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Dylan (prima parte).
Il cielo perennemente nuvoloso di Forks avvolge la città come una cupola. Da bambino immaginavo le familiari vie e gli imponenti edifici rinchiusi in una sfera di vetro, come in quelle sfere natalizie. I temporali avvenivano quando qualcuno decideva di stravolgere la nostra tranquillità caratteristica e scuoteva quelle fragili barriere in cui eravamo intrappolati.
Scendo dall'auto e inspiro a pieni polmoni l'aria fredda della mia città. Mi stringo nella felpa sentendo il gelo nelle ossa e scuoto le spalle, felice di poter camminare dopo un lungo viaggio.
La madre di Aimee mi viene incontro con gli occhi lucidi. «Dylan, da quanto tempo! Sei cresciuto!» esclama. Ha insistito molto per venirmi a prendere in stazione, dimostrandosi come la donna gentile che è sempre stata. Aimee, ovviamente, ha preso da lei.
Ci avviamo all'auto, dove intravedo Jennifer. La bambina, non appena mi vede, scende e mi corre incontro, stringendomi in un forte abbraccio. «Dylan! Mi sei mancato!»
Sorrido. «Sei cresciuta! Guarda quanto sei alta, a breve lo sarai più di me!» esclamo.
Jennifer ridacchia, dopodiché mi trascina in auto. Durante tutto il viaggio non fa altro che parlare della scuola e di quanto le piacciano le nuove materie, ma nessuno osa accennare ad Aimee. La madre, prima del mio arrivo, mi ha mandato un messaggio in cui mi implorava di non nominarla per il bene della sorellina minore. Quest'ultima, infatti, sta seguendo una terapia per superare il trauma.
Non appena arriviamo mi aiutano a sistemare le valigie e mi fanno accomodare nella stanza di Aimee. Il tutto è inquietante e mi fa venire i brividi, non voglio dormire nella camera della mia migliore amica scomparsa, ma non trovo il coraggio di lamentarmi. Il padre di lei mi accoglie con una semplice pacca sulla spalla: non sembra minimamente scosso dalla faccenda.
Mi stendo sul letto e mi volto verso il comodino, dove una foto di me, Aimee e Winter da bambini mi mette in soggezione. Quante persone ho perso nella mia vita? Le mie due migliori amiche, Ellie, anche Mary, che ha preferito Eatan a me. È come se il mondo mi stesse crollando addosso.
Jennifer fa irruzione nella stanza. «Ho preparato dei muffin, vuoi assaggiarne uno?» chiede.
L'atmosfera in questa casa è strana, quasi surreale. È squilibrata, ma potrebbe sbilanciarsi da un momento all'altro e le cose non andrebbero per forza nel modo migliore. Manca solo un piccolo dettaglio, qualcosa, o meglio qualcuno, che metterebbe la parola "fine" a questo continuo movimento sul filo del rasoio: Aimee.
Annuisco e tento di alzarmi, ma lei mi ferma. Si avvicina a passi lenti alla porta e la chiude, accertandosi di non farsi sentire dalla madre. Torna a sedersi accanto a me con sguardo triste. «Non ci sono notizie su mia sorella, vero?» chiede. «So che credete io sia piccola, ma ho il diritto sapere cosa sta succedendo.»
Aimee mi parlava spesso di sua sorella e del suo costante bisogno di proteggerla. Aveva paura le potesse capitare qualcosa. «In un modo o nell'altro fallirò» disse un giorno, mentre camminavamo per le strade di Hauntown. «Tutto ciò che mi circonda viene distrutto, non si può fare nulla per impedirlo.»
Ripenso a ciò che ha detto Sam, di non accennare nulla alla sua famiglia. È per davvero la cosa giusta da fare? Perché noi meritiamo di sapere e loro, che sono coloro che l'hanno cresciuta, no? Sospiro. «Non dovrai dirlo a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto.»
Annuisce. «Giuro che non dirò nulla.»
«Abbiamo parlato con lei, i rapitori le hanno permesso di fare una telefonata. Non ha detto molto, solo Sam ha discusso con lei.»
«Perché non avete detto nulla?»
«Sam voleva un ricordo di lei» spiego «Un modo per tenersela per sé.»
Il cellulare segnala un messaggio da parte di Mary, così chiedo a Jennifer di darmi un momento per poter vedere di cosa si tratta.
Spero che il viaggio sia andato bene, ma voglio ribadire il concetto, Dylan: io e te non avremo un futuro. Se conta ancora qualcosa, sappi che ti amo. Ma non può funzionare.
E grazie per aver mantenuto il segreto riguardo Eatan: non so cosa accadrebbe se lo sapessero.
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