Premere l'interruttore (cap. 19)
Maggie infilò la chiave nella porta ed entrò nel corridoio buio di casa, la giornata alla tavola calda era stata davvero lunga e stressante senza l'aiuto di Josie.
Certo, con lei aveva gli altri camerieri ed Agata, ma non era la stessa cosa. Josie per lei era come un amuleto, donava alla sua persona gioia e tranquillità.
Chiuse la porta dietro di se e accese la luce, solo allora notò la valigia fucsia appoggiata sotto all'appendiabiti all'entrata.
"Cosa ci fa la valigia di Josie qui, se lei è a Singapore?", si domandò confusa, poi dei lontani singhiozzi provenienti dal fondo del corridoio catturarono la sua attenzione.
Alzò lo sguardo di fronte a sé e passo dopo passo si avvicinò alla porta del bagno. Più si avvicinava e più quei singhiozzi diventavano un vero e proprio lamento.
Sapeva perfettamente a chi appartenesse quel pianto, a Josie, ma era da così tanto tempo che non sentiva sua sorella piangere che le sembrò così strano, da impedirle di correre immediatamente da lei.
Una volta di fronte alla porta chiusa, abbassò la maniglia ed entrò chiamando il suo nome: «Josie.»
La figura della ragazza era rannicchiata a terra, aveva ancora addosso il vestito giallo che le aveva visto nella videochiamata il giorno precedente.
Piangeva disperata con la guancia sinistra completamente schiacciata sulle mattonelle fredde del pavimento. I suoi occhi erano offuscati dalle lacrime e fissavano un punto indefinito del bagno, senza prestare alcuna attenzione alla sorella maggiore, che una volta entrata si accasciò preoccupata di fianco a lei ripetendo più volte il suo nome.
Maggie non ebbe alcun tipo di reazione dalla ragazza che imperterrita continuava a versare lacrime sul pavimento, così le prese delicatamente la testa tra le mani e l'appoggiò sulle sue gambe.
Spostò i suoi lunghi capelli dal viso, accarezzandola, e cercò dolcemente di calmarla.
«Tesoro, che succede? Parla con me.»
Josie sentendo la voce amorevole della sorella si lasciò sfuggire l'ennesimo singhiozzo, sospirò profondamente e, tirando su con il naso, balbettò: «So... sono innamorata di... di Charles.»
Ammetterlo ad alta voce la fece sprofondare di nuovo tra le lacrime.
Quel bacio aveva dato tutte le risposte a tutte le sue confuse domande sul monegasco, trascinandola nel baratro della sua più grande paura: soffrire per amore di qualcuno.
La persona che Josie aveva amato di più in tutta la sua vita era stato suo padre Joseph.
Lo aveva amato di quell'amore incondizionato e puro, senza riserve. Di quell'amore che fa ridere senza motivo. Di quell'amore che asciuga qualunque lacrima. Di quell'amore fanciullesco per cui sai che tutto andrà bene perché il tuo papà è con te. Di quell'amore che se viene strappato all'improvviso lascia uno squarcio infinito nell'anima. Una ferita che, anche se dovesse smettere di sanguinare, sarà aperta per sempre. Una ferita che cambia il cuore. Una ferita che farà male ogni volta che viene toccata.
Subito dopo la morte di suo padre, si era aggrappata con tutte le sue forze ad Alberto, il ragazzo che credeva di amare, ma il comportamento da vigliacco che lui aveva adottato di fronte a quella tragica situazione era stato il colpo di grazia per il suo cuore ferito.
Spezzandolo così definitivamente.
Josie aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai più amato, avrebbe protetto il suo cuore tenendolo lontano da ogni forma d'amore.
Pensava che solo così sarebbe stata sempre forte e l'assenza di quel sentimento le avrebbe permesso di non soffrire mai più.
Il destino però aveva qualcos'altro in serbo per lei e sulla strada le aveva fatto incontrare Charles Leclerc.
Aveva chiamato "amicizia" quello che provava per lui, ma non lo era. Dopo quel bacio aveva la certezza che il nascere di un sorriso ad ogni suo sguardo, i brividi che sentiva ad ogni suo tocco e la gioia che provava ad ogni suo successo erano racchiusi da una sola parola: AMORE.
Era profondamente innamorata di Charles Leclerc.
Maggie alzò il viso della sorella, le asciugò le lacrime e guardandola negli occhi, le sorrise.
«Lo so, tesoro.»
Josie la guardò con confusione e Maggie aggiunse: «Ne sei innamorata da tanto, dovevi solo capirlo da sola.»
Josie chiuse gli occhi e altre lacrime scivolarono sul suo viso, Maggie le asciugò di nuovo e le chiese: «Perché piangi, Josie? Perché pensi che sia così grave?»
«Perché non voglio soffrire!», esclamò affranta e disperata. «Il suo sguardo... oh, Maggie, dovevi vedere il suo sguardo!», continuò a ripetere tra i singhiozzi, «Lui non vuole questo! Il suo sguardo dopo che mi ha baciata... come mi ha guardato... mi ha fatto male!», concluse tra le lacrime.
Maggie sgranò gli occhi completamente confusa da quello che Josie stava blaterando, "Bacio?! Quale bacio? Aspetta, cosa mi sono persa?", pensò la maggiore, non capendo affatto quelle frasi spezzate dette piangendo.
«Josie, ma di cosa stai parlando?»
La ragazza tirò su con il naso per l'ennesima volta e guardò Maggie con due grandi occhi tristi.
«Mi ha baciata.»
«Chi ti ha baciata?»
Nonostante sapesse perfettamente a chi Josie si riferisse, lo chiese ugualmente, con un leggero sorriso sulle labbra.
«Charles mi ha baciata.»
«E perché diavolo stai piangendo?!»
«Perché dopo averlo fatto mi ha guardato come se fossi il più grande errore della sua vita.», disse Josie scoppiando di nuovo in lacrime, guadagnando un grande abbraccio da sua sorella che sospirando prese in mano la situazione e disse: «Ok! Basta piangere, ora fatti una bella doccia calda. Io vado a preparare un tè e poi mi racconti tutto per filo e per segno. Cerchiamo di capire questa storia.»
Il tè era fumante sul tavolo della cucina, fuori dalla finestra il buio regnava sovrano e le vie della Monaco vecchia erano in totale silenzio.
Morfeo teneva tutti nel suo regno, tranne le due sorelle Moreno.
La doccia calda era stata un'ottima idea e l'animo di Josie sembrava essersi placato, la ragazza stringeva la tazza tra le mani, tenendo lo sguardo fisso sul liquido verde.
La sua mente ripercorreva ancora e ancora il ricordo di quel bacio: il suo sapore, il suo odore.
Avrebbe voluto tenere per sempre quel momento nella sua mente, ma, ad ogni minuto che passava, una piccola sfumatura di quell'istante svaniva, lasciando pian piano solo frammenti di un ricordo.
Maggie seduta di fronte a lei rimuginava su come iniziare il discorso senza scatenare nuove lacrime sul viso della sorella.
«Te la senti di raccontarmi cosa è successo? Cerchiamo di capirci qualcosa insieme?»
Josie alzò il viso dalla sua tazza, con la mano si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lentamente annuì con la testa.
Due tazze di tè dopo, aveva raccontato ogni minimo dettaglio a sua sorella, non aveva tralasciato neanche un minimo particolare. Emozioni e brividi compresi.
Maggie sospirò ancora una volta immersa nei suoi pensieri, aveva ascoltato attentamente tutto il racconto, mentre sorseggiava il liquido fumante nella tazza. L'aveva interrotta di tanto in tanto per una o due domande, voleva avere la situazione perfettamente chiara, perché ovviamente lei aveva una sua idea su tutta quella storia.
Non aveva molti anni più della giovanissima Josie, ma quelle quattro primavere in più sicuramente le avevano permesso di conoscere meglio i tipici comportamenti maschili.
Era fortemente convinta che Charles fosse pazzo della ragazza che le stava seduta davanti, ma c'era qualcosa che gli impediva di dichiararsi e lasciarsi andare completamente, un qualcosa che ancora non aveva capito.
Benché fosse sicura di questa teoria, non ne aveva comunque le prove e non voleva illudere Josie con il rischio che poi non si fosse rivelata vera.
Perciò doveva solo sperare che Charles fosse il ragazzo intelligente che lei credeva e che prima o poi sarebbe venuto allo scoperto, perché solo un idiota poteva non ricambiare l'amore di un angelo come sua sorella.
Qualcosa però doveva dire a quei due occhi tristi che la fissavano in attesa del suo pensiero.
«Josie, sono sicura che una spiegazione a quel bacio e alla sua successiva reazione c'è. Charles ha sempre avuto un motivo per tutto e in questi mesi ne hai avuto la prova. Sono certa che si farà vivo per chiarire.»
«Non c'è niente da chiarire, Maggie. È tutto così limpido: io provo qualcosa per lui e lui mi vede solo come un'amica. Non posso essere sua amica... ci starei troppo male.»
«Un'amica che desidera baciare, a quanto pare... non mi sembra tutto limpido come dici tu, Josie. Non puoi sapere cosa pensa lui e cosa prova. Secondo me dovreste parlare.»
«Se veramente prova qualcosa di diverso dall'amicizia, perché quando sono scappata non ha fatto niente? E perché dopo ore che è successo ancora non mi chiama? No, Maggie, è così chiaro. Non gli interesso in quel modo.», affermò tristemente Josie.
«Ma, Josie, ognuno ha i suoi tempi! Forse anche lui sta facendo i conti con i suoi pensieri, tu non puoi saperlo! Non tirare le conclusioni basandoti sulle tue sensazioni, tra l'altro decisamente non lucide! Aspetta qualche ora, lui è ancora a Singapore, tu sei qui... il fuso orario, la stanchezza, le emozioni. È tutto così confuso. Sono certa che dopo qualche ora di sonno ti chiamerà per parlare.», concluse Maggie cercando di convincerla.
Ma lei era completamente rapita dalle sue convinzioni e dalle sue paure e con una sicurezza che pochi istanti prima, distesa sulle mattonelle del bagno, non aveva avuto disse: «No, non c'è molto da dire. Niente di cui parlare. C'è solo una cosa che devo fare, fingere che lui non sia mai esistito.»
«Cosa? Josie, non puoi fingere che non esista! Non ti sembra di essere un po' drastica?!»
«Posso farlo, devo farlo.», affermò la minore, più a se stessa che a Maggie.
Certo che poteva farlo, chiudere il mondo fuori dal suo cuore era la sua specialità, consapevole che sarebbe sprofondata di nuovo in una routine apatica, mascherata da tranquillità. Questo pensiero le fece sentire improvvisamente freddo e, cercando di nascondere il dolore che si era insinuato sotto la sua pelle, sorseggiò un po' di quel liquido caldo.
Maggie non poteva fare a meno di guardare con tristezza sua sorella, cosa pensava? Che sarebbe bastato solo deciderlo?
«Josie, non si può smettere di amare una persona premendo un interruttore.», disse osservando l'espressione di marmo che aveva impressa sul viso.
Conosceva fin troppo bene quello sguardo freddo nei suoi occhi, ed era terrorizzata al pensiero che rinunciasse di nuovo alle emozioni.
Josie non alzò nemmeno la testa a quelle parole e con voce decisa disse: «Troverò il modo di premere quell'interruttore.»
Gli occhi di Maggie si riempirono di lacrime.
«Non farlo, Josie. Non farlo di nuovo ti prego.»
Entrambe ricordavano perfettamente quei momenti difficili della loro vita, dove il dolore era il padrone e niente sembrava degno di essere vissuto. Josie sapeva che quelle lacrime negli occhi di Maggie erano di preoccupazione, di paura di vederla di nuovo insensibile alla vita.
Non voleva ferirla, ma doveva proteggersi e sapeva farlo solo in quel modo.
«Andrà tutto bene, Maggie. Non devi preoccuparti per me.», cercò di rassicurarla, poi si alzò, si avvicinò al lavello e appoggiò la tazza sul suo fondo
Maggie osservò ogni suo singolo movimento e, preoccupata ma ormai rassegnata alla testardaggine di sua sorella, con tono nervoso disse: «Allora dimmi, qual è il tuo piano?»
Josie si voltò, appoggiò il suo esile corpo sul bordo ripiano della cucina dietro di sé e, sospirando, rispose: «Ti prego, Maggie... non parlarmi così, voglio solo smettere di provare quello che provo.», sospirò triste ancora una volta: «Non voglio soffrire. Vorrei solo stare tranquilla.»
«Certo, e per stare "tranquilla" intendi ignorare ciò che provi per Charles e tenere in piedi una relazione che non esiste con un altro ragazzo. A proposito, che cosa hai detto a Carlos?»
Ora la voce di Maggie era alterata.
La preoccupazione la portava sempre ad essere schietta e arrabbiata con tutto e tutti.
Come poteva non esserlo? Josie stava manipolando il suo cuore, mettendo in scena un copione, e buttava la sua felicità nella spazzatura, solo perché aveva paura.
Avrebbe tanto voluto che vedesse la situazione come la vedeva lei e farle capire che non doveva aver paura di essere innamorata, perché era la cosa più bella del mondo, ma sapeva quanto era testarda e se aveva preso quella decisione nulla le avrebbe fatto cambiare idea.
«Maggie, per favore...»
«No, no, Josie, dimmi, sono curiosa, cosa gli hai detto per giustificare la tua fuga improvvisa da Singapore?», le chiese guardando cupa il suo viso.
«Che avevo la febbre.», sussurrò Josie evitando il suo sguardo, consapevole di trovare delusione e rimprovero nei suoi occhi.
Una lieve smorfia si manifestò sulle belle labbra di Maggie che, avvicinandosi a lei per appoggiare la tazza vuota nel lavello, non la degnò neanche di uno sguardo.
«Vado a dormire, è meglio metter fine a questa giornata.»
«Maggie, aspetta...», cercò di fermarla prima che raggiungesse il corridoio che la portava in camera.
Maggie si fermò senza voltarsi e attese di sentire cosa Josie volesse dirle ancora, ma, quando non sentì una parola uscire dalla bocca della più piccola, si voltò e la vide piangere di nuovo. Sospirò tristemente.
«Josie, è la tua vita, puoi farne ciò che vuoi e rispetterò comunque le tue scelte perché ti voglio bene, ma non mi chiedere di non provare a farti ragionare. Voglio solo vederti felice e non solo "tranquilla".», detto ciò, si girò e andò nella sua camera, lasciandola lì appoggiata ancora a quel ripiano.
La luce era soffusa e il silenzio della notte l'avvolse, la mente di Josie analizzò tutto ciò che si erano dette ed improvvisamente fu travolta dal panico e dalla confusione.
Niente sarebbe stato facile.
Primo fra tutto cancellare il suo viso e il sapore di quel bacio.
*****
Mercoledì
Charles aveva deciso di non tornare a Monaco, ma di passare un paio di giorni a Viareggio da Andrea.
Il sole era all'orizzonte e la spiaggia era deserta.
La leggera brezza e il profumo del mare lo aiutavano a districare i pensieri confusi nella sua testa.
Era stato un weekend di gara più estenuante del solito.
La situazione con Sebastian si stava complicando. Aveva una grande stima di lui e lo ammirava, ma era un pilota e voleva vincere, essere secondo non era tra le sue opzioni.
Doveva avere pazienza però, era ancora giovane e inesperto per la Formula 1 e sicuramente doveva mettere a freno la lingua in quei team radio.
Tutto sarebbe arrivato a tempo debito, doveva lavorare sodo ed evitare le distrazioni.
Quello che era successo quella domenica nella sua stanza del motorhome, però, era decisamente una grossa distrazione.
L'aveva baciata.
Le parole di Max lo avevano logorato e, quando aveva visto i suoi occhi davanti a lui, aveva avuto un unico desiderio: sentirla sua.
Lei aveva ricambiato il suo bacio e per un istante era stato sicuro che volessero la stessa cosa.
Appartenersi.
Ma le lacrime di lei erano state come uno schiaffo in pieno viso, catapultandolo nuovamente e violentemente nella realtà.
Erano solo amici.
Aveva agito d'impulso pensando solo a se stesso, ignorando lei ed i suoi sentimenti.
Lei stava con un altro e non provava niente per lui se non amicizia, questa era la realtà, e lui lo sapeva benissimo.
"Allora perché cazzo l'hai baciata, Charles?!", si domandò aumentando la velocità, affondando i piedi nella sabbia, bisbigliando a nessuno se non a se stesso: «Sono un coglione.»
«Charles, rallenta!», esclamò Andrea senza fiato.
L'orologio segnava le 6:15 del mattino, significava che era già passata un'ora da quando correvano, e Andrea quella mattina faceva davvero fatica a stargli dietro, non per la mancanza di forma fisica ovviamente, ma per il fatto che il monegasco sembrava stare in un altro mondo. Sapeva che la colpa era degli eventi successi a Singapore, ma non era ammazzandosi di corsa che li avrebbe eliminati.
Charles, alla voce del suo personal trainer, si fermò sul bagnasciuga, il viso rivolto verso il mare e le mani sui fianchi, e lo aspettò.
Appena Andrea lo raggiunse, un po' senza fiato, disse: «Non risolverai il problema correndo, Charles.»
«Devo solo schiarirmi le idee.»
«No, devi solo parlare con lei.»
Non rispose alle sue parole e Andrea sospirando continuò: «Ok, pensi di aver fatto una cazzata? Allora chiamala, vai a Monaco, chiedile scusa, fai qualcosa! Risolvi questa storia prima del prossimo Gran Premio. Lei non deve essere in macchina con te. Quello che è successo a Singapore potrebbe ripetersi. Sono stati chiari fin da subito: Sebastian è il primo pilota. Ma questo non vuol dire che sarà sempre così, lo sai. Puoi cambiare le cose, ma dobbiamo lavorare bene e a mente libera.»
«Sì, lo so.», sospirò il ragazzo, volgendo la testa a terra.
«Senti, Charles, non sono un esperto dell'universo femminile, ma ho visto come ti guarda quella ragazza e sono sicuro che tiene molto a te. Qualsiasi cosa sia successa in quella stanza domenica, devi parlarne con lei. Non aspettare troppo tempo.»
Aveva preso quel maledetto telefono in mano centinaia di volte in quei due giorni ed era riuscito a chiamarla solo tre volte, ma lei non aveva risposto.
Le aveva scritto un messaggio che aveva modificato infinite volte perché l'unica frase che riusciva a formulare era: "Scusa, sono un coglione".
Doveva convincerla che era stato un momento di confusione e che non sarebbe successo di nuovo, ma le parole non venivano.
Non venivano perché la verità era che voleva solo baciarla di nuovo.
Era pazzo di lei, dei suoi occhi, delle sue labbra, e il pensiero che un altro potesse sfiorarla lo mandava fuori di testa.
Respirò profondamente per la milionesima volta quella mattina ed infine razionalizzò tutti i suoi pensieri.
Era abbastanza bravo ad avere lucidità in qualsiasi situazione, lo era in macchina, lo era stato alla morte di Jules e successivamente alla grave perdita del padre.
Anche con Anthoine era riuscito a trasformare il dolore in determinazione.
Era riuscito a restare lucido in momenti della sua vita così dolorosi che era sicuro di poterlo fare anche in futuro con qualsiasi altra situazione.
Con la Ferrari e con Josie.
Sapeva perfettamente cosa voleva.
Voleva vincere in rosso, e avrebbe lavorato duro per quello, e poi voleva Josie nella sua vita e avrebbe trovato il modo per risolvere anche quel pasticcio.
Fu Andrea a strapparlo dai suoi pensieri, dandogli una grande pacca sulla schiena.
«Andiamo, campione, sono quasi due ore che siamo in giro, inizio ad avere fame, risolverai a stomaco pieno i tuoi problemi d'amore.»
«Idiota.», rispose ridendo Charles, ma il suo stomaco, come se fosse stato richiamato all'ordine, brontolò.
Forse Andrea non aveva tutti i torti, così si girò e seguì il suo amico che era già sulla strada di casa.
*****
Il caffè cadeva nella brocca fumando ed emetteva quel rumore così familiare alle orecchie di Josie.
Il suo profumo riusciva sempre a calmarla.
Lo CHERIE era nel pieno di una delle sue mattinate settimanali.
Dei ragazzi erano seduti in gruppo ad un angolo della sala e parlavano del più e del meno. Erano più giovani di lei, sui sedici o diciassette anni, e attirarono la sua attenzione, in particolare una delle due ragazze seduta nel gruppetto.
Una biondina dal caschetto sbarazzino continuava a lanciare occhiate vergognose al ragazzo moro seduto di fronte a lei e rideva ad ogni sua battuta, anche la più stupida, per arrossire poi quando lui ricambiava il suo sguardo.
Si vedeva lontano un miglio che era completamente innamorata di lui.
Anche lei guardava Charles in quella maniera? Ed era anche per lei così palese? Si domandò tra sé e sé mentre versava il caffè ai clienti presenti in sala seduti ai tavoli.
Ad un tratto l'immagine dei suoi occhi le attraversò la mente e la bocca del suo stomaco tremò.
Maggie aveva ragione, non poteva solo premere un interruttore e smettere di essere innamorata di Charles.
Era completamente terrorizzata dai suoi stessi sentimenti.
Erano passati solo due giorni da Singapore, ma Charles già le mancava come l'aria. Si era imposta di dimenticarlo, di cancellarlo dalla sua vita, ma come poteva riuscirci se pensava a lui ogni minuto della sua giornata?! "Premi quel dannato interruttore, Josie!", ripeté nella sua testa, era diventato il suo nuovo mantra.
Charles in quei giorni l'aveva chiamata, dando ragione a tutto ciò che Maggie le aveva detto.
Ovviamente sua sorella aveva prontamente disapprovato la scelta di ignorare quelle chiamate.
Decisione che le era costata parecchia fatica, perché l'unica cosa che desiderava ad ogni squillo era sentire la sua voce, ma doveva premere quel maledetto interruttore.
Perciò non aveva risposto.
Dopo la terza chiamata persa le era arrivato un messaggio.
Il suo nome era ben chiaro su quel display, era rimasta a fissare quel messaggio per un po', senza leggerlo.
Come fossero in guerra tra loro, il cuore le rimbombava nel petto impaziente di sapere cosa c'era scritto e la testa le ripeteva un'unica frase: "Premi l'interruttore".
Aveva vinto il cuore.
Come si aspettava quel messaggio non conteneva parole d'amore per lei, ma una chiara conferma di quello che pensava.
Da: Charles
Ho fatto una cazzata, Josie.
Sono uno stupido.
Non ero io.
Rispondi, ti prego.
Le lacrime le avevano riempito gli occhi per l'ennesima volta, aveva lanciato il cellulare sul grande letto dove era seduta, aveva affondato il viso nel cuscino e si era lasciata andare ad un pianto disperato.
Non aveva risposto a quel messaggio e lui non aveva chiamato e non le aveva scritto di nuovo.
Continuava a fissare quella ragazza a quel tavolo sperando con tutta se stessa che il moro davanti a lei ricambiasse quel sentimento, cosicché il suo cuore potesse essere libero di rimbombare nel petto e sorridere ad ogni suo sguardo.
Il suono della campanella sulla porta d'ingresso la distolse da quei pensieri.
In tutto il suo splendore, entrò Carlos.
Era in transito per la Russia, per il Gran Premio di Sochi, ma le aveva espressamente detto che prima di andare doveva assolutamente vederla, anche solo per un breve istante.
Non appena la vide sorrise, sollevato di trovarla in piedi ed al lavoro.
Josie realizzò che in tutta quella storia, la vera vittima, come aveva detto Maggie, era solo lui.
Josie in una delle mille chiamate che lo spagnolo le aveva fatto in quei giorni gli aveva rifilato bugie su bugie, sostenendo che un brutto virus l'aveva costretta a letto e che era meglio non vedersi per qualche giorno, almeno finché non fosse stata meglio.
Be', il momento di vederlo era arrivato.
Doveva affrontare le sue decisioni, ovvero dedicare tutta se stessa in quella che definiva una "sana e tranquilla" relazione con Carlos e dimenticare l'amore non corrisposto che provava per Charles.
*****
Charles, dopo il silenzio da parte di Josie sia alle chiamate che al messaggio, aveva desido a malincuore di rinunciare a ricontattarla. Aveva pensato che forse era meglio lasciarle del tempo, evitando anche di fare la figura di un pazzo ossessivo che la chiamava ininterrottamente.
Non poteva nascondere l'irrefrenabile desiderio di vederla o almeno di sentirla, ma capiva il motivo del suo silenzio e lo rispettava. Avrebbe aspettato il momento giusto per risolvere la situazione. Nonostante tra i suoi pensieri si insinuasse il timore che lei non lo volesse vedere mai più, lui cercava di restare lucido, convincendosi che in qualche modo avrebbe risolto.
Aveva messo da parte quei pensieri e si era focalizzato completamente sulla preparazione della gara successiva che si sarebbe tenuta in Russia di lì a tre giorni. La sua partenza era imminente ed in pista avrebbe dato tutto se stesso per battere Sebastian. Fuori dalla macchina aveva un buon rapporto con lui, ricco di battute e di rispetto, ma una volta infilato il casco nessuna pietà. Era il suo primo rivale, voleva il terzo posto in quella classifica piloti e avrebbe combattuto impavido per ottenerlo.
*****
Inizio ottobre, Monaco
Purtroppo per lui, Sochi non era finita come aveva desiderato. Tutto aveva fatto sembrare che potesse essere una buona domenica, colorata di rosso, ma le sorti avevano portato ancora una volta alla vittoria Mercedes.
In pista non erano mancate, ancora una volta, le incomprensioni e alcune tensioni tra i due piloti delle rosse di Maranello.
Per Charles si era risolto solo con un timido terzo posto.
Non disprezzava mai un podio ovviamente, ma era fortemente frustrato per il suo insuccesso personale.
Era il primo posto che voleva, sempre.
Tornato a Monaco dopo la Russia, si era rinchiuso un paio di giorni nel suo appartamento, non aveva voglia di vedere nessuno.
Passò la maggior parte delle sue ore giornaliere al simulatore, provando e riprovando le sue tecniche di guida.
Non conosceva niente di meglio per spegnere i suoi pensieri e scaricare la tensione.
I suoi amici di sempre, quelli che lo conoscevano da una vita e nel profondo, non si arrendevano mai di fronte alle sue sparizioni riflessive.
Cercavano di rispettarlo, ma senza lasciarlo solo troppo a lungo.
Infatti, come arrivò il venerdì di quella lunga settimana, Thomas, Nico, Riccardo e Marta si presentarono alla sua porta.
Suonarono ripetutamente il campanello in modo giocoso.
Il monegasco, tentato in un primo momento di ignorare quel rumore, temporeggiò per poi sorridere e lentamente avvicinarsi alla porta.
Nel tragitto sentì ululare la voce di Riccardo nel pianerottolo, strappandogli così un altro sorriso.
«Leclerc, se non apri, urlo il tuo nome per tutto il palazzo!»
Charles aprì la porta e ridendo disse: «Dammi il tempo di arrivare!»
«Sì, sì, certo, c'hai provato Leclerc...», scherzò Riccardo colpendolo ad una spalla.
Uno ad uno entrarono nella sua casa salutandolo.
Per ultima entrò Marta, gli lasciò un bacio sulla guancia e lo guardò dolcemente con la sensibilità che solo una donna può avere.
Aveva capito con una sola occhiata al ragazzo che non era solo il lavoro a renderlo triste.
«Dopo mi racconti tutto.», gli aveva sussurrato, poco prima di superarlo e raggiungere il salotto.
Lui abbassò la testa e sorrise, forse il consiglio di una ragazza sarebbe stato più adatto di quello di Andrea.
Ore dopo erano sulla strada di un locale al centro di Monte Carlo, i suoi amici lo avevano costretto a cambiarsi ed uscire.
Thomas aveva costantemente ripetuto: «Amico, hai bisogno di una bevuta e di un po' di musica!»
Alla fine, si era fatto convincere.
Marta lo aveva marcato stretto per tutta la sera, fin quando, tra un bicchiere e l'altro, si era lasciato andare raccontandole tutto a grandi linee.
«Charles, devi dirglielo.», gli disse la ragazza dopo aver sentito ogni singola parola.
«Cosa dovrei dirle?»
«Ma come cosa dovresti dirle?! Che provi qualcosa per lei!»
Charles le riservò uno sguardo sconcertato e disse: «Forse non hai seguito bene il mio racconto, stava piangendo. Penso sia più che eloquente la sua reazione al mio bacio.»
«Be', non lo puoi sapere! Una ragazza può piangere per miliardi di motivi diversi. Non è come per i ragazzi, i sentimenti di una donna sono molto più complessi.», gli spiegò convinta Marta, cercando di illuminarlo ed esporgli un minuscolo pezzettino di come può essere l'universo femminile.
Charles spostò i suoi grandi occhi chiari sul locale, senza guardare realmente ciò che lo circondava, ma perso nelle parole che la sua amica aveva pronunciato.
«In realtà non so esattamente cosa provo per lei.»
Marta scoppiò in una fragorosa risata, facendo voltare non solo i loro amici ma anche due ragazze di fianco a lui che non persero occasione di osservare il monegasco dalla testa ai piedi.
«E invece sì! Sai benissimo cosa provi, quella ragazza ti piace da morire!», gli disse ancora ridendo Marta, puntandogli un dito nel mezzo del petto.
Charles si passò una mano sul viso, sospirando, e ammise: «Sì, credo di sì. Ma questo non cambia le cose, lei non prova lo stesso.»
«Questo non lo sai.», insistette lei con aria autoritaria.
«Marta, a volte non serve dire le cose a parole. È bastato vedere la sua reazione. Mi vedeva come un amico e stavamo bene in quel modo. Ora ho fatto un casino.»
Mentre Charles parlava, Marta aveva smesso di ascoltare, distratta da una figura femminile a lei familiare che, alle spalle del monegasco, non molto distante da loro, si stava avvicinando al bancone nei pressi del barman.
Quando le fu abbastanza vicina, si accorse di conoscere quella ragazza e, sgranando gli occhi eccitata, afferrò la t-shirt nera di Charles dicendogli: «Non ti girare, ma lei è qui!»
Charles smise di parlare, guardandola.
«Chi è qui?»
«Josie!»
«Dove?»
Esclamò voltandosi nella direzione dove la sua amica guardava e, non appena la vide, il respiro gli si bloccò nel petto ed il suo cuore aumentò a dismisura i battiti.
Era bellissima.
La guardò sorridere e ringraziare il barista dopo che le aveva dato una qualche indicazione, la vide poi avviarsi nella direzione che le era stata detta.
Il suo corpo senza alcun controllo la seguì, lasciando Marta e gli altri lì da soli.
Josie, mentre lavava le mani al lavandino, diede un'occhiata al suo riflesso nello specchio e si sentì fiera del buon lavoro che aveva fatto con il trucco.
Era riuscita a coprire bene i segni delle nottate in bianco degli ultimi dieci giorni.
Soddisfatta almeno di quello, si asciugò le mani e si affrettò a tornare dallo spagnolo che la stava aspettando con il resto della sua comitiva.
Aprì velocemente la porta e attraversò la soglia, ma, non appena alzò lo sguardo di fronte a lei, il suo cuore esplose in un unico battito sordo.
Charles era proprio lì davanti a lei.
Appoggiato al muro.
Raggiante nella sua tenuta casual e lo sguardo intenso su di lei.
Non riusciva a muovere un muscolo, improvvisi brividi le attraversarono ogni singola parte del corpo.
Era la prima volta che lo guardava negli occhi con la consapevolezza di essere innamorata di lui. Risultato? Lo desiderava ancora di più.
Ogni barriera che aveva innalzato in quei giorni per difendersi da quel sentimento venne spazzata via da un suo unico sguardo.
«Charles.», pronunciò con un filo di voce tremante.
«Ehi...», rispose lui, abbozzando un timido sorriso.
L'aveva seguita per mille motivi diversi, ma ora che era di fronte a lei a malapena riusciva a respirare, figurarsi a parlare.
Di fronte al silenzio di lui e spaventata dalle sue stesse emozioni, Josie sospirò e abbassando gli occhi a terra disse: «Devo andare.»
Quelle due semplici parole risvegliarono Charles dal suo imbarazzo e, facendo un passo verso di lei, finalmente parlò: «Sono un coglione, mi dispiace, Josie, ho fatto una cazzata. Non succederà più. Dimmi che non ho rovinato la nostra amicizia!»
"Amicizia. Giusto.", pensò Josie.
Lei cercava di premere quel maledetto interruttore dell'amore e lui era preoccupato per la loro amicizia.
"Non c'è mai stata solo amicizia tra noi.", questo avrebbe dovuto dirgli. Perché ora che lo aveva di nuovo davanti poteva confermarlo con tutta la sua anima: si era innamorata di lui dal primo istante, da quel giorno che le aveva impedito di schiantarsi su quelle scale.
Doveva premere quell'interruttore però.
Perciò, come meglio poteva, disse una bugia.
«Nessun problema. Non è successo niente.»
Restando fredda e distaccata, evitò accuratamente i suoi occhi, perché guardarli anche per un solo secondo sarebbe bastato per spazzare via tutta la sua determinazione.
«Se è così, perché non hai risposto alle mie telefonate?», le chiese Charles e senza aspettare la risposta aggiunse: «E perché non mi guardi?»
«Scusami, è che ho avuto da fare...», divagò Josie e, costretta un po' dalle sue parole, alzò gli occhi sul suo viso.
Non appena i loro sguardi si incontrarono, un'ondata di lacrime la travolse e agitata disse: «Devo andare, scusami.»
Cercò di voltarsi e scappare da lui, ma Charles non voleva che se ne andasse. Si avvicinò velocemente a lei e, afferrandole delicatamente la vita, la fermò.
«Josie, ti prego, parla con me.»
«Charles, per favore...», sussurrò lei, chiudendo gli occhi per evitare di far scendere le lacrime.
«Siamo ancora amici, vero?», chiese lui cercando il suo sguardo.
Josie aprì gli occhi, ormai colmi di lacrime, ma neanche un suono uscì dalle sue labbra.
«Josie, rispondimi.», la implorò, stringendo la presa sul suo corpo.
Lei si agitò e cercò debolmente di liberarsi dalle sue mani, senza avere successo però.
«Non posso essere tua amica!», disse senza guardarlo e con voce tremante.
«Perché?», domandò lui completamente in preda al panico.
«Ti prego, Charles, devo andare...», continuava a ripetere lei, consapevole che non era davvero ciò che voleva.
Ma Charles non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare via e, stringendola appena un po' di più verso di lui, chiese ancora: «Perché?»
Josie non poteva più evitare il suo sguardo e, fissandolo finalmente negli occhi, mentre le lacrime le scivolarono sulle guance, esclamò: «Perché mi fa male! Perché... perchè vogliamo cose diverse!»
Merda, questo non doveva dirlo, pensò. Chiuse gli occhi e li riaprì immediatamente, ormai distrutta, confusa e con le lacrime che scendevano senza sosta: «Tu... tu mi confondi!», aggiunse con agitazione.
Gelato dalle sue parole, fece scivolare via le mani dal suo esile corpo e si allontanò di un passo da lei.
"Ti faccio star male?! Cosa significa che ti confondo?!", pensò terrorizzato e confuso, mettendo un altro passo di distanza tra loro.
Ora aveva l'ennesima conferma.
"Sì, vogliamo cose diverse, è vero. Ma pur di averti nella mia vita farò l'amico!", questo avrebbe dovuto dirle, ma non ci riuscì e continuò a fare dei passi indietro.
Quella lontananza improvvisa lasciò intorno a Josie un freddo inaspettato, costringendola a stringersi nelle sue stesse braccia.
L'espressione del viso di Charles all'improvviso le sembrò sconosciuta, i suoi grandi occhi chiari erano su di lei, ma distanti allo stesso tempo.
Una grande sensazione di disagio l'avvolse, fissò il meraviglioso ragazzo che aveva davanti e con tutta la tristezza che aveva nel cuore, pronunciò ancora una volta: «Devo andare... Carlos mi... Sì, insomma devo andare... Scusa.»
"Non so nemmeno io perché ho detto quel nome, potevo andarmene senza dire niente, e invece... Invece l'ho nominato. Carlos. Mi sono ripetuta così tante volte di premere quel dannatissimo interruttore che la mia mente agiva ormai da sola. So perché ho menzionato Carlos, perché voglio Charles il più lontano possibile dalla verità. Non voglio che lui scopra che sono innamorata di lui e che è per questo che non posso essere sua amica. Solo il nome dello spagnolo gli avrebbe fatto credere altro, dando probabilmente per scontato che il motivo per cui non posso è lui. Ennesimo danno a Carlos, complimenti Josie. Sei proprio una stronza!", pensò Josie ormai completamente in balia della sua confusione.
Lo sguardo di Charles, come volevasi dimostrare, alla menzione di quel nome era cambiato completamente.
Il verde brillante dei suoi occhi era sembrato trasformarsi in un nero pece intenso, gli occhi diventati vitrei lo avevano allontanato completamente da lei, lasciandola libera di girarsi e andare via da lui.
Come una furia, Charles raggiunse i suoi amici nello stesso punto dove li aveva lasciati, allungò dei soldi nelle mani di Riccardo, afferrò il suo giubbino e, avvicinandosi a lui per farsi udire, disse: «Offro io per tutti, grazie per la serata, me ne vado.»
Riccardo non ebbe il tempo di capire cosa gli fosse preso che lui già si era allontanato, guardò la sua ragazza, Marta, che, senza dargli spiegazioni, lasciò la sua bevuta su un tavolo e lo seguì.
Riuscì a fermarlo poco prima dell'uscita afferrandolo per un braccio: «Cosa è successo?»
Dal suo sguardo triste e furioso capì immediatamente che non era accaduto niente di buono.
Si sentì in colpa per averlo spinto a fare qualcosa che probabilmente gli aveva rovinato la serata.
Attese pazientemente la sua risposta che arrivò pesante come un macigno.
«Sta con Carlos. Ha detto che le faccio male e che vogliamo cose diverse.»
Ogni frase che pronunciò era carica di rabbia e dolore.
La ragazza aprì la bocca per provare ad alleviare quella situazione, ma lui la bloccò all'istante.
«No.», disse scuotendo la testa, «Lo so che lo fai per me, perciò grazie, ma non voglio che tu dica niente. Voglio solo andare a casa.»
Dispiaciuta e triste la ragazza annuì e lo lasciò andar via.
Spero con tutto il cuore che questi giorni tristi e così complicati per tutti passino in fretta. Spero tornino le nostre abitudini e le nostre vite tranquille al più presto. Spero voi tutti stiate bene e al sicuro. Vi mando un enorme abbraccio virtuale. Andrà tutto bene e stay strong.❤️ 🌍
Spero che questo capitolo vi regali qualche minuto di svago, presto ne arriverà un altro 😉.
Se mi regalate una stellina mi fate davvero felice 😘
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