17✔️
Le fronde degli alberi sembrano sussurrare parole inquietanti.
La mia immaginazione, quando sono nervoso, è capace di giocarmi brutti scherzi, proprio come sta accadendo ora: riesco a sentire rumori dove non ci sono, le foglie scricchiolare, versi di animali lontani... A peggiorare le cose è il fatto che non sappiamo dove stiamo andando, stiamo praticamente brancolando nel buio.
«Questo posto mette i brividi» commenta Mary, tremando per il freddo e la paura. «Sam, sei sicuro sia una buona idea?»
Continuo a seguire il sentiero e non le rispondo, tenendo gli occhi fissi davanti a me. La casetta, da quel che ricordo, non dovrebbe essere tanto lontana, ma è come se stessimo camminando da ore. Da una parte spero di arrivarci il più tardi possibile perché sicuramente non troveremo nulla di buono, ma dall'altra voglio trovare Aimee il prima possibile.
Violet accelera per starmi vicina. «E se fosse una trappola?» chiede.
«Dobbiamo trovare Aimee» mi limito a dire, senza degnarla di uno sguardo. La sua vicinanza mi rende nervoso, ma non è il caso di fare un'ennesima scenata. Dylan e Mary, inoltre, non sono a conoscenza di ciò che ha fatto ed è meglio così. Basti pensare a come ha reagito il ragazzo quando è venuto a sapere del piano di Eatan. «L'unico modo per farlo è seguire le loro istruzioni.»
«Della terza tappa cosa ne pensi?» chiede Dylan.
Mi limito a fare spallucce.
Luoghi d'infanzia aiuteranno ancora...
«Riguarderà Aimee e la sua infanzia a Forks, quindi, automaticamente, anche tu» dico, infilando le mani ghiacciate nelle tasche della giacca. «Tu e Winter eravate i suoi migliori amici quando era piccola.»
«E dovremmo fidarci?» interviene Mary. «Winter è morta perché l'abbiamo coinvolta, vogliamo per davvero rischiare anche con Dylan? Nessun altro deve morire.»
«Voglio ritrovare Aimee» ribatte il diretto interessato. «E farò tutto il possibile, anche le scelte più stupide e pericolose.»
«Gli Atlantidei avevano già scelto il destino di Winter» dice Violet. «La volevano morta, in un modo o nell'altro sarebbe successo comunque. Non è detto che vogliano fare lo stesso con lui, ma non possiamo saperlo.»
È difficile ammetterlo, ma ha ragione. Gli Atlantidei non sono altro che gli inventori di un subdolo gioco e noi siamo le loro pedine.
Ci muovono, ci fanno scontrare e, se mai vorranno eliminarci, nulla impedirà loro di farlo.
Quando arriviamo alla casetta, essa è ancora circondata dai nastri della polizia. È un vero e proprio luogo del delitto: qui è stata tenuta in ostaggio Kate, qui è stato arrestato Fitz... Cosa troveremo oggi?
Entriamo e ci guardiamo attorno, trovandola spoglia. Solo un piccolo baule al centro della stanza attira la nostra attenzione. Mi avvicino e lo apro cauto, venendo investito da un odore nauseante: il dito di Winter.
Mi allontano, disgustato, e trattengo un conato di vomito. Attorno ad esso è arrotolato un piccolo foglietto, che non oso nemmeno sfiorare.
L'unica ad avere il coraggio è Violet, che tappandosi il naso sfila il prossimo indizio: Prendilo con te, ti aiuterà in futuro. Ma attento: se i poliziotti vi vedessero con un dito fra le tasche, non dubiterebbero di accusarvi di omicidio.
«Sono malati...» sussurra Mary, voltandosi dall'altra parte.
Violet mi lancia un'occhiata. «Quindi?» domanda. «Chi sarà a custodirlo?»
***
Il pianto di un bambino mi costringe a spalancare gli occhi. Mi guardo attorno, constatando di essere ancora nel mio appartamento, dopodiché tendo l'udito per ascoltare meglio: sì, è proprio un bambino.
Mi alzo e vado in salotto, illuminato dal timido sole che sta sorgendo. In mezzo alla stanza, sul mio tappeto, una vista mi fa cadere sulle ginocchia.
Il corpo di Aimee è immerso in una pozza di sangue, con un macabro sorriso in volto e la pancia squartata. Accanto a lei c'è una bambina ancora viva, che piange, piange, piange... Mi tappo le orecchie, urlandole di stare zitta, ma lei non la smette.
«Ti prego, no...» sussurro. Mi accascio accanto ad Aimee e la accolgo fra le mie braccia, cercando di risvegliarla. Lei rimane inerme, gli occhi spalancati. «Svegliati, ti scongiuro!»
La bambina piange, Luna piange.
Vorrei prenderla fra le mie braccia, ma non ho il coraggio. Continuo ad osservarla come se non fosse mia figlia, come se il suo viso non mi ricordasse quello della donna morta che tengo fra le braccia. Il mio pigiama è ormai immerso nel sangue.
Lancio un urlo e mi sveglio, sudato e con il cuore a mille. Corro in salotto, trovando tutti i miei oggetti al loro posto. Nessun corpo, nessuna bambina.
Mi siedo a terra e prendo la testa fra le mani, facendo respiri profondi.
Era solo un ennesimo incubo...
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