Capitolo 7 - Una selvaggia plebea a palazzo
L'arrivo a palazzo è un'esperienza surreale, quasi ultraterrena: per me, che nei miei diciassette anni di vita non mi sono mai avventurata più in là di Ostia, ritrovarmi faccia a faccia con un vero castello ha quasi del mistico.
La limousine che ci ha recuperato all'Aeroporto Internazionale di Fluttendorf, capitale bareviana, sta percorrendo adesso uno dei viali che si snodano per i giardini, e io non posso fare a meno di osservare a bocca spalancata ciò che mi scorre davanti: siepi potate nelle forme più disparate, alberi e piante rigogliose, fontane, panche di pietra, lampioni in ferro battuto, statue... un momento, quello è forse un labirinto di siepi? Aguzzo la vista, montando addosso a mamma per riuscire a vedere meglio dal suo finestrino, e devo trattenere uno squittio: è proprio un labirinto! Sembra quello che Harry e gli altri campioni del Torneo Tremaghi hanno dovuto affrontare ne "Il Calice di Fuoco", e il mio cuore di fangirl prende il volo come un uccellino: chissà se al centro troverò anch'io una Passaporta. Di trovarmi faccia a faccia con Voldemort, comunque, non ho tutta questa voglia.
"Daphne, sta' giù!" mi intima mamma, spingendomi indietro sul mio sedile. "Vuoi per caso che me la faccia nelle mutande? E poi mi spiegazzi tutti i vestiti!"
Certo, come se una mini di jeans e un top elasticizzato di Tezenis potessero stropicciarsi. Le rivolgo un'occhiataccia. "Be', scusa tanto se questo posto sembra uscito direttamente da un libro di favole" borbotto, piccata, incrociando le braccia al petto. "Sarà più grande di Villa Pamphili e Villa Carpegna messe insieme!"
Karina, seduta rigidamente sui sedili davanti a noi, si schiarisce la gola. "Dopo che vi sarete sistemata potrò accompagnarvi a fare un sopralluogo dei giardini, principessa. Miss Clara, può unirsi anche lei, se lo desidera" aggiunge, spostando lo sguardo su mamma.
"Sono aperta a tutto, ma solo dopo che avrò liberato la vescica" risponde lei, accavallando le gambe in uno stretto intreccio. "La situazione inizia a farsi drammatica, qui sotto."
Karina si lancia un frettoloso sguardo alle spalle e torna a voltarsi verso di noi con un mezzo sorriso. "Manca pochissimo. Tempo dieci minuti e saremo negli appartamenti che Lady Em... che la Regina ha preparato per voi. Sono sicura che li adorerete!"
Appartamenti? Per noi due? Decido di non indagare ulteriormente, limitandomi a osservare l'imponente facciata del palazzo avvicinarsi sempre di più. I portoni spalancati sono preceduti da una scalinata in pietra che conterà come minimo cento milioni di scalini, e a quella vista inizia già a farmi male il sedere. Spero tanto che ci sia un'entrata secondaria, che non preveda l'uso di tutti quei gradini, perché in caso contrario dubito che vedrò mai l'interno di questo palazzo.
Lascio vagare lo sguardo sul resto della facciata, che si allunga così tanto verso l'alto da farmi venire le vertigini: dalle foto spulciate online non mi ero accorta che fosse così grande né, per inciso, che avesse tutte queste finestre: tra quelle che si aprono sulla facciata, quelle strette e allungate sulle torri laterali e i lucernari sui vari tetti conici che coronano la struttura, ne conto almeno duecento. O forse di più, non sono mai stata un asso con le stime a occhio.
A circa metà della struttura si apre un'enorme terrazza semicircolare dal parapetto in pietra, con colonnine... uhm, ioniche? O forse corinzie? Be', a mia discolpa ci tengo a precisare che la mia prof di arte ha una parlata talmente soporifera che appisolarsi durante le sue lezioni è praticamente d'obbligo, perciò la mia ignoranza è più che giustificata.
La limousine frena dolcemente davanti alla gradinata e l'autista, un signore anziano che non ha degnato mamma di uno sguardo, viene ad aprirci la portiera.
"Grazie mille" farfuglio, saltando malamente sulla distesa di ghiaia che copre il viale.
L'uomo mi rivolge un sorriso gentile e dice qualcosa nella solita lingua strana, che ormai sono sempre più sicura trattarsi del ceco. Peccato che io non ne capisca nemmeno una parola.
"Arnošt vi sta augurando un buon soggiorno a palazzo, principessa" mi viene in soccorso Karina, sgusciando a sua volta fuori dalla limousine. "Non capisce la vostra lingua, parla soltanto francese e un po' di tedesco, ma..."
"Merci beaucoup, monsieur" dico allora, tornando a voltarmi verso il signore con un sorriso. "Passez un bon fin de journée!"
Lui china il capo, sollevando leggermente il capello lucido con visiera. "Ce fut un plaisir, mademoiselle. Au revoir."
"Parlate francese?" L'espressione di Karina si è tinta improvvisamente di un velo di stima. "Non ne avevo idea, principessa!"
Io mi stringo nelle spalle, lanciando uno sguardo veloce a mamma, in piedi al mio fianco. "Be', un pochino."
In effetti le lingue sono l'unica cosa in cui me la cavo bene, e non perché sono le mie materie di indirizzo: è stato guardando serie TV e leggendo libri in lingua originale che mi sono fatta le ossa, e che adesso riesco a tenermi a galla nell'oceano di votacci che mi circonda. Ora che ci penso, a giorni dovrebbero uscire i quadri. Mi chiedo proprio quale combo mi toccherà affrontare quest'anno: storia-matematica-fisica? O forse chimica-filosofia-arte?
"Allora vi troverete ancora meglio, in questi giorni" risponde Karina, strappandomi alle mie riflessioni. "Il francese è una delle lingue ufficiali del regno, insieme al ceco e al tedesco."
Tre lingue ufficiali... E le parlano tutte e tre? Ma dove accidenti sono finita? "E lei come mai parla italiano?" indago, colta dalla curiosità.
"Be', mia nonna era..."
"Scusate, non per fare la maleducata, ma me la sto proprio facendo nelle mutande" ridacchia mamma, improvvisando un balletto scomposto al mio fianco. "Non è che potremmo...?"
"Oh, Miss Clara, sono desolata!" trilla Karina, portandosi le mani sulla bocca. "Venga, venga con me, saremo a destinazione prima di subito!"
Con mio sommo rammarico, la donna si avvia proprio verso l'imponente scalinata che si apre a qualche metro da noi, seguita a ruota da mia madre.
"Non sono sicura di riuscire ad arrivare lassù senza rimetterci almeno un polmone" bisbiglio a quest'ultima, affiancandola in un paio di falcate. "Ce l'avranno un defibrillatore?"
"Piantala di fare la cretina" risponde lei con un'occhiata obliqua. "E comunque te le cerchi tu. Io te l'avevo detto di venire a pilates con me, a settembre, ma tu in pratica vivi su quel divano!"
Non le rispondo, cercando di risparmiare fiato per la scalata, ma dopo appena dieci gradini sto già boccheggiando in cerca d'aria. Porcaccia miseria, dev'essere un incubo.
"C'è una cosa che non vi ho detto, principessa" dice Karina dopo qualche secondo, senza smettere di salire. Volta appena la testa, rivolgendomi un'occhiata vagamente colpevole. "La Regina ha dato l'ordine di non lasciarvi girare a palazzo da sola. Neanche lei, Miss Clara. E se poteste evitare... sì, insomma, di spargere la voce sul perché della vostra visita... insomma, sarebbe preferibile mantenere l'informazione segreta."
"Ci avrei giurato" borbotta mamma, macinando gradini a due a due. "Non sia mai che si scopra che il vostro prezioso Re non è riuscito a tenerselo nelle mutande e poi si è rifiutato di prendersi le proprie responsabilità."
Una parte di me vorrebbe ricordarle che è stata lei per prima a volerlo fuori dalle nostre vite, ma mi è rimasto talmente poco fiato nei polmoni che sprecarlo così pare un'assurdità. Invece traggo un respiro profondo e, traballando su per qualche altro gradino, ansimo: "Allora qual è la versione ufficiale? Perché dovremmo essere qui?"
"Sarete semplici parenti della Regina Emma in visita dall'Italia" risponde prontamente Karina, lanciandomi uno sguardo allarmato. "Vi sentite bene, principessa?"
Per tutta risposta le mostro il pollice alzato, urtando il corrimano in pietra con la spalla, e finalmente approdo sull'ampio porticato costellato di colonne.
Contrariamente a mamma, la raccomandazione appena sganciata da Karina mi lascia del tutto indifferente: era ovvio che non si volesse diffondere la notizia che il Re ha una figlia illegittima. Sarebbe uno scandalo. Andiamo, lo capisco persino io che che di reali e corone non so un bel niente!
Avanzo di qualche passo, e non appena mi lascio alle spalle la pozza di sole rovesciata sul porticato in favore dell'ombra all'ingresso, mi cade la mascella dallo sconcerto. E no, miei cari, non solo perché davanti a me si apre una scala che sarà grande il doppio di quella che ho appena superato, ma perché questo posto sembra appena uscito da una favola. O da un romanzo un po' dark con una mezza dozzina di vampiri come protagonisti.
I soffitti altissimi e decorati da affreschi, il pavimento in marmo chiaro che sembra quasi liquido, le armature disposte ordinatamente ai lati delle porte... Porcaccia miseria, qui è tutto pazzesco! Mentre seguo mamma e Karina verso la scala cerco di approfondire la mia ispezione, scrutando i passaggi che si spalancano ampi ai lati dell'ingresso, ma quelle due si muovono talmente in fretta che non posso far altro che aumentare il passo.
Be', in fin dei conti è meglio che non immagazzini troppi dettagli: io, di tutta questa storia, non voglio ricordare proprio nulla. No, nemmeno lo spesso tappeto rosso che copre i gradini, il lampadario di cristallo che pende maestoso sulla mia testa, le decorazioni in rilievo sulle pareti color crema... Nulla di tutto questo. Mi sforzo perciò di imboccare la scala con lo sguardo basso, concentrandomi unicamente sul battito martellante del mio cuore e seguendo passo passo mamma e Karina, ma qualche dettaglio riesco comunque a coglierlo: le colonnine spiraleggianti del corrimano, ad esempio, o le lunghe bacchette dorate che tengono fermo il tappeto su ogni gradino.
Salita la prima rampa, imbocchiamo la biforcazione a destra che curva di centottanta gradi e proseguiamo per almeno altri venti scalini, poi approdiamo finalmente sulla terraferma. Percorriamo un ampio passaggio dal pavimento a scacchi che a tratti si affaccia direttamente sull'atrio da cui siamo entrate, una sorta di balconcini coi parapetti che riprendono il motivo della ringhiera sulle scale; si alternano a porzioni di parete color crema, a cui sono appesi quadri, specchi, candelabri... o comunque si chiamino, e anche lunghi stendardi di stoffa con su cuciti stemmi o roba del genere. Il soffitto, anche qui, è esageratamente alto e ricco di affreschi e decorazioni dorate in rilievo. Sto giusto osservando uno degli angioletti in déshabillé che si affaccia oltre una nuvola vaporosa, il naso all'insù e le gambe che continuano ad andare per conto proprio, quando mi scontro con una certa violenza con qualcosa di duro.
"Porcaccia miseria!" strillo, nel momento esatto in cui tracollo a terra sul sedere. La mia voce sembra riecheggiare per tutto il palazzo, ma non me ne importa un bel niente: il dolore alle chiappe è insopportabile, cavolo! Vorrei proprio sapere che cosa accidenti...
"Miss Daphne Cornelia Altavilla, suppongo" dice una voce bassa e profonda che sembra provenire da davanti a me. Solo ora mi rendo conto di avere gli occhi ben serrati, proprio come quando di notte mi sembra di sentire rumori strani in corridoio e inizio a temere che una delle bestiacce di Supernatural sia lì per farmi secca.
Sollevo lentamente una palpebra, spingendomi gli occhiali su per il naso, e mi ritrovo faccia a faccia con un considerevole esemplare di sesso maschile. Capelli neri ben pettinati all'indietro, pelle chiara e compatta, labbra carnose... e i suoi occhi. Oh, i suoi occhi! Sono un trionfo delle più varie sfumature d'azzurro, orlati da lunghe ciglia scure che gettano ombre sfumate sugli zigomi. Ha la mascella definita, senza il minimo accenno di barba, labbra piene e rosee e un naso dritto che si sposa perfettamente con i suoi lineamenti. Porcaccia miseria, chi è questo bocconcino? E perché stamattina non ho pensato a truccarmi un po', o a mettere qualcosa di decente prima di uscire di casa? Sono davanti alla perfezione in carne e ossa e, con ogni probabilità, assomiglio in maniera sospetta allo spaventapasseri che nonna tiene davanti al suo villino per scacciare i corvi. Se già in condizioni normali le persone attraenti mi mettono in soggezione, oggi vorrei semplicemente buttarmi in una fossa e non uscirne mai più.
Schiudo le labbra per balbettare qualcosa, qualsiasi cosa, ma dalla bocca non mi esce null'altro che un rantolo soffocato. Di bene in meglio, Daphne, complimenti vivissimi. Ma per caso è colpa mia se mi viene l'ansia quando si tratta di conoscere gente nuova?
Ci riprovo, determinata quantomeno a chiedergli scusa per essergli finita addosso, ma tutto ciò che riesco a tirare fuori è un "uhhh" che si prolunga per un tempo infinito.
Sul volto così sfacciatamente perfetto dello sconosciuto si apre un sorriso strafottente. "Singolare. Eppure mi era giunta voce che comprendesse almeno le basi della sua lingua, Miss Altavilla."
Ci metto un secondo a rendermi conto che quello che mi ha detto è terribilmente offensivo. In un attimo mi dimentico dell'ansia, del batticuore che mi riempie la gola e dei palmi tanto sudati che da un momento all'altro inizieranno a gocciolare, e riesco a rotolare in piedi con un grugnito. "Che razza di stronzo presuntuoso!"
Oh, porcaccia miseria. L'ho detto ad alta voce? Direi proprio di sì, a giudicare dall'espressione divertita del maleducato che mi staziona davanti. Okay, forse ho battuto la testa e non me ne sono accorta. Voglio dire, è plausibile, no? La Daphne con tutte le rotelle a posto non si sognerebbe mai di insultare qualcuno faccia a faccia, nemmeno se ne avesse tutte le ragioni. La Daphne con tutte le rotelle a posto si limiterebbe a pensare uno dei suoi coloriti insulti, o al massimo a bisbigliarlo quando il diretto interessato è fuori portata, ma questo... Porcaccia miseria, non so cosa mi sia preso. C'è da dire, comunque, che il tipo se l'è proprio meritato. E in fondo che m'importa? Domani sarò comunque fuori da questo posto, lontano da lui e dai suoi giudizi malevoli.
"Buon signore, prin... Miss Daphne!"
Lo squittio di Karina mi distoglie per un secondo dai miei pensieri. La osservo correre verso di noi, la gonna stretta che limita i suoi movimenti e i tacchi che rimbombano per tutto il corridoio, per poi fermarsi quasi in scivolata davanti al ragazzo. Gli dice qualcosa in tedesco, talmente in fretta che non ne capisco nemmeno una parola, ma non ci vuole un esperto linguista per capire che si sta scusando: tiene il capo chino e scuote la testa, indicandomi con un'aria condiscendente che non mi piace neanche un po'.
Mi scusi tanto, signor snobbone maleducato, la plebea che l'ha così orribilmente insultata è nient'altro che una povera fessa incapace persino di usare propriamente una forchetta. Non datele peso, sarà fuori di qui entro un paio di giorni!
Questo, più o meno, è ciò che immagino Karina stia dicendo al damerino impomatato qui in piedi. E pensare che iniziava persino a starmi simpatica!
Lui la ascolta in silenzio, un sorrisetto divertito sulle labbra, poi torna a voltarsi verso di me con una lentezza esasperante. "Sì, era piuttosto palese" commenta in italiano, squadrandomi da capo a piedi con un sopracciglio inarcato. "D'ora in poi cerchi di camminare in linea retta, Miss Altavilla. Almeno questo dovrebbe riuscirle."
E poi se ne va, camminando verso la scala a passo lento, con una mano infilata nella tasca dei pantaloni eleganti e l'altra abbandonata lungo il fianco.
"Tu... Tu... Aaargh!" ruggisco, battendomi i pugni sulle cosce dalla frustrazione. Torno a voltarmi verso Karina come una furia, ignorando lo sconveniente impulso di prendere quello stupido damerino per la gola e sbatterlo giù dalle scale. "Chi è quel brutto... quell'orribile... quel tremendo..."
"Calmatevi, per favore" ansima Karina, lanciando uno sguardo preoccupato oltre la mia spalla. Aspetta qualche secondo ancora, poi torna a fissare me. "Principessa, quello è Maximilian Schneider, figlio del Duca di Dreisendorf! E se tutto va bene anche il promesso sposo della principessa Isabella, il che influirebbe tantissimo sui difficili rapporti con il Quarto Ducato del Regno, e potrebbe portare all'unificazione..." Si interrompe, probabilmente intuendo che non ho capito un bel nulla di tutto il suo discorsetto delirante. "Vi prego, principessa Daphne, tentate di non provocarlo più!"
Oh, cazzo. Ho dato dello stronzo presuntuoso al figlio di un Duca?
Be', questo soggiorno in Barèvia non poteva davvero iniziare peggio.
Spazio Yumi
Ehilà, bella gente! Che si dice in questi giorni di caldo asfissiante? Io vorrei soltanto dormire fino al prossimo secolo, ma (per fortuna) mi tocca lavorare e quindi nulla.
Anyway, ecco il capitolo 7 in tutto il suo splendore! Avevo iniziato a scriverlo a mano, perché l'oculista aveva l'assurdo sospetto che se non avessi fatto una pausa dal pc mi sarebbero cascati gli occhi, e per finirlo ci ho messo mezzo secolo, praticamente, ma adesso eccolo qui! Le cose iniziano a farsi interessanti in Barèvia, eh? Che cosa ne pensate? Lasciate un commento, se vi va, le vostre opinioni sono fondamentali!
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