Sensazioni (cap 29)
N.B. Scusate per l'estremo ritardo finalmente sono riuscita a pubblicare questo capitolo. Perdonatemi se troverete eventuali errori ma purtroppo ho il computer fuori uso perciò ho dovuto scrivere con il cellulare. Per questo motivo potrebbe essermi sfuggito qualcosa nonostante abbia riletto e corretto 1000 volte. Detto ciò buona lettura 😘
«Hai provato a chiamarla?», chiese Marta.
«Certo che ho provato a chiamarla! Almeno un centinaio di volte!», rispose Charles stropicciandosi il viso con le mani per poi abbandonarsi sul divano del suo salotto.
Aveva passato la notte completamente in bianco, rimuginando su tutto quello che era successo la sera prima al locale, provando ripetutamente a digitare il suo nome sul display, sperando che prima o poi Josie avesse risposto.
Ma niente, lei non aveva nessuna intenzione di rispondere.
Del resto era stata chiara, non voleva vederlo, e questo comprendeva anche il non volerlo sentire, ovviamente.
Erano scoccate appena le due del pomeriggio di quel lunedì e Monaco era scaldata da un tiepido sole, le foglie degli alberi avevano già acquistato il loro tipico colore autunnale e il giallo e l'arancione si mescolavano tra loro.
Il leggero vento che le smuoveva annunciava che l'inverno era alle porte.
Marta e Riccardo preoccupati si erano presentati a casa del pilota monegasco senza alcun preavviso.
Si sentivano in colpa per quanto era successo, soprattutto Riccardo che non aveva preso in considerazione ciò che Marta gli aveva detto.
Cristiane era pericolosa e dovevano allontanarla, invece come sempre aveva sottovalutato la situazione, considerando Marta esagerata.
«Charles, mi dispiace, avrei dovuto dare retta a Marta e fare qualcosa!», gli disse Riccardo mortificato.
«Sì, avresti dovuto darmi ascolto! Te l'avevo detto che porta solo guai!», gli rispose Marta alterata.
«Basta, ragazzi!», sospirò Charles con tono stanco, «Non potevate fare niente. Sono io che sono un coglione.»
«Charles, tutti possono sbagliare. Questo non fa di te un coglione.», lo rincuorò dolcemente la sua amica, sedendosi vicino a lui.
«Grazie, Marta, ma sai perfettamente che ho fatto una cazzata. Non dovevo avere nessun tipo di rapporto con Cristiane. Mi avevi avvertito, non ricordi?!»
Charles scivolò sul bordo del divano, appoggiò il cellulare sul tavolino di vetro lì di fronte e sospirò per la millesima volta quel giorno.
Aveva i capelli scompigliati, la barba trascurata più lunga del solito e due cerchi violacei intorno ai grandi occhi verdi.
Marta lo guardò tristemente e appoggiò una mano sulla sua schiena massaggiandola su e giù; era evidente che il suo amico non avesse dormito, turbato dai fatti accaduti la sera prima.
«Charles, ascoltami, troveremo un modo per convincerla. Parlerò io con lei se necessario, le spiegherò tutto!», cercò di rassicurarlo la ragazza.
«Marta ha ragione!», disse Riccardo abbandonando l'uscio della porta dove era appoggiato e avvicinandosi agli altri sul divano, «Tutti quanti sappiamo che razza di personaggio è Cristiane! Le spiegheremo ogni cosa e lei capirà!»
Le labbra di Charles si tirarono in un sorriso stanco.
Adorava i suoi amici: erano sempre pronti a tutto pur di aiutarlo, ma la realtà era che lui quell'errore lo aveva fatto e non poteva cancellarlo.
Conosceva Josie e sapeva il perché della sua reazione.
Non c'era stato nessun tradimento da parte sua e questo lei lo sapeva benissimo, ciò che le aveva spezzato il cuore era il dubbio che così facilmente quella storia aveva insinuato dentro di lei.
Le aveva promesso che non le avrebbe mai fatto del male ed invece l'aveva fatta cadere nel baratro dell'inganno senza proteggerla.
«No. Non potete fare niente. La conosco, Josie non ha bisogno di parole o altri crudeli racconti. Ha bisogno di fiducia e sicurezza e ieri sera non le ha avute di certo.»
«Ma quello che Cristiane le ha raccontato erano solo bugie!», si lamentò Marta irritata, «Devi spiegarle che non c'è niente fra voi! Lei lo ha fatto apposta! Voleva confonderla, convincerla dell'assurdo!», continuò l'italiana alzandosi dal divano e allargando le braccia arrabbiata.
«Marta, le ho detto tutto questo! Insieme a tutta la verità!», ribatté Charles alzando un po' il suo tono di voce.
«Che vuoi dire con "tutta la verità"?! Le hai detto della sera del tuo compleanno?», domandò Marta con occhi sgranati, accompagnata dalla voce di Riccardo che dietro di lei esclamò: «Tu che hai fatto?!»
Charles guardò entrambi mentre lo fissavano sconvolti.
«Sì! Le ho detto di quella sera! Del passato! Le ho raccontato come sono andate le cose! Meritava di sapere la verità! Non voglio segreti o scheletri nell'armadio!», esclamò Charles alzandosi in piedi e allargando le braccia in un gesto di frustrazione.
«Sì, ed ora è scappata!», commentò Marta alzando gli occhi al cielo.
«Charles, non si dice mai la verità fino in fondo!», lo ammonì Riccardo superando Marta e avvicinandosi di più al suo amico, «Mai! Josie non aveva bisogno di saperlo. È successo prima che tu la conoscessi, non c'era bisogno di raccontarglielo. Ora lei sarà ancora più confusa su tutta la situazione! Praticamente in parte hai confermato ciò che Cristiane le ha detto e lei si starà chiedendo qual è la verità!»
Charles spazientito si passò di nuovo una mano sul viso.
«Le ho detto quello che realmente è successo! Ho commesso un errore, non potevo negare e dire che non era mai accaduto! Avrei perso la sua fiducia per sempre!»
«Oddio, Charles! Tu ed il tuo maledetto buonsenso!», sbottò Riccardo.
«Ma cosa stai dicendo?!», ribatté ad un tratto Marta esasperata, «Ha ragione Charles! E tu sei un idiota se dici questo!»
«Ma se poco fa eri sconvolta più di me?!», affermò Riccardo confuso, guardando la sua ragazza a braccia allargate e occhi sgranati.
«Sì, è vero, ma hai sentito che cosa ha detto? Josie ha bisogno di fiducia, e di certo non è con altre bugie che si costruisce la fiducia!», detto questo si girò verso Charles e continuò: «Devi andare da lei. Subito!»
«Ci avevo già pensato.», disse Charles con tono sicuro guardandola, «Ma sta lavorando probabilmente e non voglio fare scenate davanti alla gente. Non mi sembra il caso di finire sulle prime pagine di qualche rivista. Già ieri sera ho dato nell'occhio.», spiegò appoggiando le mani sui fianchi, affranto ormai dalla situazione.
«Allora vai alla chiusura dello CHERIE! Dovranno chiudere prima o poi, no?! Vai lì e le parli!»
Charles posò di nuovo il suo sguardo su Marta.
Aveva ragione, doveva andare da lei, ma per quanto lo desiderasse si sentiva comunque nervoso.
«E se non mi vuole ascoltare?»
«Insisti! La ami o no questa ragazza?!», lo provocò Marta.
«Più di quanto immagini.», le rispose lui deciso.
«E allora va da lei e dimostraglielo!»
Charles fece un cenno affermativo con il capo e passandosi le mani sulla testa si scompigliò i capelli, era esausto.
Aveva rivissuto quei momenti tutta la notte e non sapeva neanche lui cosa lo avesse fatto desistere dall'andare da lei durante quelle ore notturne.
Sospirò per la millesima volta in quella mattinata e, puntando lo sguardo sui suoi caschi, pensò a quanto fosse abituato a gestire la tensione per le corse ma completamente impreparato a soffrire per amore.
Amore.
Una parola a lui così sconosciuta eppure così familiare dentro il suo cuore.
Non sapeva se fosse il nome esatto da dare a ciò che provava per Josie, ma voleva scoprirlo.
Il sentimento che provava per lei lo faceva sentire sicuro, forte, protettivo.
Lo faceva sentire un uomo.
Voleva renderla felice, farla ridere ogni giorno della sua vita e non era disposto a perderla per colpa di qualche stupida bugia.
«Andrò da lei stasera!», rivelò sicuro di sé.
«Ecco! Così mi piaci!», approvò Marta sorridendo, «Però forse è il caso che prima ti fai una doccia...»
Charles scosse la testa e sorrise davvero per la prima volta dopo ore e ore di sconforto.
«Quando parti per il Brasile?», domandò Riccardo spazzando via il suo sorriso stanco.
«Domani mattina.», rispose Charles serio.
Tutti e tre si guardarono sapendo perfettamente che l'unica chance che Charles aveva per riconquistare Josie era quella sera, se non ci fosse riuscito avrebbe dovuto aspettare un'intera settimana prima di vederla di nuovo.
«Andrà bene.», sussurrò Marta avvicinandosi a lui e passando dolcemente una mano tra i suoi capelli.
«Fatti una doccia e vedrai che ti sentirai meglio, ok?»
«Ok!», le rispose.
«È meglio se noi andiamo.», affermò Riccardo facendo un cenno alla ragazza.
«Aspettate...», li fermò d'un tratto Charles, «Avete parlato con Nico? Come sta?»
Marta scrutò Riccardo e poi posò lo sguardo su Charles.
«Insomma... non l'ha presa molto bene. Lo abbiamo seguito mentre l'ha riaccompagnata a casa. L'ha lasciata in lacrime davanti alla sua villa e poi è sfrecciato via con la macchina.»
«Abbiamo provato a chiamarlo ma non ha risposto.», continuò Riccardo, «Ho provato di nuovo stamattina, ma niente, il cellulare è spento.»
«Merda!», sospirò Charles.
«Starà bene, gli passerà, vedrai.», lo rassicurò Marta, poi osservando lo sguardo colpevole del suo amico aggiunse: «Non è colpa tua, Charles. Non pensarlo nemmeno!»
«Avrei dovuto usare la testa, essere più responsabile.»
«Non potevi sapere! Nico non ha mai detto che era interessato a lei! È stata una sorpresa per tutti.», precisò Riccardo, cercando di alleviare le colpe del giovane pilota.
Ma per Charles non era così semplice, le sue azioni avevano ferito delle persone molto importanti per lui e non riusciva a superarlo a cuor leggero; riteneva l'amicizia importante quanto l'amore e ciò gli fece maturare la consapevolezza che avrebbe dovuto scusarsi anche con Nico per ciò che aveva fatto.
«Non lo sapevo, è vero. Ma questo non significa che io non debba scusarmi con lui. Avrei dovuto evitare quella scenata in quel corridoio. L'ho umiliato.»
«Eri arrabbiato e triste. Chiunque avrebbe reagito così.», lo scusò Marta.
«Sì, e Nico questo lo sa.», aggiunse Riccardo dando man forte alle parole della sua ragazza.
«Parlerò comunque con lui.», chiarì Charles, mentre li accompagnava alla porta.
«Allora, ciao.», lo salutò Marta abbracciandolo stretto.
«Grazie.», le rispose lui sorridendo nel suo abbraccio.
Poi si girò verso Riccardo e lo salutò con una stretta di mano tipicamente maschile.
«Facci sapere.», si raccomandò Marta prima di chiudere la porta dietro di sé.
Charles si guardò intorno, era di nuovo solo nel suo appartamento.
Prese il telefono dalla tasca della tuta e digitò il nome di lei un'ultima volta, appoggiò il cellulare all'orecchio e ascoltò gli interminabili suoni dell'attesa con la speranza di sentire la sua voce finalmente rispondere.
Ma non fu così.
Deluso riattaccò e si diresse in bagno per quella dannata doccia.
****
Josie era seduta sulla panca adiacente al muro della sua camera, posizionata proprio sotto la finestra che affacciava sul piccolo cortile di fronte alla loro casa.
Lo sguardo fisso oltre la vetrata, le gambe raccolte al petto tra le braccia e la testa appoggiata sulle ginocchia.
Lasciava la mente vagare lontano cercando di allontanare da sé il dolore dell'ennesima delusione.
Accanto ai suoi piedi nudi appoggiati al tessuto morbido del cuscino il suo cellulare continuava ad illuminarsi, invaso da numerose notifiche di messaggi e di chiamate.
Nonostante non avesse risposto a nessuna di queste, Charles continuava a chiamarla senza sosta, lo aveva fatto per tutta la notte e non si era fermato nemmeno alle prime luci del mattino.
Aveva lottato contro il forte desiderio di rispondere e sentire la sua voce.
Nonostante il suo cuore ferito le facesse sentire il dolore della delusione continuava a palpitare con ardore ogni volta che il suo nome compariva sullo schermo.
Lo amava.
Lo amava nonostante quello che era successo la sera precedente, ma l'immagine di quel bacio non voleva andarsene dalla sua testa.
Voleva credere disperatamente a ciò che lui le aveva detto in quel vicolo, ma le parole di Cristiane prepotenti invadevano la sua mente insinuandole il dubbio e sgretolando la fiducia che lei aveva iniziato a nutrire per lui.
Come poteva portare avanti una relazione se non si fidava di lui?
Come poteva amarlo se non credeva alle sue parole?
Ad un tratto i suoi pensieri vennero interrotti dal cigolio della porta che si apriva.
Si voltò e vide Maggie che in punta di piedi entrava nella stanza.
«Ehi...», la salutò dolcemente la sorella maggiore.
«Ehi...», rispose Josie sforzandosi di sorridere e cercando di non apparire del tutto distrutta agli occhi di sua sorella, facendola preoccupare ulteriormente.
Tuttavia era consapevole di non poter nascondere i suoi occhi gonfi e rossi dal pianto.
Maggie però sapeva perfettamente quanto Josie fosse triste, le aveva raccontato tutto nell'istante esatto che era tornata a casa quella domenica notte.
La maggiore delle Moreno aveva da poco chiuso lo CHERIE ed era appena rientrata nella loro casa quando Josie era piombata in lacrime nella cucina.
«Josie, che è successo?! Stai bene?», si preoccupò Maggie nel vederla in quello stato.
«No. Non sto bene.», ammise la piccola restando impalata nel bel mezzo della stanza.
Maggie subito si avvicinò a lei e non appena appoggiò le mani sulle sue braccia Josie scoppiò di nuovo in lacrime.
«Non c'è un lieto fine per me!», farfugliò tra i singhiozzi, «Ci avevo davvero creduto questa volta, Maggie, ed invece è come tutte le altre volte. Charles non è diverso dagli altri. Dovevo stare lontana da lui! Dovevo resistere e mandarlo via da me!», urlò disperata mentre Maggie la stringeva forte tra le braccia.
«Josie, spiegami che succede. Cosa ha fatto Charles?»
«Carlos aveva ragione, ero solo una nuova sfida per lui. Voleva solo aggiungermi alle sue conquiste.», disse arrabbiata e delusa, mentre bagnava con grandi lacrimoni la maglia della sorella.
Maggie sospirò appoggiandole una mano dietro la testa e accarezzandole i lunghi capelli cercò di calmare quei singhiozzi disperati.
«Josie, sono sicura che non è così. Non so cosa è successo per farti reagire in questo modo, ma so quanto Charles tiene a te, perciò qualunque cosa sia successa ci sarà di certo una spiegazio...»
La minore delle Moreno si staccò bruscamente da lei e interruppe ciò che lei stava dicendo: «No, Maggie! Ti sbagli. L'ho visto con i miei occhi mentre baciava un'altra ragazza!»
«Cosa?!», sbottò Maggie sgranando incredula i suoi occhi chiari.
«Non farmelo ripetere di nuovo. Hai capito cosa ho detto.», la ammonì Josie cingendosi il corpo con le sue stesse braccia, come a proteggersi da tutto e provando in qualche modo a non sgretolarsi completamente sul pavimento della sua cucina.
Maggie non aveva saputo trovare subito le parole giuste per poter consolare Josie in quel momento.
Aveva conosciuto bene Charles nell'ultimo mese ed era sicurissima che il monegasco fosse completamente perso per la sua sorellina, perciò cosa diavolo era successo?
Questo era ciò che si stava chiedendo: cosa lo aveva spinto a baciare un'altra? E davanti a Josie per giunta?! No, era sicura ci fosse una qualche spiegazione e di certo lo avrebbe chiesto direttamente a lui ma prima doveva assicurarsi che sua sorella non cascasse di nuovo nel baratro della disperazione e della depressione.
Avanzò sorridendo verso di lei con in mano un vassoio.
«Agata ha appena sfornato la torta di mele costringendomi a portartene un pezzo! E qui c'è anche il tuo amato caffè.»
«Ringrazia Agata.», rispose dolcemente la più piccola per poi aggiungere: «Appoggialo sul comodino se non ti dispiace, non ho molta fame ora.»
Detto ciò si girò di nuovo a guardare fuori dalla sua finestra.
Maggie sospirò affranta e mentre faceva come lei le aveva chiesto disse: «Josie non tocchi cibo da stamattina e sono già le cinque del pomeriggio, non puoi lasciarti morire di fame.»
«Appunto. Tra poco sarà ora di cena, mangerò dopo.», ribatté Josie senza spostare lo sguardo dalle nuvole che stavano pian piano prendendo i colori dell'imbrunire.
La più grande delle Moreno restò per pochi secondi immobile ad osservarla, seduta lì su quella piccola panca che suo padre le aveva costruito per il suo decimo compleanno.
"È bellissima! Ci metterò tutte le mie cose preferite, papà!", aveva esclamato anni e anni prima non appena Joseph l'aveva appoggiata al centro del loro salotto.
Maggie ricordava quella sera ancora molto bene, non avrebbe mai potuto scordare il luccichio che era spuntato dentro i grandi occhi color miele della sorellina.
Era sicura che se il loro papà le avesse regalato anche un semplice legnetto lei avrebbe ugualmente sorriso entusiasta; non era importante cosa gli regalasse perché ciò che la rendeva davvero felice era che il dono provenisse da lui.
Amava moltissimo suo padre e probabilmente le mancava come l'aria, soprattutto in situazioni come quella.
«Josie, sono quasi sicura che non toccherai cibo neanche a cena.», precisò Maggie dopo essersi avvicinata a lei e seduta sulla panca, «Non posso essere certa di quale sia il vero motivo di ciò che è successo ieri sera, ma sono sicura che ce ne sia uno! Credo veramente che Charles tenga a te e che non ti farebbe mai del male. C'è sicuramente una ragione per il suo comportamento.»
«Perché lo giustifichi?!», chiese Josie alzando di scatto la testa e guardando la sorella negli occhi.
«Perché è pazzo di te e non ti ferirebbe mai!»
«L'ho visto con i miei occhi!»
«Ma ti ha detto che non è come pensi! Che se l'è trovata davanti! Josie, questa tipa è strana, si è presentata al locale mano nella mano con il suo amico, poi si è intrufolata nel bagno dicendoti quanto sia fantastico il sesso con Charles e che loro si appartengono... e... bla bla bla... Non lo so, mi suona tutto come un grande bluff!»
«Perché una sconosciuta dovrebbe perdere tempo ad inventarsi tutto questo?! E poi Charles mi ha confermato che ha avuto una storia con lei!»
«Non ti ha confermato che hanno avuto una storia. Ti ha detto che con lei ci ha solo fatto sesso! E in passato per giunta!», specificò Maggie puntandole il dito indice sulla spalla.
«Un passato piuttosto vicino visto che è successo appena dopo Singapore!», le rispose stizzita la piccola Moreno.
«Josie, ti ricordo che anche tu andavi a letto con un altro nonostante fossi completamente innamorata di lui. Anzi ti ostinavi a portare avanti una relazione mentre ti struggevi d'amore per Charles!»
«È diverso! Stavo solo cercando di proteggermi!»
«Da cosa?!», sbottò Maggie alzandosi in piedi e allargando le braccia, «Onestamente, Josie, non capisco.»
«Da questo cercavo di proteggermi! Da tutto questo! Non volevo soffrire! E avevo ragione! Guardami! Sono ridicola, seduta su questa panca a leccarmi le ferite!»
«Certo, perché sei testarda! Non lo hai lasciato spiegare! Ti sta chiamando da ore ma tu lo ignori completamente! Hai alzato il tuo muro e stai tenendo tutti fuori. Non dai il beneficio del dubbio a nessuno! Non è giusto, Josie! NON È GIUSTO!»
«L'ho visto baciarsi con un'altra!»
Ormai i toni erano decisamente alti, Josie si era alzata dalla sua amata panca e con occhi sgranati e lucidi inveiva contro sua sorella che stava spudoratamente difendendo la persona che le aveva spezzato il cuore.
«Avanti, Josie, non fila neanche a te! Pensi davvero che Charles abbia così tanto tempo libero da orchestrare tutto questo solo per portarsi a letto una ragazza in più?! Non credo ne abbia bisogno. E, per giunta, ti ricordo che quando ha avuto la possibilità di farlo, si è ADDORMENTATO su quel letto. Perciò no! Non credo che tu per lui sia un'altra sfida! E credo che dietro quel bacio ci sia una motivazione, a volte anche ciò che ci sembra così limpido è una menzogna.», affermò Maggie tornando calma, «Dagli modo di spiegarti cosa è successo e poi prenderai le tue decisioni.»
«No!», rispose secca Josie.
«Perché?!», le chiese la sorella esasperata.
«Perché solo ascoltare la sua voce mi farebbe correre da lui. Il suo viso è impresso nella mia mente e l'unica cosa che vorrei è che mi abbracciasse. Ma non posso! Non posso perché ogni secondo che passerò con lui avrò il dubbio che prima o poi si allontanerà da me per correre da lei e... ed è già successo! Alberto ha fatto la stessa cosa!»
«Ma non ha senso, Josie! E comunque l'amore è anche tutto questo! Ma non puoi rinunciare a lui solo perché hai paura che avrai dubbi ed incertezze. L'amore è soprattutto fiducia e la fiducia non si costruisce in un giorno, ci vuole tempo. E Charles non è Alberto, di questo sono più che sicura.»
Le parole di Maggie la cullarono dolcemente, tutto ciò che aveva detto era vero.
Tutto ad un tratto si sentiva così stupida, ancora una volta stava facendo scontare a Charles tutto il male che le aveva fatto Alberto e che ancora le stava facendo.
Purtroppo da quando il biondino era apparso davanti a lei in quel locale non aveva smesso di importunarla, continuava a chiamarla e mandarle messaggi certo di convincerla ad uscire di nuovo con lui.
Nonostante Josie avesse completamente ignorato le sue telefonate e bloccato esasperata il suo contatto, il ragazzo non si era arreso e perseverava munito di un nuovo numero.
La sua insistenza le provocava malessere e disagio, risvegliando in lei tutte le incertezze di quel vecchio e tossico rapporto.
Un rapporto però ormai lontano e non avrebbe permesso che il passato distruggesse il suo presente con Charles.
Perciò lottò contro le sue stesse paure cercando di allontanarle da lei e concentrandosi solo sul pilota che le aveva rubato il cuore, tuttavia le vicende di quella notte avevano fatto crollare le sue certezza facendole perdere la bussola di ciò che era giusto o sbagliato.
Le lacrime le solcarono il viso senza che lei se ne accorgesse e sconfitta si accasciò di nuovo sulla sua panca.
Dando le spalle alla finestra e rannicchiata su se stessa scoppiò in un pianto disperato.
Maggie si inginocchiò davanti a lei e l'abbracciò stretta.
«Maggie, sono una stupida! Vorrei che fosse qui ma ho così tanta paura da allontanarlo!», rivelò Josie tra i singhiozzi.
«Shh, andrà tutto bene, tesoro, vedrai. Hai solo bisogno di tempo per elaborare la cosa. Charles capirà, ne sono sicura.»
Non appena pronunciò quelle parole, il suo telefono si illuminò ancora; le sorelle si voltarono all'istante a guardarlo e sul display apparì di nuovo il suo nome: Charles.
«Parla con lui, Josie.», sussurrò Maggie.
«Non ora.», sospirò Josie ancora tra le lacrime.
*****
Quando Maggie scese di nuovo allo CHERIE trovò Daniel ancora al bancone, esattamente dove lo aveva lasciato prima di salire dalla sorella.
«Allora? Come sta?», chiese l'australiano in apprensione.
«Uguale a stanotte. È triste e non vuole mangiare. Ti giuro che se Charles fosse qui lo strozzerei!», mugolò Maggie mentre distrattamente riponeva delle tazzine nel lavello.
«Mi era sembrato di capire che credevamo a Charles... o sbaglio?»
Maggie sospirò alle parole di Daniel.
«No, non sbagli. Credo ci sia una motivazione per ciò che è successo, mi rifiuto di credere che abbia fatto una cosa così viscida a mia sorella.»
«Charles non lo farebbe mai. Lo conosco. Non mi ha mai neanche parlato di questa tipa! Tutta questa storia è assurda, sono sicuro ci sia una spiegazione dietro a tutto questo!»
Neanche Daniel riusciva a capacitarsi di ciò che era successo in quel maledetto locale, avrebbe voluto rassicurare Maggie e dirle con certezza che tutto si sarebbe aggiustato, ma anche lui era rimasto spiazzato da quel racconto.
Conosceva Charles ma soprattutto sapeva cosa il ragazzo provava per la più piccola delle sorelle, non avrebbe mai commesso un errore così stupido rischiando di perderla definitivamente.
Josie era diventata così importante per lui.
Ma allora cosa era accaduto?
Si alzò dallo sgabello dove era seduto e allungò un braccio per sfiorare la spalla di Maggie.
«Devo andare.», la informò sorridendo tristemente.
La ragazza guardò l'orologio sulla parete notando che le lancette avevano superato le sette, sospirò affranta mentre tornò a guardarlo.
«Non voglio che te ne vai.»
In un baleno fu dall'altra parte del bancone e avvolse le braccia intorno al suo collo, allora gli sussurrò: «Il tempo con te non è mai abbastanza.»
Daniel appoggiò le labbra alle sue schioccandole un lungo bacio amorevole e la strinse forte tra le braccia.
Di lì a poche ore sarebbe partito per il Brasile, il Gran Premio era alle porte.
«Vieni con me!», la pregò il pilota e Maggie sorrise sulle sue labbra.
«Lo sai che non posso... non riesco a lasciar tutto e andar via. Ed ora con Josie così...»
L'australiano appoggiò la fronte a quella di lei e sfiorò dolcemente il suo naso.
«Chiudi tutto e porta anche Josie. Sarebbe costretta per forza a vedere Charles e ad ascoltare una qualche sua concreta spiegazione, e allora tutto si aggiusterebbe!», illustrò la sua idea con un'incredibile semplicità e un grande sorriso birichino sulla faccia.
«Tu ci credi davvero alle cose che dici?!», chiese Maggie basita provocando in Daniel un sorriso ancora più grande.
«Stavo solo sdrammatizzando. Se vuoi posso provare a parlare con Charles una volta là... magari riusciamo a capire cosa realmente sia successo. Che dici?»
«Non lo so... non credo sia la cosa giusta da fare. Sono grandi abbastanza per risolvere i loro problemi, non voglio fare la sorella impicciona. Vorrei solo che lei stesse bene.»
«Vedrai che si chiariranno. So che Charles lo farà. Ora devo davvero andare, ho ancora la valigia da fare. Riuscirai a stare senza di me una settimana?!», Le chiese infine con una luce maliziosa negli occhi.
«Non lo so... il mio corpo potrebbe effettivamente soffrirne...», ammiccò lei con un sorriso sexy, «Dovremmo trovare una soluzione in caso di necessità...»
Daniel chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro emettendo un mugolio piacevolmente frustrato.
«Mi stai tentando, ragazza! Se fai così non riuscirò mai a preparare quella maledetta valigia!»
Maggie rise trionfante.
Anche lei desiderava mandare tutto all'aria in quel preciso istante, svestire il suo pilota e buttarsi dietro al bancone per dare libero sfogo a tutte le fantasie che le passarono per la testa in quel momento, ma non potevano.
Entrambi avevano del lavoro da portare avanti: lei aveva una tavola calda da dirigere per l'ondata di clienti dell'ora di cena e lui molto presto una gara da correre.
«Vai a preparare quella valigia e fai il tuo dovere!», lo richiamò all'ordine staccandosi da lui e lisciando la maglia sul suo forte petto, «Io ho gente affamata da saziare.»
Ricciardo sorrise, le baciò per un'ultima volta le labbra e si avviò all'uscita.
«Ci sentiamo più tardi.»
«Certo, a dopo.», gli rispose lei dedicandogli un dolce ultimo sguardo.
Le cose con Daniel stavano andando davvero bene, con lui si sentiva a suo agio; la faceva sentire amata e protetta senza offuscare il suo lato forte.
In passato tutti i ragazzi che aveva frequentato avevano sempre cercato di stemperare quel suo carattere forte, spesso mortificandola nel sottolineare l'assenza di dolcezza nella sua persona.
Difficilmente Maggie si era lasciata toccare dalle loro considerazioni, la verità era che di fronte alla sua forza e sicurezza quei ragazzi si sentivano in ombra e poco virili, pertanto finiva sempre nella stessa maniera: ognuno per la sua strada.
Con Daniel era diverso però, lui amava quel lato di Maggie, quasi lo esaltava, e questo la faceva sentire così bene da renderla particolarmente dolce.
Le lancette dell'orologio scorrevano veloci e lei si era persa nei suoi pensieri, chiuse gli occhi e con uno scatto improvviso tornò alla realtà.
Velocemente si dedicò alla preparazione della sala consapevole di essere in estremo ritardo e che di lì a poco sarebbero arrivati i camerieri e successivamente anche i clienti.
*****
La mezzanotte si stava avvicinando e allo CHERIE anche l'ultimo tavolo si era infine liberato. I camerieri avevano terminato tutte le pulizie e si accingevano a lasciare il locale salutando Maggie prima di oltrepassare la grande porta a vetri dell'ingresso.
Valerie, la giovane e fedele cameriera dai capelli rosso fuoco, appena prima di uscire si voltò verso Maggie e con un soffio di voce chiese: «Pensi che domani Josie starà meglio?»
Maggie da dietro al bancone dove si trovava, intenta a fare gli ultimi conti per chiudere la cassa, la guardò sorpresa.
Ovviamente Valerie non era stupida, anche se sapeva realmente poco di cosa fosse successo alla famiglia Moreno nell'arco di quegli anni, era con loro da abbastanza tempo per capire che Josie era una ragazza con un passato emotivamente difficile.
Sorrise alla diciottenne di fronte a lei e dolcemente le disse: «Certo che starà meglio, aveva solo un po' di mal di testa, domani sarà qui.»
Valerie sorrise appena.
«Ok...»
Fece due passi verso l'uscita ma poi si girò di nuovo.
«Lo so che non sono affari miei e che non mi dovrei permettere... ma non riesco a non dirlo! Mi piace che sia lei a stare con Charles! Tu sai quanto lo adoro e... e... sì, dai, hai capito... mi piacciono insieme e non vorrei che... non fosse più co...»
«Valerie!», la richiamò Maggie sgranando i suoi occhi e sorridendo di più.
Evidentemente la ragazza aveva origliato qualche loro conversazione; non era una novità l'estenuante curiosità di Valerie soprattutto quando l'argomento era Charles Leclerc, il suo beniamino, ma sicuramente non era educato ascoltare conversazioni private.
Perciò la maggiore delle Moreno rivestì di nuovo i panni da titolare e con tono severo l'ammonì: «Hai detto bene, non sono affari tuoi. E non è educato origliare le conversazioni, signorina!»
«Sì, hai ragione, scusa. Ero solo preoccupata.», rispose mortificata la ragazza.
Maggie sospirò alzando gli occhi al cielo, si era sentita un po' stronza nell'esatto momento che aveva pronunciato quelle parole, in fondo era premuroso da parte della giovane preoccuparsi per Josie, così provò ad addolcirsi lievemente.
«Grazie per esserti preoccupata ma sono sicura che Josie starà bene. Ok? Ora va' a casa.»
«Ok.»
Sorrise infine Valerie leggendo tra le righe di quella risposta e accontentandosi di ciò che Maggie le aveva detto uscì definitivamente dallo CHERIE.
Quest'ultima portò a termine i restanti conti, chiuse la cassa, spense tutte le luci e si avviò all'uscita sul retro.
Chiuse la porta dietro di sé e portò il sacco della spazzatura verso i bidoni posti sul marciapiedi al lato della strada.
Non appena gettò il sacco si girò e si trovò davanti Charles.
«Oddio!», esclamò sussultando spaventata, «Ma sei pazzo?!»
«Scusa, non volevo spaventarti.», si giustificò il monegasco alzando debolmente le mani davanti a sé.
«Cosa ci fai qui a quest'ora?», chiese Maggie confusa.
«Ho bisogno di vedere Josie.», rispose Charles con voce sicura ma allo stesso tempo affranta.
«Be', ci dovevi pensare prima di fare quello che hai fatto!», lo ammonì Maggie decisa superandolo di lato e avviandosi di nuovo al suo portico.
«Maggie, per favore!», la implorò il pilota seguendola.
«Non è me che devi pregare, Charles.»
«Non risponde alle mie telefonate, né tantomeno ai miei messaggi. Ho bisogno di parlare con lei!»
«Per dirle cosa?», domandò Maggie voltandosi di scatto verso di lui, «Quali stupide giustificazioni devi darle?! Cazzo, Charles ti avevo avvisato! L'avevi promesso!», lo accusò puntandogli un dito contro e guardandolo intensamente negli occhi.
Maggie era sicura che tutto ciò che era successo quella domenica sera in quel locale era solo il frutto di un grandissimo equivoco, ma non era disposta ad ammetterlo così palesemente di fronte al ragazzo; lei comunque stava dalla parte di Josie e l'avrebbe difesa nonostante tutto.
«Maggie, non ho baciato quella ragazza! Non provo niente per quella tipa! Ciò che ha visto Josie non esiste! Non mi ero neanche accorto di averla davanti che me la sono trovata addosso e l'ho respinta all'istante ma è stato troppo tardi perché Josie aveva già frainteso! Maggie, ti prego, devi credermi!», cercò di spiegarsi Charles in modo frenetico e sconnesso, senza nemmeno prendere fiato.
La ragazza di fronte a lui studiò attentamente il suo viso e non ci voleva uno scienziato per capire che il ragazzo aveva passato la notte in bianco.
I suoi occhi erano contornati da due profondi cerchi lividi e la sua pelle era molto pallida, era agitato ed il tono della sua voce sembrava lievemente disperato.
Poteva scommettere che a soffrire questa volta non era solo la sua sorellina.
«Charles, lei crede a ciò che ha visto. Puoi biasimarla?»
«Quello che ha visto non è la realtà! Cristiane è...»
Scosse la testa cercando di usare le parole giuste, ma non c'era effettivamente un giusto modo di dirlo.
«Cristiane è come ossessionata da me e voleva farmela pagare... Maggie, ti prego. Ho bisogno di parlare con Josie. Ti prego.»
Sospirò infine rinunciando a spiegare tutto a Maggie, non era lei che doveva convincere.
La più grande delle Moreno abbassò lo sguardo a terra e si prese del tempo per riflettere, al che lui parlò di nuovo: «Maggie, devo farle capire che non voglio nessuna a parte lei nella mia vita. Ti prego, aiutami.»
La giovane donna alzò di scatto la testa e lo guardò, i suoi occhi erano sinceri ed era sicura che stesse dicendo la verità
Fece un cenno affermativo con la testa e con tono di voce debole disse: «Ti credo.»
Charles sospirò sollevato sentendole dire quello; non era Josie che gli stava dicendo quelle parole, ma sapere che almeno Maggie gli credeva era confortante.
«Ascolta, io capisco la tua impazienza, ma credo che Josie abbia bisogno di stare un po' da sola per cercar...»
«No, no! Maggie, io devo spiegarle che non c'è niente tra me e quella ragazza! E glielo devo spiegare ORA! Ti prego, Maggie.», la scongiurò di nuovo Charles bloccando le sue parole.
Sapeva cosa gli stava per dire Maggie: che doveva aspettare, che doveva aver pazienza, che il tempo avrebbe risolto, ma lui non era disposto ad aspettare e rischiare di perderla un'altra volta.
Era un film già visto.
Quando nell'attesa di capire cosa provasse per lei aveva temporeggiato per mesi lasciandola andare tra le braccia di Carlos.
Non avrebbe fatto lo stesso errore, non l'avrebbe lasciata sola a combattere dei dubbi nati solo ed esclusivamente per colpa sua.
Continuò a fissare Maggie con occhi imploranti guadagnando da lei un grande sguardo di compassione, ma non gli importava di risultare ridicolo se serviva alla sua causa.
«Charles, ascoltami bene, non sto dicendo che lei non vuole più vederti. Sto solo dicendo che in questo momento è confusa, triste e... un po' arrabbiata.», disse l'ultima parte in modo più dolce cercando di ammorbidirne il significato, «Ma le passerà. Tu hai una gara a cui pensare, perciò vai in Brasile fai ciò che devi fare e poi torna da lei. Vedrai che allora sarà più facile parlarle.»
Charles sospirò ascoltando attentamente il suo consiglio, si passò una mano sul viso stanco e frustrato e guardando il cielo chiese affranto: «E se neanche allora vorrà vedermi?»
«Non sarà così, ne sono sicura.», lo rassicurò Maggie sorridendo.
«Ma se dovesse succedere? Se io faccio passare del tempo e lei non vorrà più...»
«Charles! Non succederà! Fidati di me.», lo rabbonì Maggie afferrandolo per le braccia e fermando il suo sproloquio agitato.
Il monegasco si lasciò convincere dalla ragazza che sembrava vedere la situazione in modo molto più chiaro di lui.
*****
Gran Premio del Brasile, circuito di Interlagos, San Paolo.
Quando sei consapevole che una delle due cose più importanti della tua vita non sta andando come avevi sperato e sognato, ti fai coraggio e concentri tutte le tue forze ed energie sull'altra cosa fondamentale per te stesso: il tuo lavoro.
Charles aveva la fortuna di amare incondizionatamente il suo mestiere.
Per lui entrare in quel gioiellino spettacolare di colore rosso era una delle sue ragioni di vita: lo faceva sentire in estasi ed era nel suo posto perfetto nel mondo.
Non poteva nascondere però che in quel particolare weekend di gara la sua testa era proiettata totalmente su Josie.
Aveva seguito il consiglio di Maggie ed era partito per il Brasile lasciando la situazione con lei in sospeso, pregando dentro sé di aver fatto la scelta giusta.
Ma non c'era giorno, ora o minuto che non pensasse ai suoi grandi occhi nocciola.
Per quanto tentasse di concentrarsi sulle prestazioni che stava tenendo in pista, la sua mente tornava a lei, a quel sorriso che ormai non vedeva da sei lunghissimi giorni.
Per tutti e tre i giorni prima della gara era stato scostante con chiunque, di poche parole, e si era tenuto distante dalle zone affollate del paddock, desideroso di stare in completa solitudine.
Non voleva vedere nessuno, né tantomeno parlare con nessuno, voleva solo fare il suo Gran Premio, andare a podio, se riusciva, e tornare a casa sua.
Tornare da lei.
Costantemente impaziente di sapere se quell'attesa avrebbe dato i suoi frutti come Maggie aveva predetto.
Nonostante la sua mente si destreggiasse tra il turbinio di quei pensieri, in quel momento di quella domenica brasiliana lui era lì, su quel bruciante asfalto, in terza posizione, concentrato e impavido. Il piede pronto a scattare sul pedale dell'acceleratore non appena i semafori avrebbero dato il via.
Purtroppo per Charles non fu la gara che si aspettava.
Dopo intensi giri accadde l'impensabile.
Soddisfatto e ottimista per la fine della sua gara, il numero sedici nella sua Ferrari si era lanciato in una fantastica rimonta tentando con tutte le sue forze di conquistare il podio.
Ma dopo aver realizzato un sorpasso da fuoriclasse sul suo compagno di squadra, qualcosa andò storto.
Il tedesco non accettò di esser stato superato dal giovane pilota monegasco e senza riflettere troppo attaccò a sua volta la vettura del ragazzo nell'intento di superarlo e riportarsi davanti a lui, ma il sorpasso non andò a buon fine.
Una sfortunata collisione devastò la parte anteriore destra della monoposto di Charles che uscì bruscamente fuori pista, terminando così la sua gara.
Anche Sebastian seppur in modo diverso ebbe lo stesso destino: dopo essersi trascinato sull'asfalto con una ruota devastata fu costretto anche lui a fermare la sua corsa.
Rabbia e frustrazione pervasero l'umore del giovane pilota monegasco.
Cosa diavolo era preso a Sebastian?! Questa fu la prima cosa che pensò appena scese dalla sua monoposto.
La verità era ben chiara però: il loro rapporto fuori dalle monoposto ovviamente era buono ma quando entrambi infilavano il casco e scendevano in pista era l'animo del pilota ad impossessarsi di loro e nessuno dei due era disposto a vivere all'ombra dell'altro.
Questo incidente tra le due rosse portò un clima di delusione e disappunto in Ferrari: delusione perché una gara senza punti era una gara persa e disappunto perché qualunque giornale avrebbe parlato dell'accaduto sproloquiando, falsamente oltretutto, che tra i due piloti non corresse buon sangue.
E questa ovviamente non era la verità.
Entrambi provavano gran rispetto l'uno per l'altro ma quando entravano nelle loro macchine l'unico obbiettivo era vincere e il proprio compagno di squadra diventava il primo rivale da battere.
A seguito di quella domenica disastrosa seguì un lungo ed estenuante briefing dove ci furono un'infinità di lamentele e raccomandazioni in merito a ciò che era successo in pista.
Ai piani alti non era affatto piaciuto quell'incidente ed erano stati molto chiari: NON SAREBBE PIÙ DOVUTO SUCCEDERE.
*****
Era una domenica come tante altre allo CHERIE.
Avevano iniziato già da un po' il servizio della cena e i clienti animavano la grande sala.
I camerieri servivano ai tavoli ed entrambe le sorelle Moreno erano impegnate nelle loro attività di routine nel locale.
In alto al centro della sala, il televisore stava trasmettendo il Gran Premio del Brasile e non c'era attimo in cui la giovane Josie non buttasse l'occhio allo schermo. Quella monoposto rossa con il numero sedici era il suo unico pensiero.
Poi ad un tratto il suo cuore si bloccò.
Lo vide perdere il controllo in quell'urto improvviso, sentì nel team radio gracchiante la sua voce imprecare, per poi vederlo approdare bruscamente fuori pista, a ridosso delle barriere.
Josie si avvicinò al televisore per poter vedere meglio quelle immagini e si portò le mani alla bocca in preda al terrore.
I suoi occhi erano fissi su di lui ancora seduto dentro la sua monoposto.
"Esci da lì, Charles, ti prego. Esci da quella macchina. Fammi capire che stai bene!", continuava a sussurrare a se stessa.
Poi emise un grande sospiro di sollievo quando il ragazzo con ancora il casco addosso uscì dalla monoposto e si incamminò da solo verso i box.
Maggie lasciò gli ordinativi e i beveraggi che stava preparando per essere serviti ai clienti in sala e lentamente si avvicinò alla sorella.
«Sta bene, Josie, non è stato un grande impatto.» le sussurrò tentando di rassicurarla.
«Sì, lo so.», rispose con un debolissimo filo di voce.
I suoi occhi erano ancora fissi sullo schermo.
L'immagine di lui non c'era più e al suo posto erano tornate come di consueto le immagini di gara, ma lei continuava a tenere i suoi occhi lì nella speranza di vederlo ancora.
Voleva vedere il suo viso, sapere se davvero stava bene.
«Josie, puoi chiamarlo e sentire come sta.», le suggerì Maggie mentre osservava la sorella inerme al centro della sala.
Sapeva perfettamente che era preoccupata, non tanto per il suo stato fisico di salute, perché le immagini avevano dimostrato che stava bene, ma per ciò che Charles stava provando.
«No, è meglio di no.», affermò la ragazza voltandosi improvvisamente e tornando a passo svelto dietro al bancone a svolgere le sue mansioni.
«Josie, questo atteggiamento non ti porta da nessuna parte! Fai del male a te stessa e a lui!», la avvertì Maggie mentre seguiva i suoi passi per il locale, continuando a credere di poterla smuovere dalla sua testardaggine.
Ma Josie non rispose e a testa bassa si accanì nell'asciugare i bicchieri che dovevano essere riempiti e messi in tavola.
«Josie?», la chiamò Maggie, «Josie, mi stai ascoltando?»
«Sì, Maggie, lo sto facendo!», esclamò esasperata la ragazza, «Io... io... non so se lo voglio chiamare... cioè, certo che voglio sentire la sua voce e sapere come sta. Ma non so se... Insomma, è passata una settimana e da martedì lui mi ha scritto un unico messaggio e poi è sparito... per cui forse non ha poi così tanta voglia di sentirmi...»
«Ma cosa stai dicendo?! Muore dalla voglia di sentirti! E poi perché non mi hai detto del messaggio?!», chiese sorpresa la maggiore.
«Come fai ad essere sicura che lui voglia sentirmi?», le domandò a sua volta Josie sospettosa.
Maggie sgranò gli occhi e cercò una risposta vaga da darle, non aveva intenzione di dire alla sorella che aveva parlato con Charles.
«Non ne sono sicura, è solo ciò che credo! Ma tu perché non mi hai detto del messaggio? Che ti ha scritto?»
Josie timidamente prese il cellulare e dopo aver cercato quel messaggio che ormai sapeva a memoria lo mostrò a sua sorella.
Maggie fece cadere gli occhi sullo schermo dove il messaggio era in bella vista.
Da: Charles
L'unica cosa che vorrei è vedere i tuoi occhi e sentire la tua voce.
Ma ho capito che hai bisogno di tempo e lo rispetterò.
Vado in Brasile, ma ti porterò con me ogni attimo.
Sappi che non ti lascerò andare, testolina.❤️
Maggie lesse il messaggio poi guardò sua sorella che a testa bassa si tormentava le unghie.
«Josie, chiama questo ragazzo.», le consigliò dolcemente.
«Lo so, dovrei farlo.», ammise la più piccola delle due alzando leggermente il capo, «Ma dopo quello che è successo oggi credo di dover aspettare ancora un po'. Avrà cose più importanti a cui pensare.»
Maggie al contrario era convinta che per Charles sentire la voce di sua sorella dopo quello che era successo in gara sarebbe stato solo un sollievo inaspettato.
Ma ragionandoci suppose che forse Josie aveva ragione e il lavoro in quel momento veniva prima.
«Sì, magari aspetta un po'. Potresti mandargli un messaggio più tardi.»
«Sì, forse potrei. O magari domani?»
Maggie sorrise nel vedere quei grandi occhi nocciola tanto insicuri.
«Stanotte o domani mattina non fa differenza Josie, basta che gli scrivi. Sono sicura che ne sarà molto felice.»
Detto ciò le baciò la testa e tornò ai suoi ordini lasciando la sorellina ai suoi tanti pensieri.
*****
Il suono del citofono riecheggiò nella grande sala di Nico.
Il ragazzo era intento a fare i suoi esercizi nella stanza adibita a palestra quando il rumore lo costrinse ad alzarsi per andare a vedere chi era. Lanciò uno sguardo al suo orologio e vide che segnava ormai le dieci passate. A petto nudo si avvicinò al videocitofono e il viso che vide sul display lo turbò parecchio: Cristiane era in piedi davanti al suo cancello che attendeva una risposta.
Nico appoggiò la mano al muro e sprofondò il suo sguardo sul pavimento riflettendo. Cosa doveva fare? Doveva aprirle? Soprattutto, aveva voglia di stare a sentire cosa voleva da lui?
In realtà Nico moriva dalla voglia di vederla e avere delle risposte a tutte le sue domande, voleva capire se davvero lo aveva usato per arrivare a Charles o se almeno per qualche istante aveva provato interesse per lui.
Non pensò ulteriormente al da farsi e con uno scatto premette il pulsante del citofono per azionare il cancello e farla entrare, l'attese con la porta aperta e non appena lei apparve davanti ai suoi occhi capì che, nonostante ciò che era successo quella domenica, lei gli aveva rubato il cuore.
La fece accomodare in casa e chiuse la porta dietro di sé.
«Cosa sei venuta a fare, Cristiane?», le chiese con un tono severo.
Il battito gli accelerò improvvisamente mentre lei lo guardava, ma non era disposto ad abbassare la guardia e cascarci di nuovo.
«Volevo vederti.»
«Perché? Charles non vive qui.», affermò con una risata amara beffeggiandosi di lei mentre si infilava una t-shirt.
Cristiane non si lamentò della sua frecciatina, se la meritava, gli aveva fatto del male.
«Quando mi hai chiesto di uscire io non avevo intenzione di fare ciò che ho fatto. Credevo davvero di avere la chance di vivere qualcosa di normale come tutte le altre ragazze... ma poi... l'ho visto con lei e...»
«E la tua ossessione si è di nuovo impossessata di te? Perché sei consapevole che la tua è un'ossessione, vero?!», le chiese con amara ilarità guardandola dritta negli occhi, «Ti sei fatta un castello in aria che non esiste e questo a casa mia si chiama pazzia!»
Quelle parole la sconvolsero moltissimo, una fitta al petto la travolse e le lacrime raggiunsero i suoi occhi.
«Non sono pazza.», rispose con un filo di voce quasi bisbigliando, ma Nico la sentì lo stesso.
«Oh, sì che lo sei, Cristiane. Hai montato una storia immaginaria tra te e Charles e la sei andata a raccontare a quella povera ragazza che nemmeno conosci!»
La voce di Nico si alzò di qualche tono, la rabbia stava prendendo il sopravvento su ciò che sentiva per lei e non riuscì a fermarsi: «Se davvero pensavi di attirare a te Charles in quel modo allora sei pazza davvero, e patetica anche!»
Le lacrime scendevano ormai copiose sul viso della bionda che accusava i colpi delle sue parole senza dire niente.
Il ragazzo di fronte a lei, irritato dal suo silenzio, le si avvicinò guardando il suo viso che era vergognosamente puntato a terra.
«Dimmi, Cristiane, hai mai provato un qualche tipo di sentimento nei miei confronti o sono solo una stupida pedina della tua pazzia?!»
La sua voce orami era un urlato furioso, accecato dalla rabbia e dalla frustrazione di essersi fatto prendere in giro come un ragazzino alla prima cotta.
Cristiane tremò alle sue parole e isterica rispose: «Non sono una pazza! E se dici questo sei come tutti gli altri! Ed io che pensavo fossi diverso! Che illusa che sono!»
«E io pensavo che tu fossi diversa da quella che tutti dicevano tu fossi! E invece avevano ragione loro, sei solo un'opportunista viziata dai soldi di papà!»
Un ceffone in pieno viso colpì Nico di sorpresa.
Sapeva che nel dire quelle parole l'avrebbe ferita, ne avevano parlato spesso in quelle due settimane che si erano frequentati, ma ciò non lo fermò dal dirlo.
Voleva farla sentire come si sentiva lui: vuoto.
«Io non sono così.», disse la ragazza piangendo, «Sono innamorata di Charles e non sai quanto vorrei non esserlo! Speravo davvero di potermi innamorare di te e lo spero ancora, per questo sono venuta qui stasera. Ti prego, perdonami per ciò che ho fatto e dammi una seconda possibilità.»
Nico guardò i suoi occhi e poteva giurare che fossero sinceri ma gli aveva mentito così bene già una volta, e ci era cascato con tutte le scarpe, non avrebbe commesso lo stesso errore di nuovo.
Le scoppiò a ridere in faccia camuffando il suo vero sentimento per lei e usò parole crude pur di proteggersi da lei.
«Perdonarti?! Cristiane, io non voglio avere più niente a che fare con te, mi fai solo pena.»
«Nico...», sussurrò la ragazza singhiozzando, «...ti prego... non lo pensi davvero.»
«Sì che lo penso... non voglio essere parte della tua follia.»
Nel dire quell'ultima parte la sua voce vacillò, lui non era un bravo attore come lo era lei e vedere le sue lacrime lo stavano ammorbidendo un po'.
Cristiane si avvicinò a lui e poggiò i palmi delle mani sul suo petto.
«Ti prego, Nico, dammi un'altra possibilità.», lo pregò di nuovo.
«No.», rispose freddamente il ragazzo cercando di non guardarla.
«Nico, ti prego, guardami.», lo scongiurò Cristiane non arrendendosi e accarezzandogli delicatamente con le mani il viso, ma Nico prontamente le afferrò i polsi allontanandole da sé.
«Cristiane, è meglio che tu vada via...»
«No, ti prego, non voglio andare via!», lo implorò di nuovo guardandolo negli occhi e lui non ebbe la forza di ripeterlo un'altra volta; inerme di fronte a lei e al suo sguardo ci cascò di nuovo e la baciò.
*****
***
Le mani stringevano saldamente il volante e gli occhi erano fissi sulla strada mentre Charles era perso nei suoi pensieri.
Quel lunedì dopo la gara stava ormai volgendo al termine e lui era impaziente di tornare a casa.
La notte era scesa e l'oscurità era illuminata dalle stelle che abbellivano quel cielo di metà novembre, l'orologio sul cruscotto della Stelvio segnava le dieci passate e mancavano pochi chilometri per raggiungere Monaco.
Nella testa continuava a pensare al messaggio che Josie gli aveva mandato nella notte: "Mi dispiace per la gara. Spero tanto tu stia bene."
Leggere quelle poche righe aveva placato tutte le sue inquietudini, sia per quella domenica disastrosa, sia per la loro storia.
Forse lasciarle un po' di tempo era stata la decisione giusta e magari ora era disposta ad ascoltarlo.
Senza pensare troppo alle sue azioni, afferrò il cellulare e fece la sua telefonata.
Dopo una manciata di squilli una voce immersa nella confusione riecheggiò nell'abitacolo.
«CHERIE, buonasera, sono Maggie.»
«Maggie, sono Charles.»
«Ehi! Perché chiami qui? È successo qualcosa?», chiese con apprensione la ragazza.
«No, no. È tutto ok, vorrei solo parlare con Josie e... mi chiedevo se... Sì, ecco... Sto venendo lì al locale, lei c'è?»
La voce del monegasco apparve insicura in un primo momento ma subito dopo piena di determinazione.
Voleva vederla.
La più grande delle Moreno restò in silenzio, ma la linea non era caduta in quanto Charles poteva sentire distintamente il brusio dei clienti in sala.
«Maggie?», la chiamò, «Mi senti? Vorrei venire a prendere Josie, è lì?»
«Sì, ti sento! Sì, Josie è qui. Dove sei tu esattamente?»
«Sono per strada, sto tornando a Monaco. Ma sono vicino, un quarto d'ora e sono lì!»
«Ok, quando arrivi passa dal retro, Josie sta gestendo la cucina. La troverai lì.»
«Ok.», rispose lui.
«Ok.», gli fece eco lei.
«Maggie...?»
«Dimmi.»
«Grazie.»
Poté sentire tra la confusione lo sbuffo di un breve sorriso e sorrise un po' anche lui.
«Gioca bene le tue carte, Leclerc!», gli disse Maggie ridendo.
«Lo farò.», le promise e riattaccò.
Impaziente di sistemare ogni cosa con Josie spinse il piede sull'acceleratore e cercò di raggiungere il locale in meno di un quarto d'ora.
Una volta arrivato salì velocemente i gradini che lo portavano all'entrata sul retro dello CHERIE, poggiò la mano sul pomello per entrare ma poi d'improvviso si bloccò; strinse gli occhi più forte che poteva e respirò profondamente per ben tre volte.
«Daghe, Charles!», sussurrò a se stesso per farsi coraggio ed entrò.
Diede uno sguardo alla cucina dove tutti erano intenti a lavorare e la cercò. Non erano in molti lì dentro, ma non sembravano essersi accorti di lui.
Agata stava spadellando ai fornelli e gli dava le spalle, il pizzaiolo in fondo era impegnato ad infornare le pizze e una cameriera stava prendendo i piatti pronti da servire.
Poi vide lei.
Più bella di come la ricordava.
Indossava lo stesso vestito di quella domenica a Singapore quando per la prima volta l'aveva baciata.
Era giallo e fasciava perfettamente il suo esile corpo accarezzandone dolcemente le timide curve.
Aveva una leggera maglia nera a coprirle le braccia ma una manica le era scivolata dalla spalla rivelando la sua pelle color latte.
I capelli erano raccolti in maniera meravigliosamente disordinata e lasciavano intravedere il collo delicato.
Il suo sguardo era completamente concentrato sul Pad degli ordini e non si era accorta minimamente della sua presenza lì.
Tenendo lo sguardo fisso su di lei, lentamente avanzò per annullare la distanza tra loro.
Solo una volta arrivato poco distante da dove lei si trovava Josie lo colse con la coda dell'occhio e alzando di scatto la testa lo guardò.
«Ciao.», le disse dolcemente.
Josie continuò a fissare i suoi occhi sorpresa dalla sua presenza.
«Ciao.», rispose incerta ma con tenerezza, non poteva nascondere che fosse felice di vederlo.
Charles non le diede il tempo di dire niente che afferrandole la mano la sospinse delicatamente con sé verso l'uscita sul retro di quella cucina.
«Charles...», sussurrò lei confusa, «Che fai?»
Il monegasco non rispose, si limitò a continuare a camminare a passo svelto portandola con sé.
Josie non oppose nessuna resistenza e lo seguì cercando di tenere il suo passo.
Mentre attraversavano la cucina si guardò intorno per vedere gli occhi curiosi di Agata e Valerie che la guardarono sorridenti, ma lei, troppo sorpresa dal comportamento di Charles, non riuscì a contraccambiare il loro sorriso.
Il ragazzo oltrepassò la porta da cui era entrato e non appena uscì si voltò verso di lei, le prese il viso tra le mani e la baciò.
Le catturò le labbra aprendole con le sue, mordicchiò delicatamente il labbro inferiore e fece scivolare la lingua sulla sua facendole danzare insieme lentamente.
Josie fu completamente travolta dall'intensità di quel bacio che le gambe le tremarono.
Appoggiò le mani sugli avambracci di lui e lo accarezzò piano lasciandosi andare con tutta se stessa al sapore della sua bocca.
Arrivarono a restare senza fiato prima che lui si allontanasse dalle sue labbra.
La guardò negli occhi e suadentemente rivelò: «È così che bacio io quando voglio qualcuno. Ed è te che voglio. È te che ho sempre voluto. Non c'è nessun'altra, non c'è mai stata. Non c'è niente tra me e Cristiane. Non c'era niente di vero in ciò che lei ti ha detto. Tutto quello che è successo con lei è accaduto prima di conoscere te.», lentamente spostò lo sguardo sulle sue labbra e poi di nuovo ai suoi occhi, «Prima di noi. Prima di questo.», ribadì scivolando dolcemente con i pollici sul suo viso, «Sono innamorato di te, testolina, e non me ne frega niente di nessun'altra. Devi credermi.»
Josie guardò il suo viso mentre diceva quelle parole ed il suo cuore iniziò a battere velocemente, poteva sentirlo rimbombare nel petto e per un attimo pensò le uscisse dal corpo.
Voleva baciarlo di nuovo, abbracciarlo e stringerlo a sé, ma in quel momento non riusciva a muoversi, né tanto meno a parlare.
L'unica cosa che fece fu continuare a guardarlo, a studiare ogni piccolo particolare del suo viso e a cercare di imprimere quel momento così perfetto dentro di sé per custodirlo per tutta la vita.
«Josie, ti prego, dimmi qualcosa...», la implorò, «...perché se non parli credo che potrei impazzire!»
La ragazza fissò ancora una volta i suoi occhi, poi le sue labbra, poi tornò di nuovo a guardare i suoi occhi. Timidamente con entrambe le mani si spostò i capelli dietro le orecchie e in appena un sussurro gli disse: «Mi avevi già convinto al "ciao".»
Lui la guardò perplesso per un secondo e subito dopo scoppiò in un sorriso, le avvolse le braccia intorno alla vita e tirandosela addosso la baciò di nuovo.
Josie sorrise mentre gli concedeva le labbra e ricambiò passionalmente quel bacio che le era mancato come l'aria, gli strinse le braccia al collo e con le dita solleticò i capelli rasati dietro la nuca.
«Ti sei tagliato i capelli?», chiese staccandosi lievemente dalla sua bocca.
Lui sorrise sulle sue labbra.
«Un po'. Non ti piacciono?»
«Sì, certo... è solo che mi piace toccarli e... quando sono così corti...», chiuse gli occhi scuotendo appena la testa, «Lascia stare. Sì, mi piacciono molto.»
Charles non poté fare a meno di sentirsi confuso dalle sue parole, ma poco gli importava in quel momento.
Era felice e l'unica cosa a cui pensava era di portarla via con lui.
Voleva stare con lei e recuperare le ore che si erano persi.
«Vieni via con me.», le disse, «Sono appena tornato da Maranello, andiamo a casa mia, ci guardiamo un film!»
«Ma non posso lasciare Maggie da sola! Le avevo promes...»
«Ho parlato io con Maggie, lo sa che ti avrei portato via.»
Josie sgranò gli occhi sorridendo.
«Che vuol dire hai parlato con Maggie?!»
Charles rise e guardando verso il cielo tentò di giustificarsi: «Be'... diciamo che ho chiesto un piccolo aiuto a tua sorella.»
La piccola delle Moreno lo guardò con estrema curiosità e attese una qualche spiegazione in più.
«Non mi guardare così!», la ammonì ridendo, «Lo so, è strano che abbia chiamato lei e non te ma ero davvero disperato! Tu non mi rispondevi... pensavo non mi avresti risposto nemmeno oggi...», spiegò imbarazzato guardandola appena per poi dedicare la sua attenzione a terra.
Josie avvicinò il viso a quello di lui e sfiorò il suo naso con il suo bisbigliando: «Scusa, avevo bisogno di riflettere un po'.»
«Non mi devi chiedere scusa!», si affrettò a chiarire lui, «È tutta colpa mia. È stato un mio errore e non succederà più!»
«Charles, non voglio che fai promesse, la vita è imprevedibile, non si può avere la certezza di cosa accadrà, perciò non voglio che me ne faccia, ti prego.», guardò intensamente i suoi occhi verdi e dolcemente sorrise, «Quella sera sul mare, da tuo fratello, hai detto che avremmo fatto a piccoli passi e...»
«E dicevo sul serio! Voglio che tu...», esclamò interrompendola, ma Josie gli appoggiò il palmo di una mano sulle labbra per non farlo parlare e continuò: «Non promettere per ciò che non puoi prevedere. Viviamo il presente. Oggi. Ora. Questo preciso istante mi basta! Mi sei mancato tanto in questi giorni e non voglio parlare del domani, l'unica cosa che voglio è memorizzare perfettamente questo istante con te e custodirlo per sempre con me, perché in questo momento sono così felice che sento il cuore scoppiarmi.»
Charles l'ascoltò attentamente mentre gli occhi di lei diventavano lucidi e iniziava a mordicchiarsi il labbro inferiore.
Portò una mano sul suo viso accarezzandole la guancia e delicatamente le lasciò un bacio sulla punta del naso.
«Voglio solo che ti fidi di me.»
«Mi fido di te.», dolcemente sorrise nei suoi occhi e piano si voltò in direzione della porta, «Vado a prendere una giacca e andiamo, ok?»
«Ok.», rispose lui restando immobile sotto l'ormai familiare portico di casa Moreno.
*****
Era già stata a casa di Charles, eppure nell'esatto momento che i suoi piedi calpestarono il parquet della sala il suo cuore si riempì di una nuova emozione.
Quella sera in cui avevano dormito insieme era tutto molto diverso, entrambi fingevano di essere solo amici torturando i loro cuori e costringendosi a reprimere quel sentimento che li faceva sentire vivi.
Ora quel sentimento era venuto allo scoperto e, puro e semplice, risplendeva nelle iridi dei loro occhi.
Josie si tolse la giaccia e l'appoggiò su una delle sedie vicino al tavolo, dietro di lei Charles appoggiò valigia e borsone a terra, si avvicinò a lei che immobile era intenta a guardare la sala e avvolgendole le braccia alla vita la tirò al petto.
La schiena aderì perfettamente al corpo di lui e rilassata dal suo calore abbandonò la testa all'indietro sulla sua spalla.
Charles chinò la testa nell'incavo del suo collo e sfiorò con le labbra un lembo di pelle alabastro.
«Faccio una doccia veloce e torno.», le sussurrò lasciandole baci fugaci dal collo fin dietro l'orecchio.
Josie non era sicura di riuscire a rispondere coerentemente in quel momento, la salivazione le era venuta a mancare e un'intensa sensazione di calore le era scesa tra le gambe.
Ma non ebbe bisogno di dire niente perché lui se n'era già andato lasciandola in piedi nel suo salotto.
La ragazza cercò di riacquistare il controllo del suo corpo curiosando tra le mensole del mobile adagiato su una parete del salotto.
La maggior parte di queste erano riempite da caschi e trofei e solo in alcune c'erano delle foto.
Alcune rappresentavano Charles da bambino, altre erano di lui più cresciuto dall'adolescenza fino all'età adulta. In ognuna era in tuta da pilota con in mano una medaglia o una coppa, solo una era diversa dalle altre e attirò l'attenzione di Josie: una fotografia con Jules.
Charles era solo un ragazzo e i suoi capelli erano più lunghi di come li portava in quel momento. Il sorriso di entrambi era genuino, spontaneo, ed i loro occhi erano felici.
A Josie sembrò così assurdo che Jules non ci fosse più, come le sembrava impossibile che il suo amato papà fosse scomparso per sempre.
Come poteva essere possibile che nella vita una persona potesse smettere di esistere?
Persa nelle sue riflessioni non si accorse che Charles era tornato ed era in piedi nel bel mezzo della stanza.
«Ehi, è tutto ok?», le chiese con un accenno di sorriso sulle labbra.
Josie si voltò subito nell'udire la sua voce e nel momento esatto che gli occhi le caddero sul monegasco restò senza fiato.
Charles era a petto nudo con addosso solo dei pantaloni neri di una tuta, i suoi capelli erano ancora bagnati e tra le mani reggeva una semplice t-shirt bianca che stava infilando da sopra la testa.
Si avvicinò a lui e d'istinto afferrò i lembi della maglia per bloccare i suoi movimenti.
Charles la guardò confuso e vide nei suoi occhi uno strano luccichio.
«Non voglio che la indossi.», gli sussurrò la ragazza sfilando lentamente la maglietta al di sopra della sua testa.
Quel luccichio che aveva negli occhi aveva un solo nome: desiderio. Lo voleva, lo aveva desiderato fin dal primo giorno.
La sua vicinanza, il suo tocco e il calore del suo corpo erano pura passione.
Ogni volta si sentiva affamata di lui e sentiva il bisogno di soddisfare quel desiderio, era stanca di aspettare.
«Josie, non ti ho portato qui perché vogl...»
«Lo so.», disse lei avvicinandosi al suo viso e succhiando sensualmente il suo labbro inferiore, «Voglio solo fare ciò che sento.», sussurrò continuando a baciarlo.
Spiazzato da quei baci Charles chiuse gli occhi tentando di controllarsi ma era troppo sensibile al suo tocco. Alle sue labbra. Al suo profumo.
In un impeto di passione le afferrò le gambe prendendola in braccio e le avvolse al suo bacino, ricambiò i suoi baci sensuali e velocemente l'avvicinò al tavolo della cucina.
Con un gesto veloce della mano spostò tutto quello che era d'intralcio e la distese sul freddo tavolo in pietra nera.
Senza allontanarsi dalle sue labbra si posizionò sopra di lei attento a non schiacciarla e travolto dalla voglia di lei la spogliò freneticamente della sua maglia.
Abbandonò le sue labbra solo per raggiungere la morbida pelle della spalla. Con i denti sfilò delicatamente le sottili spalline del vestito e del reggiseno, seguendo la loro discesa con baci umidi fino a scendere al suo seno che si era scoperto.
Assaporò con la lingua un capezzolo, provocando un dolce lamento dalla bocca di lei, scatenando in lui la fame che finora aveva controllato.
Il fastidioso suono di un cellulare intralciò l'estasi del momento e Josie con affanno sospirò: «Non rispondere, ti prego.»
«Non ho nessuna intenzione di farlo!», rispose lui staccandosi dal suo petto e tornando a rubarle passionalmente le labbra.
Josie avvolse entrambe le mani dietro al suo collo e aggrappandosi a lui approfondì il bacio, intensificò la stretta delle cosce intorno al suo bacino e Charles fece scivolare le mani sulle gambe snelle spostando lentamente verso la vita la morbida stoffa del vestito.
Lasciò le sue labbra e scese fino ai suoi fianchi scoperti e con estrema attenzione baciò e succhiò ogni millimetro della sua pelle fino a sfiorarle con la bocca le mutandine in pizzo.
Un verso di godimento gli uscì dalla gola, consapevole che se avessero continuato così non sarebbe durato a lungo.
Il suo cellulare riprese a squillare e Josie tra un bacio e l'altro bofonchiò: «E se fosse qualcosa di importante?»
«Niente che non possa aspettare.». ribatté lui lapidario infilando le dita nella striscia laterale di pizzo ai suoi fianchi
Stava per far scorrere l'intimo lungo le sue gambe quando il suo telefono li interruppe di nuovo.
«Charles...», sussurrò lei bloccando le sue mani, «Forse è importante...»
Il monegasco la guardò con un'espressione di pura frustrazione in mezzo a quell'oasi di desiderio che erano le sue iridi verdi e respirando profondamente le baciò un'ultima volta le labbra mentre prendeva il cellulare dalla tasca della tuta.
Il nome che apparve sul display lo riscosse del tutto dalla sua passione.
Josie vedendo il suo sguardo dubbioso chiese: «Che succede, Charles? Chi è?»
«È Nico.», rispose semplicemente mentre faceva scorrere il polpastrello lungo lo schermo per accettare la chiamata dell'amico.
«Nico? Ciao! Dimmi...», disse cercando di nascondere il suo tono alquanto sorpreso.
«Charles, finalmente! Sei a Monaco? Dimmi di sì, ti prego!»
«Sì, sono a Monaco, che succede?»
«Oddio, grazie! Devi venire da me! Subito! Non so che fare! Devi venire da me!», urlava agitato il ragazzo dall'altro capo del telefono e Charles non riusciva bene a capire cosa stesse dicendo.
Abbandonò lentamene il piacevole calore tra le gambe di Josie e si concentrò sulla voce del ragazzo.
«Nico, calmati! Non capisco cosa stai dicendo... Che succede?»
Josie alle parole del pilota si preoccupò immediatamente e tenendo lo sguardo fisso sul suo viso si ricompose, rimettendosi la maglia e coprendosi le gambe con il vestito.
Nico aveva un tono così alto che anche lei riusciva a sentire distintamente la sua voce.
«Charles, lei si è chiusa in bagno e urla, piange, e non so che fare... non so che fare!», cercò di spiegare in preda al panico, «Charles, credo non stia bene! A volte ripete il tuo nome e piange, altre emette degli urli che mi spaventano. Io credo possa farsi del male!»
Charles restò pietrificato alle parole del suo amico; non servì chiedergli di chi stesse parlando perché aveva capito benissimo.
Quello che non aveva capito era perché aveva chiamato lui. Era di certo l'ultima persona che poteva trattare con Cristiane in quel momento.
«Nico, io sinceramente non so come potrei aiutarti... non credo di esser...»
«No, Charles devi venire! Non ti avrei chiamato se non fossi disperato! Credo possa fare qualcosa di stupido e pericoloso. Lei non sta bene, Charles! Devi venire, ti prego, aiutami!»
Charles guardò il viso di Josie mentre ascoltava le parole disperate di Nico.
Le sue labbra erano ancora gonfie e arrossate dai suoi baci, i capelli erano scompigliati dal loro momento di passione e i suoi occhi avevano assunto un leggero velo di preoccupazione.
Era bellissima e non avrebbe voluto lasciarla nemmeno per un istante, ma poteva sentire quanto Nico fosse realmente nel panico, e non era il tipo da perdere il controllo con facilità, perciò la situazione doveva essere davvero grave.
«Ok, dammi il tempo di arrivare.», replicò freddo.
«Grazie. Grazie. Sbrigati, per favore.», continuava a ripetere nervoso Nico.
Concluse la chiamata e frustrato si passò una mano sui capelli ormai quasi asciutti continuando a guardare i meravigliosi occhi nocciola di fronte a lui.
«È giusto che vai. È per Nico.», affermò Josie stringendosi timidamente la maglia intorno al corpo.
Non sapeva cosa di preciso fosse successo al ragazzo, ma aveva la sensazione che avesse a che fare con Cristiane.
Senza il corpo di Charles vicino si sentì improvvisamente fragile.
Tutta la passione di pochi istanti prima era sparita e ora si sentiva intimidita da tutta quella situazione.
«Ha bisogno di te. Non preoccuparti per me, posso chiamare un taxi per tornare a casa, non è un problema...»
Charles eliminò la poca distanza che c'era fra loro, poggiò le mani sui suoi fianchi e lentamente l'avvicinò a sé.
«Non ti azzardare a muoverti da qui.», la ammonì serio, «Non ci metterò molto.»
«Charles, non sai cos...»
«Shh...», le bisbigliò appoggiando le labbra sulle sue, «Voglio che resti con me stanotte. Torno presto.»
Quel calore incontrollabile che aveva invaso il suo corpo quando era distesa sul tavolo con lui tra le gambe tornò a possederla famelico ma tentò con tutte le sue forze di placarlo.
Quando Charles si spostò da lei per raccogliere la t-shirt che era ancora a terra lo lasciò andare senza trattenerlo.
Il ragazzo infilò la maglia e raccattò le scarpe da mettere.
Una volta pronto afferrò le chiavi dell'auto e di casa e si avvicinò alla porta.
Prima di uscire dedicò un ultimo sguardo alla ragazza silenziosa ancora in piedi nel suo salotto.
«Torno presto, testolina.»
E scomparve dietro la porta.
*****
Suonò più volte il pulsante del citofono della villa di Nico immersa nel buio della notte.
Lui non rispose, ma lo scatto di una serratura automatica fece aprire il cancello e Charles salì velocemente i gradini senza voltarsi indietro.
L'amico gli apparve sulla porta scalzo, con addosso solo i pantaloni di una tuta, a petto nudo e con l'aria sconvolta.
«Charles, finalmente! Vieni, entra... Non so come farla uscire, non vuole aprirmi e non risponde... la sento solo piangere!», lo informava in ansia il ragazzo, «Forse se sente la tua voce aprirà!»
Charles seguì Nico che mentre parlava attraversava velocemente il salone per dirigersi verso il bagno privato nella camera da letto del ragazzo dove lei si era chiusa.
Non appena entrarono nella stanza il pilota si guardò intorno e vide il letto sfatto e degli abiti femminili sul pavimento.
Era palese che loro fossero riusciti a fare ciò che a lui e Josie era sfumato.
Pensò alla ragazza che aveva lasciato da sola in casa sua e raccomandò a se stesso di sbrigare il più velocemente possibile quella situazione per poter tornare da lei.
«Nico, io non credo che... Insomma, qui mi sembra sia una cosa tra voi.», sottolineò Charles quasi ridendo, indicando la stanza e gli abiti a terra.
«Charles, non è come pensi, ok? Noi abbiamo... ma poi io ho detto qualcosa e...»
«Nico non voglio sapere delle tue attività sessuali...», precisò ancora ridendo, «Semplicemente non capisco perché hai chiamato me.»
«Perché dopo che siamo stati insieme le ho detto che era stato un errore e le ho chiesto di andarsene.», gli disse il ragazzo tristemente, «E lei ha dato di matto, ha iniziato a piangere e dire che era sbagliata, che nessuno la voleva, che tu l'avevi usata e poi gettata come un oggetto... Non lo so, diceva cose senza senso contro di me, contro di te... Non lo so, Charles, non era la solita Cristiane... c'era qualcosa che non andava in lei, tremava. Poi è scappata in bagno e si è chiusa dentro.»
Charles si avvicinò alla porta del bagno e bussò.
Si sentivano al di là della porta i singhiozzi incessanti della ragazza.
Quella domenica che Cristiane aveva creato problemi non aveva provato nessuna compassione per lei, ma in quel momento, sentendo ciò che Nico gli aveva raccontato, un sentimento di pietà si fece strada nel suo petto.
Forse Cristiane era solo una ragazza sola che desiderava un po' d'affetto e che non si rendeva conto di cercarlo in modo sbagliato.
«Cristiane, apri la porta.», la incoraggiò con voce calma.
La ragazza era appoggiata al muro, rannicchiata in posizione fetale, con addosso solo le mutandine.
Appena sentì la voce di Charles alzò la testa e si strinse le braccia al petto, le lacrime continuavano a scivolarle lungo le guance e con un filo di voce chiese: «Charles, sei tu?»
«Sì, sono io, apri la porta.»
«No!», singhiozzò, «Non posso! Voglio solo che tutto questo finisca!»
A quelle parole Nico si passò preoccupato le mani tra i capelli.
«Per favore, Cristiane, apri la porta! Sono preoccupato, apri la porta!», la pregò con estrema agitazione.
La bionda strinse tra le mani la lametta del rasoio da barba che aveva rubato al ragazzo dal mobiletto sotto allo specchio.
«Non è vero. Non te ne frega niente di me.», ripose apatica fissando intensamente quella lama, «Come non importa nulla a Charles. Perché sei qui tu? Non capisco.», si rivolse al pilota in modo freddo.
Charles chiuse gli occhi cercando di trovare le parole giuste per non ferire ancora una volta quella ragazza che palesemente non stava bene, poi disse: «Cristiane, per favore, apri la porta e parliamo un po' tutti e tre insieme. Che ne dici?»
«Ti ho chiesto perché sei qui, Charles.», ribadì la bionda.
«Perché Nico mi ha chiamato.»
«Allora sei qui per Nico?"»
Entrambi i ragazzi si guardarono e Nico bisbigliò cercando di non farsi sentire da lei: «Menti!»
Charles negò con la testa e a bassa voce disse: «Non ha bisogno di altre bugie. Se n'è raccontata già troppe da sola!», poi rivolgendo la sua attenzione verso la porta parlò alla ragazza chiusa dentro: «Cristiane, sono venuto per Nico, hai ragione. È per lui che sono qui. Ma era davvero preoccupato e disperato per te, ha paura tu possa fare stupidaggini, perciò, ti prego, apri la porta. Vieni qui fuori e parliamo insieme.»
Sentirono entrambi la ragazza piangere senza rispondere.
La chiamarono ancora insieme facendo un coro con le loro voci: «Cristiane!», ma nulla, la ragazza continuava a non rispondere.
A quel punto si guardarono e capirono che c'era una sola cosa da fare: buttare giù la porta.
Charles si spostò e Nico prese la giusta rincorsa, dopo due forti spallate riuscì a rompere la serratura e la porta di scatto si aprì.
La ragazza era nuda a terra che piangeva.
Un corposo rivolo di sangue scorreva da uno dei suoi polsi coperto da una mano che probabilmente copriva un taglio netto e a terra, poco distante da lei, c'era una lama sporca di sangue.
«Cristiane, che hai fatto?!», urlò Nico disperato accasciandosi a terra di fianco a lei.
La ragazza piangendo lo guardò e sospirò: «Non sono capace nemmeno di fare questo.»
«Ma che dici, Cristiane?! Che dici?!»
Velocemente afferrò l'asciugamano che teneva vicino al lavandino e l'avvolse al polso ferito.
«Non è profondo, starai bene, basta fermare il sangue! Ma che hai fatto, Cristiane?!», continuava a domandarle il ragazzo abbracciandola e stringendola a sé.
Charles prese subito un asciugamano più grande appeso vicino alla doccia e abbassandosi a terra lo avvolse intorno alla ragazza per coprirla.
Cristiane si voltò verso di lui in lacrime che copiose scendevano ancora lungo il suo viso.
«Scusami per ciò che ho fatto domenica. Scusami. Io non volevo. Non sono una cattiva persona.»
Il modo in cui lo disse ricordò a Charles di lei da bambina, alzò una mano per accarezzare dolcemente la nuca della bionda e la rassicurò: «È tutto ok. Non è successo nulla.»
Cristiane sorrise nonostante il pianto poi si girò verso Nico.
«Non mandarmi via. Voglio restare qui.»
Il ragazzo la strinse a sé e la baciò sui capelli.
«Non ti manderò via. Promesso.»
*****
Josie era distesa sul divano quando sentì il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, di scatto si tirò seduta, guardò l'orologio che segnava l'una passata e poi si alzò voltandosi verso il piccolo atrio dell'entrata.
Era tornato.
Charles si tolse il gubbino avanzando verso di lei, lo appoggiò sulla sedia più vicina senza staccare gli occhi da lei e senza dire nemmeno una parola eliminò la distanza che c'era tra loro.
Stringendole la vita la baciò.
Un bacio dolce e delicato che pian piano si trasformò con ardore in uno più appassionato.
La prese in braccio avvolgendo le sue gambe intorno a sé e deciso la portò in camera da letto, la fece stendere gentilmente sul materasso e si staccò da lei solo il tempo di sfilarsi la t-shirt da sopra la testa e gettarla sul pavimento.
Subito tutta la sua attenzione tornò sulla meravigliosa ragazza distesa sotto di lui, non avrebbe permesso a niente e a nessuno di interrompere ancora quel momento.
Le alzò entrambe le braccia bloccandole dolcemente sopra la testa e baciò le sue labbra come fossero acqua per un assetato.
Freneticamente le sfilò la maglia lanciandola da qualche parte sul pavimento.
Abbandonò le sue labbra per baciarle il mento, poi scese sul collo e sul suo décolleté, tracciando un percorso immaginario con baci umidi.
Assaporò meticolosamente la sua pelle sfilando pian piano le sottili spalline dei suoi indumenti scoprendo il suo seno, piccolo e perfetto come una coppa di champagne.
Si soffermò su ognuno dei suoi bottoncini di carne rosati, mordendoli e succhiandoli finché non udì un meraviglioso mugolio di piacere uscirle dalla bocca.
Fece scivolare il vestito fino alla vita e si soffermò a baciarle il ventre, con la lingua giocò con il suo ombelico mandandola ancor più in estasi.
Josie ansimò il suo nome e lui continuò nel suo viaggio di esplorazione del suo corpo.
Sfilò delicatamente dai suoi fianchi il vestito che, come la sua maglia, finì ai piedi del letto e si concentrò sulle sue mutandine in pizzo nero.
Afferrandole da entrambi i lati le sfilò dal suo corpo trascinandole lungo le cosce e le gambe, baciando ogni centimetro che veniva scoperto.
Una volta sfilate definitivamente compì lo stesso percorso con le labbra fino ad arrivare al centro della sua femminilità.
Voleva assaggiarla, conoscere il suo sapore, darle piacere.
Josie non appena sentì la sua bocca su di lei impazzì.
«O mio Dio...», ansimò mordendosi un labbro.
Un'ondata di calore l'attraversò facendole tremare le gambe e inclinare indietro la testa, inarcò la parte bassa della schiena spingendo istintivamente il bacino verso il viso di lui e con le mani strinse forte il lenzuolo cercando di contenere l'estasi del suo piacere.
«Charles...», ansimò rapita da quella sensazione paradisiaca.
Il ragazzo si allontanò dalle sue gambe e si avvicinò al suo viso per baciarla, lei poté sentire sulle sue labbra il suo stesso sapore e la eccitò.
Gli toccò la schiena sfiorando con i polpastrelli ogni suo muscolo fino a scendere al suo sedere. Con un gesto veloce lo liberò sia della tuta che dei boxer e lui l'aiutò a toglierseli del tutto di dosso e gettarli sul pavimento.
Nudo, Charles si allungò per prendere un preservativo dal comodino e dopo averlo scartato lo indossò.
Si avvicinò di nuovo al suo viso baciandola con desiderio.
Non poteva più aspettare, aveva bisogno di lei come se fosse ossigeno per i suoi polmoni.
Percorse di nuovo il suo corpo fino a sfiorarla dov'era più calda e Josie boccheggiò.
«Charles, ti prego...», lo implorò impaziente, ormai affamata dalle sue carezze.
Ammaliato dal suono con cui pronunciò il suo nome non la fece aspettare un secondo di più e con estrema delicatezza ma decisione avvolse le gambe al suo bacino e affondò in lei.
I loro corpi si fusero insieme, infilò il viso nel suo collo inalando il suo profumo mentre ogni spinta lo portava nell'oblio della passione.
Aveva sognato tante volte di fare l'amore con lei ma nessuna rendeva giustizia alla realtà.
Il turbinio di emozioni e quel delizioso dolore che provava verso ciò che poteva definire il paradiso era completamente indescrivibile.
Vederla sciogliersi sotto di lui mentre la possedeva era la cosa più bella che avesse mai visto.
Le spinte, che dapprima erano lente e profonde, si fecero sempre più veloci.
La vide stringere gli occhi e gettare la testa indietro in estasi, avvicinò le labbra alla sua bocca e le sussurrò: «Guardami.»
Il paradiso stava arrivando, la sentiva stringersi intorno al suo sesso e voleva guardarla negli occhi mentre accadeva.
«Dio, quanto sei bella.», le disse con affanno mentre continuava a spingersi dentro di lei finché non sentì il suo corpo tremare di piacere.
Josie aveva già raggiunto prima d'ora l'orgasmo ma con lui fu completamente diverso: una forza impetuosa si impossessò di lei, le attraversò veloce e intensamente tutto il corpo fino a raggiungere le dita dei piedi arricciandole involontariamente.
Si aggrappò disperatamente alla sua schiena assaporando fino all'ultimo l'intensità di quel momento.
Poco dopo, l'apice della loro passione raggiunse anche lui.
Esausto, Charles appoggiò la testa nell'incavo del suo collo respirandole con affanno vicino all'orecchio.
Entrambi stremati e appagati restarono immobili con i loro corpi intrecciati e madidi di sudore, si affidarono per alcuni minuti al silenzio aspettando di tornare a respirare di nuovo in modo regolare.
«Stai bene?», le chiese Charles dolcemente pochi istanti dopo spostandole una ciocca di capelli umidi dalla fronte.
«Sì, e tu stai bene?», ribatté lei con un sorriso.
«Mai stato meglio, testolina.», le rispose baciandole le labbra.
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per scoprirlo.]
N.A. Prima di tutto grazie per le visualizzazioni mi rendete davvero felice. Allora che mi dite???? Vi è piaciuto???? Ditemi cosa ne pensate con un messaggino, mi fa piacere sentire le vostre emozioni sulla storia, mi aiuta a scriverla. ❤️
Vi mando un grande saluto e abbraccio virtuali e se vi è piaciuto regalati una stellina 😘😘😘😘 a prestissimo.
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