Non so neppure chi sei.

Fai parte dei miei giorni da così tanto tempo.

Eppure...

Io non so chi sei.

Non so il tuo nome.

Il tuo carattere.

I tuoi gusti.

Non so neppure che voce hai.

Profonda?

Roca?

Gentile?

Con particolari inflessioni?

Tutto di te mi è ignoto.

Tranne il tuo aspetto...

Potrei descriverti nei minimi dettagli.

La curva delle tue sopracciglia.

Il naso un po' storto come se si fosse rotto varie volte.

La mascella squadrata con un lieve accenno di barba.

I capelli, più neri della pece, sempre scompigliati come se ti fossi appena svegliato.

I tuoi occhi...

Blu.

Scuri come un cielo tempestoso.

Insondabili.

Impenetrabili.

Pieni di segreti e misteri che tu rivelerai mai.

Diverse persone, amici miei, sanno delle tua esistenza, ma non ci credono.

Pensano che tu sia frutto della mia mente stressata.

E invece si sbagliano.

Tu esisti.

Respiri.

Vivi.

Nella mia ombra.

Nei miei giorni.

Ovunque mi trovo percepisco la tua presenza.

Opprimente.

Asfissiante.

Come una pesante trapunta avvolta attorno al mio cuore.

Ma tu non mi tieni al caldo.

Non mi proteggi.

Tu mi pedini.

Tu mi stravolgi.

Tu mi rincorri.

Tu mi vuoi.

Ma non puoi avermi.

Non voglio.

Rivoglio la mia tranquillità.

La mia serenità.

La mia sicurezza.

La mia spensieratezza.

La mia vita.

È da così tanto tempo che mi stai addosso.

La tua presenza si fa sempre più ingombrante e opprimente.

Anche in mezzo ad una folla riesco a sentirti.

A sentire il tuo respiro.

A sentire il tuo cuore accelerare i battiti per la mia vicinanza.

A sentire la tua frustrazione perché riesco a sfuggirti ancora.

E ancora.

E ancora.

E...

Siamo in cucina.

Soli.

Mia sorella è appena uscita e tu ti sei materializzato direttamente dai miei incubi.

Ora sei qui, di fronte a me.

Il tuo aspetto è sempre uguale, maglietta nera e jeans scoloriti, ma i tuoi occhi...

I tuoi occhi...

Ora sono tutt'altro che insondabili e misteriosi.

Ci leggo dentro.

Pagine e pagine di sentimenti.

I tuoi.

Così profondamente sbagliati.

Così profondamente instabili.

Così profondamente malati.

《Finalmente.》

È la prima parola che mi rivolgi.

La tua voce è roca.

Avvolgente.

Il mio cuore galoppa per scappare da te.

《Ora sei mia.》

Non riesco a muovermi.

Le gambe sono paralizzate dalla paura che tu riesci ad infordermi.

Un terrore strisciante che mi avvolge piano piano con i suoi viscidi viticci oscuri.

I miei occhi corrono alla tua mano.

Un bagliore argenteo fa capolino tra le tue dita.

Un coltello.

Dovevo aspettarmelo.

Ho sempre immaginato questo incontro.

A come avrei reagito.

A cosa avrei detto.

A cosa mi avresti fatto.

Ogni volta uno scenario diverso.

E ora...

Ora che siamo faccia faccia.

Non so cosa dire.

Né so cosa fare.

Ma tu sì...

Troppo tardi i muscoli delle mie gambe scattano.

Troppo tardi realizzo che nessuno arriverà in mio soccorso.

Troppo tardi...

Uno strattone ai miei lunghi capelli, il mio vanto, e sono a terra.

Cerco di allontarmi, strisciando, grattando le mie unghie perfettamente curate sul pavimento, e tu ridi.

Ridi dei miei disperati e folli tentativi.

Ridi del dolore immenso che mi procuri.

Ridi ad ogni pugno.

Ridi ad ogni coltellata inferta alle mie tenere carni.

Ridi.

Mentre il mio sangue invade lentamente il mio pulito linoleum, tu semplicemente ridi.

Una risata bella.

Sexy.

Folle.

Malata.

L'ultima cosa che sento...