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13. Bad news

«Cosa ci fai qui?»

Ryan mi accoglie in casa sua con queste parole, per poi chiudere il portone dietro di noi e fissarmi, in attesa.

«Se sei occupata posso andarmene,» rispondo io, sperando però con tutto me stesso che mi faccia rimanere: non ho intenzione di tornare a casa e non c'è nessun altro posto in cui potrei andare.

«Non ho detto che devi andartene, volevo solo capire perché sei venuto,» mi fa notare, prima di incamminarsi verso il salotto e sedersi sul divano, prendendo poi tra le mani un libro di fisica, roba che non ho mai capito. «Stavo studiando per un esame che devo dare in questi giorni, comunque.»

«Giuro che non ti darò fastidio, mi faccio piccolo piccolo e sto in silenzio ma, ti prego, non farmi tornare a casa,» le dico, mettendomi persino in ginocchio davanti a lei e congiungendo le mani.

Ryan scoppia a ridere e i suoi occhi si illuminano, per poi guardarmi e farmi sentire dannatamente in soggezione. «Come mai non vuoi stare a casa tua?»

«Michael ha invitato Luke e mi ha detto che se fossi rimasto nel nostro appartamento mi avrebbero traumatizzato a vita con il dopocena,» rispondo, censurando le parole che mi ha rivolto il mio migliore amico oggi pomeriggio. In realtà, Michael mi ha detto che probabilmente questa sarebbe stata la grande serata e che se fossi rimasto in mezzo ai piedi avrei rischiato di trovarmi i loro corpi avvinghiati ovunque: sul divano, nella vasca da bagno, nel mio stesso letto e persino sui fornelli. Quindi, sì, traumatizzato a vita esprime alla perfezione le condizioni in cui mi avrebbero ridotto.

Ryan ride ancora, per poi lanciarmi addosso uno dei cuscini del divano. «Non vorrei mai avere Calum Hood sulla coscienza, perciò... mettiti comodo.»

«Grazie, grazie e grazie! Giuro che ricambierò il favore in qualsiasi modo e-»

«Mi basta che tu stia zitto,» mi interrompe, per poi indicarmi il libro sulle sue gambe. «Ho cacciato mio fratello Dylan fuori di casa per avere un po' di silenzio, quindi non costringermi a fare lo stesso con te.»

«No, no. Non sentirai nemmeno il mio respiro,» le assicuro, per poi appoggiare il cuscino sul tappeto e sedermici sopra.

Ryan sospira e, dopo avermi rivolto un'ultima occhiata, presta tutta la sua attenzione al libro. Lo apre e afferra una matita che aveva posizionato fra le pagine per tenere il segno, una cosa che ha sempre fatto anche ai tempi del liceo. Non credevo di ricordarlo e, a dirla tutta, di averlo notato. Ad ogni modo, non mi preoccupo molto di questo, essendo troppo occupato a notare ogni suo piccolo dettaglio mentre studia: un piccolo ciuffo ribelle di capelli che si affretta a spostare soffiando, il modo in cui i suoi occhi color ghiaccio scorrono da una riga all'altra e il tenero broncio che assume di tanto in tanto, forse quando qualcosa non è abbastanza chiaro - cosa non molto improbabile, trattandosi di quella materia assurda -, per poi annotare qualche parola con la sua matita.

Dopo qualche minuto alza lo sguardo dal libro e lo punta su di me, sospirando.

«Cosa?»

«Non riesco a studiare se mi guardi,» spiega, prima di chiudere il libro e appoggiarlo accanto a lei.

«No, non smettere per colpa mia,» mi affretto a dire, per poi coprirmi gli occhi con le mani, mentre lei scoppia a ridere. «Ora non posso guardarti,» concludo. Tuttavia, dopo qualche secondo allargo leggermente le dita per sbirciare e noto che lei si è avvicinata a me e sta ancora sorridendo, per poi prendere le mie mani fra le sue e allontanarle dal mio viso.

«Non sei affidabile, Hood.»

Mi punta un dito contro, minacciosamente, e io spero con tutto me stesso che non abbia intenzione di cacciarmi. Piuttosto che rischiare di ritrovarmi Michael e Luke nel mio letto preferisco andare a dormire nei bagni della metropolitana, ma bisogna ammettere che non è una cosa molto igienica, per niente.

«Non mandarmi da quei due, ti prego,» la supplico. «Potrebbero bloccarmi la crescita!»

Ryan rotea scherzosamente gli occhi, per poi incrociare le braccia al petto. «Quanto pensi di crescere ancora, scusa?»

Mi limito a ridere e lei fa lo stesso, per poi porgermi la mano.

«Dai, andiamo a preparare qualcosa da mangiare,» propone e io mi aggrappo alle sue dita, così che possa aiutarmi ad alzarmi. «Studiare mi fa venire una gran fame, a te no? Be', in realtà ho quasi sempre fame.»

La seguo fino alla cucina, non prestando molta attenzione alle sue parole, quanto piuttosto al suo corpo, stretto in una semplice canottiera bianca e un leggins nero che mette in risalto il suo magnifico-

«Calum?»

Alzo subito lo sguardo, anche perché Ryan si è girata verso di me, negandomi la visuale, e la trovo con le braccia incrociate al petto.

«Mi stavi guardando il culo?»

«Uhm, no,» rispondo, fin troppo velocemente, facendole inarcare un sopracciglio. «Voglio dire, certo che no! Ti sembro forse il tipo?»

Ryan ridacchia, per poi aprire il frigorifero per cercare qualcosa da cucinare. «A dirla tutta, sì. Mi sembri proprio il tipo.»

La guardo ad occhi spalancati, profondamente offeso da questa sua insinuazione, ma lo sguardo significativo che mi rivolge mi fa cedere. «Okay, ma non è la prima cosa che guardo in una ragazza.»

«E cosa guardi?» chiede, quasi casualmente. Tuttavia, da come interrompe la ricerca nel frigorifero, capisco che è davvero interessata alla mia risposta.

«Dipende da quello che mi colpisce prima,» rispondo dopo qualche istante, stringendomi nelle spalle.

Ryan si gira verso di me, dopo aver chiuso il frigo. «Oh, ho capito,» dice, appoggiando gli ingredienti per un hamburger sul tavolo e cercando di sopprimere un sorriso. «Quindi... tette o culo, giusto?»

«Perché ho come l'impressione che tu mi abbia scambiato per una specie di pervertito o qualcosa di simile?»

«Perché è proprio così,» risponde, per poi scoppiare a ridere di fronte alla mia espressione. «Piuttosto, dopo Luke hai cercato altre persone?» chiede, iniziando ad apparecchiare la tavola.

Mi affretto ad aiutarla e lei mi ringrazia con un sorriso. «In realtà sì, ma non riesco a trovarla e sua mamma si ostina a ignorarmi,» rispondo, pensando di sfuggita alle altre volte in cui sono tornato a casa Bennett, anche senza Michael, e la signora si è rifiutata persino di aprirmi il portone del palazzo.

«Forse posso darti una mano,» propone Ryan e io mi ritrovo a pensare che non sarebbe una cattiva idea.

«Davvero? Se mi aiutassi a parlare con Cameron Bennett te ne sarei eternamente grato!»

Ryan si irrigidisce, mentre il suo sguardo si rabbuia improvvisamente. Cosa ho detto di sbagliato, adesso?

«Se non te la senti posso capirlo e-»

«Calum,» mi interrompe, il tono di voce improvvisamente freddo e distaccato. «Cameron è morta.»

Un gran fracasso interrompe il silenzio che si era creato e io ho solo la forza di abbassare lo sguardo e vedere infranti per terra i bicchieri di vetro che tenevo in mano fino a un istante fa.

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