avvenimento che ha avuto luogo questa mattina nella sua cella. Qualche carcerato deve averlo riconosciuto e hanno tentato di pestarlo a sangue, ed è proprio per questo motivo che le chiedo di perdonarlo e di non denunciarlo. Gli renderebbe la vita solo più difficile» spiega.

Sgrano gli occhi e mi mordo la lingua per impedirmi di dire qualcosa di spropositato. Oh, poverino, che vita difficile deve avere! Se è in prigione è perché se lo merita e sono sicuro che qualche botta alla testa non potrebbe fargli che bene. «La mia cliente ha già preso una decisione» intervengo. Bree mi lancia un'occhiata per dirmi di chiudere la bocca, ma la ignoro «Perdonerà Fitz, ma prima vuole avere una conversazione privata con lui per chiarire un paio di cose. Se gli verrà negata, sarà ben lieta di far presente alla polizia del video.»

«È una minaccia?»

Mi porto una mano al petto e spalanco la bocca, fingendomi sorpreso. «Perché? Suonava come una minaccia per caso?» chiedo «Ah, dimenticavo, io resterò qui. Giusto per essere sicuro che il suo cliente non dica qualcosa di offensivo nei confronti di Breanna. Sa, per sicurezza.»

Dopo qualche minuto in cui Fitz e l'avvocato parlano fra di loro in disparte, l'uomo esce dalla stanza. Il gemello, finalmente, ci degna di un'occhiata e di un ennesimo sorriso divertito. «Ciao, dolcezza» rivolge un occhiolino a Bree, che alza gli occhi al cielo disgustata. «Ti sono mancato?»

«Da morire» risponde «La prigione ti sta d'incanto, devo dire.»

Scoppia in una risata inquietante, che mi fa rabbrividire. «Grazie, dolcezza. Siete a casa mia, qui, perciò fate come se foste a casa vostra!» esclama «Come mai siete qui?»

Io e Bree ci lanciamo un'occhiata d'intesa e con un cenno del capo lei mi invita a parlare. «Aimee è scomparsa» dico «E siamo convinti che tu sarai più che felice di aiutarci, non è così?»

Ridacchia. «Molto volentieri, se solo sapessi come. Non posso farci nulla finché sono rinchiuso qui. Magari, se mi aiutaste ad uscire, potrei...»

«Sai chi è stato?» lo interrompo.  

«Certo che lo so, come potrebbe essere il contrario quando l'incaricato di levarla dai piedi ero io? Ma non posso dirvelo, mi spiace!» Ci guarda con finto fare innocente, sporgendo in fuori il labbro inferiore e inarcando le sopracciglia. «Potrei farvelo capire, però.»

Digrigno i denti. «Non siamo qui per giocare.»

 «Sam, era squilibrato prima di entrare, figuriamoci ora che è in prigione. Questo è l'unico modo per ottenere ciò che vogliamo, dagli corda» sibila Bree, torturandosi le pellicine delle unghie. «Quindi?»

«Sono ancora qui, sapete?» Tenta di alzare le mani, ma le manette che lo tengono legato al tavolo glielo impediscono. Tira uno strattone e impreca. «Il nostro caro Sam sa chi sono, anche se ormai sono estinti. Più o meno.»     

«Non so di cosa parli» affermo.

Bree mi osserva titubante, mordicchiandosi il labbro inferiore e con la fronte aggrottata. Si schiarisce la voce e distoglie lo sguardo, puntandolo verso Fitz che se la ride di gusto. Non starà dubitando di me, vero? «Ma guardati, Sam» dice lo squilibrato «Come ti sei ridotto, vecchio mio? Fisico scheletrico, occhiaie profonde, sguardo psicopatico... Tutto per una ragazza. Ti sta distruggendo, ti sta facendo a pezzi... Però ti capisco: era così carina quando l'ho drogata. Baciare le sue morbide labbra mentre dormiva... Così eccitante!»    

Questa volta non riesco a trattenermi e scatto verso di lui, tirandogli un pugno in pieno viso. «Attento a come parli» sbotto «Non osare nominarla, mi hai sentito?»

«Sam, stai facendo esattamente ciò che vuole lui! Ti sta provocando, okay? Lascialo andare!» Allento la presa dal colletto della sua divisa da carcerato, mentre due agenti entrano nella stanza e mi allontanano da lui con uno strattone. «Fitz l'ha provocato e lui ha reagito, mi dispiace. Il mio avvocato sa essere davvero... irascibile a volte. Scusate.»    

 «Mi dispiace, ma non possiamo comunque ignorare l'accaduto» dice un poliziotto, che mi tiene per il braccio. Con uno strattone mi libero, lanciandogli un'occhiataccia e ricevendone una da Bree, che mi fa segno di smetterla. «Siete pregati di andarvene.»  

Fitz ride. «Felice di avervi rivisti.»

Non appena usciamo dalla centrale e arriviamo all'auto, tiro un calcio contro la ruota preso da un attacco di rabbia. Bree non commenta e rimane in silenzio, lanciandomi qualche occhiata che esprime il suo disappunto. Probabilmente ho rovinato tutto, ce ne siamo andati via senza ottenere le risposte che cercavamo e lei ha tutto il diritto di essere arrabbiata.

Ma Fitz ha solo confermato la mia teoria iniziale: loro sono gli Atlantidei.
Loro hanno Aimee. 

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