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14 ✔️

Abbiamo deciso di seguire il consiglio di Winter e di parlare con Peter per avere maggiori informazioni. È solo un bambino, ma anche lui è una vittima degli Atlantidei e non appena vedrà Mary, che conosce da molto tempo, si sentirà al sicuro e disposto a parlare. La ragazza, d'altro canto, sembra parecchio nervosa e ha accettato di collaborare sebbene poco entusiasta.

Non appena entriamo nella stanza, gli occhi di Peter si illuminano. Il viso non è più scavato grazie al peso che ha assunto e le occhiaie che segnavano il suo viso sono ormai leggere. La veste dell'ospedale è grigia come la sua pelle, segno che non si deve essere ancora ripreso del tutto.

Corre ad abbracciare Mary, che ricambia la stretta con poca convinzione. «Ciao!» esclama, sprizzante di gioia. L'italiana lo solleva e lo sistema sul lettino sfatto, mentre io cerco con la coda dell'occhio qualche possibile indizio nella stanza. Non c'è nulla nemmeno qui, a quanto pare: cosa faremo ora? «Aspettavo da tanto una tua visita.»

«Ciao, Peter» gli accarezza i capelli, per poi passare al viso. «Sono felice di vederti. Sono qui perché dobbiamo farti alcune domande.»

«Che domande?» chiede.

«Ti ricordi la ragazza dai capelli rossi, quella che ti ha trovato insieme alla tua famiglia?» intervengo, sedendomi sul lettino. Lui mi guarda intimorito e stringe ancora più forte la mano di Mary. «Sai per caso qualcosa su di lei? Per esempio dove potrebbe essere ora?»

Nega col capo.

Mary sorride. «Gli Atlantidei l'hanno rapita, Peter. Dobbiamo assolutamente trovarla, magari potresti aiutarci a...»

«No» dice Peter, interrompendola. Si alza dal letto ed estrae dalla fodera del cuscino un foglio. «Ho fatto un sogno strano l'altro giorno. Il mattino dopo l'ho disegnato, lo vuoi vedere?»

Alzo gli occhi al cielo: non abbiamo tempo da perdere! Trattandosi di un bambino decido di rimanere paziente e in silenzio, ma non appena vedo il disegno un brivido mi attraversa il corpo.
Ci sono due persone legate a una parete e una terza tiene una balestra fra le mani. L'ambiente è scuro, come se fossero in una grotta. La ragazza armata ha i capelli neri ed è identica a Mary, che in questo momento trema come una foglia.

«Che cos'è?» chiede, spaventata.

«Un mio sogno. Quando avverrà, dovrai mantenere la calma ed essere lucida» risponde «Qualcuno morirà per mano tua.»

Mary boccheggia, sconvolta e senza parole. Nemmeno io so cosa dire: cosa significa? Perché mai Mary dovrebbe uccidere qualcuno?
E se fosse vero: chi sono le altre due persone rappresentate?

***

Mentre usciamo dall'edificio, Mary sbuffa. «Quel disegno mi ha messo i brividi» mormora «Mi chiedo cosa gli sia preso.»

«Siamo migliori amici da tempo» le faccio notare. «Non so perché tu voglia uccidere qualcuno, ma...»

Si volta verso di me. «Mi credi capace di uccidere qualcuno?» chiede, furiosa. «Sam, stiamo parlando di un sogno! Non accadrà nulla. E no, non voglio uccidere nessuno, non sono un animale o un'assassina.»

In lontananza vedo Violet correrci incontro. Si ferma davanti a me col fiatone. «Winter è scappata dall'ospedale psichiatrico ieri sera» dice «Penso, però, di averla trovata.»

Senza dire altro, si incammina verso il sentiero del bosco. Io e Mary ci scambiamo un'occhiata preoccupata, ma la seguiamo senza obbiettare.
Si ferma davanti ad un albero, mostrandoci una scena raccapricciante: il cadavere di Winter è appoggiato al tronco e ha un taglio profondo alla gola. Un coltello in una mano, un foglio nell'altra.

«Hai chiamato la polizia?» chiede Mary, chiudendo gli occhi. Distoglie poi lo sguardo dal corpo. «Cos'è successo?»


«Non lo so» risponde Violet «Quando ho ricevuto la notizia, ho deciso di cercarla tra i boschi, l'unico luogo plausibile. Non ho ancora chiamato la polizia, prima volevo mostrarvi i biglietti.»

«I biglietti?» chiedo, accigliato. «Ne ha solo uno fra le mani.»

Tira fuori dalla tasca della felpa un altro foglio insanguinato, affermando che si trovava accanto al corpo. L'altro, ovviamente, non ha osato toccarlo.
Leggo il contenuto, riconoscendo la calligrafia di Winter: Mi sono sacrificata per Aimee, proprio come volevate.

Rimango senza fiato: credeva davvero la volessimo morta?
I sensi di colpa iniziano a farsi sentire. Eravamo talmente concentrati nel cercare Aimee, che non abbiamo nemmeno pensato a lei e come si potesse sentire. Ora è morta.
Si è uccisa credendo fosse ciò che desideravamo pur di riavere Aimee indietro.
Si è uccisa credendo che la sua vita fosse meno importante di quella della sua migliore amica.

«"Prima tappa superata, congratulazioni"» dice Winter, leggendo l'altro biglietto. «"Queste sono le coordinate per il secondo punto. Buona fortuna".»

Ci scambiamo un'occhiata, immersi nel silenzio.

Cosa stiamo facendo?

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