•charpter 11•
Ho il fiatone e delle piccole goccioline sgorgano dalla mia fronte verso le guance.
Guardò fuori dal finestrino, non sembra molto stanco, anzi urla a squarciagola qualcosa, ma siamo troppo lontani per capire cosa.
Mi butto all'indietro, asciugo il sudore con il polso e sospiro.
Dopo nemmeno una decina di passi sono stanca, non sono più abituata a fare esercizio fisico, dovrei iscrivermi in palestra.
Le immagini dei giorni passati mi annebbiano la mente mentre guardo un punto indefinito del sedile davanti a me.
Ripenso anche ai discorsi e tutto ciò che mi è stato detto, mi ricordo di una particolare frase detta da mia madre, durante il suo discorso, due sere prima.
Dovrai fare ogni cosa da sola.
Anche tornare a casa?
Guardo l'uomo alla guida, ha un berretto nero intonato alla giacca nera chiusa con vari bottoni luccicanti, dallo specchietto retrovisore non riesco a vedere il suo viso, ma so con certezza che non è nessuno degli uomini al servizio di mio padre.
Loro non si vestono in modo così elegante.
Mi guardo intorno, l'auto è il doppio di quella a cui sono abituata ad usare, i sedili sono di pelle nera, i sedili posteriori sono separati da quelli anteriori grazie
Su quale diamine di auto sono salita?
≪e-ehm, m-mi s-scu-scusi p-p-penso d-di aver sbagliato auto ≫ la voce mi muore in gola e le poche parole che pronuncio sono dette in un sussurro quasi impercettibile.
≪non ha sbagliato auto signorina, il signor Sallivan mi ha mandato a prenderla, vuole parlare con lei di persona≫dice con voce glaciale non curandosi minimamente di guardarmi negli occhi, schiaccia l'accelerazione e sfrecciano via.
Nel frattempo il Dottor Sallivan è nel suo studio ad aspettare la sua ospite con grande impazienza.
Cammina avanti ed indietro per tutto l'ufficio, pensando alle parole giuste da dire.
L'uomo sa che raccontando tutta la vera storia alla piccola adolescente, per poi lasciarla andare,sarebbe subito corsa dal padre e gli avrebbe riferito tutto.
Il suo più grande avversario perderà tutto,scoprire che la sua vita è tutta una grande bugia lo devasterà. Non sarà in grado di gestire gli affari perché avrà molti macelli da risolvere, sarà più facile per lui stesso accaparrarsi la droga dai turchi e dagli afgani.
Per portare a termine questo importante compito aveva mandato a prendere la ragazza uno dei suoi tirapiedi migliori, pronto ad ogni evenienza.
Il suo viso di solito non lasciava trasparire molte emozioni, ma quest'oggi i suoi tratti gelidi dell'est ereditati dalla madre russa, lasciavano trasparire la preoccupazione.
Il busto è piegato per avanti e le braccia sono incrociate all'indietro, il viso è rivolto verso il basso. Le sopracciglia erano piegate in rughe di nervosismo, il naso era arricciato e gli occhi azzurri diventati ormai scuri sono chiusi in due fessure. Piano piano il nervosismo lasciava il posto alla rabbia contro se stesso per aver avvertito l'ex amante delle sue intenzioni e per la risposta della stessa.
Preso da uno scatto d'ira si avvicina alla scrivania e la scaraventa a terra per poi passarsi una mano tra i capelli castano-dorato dove si riescono a trovare dei piccoli filoni bianchi.
≪padre?≫ dice una voce bassa e profonda alle sue spalle, l'uomo lentamente si gira.
Il suo sguardo attendo studiava il giovane uomo che aveva cresciuto come figlio suo, le sue gambe erano lunghe di addicevano alla sua magra figura. Era vestito di un nero intenso, pantaloni stretti neri e scarpe lucide nere.
Il suo mento era alzato, i suoi occhi azzurri brillavano e completavano magnificamente i suoi lineamenti. Le sue carnose labbra rosse a forma di cuore erano piegate in un cipiglio.
La mascella squadrata e definita avrebbe lasciato senza fiato molte ragazze.
Era serio e sembrava irritato dallo sguardo del genitore.
L'altro invece aveva avuto un lampo di genio e con un ghigno si avvicinò al figlio.
Lizzie, così preferiva esser chiamata la piccola dei Gerrus, era incredula e non ci capiva più nulla.
Aveva provato a ribellarsi tirando calci e pugni a quella specie di separè che divideva le parti della macchina, ma lui per non essere osservato decise di alzare il finestrino di esso.
Sconfitta si arrese ed adesso si trovava difronte ad un portone di legno di quercia di una grandissima villa, l'autista l'aveva in pugno.
È il doppio della ragazza,la tiene salda per il braccio e prima di scendere dalla macchina l'aveva avvertita che se avrebbe anche solo provato a fuggire gli avrebbe sparato.
N/A
Ehm si non sono morta è corto, fa schifo e si mi odiate.
Non mi ricordo se ve lo avevo detto, ma pensavo di cancellarla o boh non lo so, anche perché non è seguita e sono abbastanza confusa.
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