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Capitolo 9 - Allarme vescica

Alle nove in punto, uno stuolo di camerieri in uniformi da pinguino si presenta alla nostra porta per consegnarci la cena. Sistemano tutto sul tavolo grande in fondo alla stanza, un totale di otto portate ben protette da coperchi d'argento a cupola, poi battono in ritirata con una sequela di inchini che metterebbe a disagio pure la Regina d'Inghilterra.

"Hmmm, ostriche" annuncia mamma, sollevando uno dei coperchi con fare teatrale. "Ed escargot. Stasera ci va di lusso, eh?"

Mi avvicino al tavolo, scrutando di sottecchi le portate che mamma sta man mano scoperchiando. Non conosco nessuno di questi piatti e sinceramente non mi sento tanto tranquilla.

"Oh, questo lo adoro!" trilla mia madre, esponendo l'ultimo piatto. Sopra c'è una porzione di ciò che sembra essere sformato di patate, simile a quello che nonna ci prepara a Natale, con l'unica differenza che questa porzione non è né sbruciacchiata né bitorzoluta. "Il nome non me lo ricordo, ma è un pasticcio di pollo e patate. Una delle specialità bareviane!"

In mezzo a tutta quella roba sconosciuta il pasticcio sembra la portata più innocua, perciò è proprio da quello che comincio: mi sistemo su una delle sedie che circondano il tavolo e, con la forchetta, inizio a piluccare lo sformato.

"Come ti senti?"

Alzo lo sguardo e incrocio quello di mamma, seduta a un paio di sedie di distanza. "Bene, perché?"

"Sei strana da quando sei tornata dal colloquio con la Regina."

Alzo gli occhi al cielo, guardando gli affreschi sul soffitto senza vederli davvero. "Io sono sempre strana, mamma."

"Be', oggi lo sei di più."

Con un sospiro riporto lo sguardo su di lei, le dita serrate attorno al manico della forchetta. "Sarò stanca per il viaggio."

Mamma inarca un sopracciglio, riempiendosi la bocca con una forchettata di insalata mista. "Ti ha detto qualcosa di male?"

"No, ma', niente" sbuffo, poggiando una guancia sul pugno sinistro. "Sono reali, sono... altezzosi. E la Regina non è da meno." Spiaccico un pezzo di pasticcio sul bordo del piatto, rilasciando un piccolo sospiro. "Solo Madeleine sembra avere le rotelle abbastanza a posto. Sai, la tipa che era con Isabrutta."

"Sembra molto simpatica."

Appena tornata in stanza, ho subito raccontato a mamma del mio incontro ravvicinato con Madeleine, sottolineando più volte il mio coraggio nel presentarmi per prima. Ma poi, quando è stato il momento di spiegarle cosa mi avesse detto la Regina Emma, mi è tornata in mente la parentesi dello Stronzo Supremo e tutta la voglia di chiacchierare mi è passata in un lampo. Come potevo ammettere che le azioni del mio padre mancato mi stavano facendo soffrire? Non potevo, molto semplicemente. Così mi sono limitata a raccontarle che la Regina mi aveva dato delucidazioni in merito alla cerimonia, ma mamma non è una stupida e ha capito subito che stavo mentendo.

"Ciccia, guarda che puoi dirmelo se c'è qualcosa che non va."

Mi infilo in bocca una forchettata esagerata di pasticcio per evitare di risponderle, perché dubito di essere in grado di tenermi tutto dentro ancora a lungo. Porcaccia miseria, perché deve sempre capire quello che mi passa per la testa?

"Guarda che se lo butti fuori poi ti senti meglio!" insiste, prima di far sparire un'altra foglia di insalata. "Un po' come quando vomiti."

Le lancio un'occhiata allibita, deglutendo a fatica il malloppo di pasticcio che mi si è accumulato sulla lingua. "Stiamo mangiando! Eddai!"

Lei si stringe nelle spalle, infilzando un pomodorino con la forchetta. "E capirai! Tu a cena metti sempre quelle robe splatter sul computer..."

"Supernatural non è splatter" preciso, prima di infilarmi in bocca un altro po' di pasticcio. "Come se la visione celestiale di Jared Padalecki ti dispiacesse, comunque. Ipocrita!"

"Hmmm, dici Sam?" bofonchia, sfilandosi la forchetta dalla bocca per puntarmela contro. "Quello con i capelli lunghi?"

Inarco un sopracciglio. "Il solo e unico."

"Hmmm, sì. Proprio carino. Approvato."

E vorrei ben vedere! I fratelli Winchester sono patrimonio indiscusso dell'umanità. Prima o poi convincerò mamma a seguire Supernatural per la trama da infarto, e non solo perché Sam e Dean sono due bocconcini. Anche se devo ammettere, mea culpa, che due mesi fa ho iniziato a vedere la serie proprio per i loro bei faccini.

"Allora?" riprende mamma dopo un po', mentre io mi verso un po' d'acqua nel bicchiere. O meglio, nel calice. A guardarlo, sembra che lui da solo valga più del mio pc scassato. "Mi dici su cosa rimugini?"

Le rivolgo un'occhiata veloce. Il lato positivo nell'avere una madre così giovane è che con lei posso parlare di qualunque cosa: ragazzi (attualmente non rilevati), problemi scolastici (a dozzine), preoccupazioni... ma se il mio malumore rischia di trascinare giù anche lei, allora preferisco tenermi tutto dentro.

"Te l'ho detto, ma'." Trangugio un sorso d'acqua esagerato, tanto che rischio quasi di strozzarmi. "Sto bene."

Lei mi soppesa con gli occhi socchiusi, poi mette su un mezzo sorriso che promette proprio male. "E va bene, non devi dirmelo. Ma io posso sempre indovinare, no?"

E che cavolo. Fa questo giochetto cretino da quando andavo all'asilo, più o meno il periodo in cui ho deciso che l'umanità mi faceva schifo e che preferivo chiudermi a riccio piuttosto che interagire col prossimo, e purtroppo nel tempo è diventata parecchio brava.

"Vediamo... ha a che fare con tuo padre?"

Le rivolgo un'occhiata fulminea. Mamma divora una forchettata di insalata, un sopracciglio sollevato e lo sguardo di chi sa. Ecco, mi ha già sgamato. Perfetto.

"Vero" bofonchio, senza particolare entusiasmo.

"Sei arrabbiata per qualcosa che ha fatto?"

"Delusa, non arrabbiata!" sbotto a questo punto, incapace di contenermi. Ormai l'ha capito, inutile girarci intorno. "E so che non dovrei esserlo, perché nemmeno lo conosco e mai lo conoscerò, ma non è bello sentirsi dire che tuo padre ha fatto finta che non esistessi finché non è stato costretto a vuotare il sacco."

Non la sto guardando, ma sono piuttosto certa che mamma abbia messo su quel mezzo sorriso che usa quando mi consola per la morte di un personaggio immaginario.

"Daphne, è normale che tu sia delusa" mormora, allungando una mano per prendere la mia. "Per questo lo volevo fuori dalle nostre vite. Quelli come lui portano solo cuori a pezzi e delusioni."

Mi sforzo di ricacciare indietro le lacrime, scrollando la testa in un sì stentato. Ha ragione, lo so benissimo, così come so che restarci male è da stupidi. Però non è bello sentirsi così palesemente rifiutati, nemmeno se a rifiutarti è stato qualcuno che non hai mai visto in vita tua.

"No, ciccia, dai" mormora mamma, quando io non riesco più a trattenere i singhiozzi. Attraverso il velo di lacrime la vedo scivolare attorno al tavolo, venendosi poi a sedere accanto a me. "Ecco quello che volevo evitare" sospira, abbracciandomi. "A questa gente non importa nulla dei sentimenti altrui! Sono tutti stronzi ed egocentrici."

Io affondo il viso contro la sua clavicola, lasciandomi andare a un pianto disperato. Tipico mio: quando si tratta di me, piangere sembra essere la soluzione a tutto. Sono triste? Piango. Sono felice? Piango molto. Sono nervosa? Piango moltissimo. Sono arrabbiata? Piango anche per giorni. C'è da ammetterlo, comunque: piangere fa davvero schifo.

"Scusa, è che..." Mi stacco, tirando su col naso e asciugandomi le guance, e rivolgo uno sguardo veloce a mamma. "Sono pure stanca per il viaggio e lunedì escono i quadri, perciò nevrosi assoluta."

"E per di più hai fatto una figura atroce con quel bel ragazzo" aggiunge lei, lanciandomi un'occhiata eloquente. "Sembra proprio che sia nel tuo corredo genetico. Ricordi quella volta con il bocconcino che ci è venuto a riparare la caldaia?"

A quel ricordo mi sento stringere lo stomaco. "Avevamo giurato di non parlarne più!"

Lei si stringe nelle spalle, ma prima che possa controbattere qualcuno bussa alla porta d'ingresso.

"Vado io" bofonchio, alzandomi a fatica dalla seduta imbottita della sedia. Deve essere Karina: ha detto che sarebbe passata a controllare come stessi, quando mi ha riaccompagnato in stanza.

Fuori dalla porta, però, non trovo Karina: Madeleine se ne sta in piedi in mezzo al corridoio, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo basso. Il caschetto castano e lucido le scivola davanti agli occhi, rendendo vano il lavoro del cerchietto azzurro, e il tailleur in tinta le fascia il corpo esile come una seconda pelle.

"Madeleine?"

Lei drizza la testa di scatto e un minuscolo sorriso le incurva le labbra verso l'alto. "Buonasera, Daphne, spero di non avervi disturbato."

"Puoi darmi del tu" le ribadisco, abbozzando un sorrisetto a mia volta. "Comunque no, tranquilla, abbiamo..." Faccio un cenno alle mie spalle, indicando il tavolo ancora apparecchiato. "Abbiamo appena finito di cenare. Tu... tu che fai?"

"Sono passata solo per chiedervi..." Mi rivolge un sorriso imbarazzato. "Per chiederti se ti andasse di venire a fare una passeggiata con me, nei giardini del palazzo. Suppongo tu non abbia ancora avuto modo di visitarli a fondo."

Rimango impietrita per qualche secondo, la lingua annodata e nessuna idea di cosa dirle. Mi ha appena invitato a fare un giro con lei? Ha invitato me, Daphne, la sfigata per eccellenza?

"Be'... insomma, supponi bene" mi riprendo, balbettando appena. "Il punto è che... non credo... voglio dire, è molto gentile da parte tua, ma..."

"Viene molto volentieri!" mi interrompe mamma, comparendo all'improvviso alle mie spalle. "Le farà bene una passeggiata. Piacere, io sono Clara, la mamma di Daphne" aggiunge, porgendo la mano a Madeleine.

Lei se la rimira per qualche secondo, le sopracciglia aggrottate, poi alza lo sguardo verso mamma. "È un vero piacere conoscerla" dice infine, piegandosi in un profondo inchino. "Il mio nome è Madeleine, Madeleine Dubois, futura duchessa di Vigneaux."

Mamma ritrae in fretta la mano e tossicchia, tamburellandomi sulla spalla sinistra con le dita. "Sì, avevo intuito. Allora te la lascio in affido, eh?" aggiunge, dandomi una spintarella in avanti. "Mi raccomando, fate tardi, che questa morta di sonno non esce mai!"

Mi giro per incenerirla con lo sguardo, ma lei si è già richiusa le porte alle spalle, abbandonandomi così al mio destino.

"Non diceva sul serio" farfuglio, tornando a voltarmi verso Madeleine. "Insomma, del fatto che non esco mai... mamma esagera e basta."

Lei mi rivolge un sorriso cortese. "Ma certo. So come possono essere le madri." Il suo sguardo sembra intristirsi, ma l'attimo dopo la ragazza ha già ritrovato il buonumore. "Allora, vogliamo andare?"

Mi limito ad annuire e a seguirla lungo il corridoio, i nostri passi che rimbombano fin sopra i soffitti altissimi. In giro non vola una mosca: il palazzo sembra addormentato, come se un potente sortilegio l'avesse congelato in un sonno eterno, e lungo il tragitto che ci separa dai giardini non incontriamo nessuno. Ed è un bene, perché Karina sull'argomento è stata piuttosto chiara: in giro da sola non posso proprio andarci.

Lancio un'occhiata fulminea a Madeleine, che cammina adagio al mio fianco, e scrollo appena le spalle. Non sono da sola, in fin dei conti.

Quando usciamo dai portoni d'ingresso, una folata d'aria fredda mi fa rimpiangere di non aver indossato qualcosa di più pesante: mi sa tanto che la Barèvia non è il paese più adatto per andarsene in giro in T-shirt e pantaloncini strappati. A Roma fa così freddo a novembre, non certo a giugno inoltrato.

"Fa freddino" commento, mentre imbocchiamo l'imponente scalinata che nel pomeriggio mi ha quasi ammazzato. Il parco, visto da quassù, è uno spettacolo mozzafiato: illuminato fiocamente da lampioni e lanterne posizionate lungo i sentieri, il giardino del palazzo sembra uscito direttamente da un cartone Disney. Si estende a perdita d'occhio, una distesa di prati, macchie d'alberi, aiuole fiorite e siepi ridicolmente alte; il labirinto, che domina la zona ovest del parco, è illuminato da fasci di luce blu che fendono appena il buio.

Madeleine intercetta il mio sguardo e mi sorride. "Possiamo tornare indietro, se necessiti di una giacca."

"Oh, no no, sto bene così!" mi affretto a rispondere, scuotendo la testa. "Solo... in Italia fanno già più di trenta gradi, in questo periodo, perciò... insomma, è strano."

Mentre continuiamo a scendere gradini su gradini, Madeleine emette un piccolo sospiro. "Deve essere un posto meraviglioso, l'Italia. Non ho mai avuto modo di visitarla."

"Be', devi!" esclamo, improvvisamente entusiasta. "Specialmente Roma, la mia città. È una vera bomba!"

Lo sguardo della ragazza di tinge di confusione. "Bomba?"

"Sì, be'... nel senso che è bellissima. Un modo di dire."

Approdiamo finalmente sulla terraferma e io mi guardo attorno, sniffando maniacalmente l'aria pura che si respira qui. Sa di fresco, di montagna, di pulito... una vera utopia, per il posto dal quale provengo.

"È bello che tu e tua madre siate qui" riprende Madeleine, mentre iniziamo a passeggiare lungo uno dei viali che si diramano dalla scalinata. "Sono in pochi a farci visita, di questi tempi."

"Oh... come mai?"

Madeleine sospira, lo scricchiolio della ghiaia sotto le nostre scarpe a sporcare il silenzio. "La Regina non ama i visitatori" spiega, stringendosi nelle spalle. "Non apre le porte del castello a nessuno, a meno che non sia strettamente necessario."

Tipo con me.

Aggiriamo una fontana a tre vasche con puttini annessi e proseguiamo lungo il viale in silenzio, perché a questo punto non so bene cosa risponderle. Accidenti a me e alla mia totale incapacità di intavolare conversazioni normali. Ci credo che non ho amici: sono un caso disperato.

"E quindi... sei una duchessa" butto lì, cercando di colmare quel silenzio imbarazzante. "Fighissimo."

"Oh, non ancora" risponde Madeleine, abbozzando una risata argentina. "Lo erano i miei genitori. Io prenderò la posizione che mi spetta quando i miei sovrani e il parlamento lo riterranno opportuno."

Rallento appena il passo, rivolgendole uno sguardo veloce. Erano? Questo vuol dire che...

"Ho perso i miei genitori in un incidente aereo" dice lei, quasi mi avesse letto nel pensiero. "Tre anni fa. Tornavano da un breve soggiorno in Thailandia e l'aereo è precipitato."

"Io... mi dispiace tanto, Madeleine" mormoro, ed è la verità: posso soltanto immaginare cosa si provi a perdere entrambi i genitori in un colpo solo. "Non devi dirmelo per forza, non mi... non mi conosci nemmeno."

Lei alza le spalle, rivolgendomi il solito sorriso gentile. Non sembra granché turbata, a essere sincera. "Oh, sta' tranquilla, sono informazioni di dominio pubblico. Ed è passato talmente tanto tempo che ormai non ci penso nemmeno più!" Lo dice con leggerezza, come se davvero la perdita dei genitori non la turbasse minimamente. "Lo zio Albrecht mi ha accolto qui subito dopo l'accaduto, un atto di incredibile generosità."

A questa rivelazione non posso fare a meno di bloccarmi come uno stoccafisso nel mezzo del viale, l'aria fresca che mi scompiglia i capelli aggrovigliati. "Un momento... tu sei la nipote del Re?"

Madeleine, fermandosi a sua volta, annuisce. "Sua sorella Lena, duchessa di Vigneaux, era mia madre."

"Questo significa... cioè, in pratica io e te... voglio dire, noi due..."

"Siamo cugine, sì" risponde lei al posto mio, rivolgendomi il solito sorriso cortese.

Mio malgrado, non riesco a reprimere il sorrisone idiota che mi tende le labbra verso l'alto. "Oh, porcaccia miseria, che figo! Cioè, non ho mai avuto nessun cugino, in vita mia, perché mamma è figlia unica e... insomma, mio padre... ecco, non sapevo chi fosse fino a una settimana fa" aggiungo in una risatina forzatissima, stringendomi nelle spalle.

Madeleine mi rivolge uno sguardo confuso. "Chiedo scusa, temo di non aver capito bene. Non sapevi che tuo padre fosse..." Si guarda attorno con circospezione, poi torna a voltarsi verso di me. "...il Re di Barèvia?"

"Colpevole" sospiro, abbassando lo sguardo sulla distesa di ghiaia ai miei piedi. "Mia madre non mi ha mai raccontato nulla. Diceva che papà era un delinquente condannato all'ergastolo."

"Re Albrecht un delinquente?" boccheggia Madeleine, arrestandosi di colpo in mezzo al viale. "Spero che la sua fosse soltanto una burla, perché in vita mia non ho mai conosciuto uomo più buono, altruista e corretto di lui."

Io sfodero un sorriso amaro. "Forse alla tua lista dovresti aggiungere anche 'incapace di prendersi le proprie responsabilità', visto il modo in cui mi ha abbandonato."

Lo sguardo di Madeleine si fa pentito. "Mi dispiace tanto, Daphne. Qualunque motivo l'abbia spinto a non cercarti, probabilmente era anche nel tuo interesse." Si stringe nelle spalle esili. "Non è assolutamente il genere di persona che scappa di fronte a una responsabilità."

Decido di non risponderle e basta. Sembrano tutti convinti della buona fede del Re, della sua bontà innata e del suo altruismo, ma i fatti parlano chiaro: lui ha deciso di lasciarmi andare, e io sono cresciuta senza un padre. Non fraintendetemi, mamma ha fatto un ottimo lavoro, in questi anni: è stata una madre, un padre, una confidente, un'amica... però non è stato comunque facile crescere senza un papà.

Imbocchiamo in silenzio un ponticello di legno che attraversa un laghetto tondeggiante, ma appena drizzo la testa mi blocco sul colpo: Isabrutta e il duca di Vattelappesca ci vengono incontro, lei avvinghiata al suo braccio come una cozza e lo sguardo da cerbiatta che cerca insistentemente il suo. Lui, però, guarda da tutt'altra parte: me, a voler essere precisi.

"Torniamo indietro" dico precipitosamente a Madeleine, afferrandola per un gomito e rigirandola di peso. "Scusa, ma... insomma, me la sto facendo sotto. Allarme vescica!"

"Dovremmo prima salutare la principessa Isabella e il conte di Dreisendorf" protesta lei, pacata, cercando di divincolarsi. "Non è beneducato ignorare in questo modo degli esponenti della nobiltà, Daphne."

"No... è solo che io..."

Le mie deboli e mortificate proteste servono a poco: un attimo dopo Madeleine si è voltata, chinandosi in una riverenza che sembra non finire più.

"Madeleine" commenta gelida Isabrutta, stringendosi ancor di più al braccio del maleducato.

Perciò è un conte... figlio di un duca? Che razza di intreccio è?

"Vedo che adesso ti accompagni alla plebe" prosegue in francese, lanciandomi un'occhiata colma di astio. "Vieni, Maximilian, andiamocene."

"Un momento" si intromette lui in italiano, scansando le mani da polipo di Isabrutta. "La ragazza del corridoio, non è così?"

D'istinto indietreggio, cercando l'appoggio di Madeleine al mio fianco. "Mi sa tanto che ti confondi."

Sul suo viso si apre un sorriso sghembo. "Quindi non è lei che mi è venuta addosso e mi ha chiamato, se la memoria non mi inganna, stronzo presuntuoso?"

Oh, cazzo.

Sento Madeleine irrigidirsi al mio fianco, prova inconfutabile che la nostra amicizia nascente è già andata alla deriva, e provo a scuotere la testa. "Mi hai scambiato per un'altra."

"Parlez dans une langue que je comprends bien" sibila Isabrutta, rivolgendo un'occhiataccia a Maximilian.

"Tanto ce ne stavamo andando" tartaglio, rafforzando la presa sul braccio di Madeleine. "Il s'est trompé" aggiungo, fulminandolo con lo sguardo a mia volta. "Il croyait de me connaître."

Stavolta è il mio turno di beccarmi uno sguardo adirato da parte di Isabrutta che, non contenta, si lancia anche in un impetuoso monologo in ceco di cui non capisco mezza parola. A giudicare dalla rigidità di Madeleine, comunque, oserei dire che non si tratta di lusinghe e ossequi.

Tipico. Sembra una versione più sofisticata e intelligente di Nicole, la mia tormentatrice ufficiale, con l'unica differenza che Isabrutta almeno usa una lingua che non conosco per insultarmi. Quanta premura, vero?

"Miss Daphne!"

Mi volto di scatto, incrociando così lo sguardo di Karina, che imbocca a passo di carica il ponticello di legno.

"Eppure ero stata chiara!" farfuglia, raggiungendoci in un paio di falcate. "Niente scampagnate in solitaria per il castello!"

Apro la bocca per giustificarmi, ma Madeleine è più veloce: mi si piazza davanti e rivolge un sorriso gentile a Karina. "È stata colpa mia, Miss Bachmann. Ho convinto io Daphne a fare una passeggiata con me per il parco."

Sono piuttosto certa che, ormai, le mie pupille abbiano assunto le sembianze di cuoricini palpitanti. Madeleine mi ha appena difeso, il che la catapulta immediatamente nel vacante posto di migliore amica che alberga nella mia vita. Be', magari dovrà spartirselo con Alice, ma troveremo un buon compromesso. Due amiche... porcaccia miseria, non mi sono mai sentita più popolare di così!

Karina la soppesa con lo sguardo per qualche secondo, poi sposta gli occhi su di me e inarca un sopracciglio. "Per stavolta chiuderò un occhio. Che non succeda mai più, chiaro?"

"Chiaro" le faccio eco, la voce stridula e traballante. Vorrei farle notare che non ci sarà un'altra occasione, perché tra meno di ventiquattro ore sarò di nuovo a Roma, ma lo tengo per me: non so per quale assurda ragione, ma l'idea di tornare alla mia vita di sempre mi mette addosso una strana malinconia. Che accidenti mi prende?


Spazio Yumi

Hey there, amigos! Come state? Che mi dite di bello? Io vado a rilento con gli aggiornamenti, in questo periodo, ma solo perché il lavoro babbano non mi lascia tregua. C'ho 'n sonno che me se porta, per dirlo alla romana. Che ne pensate del capitolo? Per Daphne si avvicina sempre di più il momento di rinunciare alla sua inaspettata corona, ma sarà in grado di tornare alla sua vita di sempre dopo questo breve assaggio di paradiso? Lo scopriremo nelle prossime puntate! 

Un abbraccio a tutti e al prossimo aggiornamento!

Yumi :3

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