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Non può piovere per sempre (cap.21)


Max uscì da quel bagno pieno di idee per la testa. Non era un ragazzo cattivo, ma per qualche stupido motivo amava infastidire le persone, di certo amava infastidire Charles Leclerc.
Fin dai tempi dei kart il loro rapporto non era stato dei migliori, o meglio, non esisteva proprio.
Sulla pista era una lotta continua e fuori dalla pista spesso volava qualche parola fuori posto.
Secondo Max quell'atteggiamento così pacato del monegasco era solo apparente, una finzione, e la cosa lo irritava non poco.
Nonostante fossero ormai adulti, l'olandese non aveva abbandonato l'astio nei suoi confronti e non perdeva occasione per indispettire Charles.
E ovviamente la scena che gli si era presentata in bagno pochi istanti prima aveva attirato molto la sua attenzione, scatenando la sua creatività nel combinare guai. L'unica cosa che l'olandese ignorava però era che ad ogni azione corrisponde una reazione e delle volte poteva essere pericolosa.
Carlos si trovava in un angolo della sala mentre sorseggiava tranquillamente il suo cocktail e si intratteneva con Norris e Russel, immersi in una conversazione sulle tipologie di vernice da usare per decorare caschi, ed ogni tanto lanciava sguardi fugaci alla sala per controllare la sua Josie. La ragazza era uscita dal bagno e stava parlando apparentemente molto serena con Caterina, fidanzata di Gasly.
Si soffermò un istante ad osservarla, trovandola apparentemente più serena di qualche attimo prima.
Erano giorni che non la vedeva con un'espressione così tranquilla, e si riservò il lusso di pensare che tra loro la situazione stesse migliorando.
Quello che Carlos non sapeva però era che la tranquillità negli occhi di Josie non era merito suo. La ragazza, mentre ascoltava Caterina parlare, girava e rigirava quel braccialetto sul suo polso e non poteva far a meno di sorridere debolmente al pensiero degli occhi di Charles, del suo sorriso. Poteva sentire ancora il suo profumo, come se lui fosse ancora vicino a lei.
«Josie, mi stai ascoltando?», chiese ad un tratto Caterina.
La ragazza guardò la bolognese sgranando gli occhi.
«Certo!», rispose presa alla sprovvista dal suo richiamo.
Aveva completamente perso metà del suo discorso pensando al monegasco, ma cercò di non darlo a vedere.
Senza successo però, perché la mora dai lunghi capelli di fronte a lei sorridendo affermò: «No... Non credo, sembri distratta.», 
Josie, cadendo nell'imbarazzo più totale, abbassò lo sguardo e si apprestò immediatamente a smentirla.
«No, assolutamente! Ti assicuro...»
Caterina studiò attentamente il suo viso e notando il suo palese disagio decise di non insistere. Le sorrise e continuò il suo discorso facendo sospirare di sollievo Josie, che si impegnò a dedicarle tutta la sua attenzione.

*****

Verstappen si unì al gruppetto di Norris e degli altri, si avvicinò a Carlos e lo salutò amichevolmente, seguì per diversi minuti la conversazione dei tre, poi dopo alcuni istanti in modo tranquillo mise in atto il suo piccolo piano e avvicinandosi allo spagnolo bisbigliò: «Ti invidio, amico. Riesci a stare così calmo nonostante la tua ragazza stia nella stessa stanza in cui si trova anche Leclerc, ti fa onore. Insomma, io non riuscirei sapendo ciò che è successo tra loro a Singapore...»
Carlos si voltò confuso verso di lui, subito dopo portò la sua attenzione alla sala, scrutandola attentamente. Vide il monegasco parlare con Gasly e Ricciardo in un angolo della grande stanza, poi cercò immediatamente Josie trovandola a chiacchierare come pochi istanti prima con la bolognese nella parte opposta. Tornò a guardare l'olandese e perplesso chiese: «Di che stai parlando?»
Max alzò gli occhi al cielo, imitando l'atteggiamento di chi sia costretto a dover confessare un segreto.
«Be', ovvio, ora sembrano due completi estranei... ma, credimi, quello che ho visto poco fa in bagno... be', mi dispiace, amico, sembravano parecchio intimi... e vicini, non so se mi spiego...»
L'espressione del viso di Carlos cambiò immediatamente alle sue parole, un miscuglio tra confusione e rabbia prese il sopravvento su di lui e un milione di domande si scatenarono nella sua testa, ma solo una pronunciò ad alta voce: «Di che cazzo stai parlando?!»
«Oh merda... non me lo dire!», esclamò fingendo dispiacere, «Non sapevi niente di Singapore? Cavolo! Io... io pensavo che ne aveste parlato... cioè, l'hanno vista in molti, non solo io... perciò... pensavo che... invece dalla tua faccia è palese che tu non ne sai niente! Mi dispiace... avrei dovuto star zitto...», Max farfugliò sciocchezze di ogni genere, in modo vago e confusionario, cercando di dare l'impressione di essere dispiaciuto allo spagnolo di fronte a sé.
La verità ovviamente era un'altra, il suo obbiettivo era quello di insinuare il sospetto nella mente del ragazzo, a tal punto da fargli credere qualcosa di altamente losco e meschino. E dall'espressione di Carlos si capiva che c'era riuscito benissimo.
«Che è successo a Singapore?», ringhiò l'ispanico con tono alto e alterato, facendo girare un paio di ragazzi poco distanti da loro.
Le parole di Max gli avevano, non solo creato parecchie domande, ma avevano innescato nella sua mente tutte quelle paure che lui aveva accantonato nei mesi precedenti.
Il dubbio che Josie potesse avere un interesse nei confronti del pilota monegasco gli era venuto più di una volta nel corso della loro relazione, ma lei lo aveva sempre smentito e rassicurato, a tal punto che si era convinto fosse solo una sua fantasia.
Ma dopo che Verstappen lo aveva messo al corrente di ciò che sapeva tutto sembrò riaffiorare e stava per perdere completamente le staffe.
«Senti, amico, fai finta che non ti ho detto niente... non sta a me... pensavo lo sapessi...», ripeté l'olandese fingendo ancora una volta di essere mortificato.
«Eh no! Ora tu mi dici esattamente quello che sai!!! Cosa devo sapere di Singapore?», chiese pieno d'ira Carlos.
«A fine gara, dopo il podio, ho visto entrare Josie nel motorhome Ferrari... be', precisamente nello stanzino di Leclerc e poco prima era entrato lui.» 
Carlos lo guardò impassibile, ma sul suo viso si dipinsero tutti i colori della rabbia.
Cercava di elaborare le parole dette da Verstappen ma nella sua mente si visualizzavano solo immagini di Josie e del ferrarista avvinghiati.
Le uniche parole che riuscì a dire in quel momento furono: «Scusatemi, torno subito.», si allontanò da loro lasciandoli confusi, tranne Max che con un ghigno sulle labbra continuò a sorseggiare il suo champagne.
Carlos cercò un posto appartato, fece dei grandi respiri profondi provando a tenere a bada il vulcano d'ira che stava eruttando dentro di lui, continuava a sentire nelle sue orecchie le parole di Verstappen e le sue domande erano sempre le stesse: come aveva potuto non accorgersi di niente? Era davvero così accecato da ciò che provava per lei?
Il suo bel viso gli balenò nella mente, non poteva credere che Josie gli avesse fatto una cosa simile.
Era stato un idiota a crederle quando gli aveva detto che con Charles c'era solo amicizia. 
«Ma quale amicizia! Carlos, sei un cretino!!!», s'insultò a voce alta mentre in testa, come in un film che andava avanti e indietro, c'erano solo le immagini di lei tra le braccia del monegasco.
Sospirò profondamente cercando di ritrovare quel briciolo di ragione che gli era rimasto, doveva mantenere la calma, era una persona matura e poteva affrontare la questione come tale. Avrebbe parlato con Josie, chiesto spiegazioni e in seguito agito di conseguenza.
Questo è quello che si ripeté all'infinito nella sua testa, ciò che fece fu altro però.
La serata volgeva quasi al termine e la maggior parte delle persone erano andate via, la sala era rimasta quasi vuota.
Josie era in un angolo a parlare con Caterina e con la ragazza di Ocon, con cui aveva fatto la conoscenza quella sera stessa, mentre i ragazzi erano sparsi per tutta la sala.
Vicino alla porta finestra del locale c'erano Daniel, Charles, Pierre ed Esteban che parlavano di viaggi.
Dalla parte opposta della sala invece si trovavano Norris, Russel e Sainz, quest'ultimo con un atteggiamento decisamente sopra le righe, risate accentuate e tono di voce particolarmente alto. Tutti lo avevano notato in sala, specialmente Lando e George, ma non diedero peso alla cosa più di tanto, Carlos era adulto e vaccinato e a parer loro sapeva cosa faceva.
Charles invece non era della loro stessa opinione, dall'altro lato della sala non l'aveva perso un attimo di vista, osservando i suoi comportamenti per tutta la sera.
Aveva notato che lo spagnolo più volte si era avvicinato al tavolo degli alcolici, bevendone diversi in modo spropositato.
Ovviamente non era interessato a ciò che Sainz faceva, l'unica cosa che lo preoccupava era la meravigliosa ragazza che avrebbe dovuto riaccompagnare a casa.
Ricciardo di fianco a lui notò che la sua attenzione era sullo spagnolo e non alla loro conversazione.
«L'hai notato anche tu, vero?», gli chiese buttando anche lui l'occhio al comportamento eccitato di Carlos.
Il monegasco annuì.
«È ubriaco.»
«Non so se sia del tutto ubriaco, forse solo un po' brillo...», ipotizzò Daniel, cercando di dare il beneficio del dubbio al collega.
Charles lo guardò serio e ribatté: «Cambierebbe?!»
Charles forse aveva ragione, ubriaco o brillo cambiava poco, in entrambi i casi era meglio che non guidasse, pensò Daniel e, abbassando lo sguardo, sospirò: «No, non cambia nulla.»
«Appunto.», affermò severo il monegasco riportando gli occhi sullo spagnolo.
Un'altra ora passò in fretta, la serata giunse definitivamente al termine. La maggior parte degli invitati erano andati via e solo i più intimi erano ancora impegnati negli ultimi saluti, restando al di fuori del locale, nel cortile dove erano state parcheggiate le auto.
Josie al contrario era ancora dentro, ferma nel piccolo atrio di entrata al locale e aspettava che Carlos uscisse dal bagno.
Aveva con la testa appoggiata al muro, alle sue orecchie arrivava solo il rumore che facevano i camerieri mentre pulivano la sala a fine serata. Un suono che lei conosceva bene, quella calma che riempie l'aria dopo ore di duro lavoro.
Sorrise e si gustò quell'attimo, i suoi occhi lentamente si spostarono verso le grandi vetrate al suo fianco, si allontanò dal muro dov'era appoggiata e si voltò a guardare fuori.
Vide all'esterno nello spiazzo Daniel, Charles, Pierre e Caterina parlare tra loro e ad un tratto, forse sentendosi osservato, Charles alzò gli occhi incontrando quelli di lei e lo sguardo intenso che si scambiarono sembrò nascondere un'infinità di parole non dette. Un meraviglioso dialogo silenzioso riservato solo a loro. 
Josie sorrise e lui fece lo stesso.
A rompere quel momento così perfetto fu Carlos che arrivò di soppiatto dietro di lei, appoggiò le mani sulla sua vita sussurrando al suo orecchio.
«Possiamo andare, mi dispiace di averti fatto aspettare.»
Josie distolse immediatamente gli occhi da Charles, ma era certa che il monegasco stesse ancora osservando la scena, sentiva ancora i suoi occhi addosso mentre le mani di Carlos la palpavano lungo i fianchi
Per la prima volta da quando si frequentavano, il suo tocco le sembrò invadente, fastidioso, e il suo alito sapeva di alcool.
Cercò di voltarsi e parlare, ma lo spagnolo glielo impedì tenendola ferma in quella posizione e accostando le labbra al suo collo disse: «Ti aspettavo in bagno, ho saputo che ti piace amoreggiare lì dentro... Ah, no, giusto, non con me...»
Quelle parole irrigidirono Josie all'istante.
Non le fu difficile capire chi avesse messo quell'idea nella testa di Carlos. Max evidentemente gli aveva raccontato dell'incontro avvenuto in bagno, probabilmente anche inventando chissà quali falsità su lei e Charles.
Non era successo niente di quello che lui pensava, nonostante ciò però la ragazza non riuscì a rispondere a quella provocazione, perché la verità era che quel momento nel bagno con Charles le era piaciuto e lo aveva desiderato, scoprendosi ancora una volta profondamente innamorata di lui.
Una risata strana scappò dalle labbra di Sainz quando vide che la ragazza non proferiva parola ed il modo in cui la strinse forte ai fianchi la fece rabbrividire. Qualcosa in lui la spaventava.
«Non rispondi, niña?»
Lei deglutì debolmente e rispose: «A cosa devo rispondere? Alle sciocchezze che stai insinuando?»
Carlos rise amaramente di nuovo, la girò bruscamente e guardandola dritta negli occhi sentenziò con disprezzo: «Non prendermi per il culo, Josie, non farlo!»
«Non ti sto prendendo in giro!», replicò lei urgente ricambiando fissa il suo sguardo, «Sono andata in bagno e Charles era lì dentro. È entrato Max ed ha iniziato a fare stupide battute. Conosci Max, ma tu preferisci credere a lui che a me. Scelta tua, Carlos.»
Josie non si sentì in colpa per ciò che aveva detto, in fondo era la verità, non era successo nulla di fisico con Charles in quel bagno. Ciò che avvenne nel suo cuore era un'altra storia e non c'era bisogno che Carlos ne venisse a conoscenza.  
Nonostante fosse spaventata dal suo comportamento, rispose a tono allo spagnolo ubriaco, poi girandosi si avviò all'uscita.
Non voleva fare scenate sotto gli occhi di tutti, soprattutto non sotto gli occhi di Charles.
Carlos non disse nulla e la seguì.
Uscirono nel cortile per raggiungere l'auto e, passando di fronte agli altri, gli occhi di Josie finirono per cadere in quelli del monegasco, ma si ritrovò ad abbassarli subito sull'asfalto quando Carlos rallentò appena e li salutò molto velocemente.
Ovviamente tutti si erano resi conto dello stato d'ebrezza dello spagnolo, ma nessuno si permise di dire nulla.
Charles avrebbe voluto impedire a Josie di salire in quella macchina e lottò contro se stesso per non afferrarla ed implorarla di non andare con lui, ma non era nella posizione di poterlo fare, perciò si rassegnò a rimanere in silenzio.
La vide allontanarsi sempre di più, quando ad un tratto Ricciardo parlò: «Carlos, è tutto ok?»
Josie si bloccò sul posto voltandosi leggermente senza guardarli, mentre lo spagnolo spavaldamente allargò le braccia sorridendo.
«Mai stato meglio, amico.»
Detto ciò, si avvicinarono alla macchina e salirono.
Daniel guardò Charles e preoccupato affermò: «Credo che sia il caso di seguirli, c'è qualcosa che non va.»
Avevano notato tutti la conversazione agitata avvenuta attimi prima all'interno del locale. Non erano riusciti a sentire il motivo della loro discussione, ma potevano vedere chiaramente l'atteggiamento alterato di Sainz e il viso intimorito di Josie.
Charles, senza distogliere gli occhi dalla coppia appena entrata nell'auto di Sainz, afferrò le chiavi della Ferrari e disse: «Mi hai letto nel pensiero.»
Senza dire altro, lui e Daniel raggiunsero l'auto.
Charles si mise alla guida e Pierre, insieme a Caterina, li seguirono con la loro macchina.
Quella notte il cielo sopra Monte Carlo non era per niente limpido e nuvole minacciose stavano avanzando nell'oscurità, di lì a poco iniziò a piovere sulle strade di Monaco.
Josie guardava terrorizzata dritta davanti a sé tenendo le mani saldamente aggrappate al sedile dove sedeva.
Da quando erano saliti in macchina, Carlos non aveva detto neanche una parola, avevano già fatto un bel po' di strada e lo spagnolo aveva spinto sull'acceleratore facendo prendere all'auto una velocità che a lei non piaceva.
Respirò lentamente e spaventata ma con tutto il coraggio che aveva chiese: «Puoi rallentare un po', per favore?»
«Perché, niña? Non ti piace la velocità? È eccitante non trovi?», rispose il ragazzo ridendo pericolosamente.
«Carlos, ti prego, sta piovendo e tu hai...»
«Ho cosa? Non ti fidi di me? Non ti fidi di come guido?»
«No, Carlos, non è così e lo sai, ma hai bevuto, sei arrabbiato e stai correndo. Ti prego, rallenta.», lo implorò Josie.
Carlos rise alle sue parole.
«Certo, Josie, tutto come vuoi tu! "Andiamoci piano!", era così che dicevi per la nostra storia, no? E, dimmi, hai chiesto di rallentare anche a Leclerc quando ti si sbatteva nel suo motorhome a Singapore?!»
Josie tremò alle sue parole, sgranò i suoi occhi puntandoli su di lui, restando totalmente scioccata da ciò che disse.
«Co... come ti permetti...? Io non ho mai...»
La ragazza non finì la frase però, non ci riuscì, cosa avrebbe potuto rispondere? Quella era solo una bugia, c'era stato un bacio, un bacio bellissimo, ma niente di così squallido come ciò che lui stava insinuando.
E comunque come aveva fatto a sapere di Singapore? Pensò Josie in balia di tante domande.
«Non rispondi nemmeno adesso? Pensi che sono un idiota? Dimmelo, Josie! Pensi che sono un dannato idiota?!», le urlò contro, spostando pericolosamente lo sguardo dalla strada alla ragazza al suo finco, spingendo sempre più il piede sull'acceleratore.
«Nooo!! Carlos, ti prego, smettila... vai piano.», gridò disperata Josie.
Spaventata, le sue mani iniziarono a tremare, cercò di respirare e di non farsi prendere dal panico, ma lo spagnolo di fianco a lei, posseduto della sua rabbia, continuava ad urlare: «No, cosa, Josie? No, cosa?!»
«Non penso che tu sia un idiota.»
«E Singapore?! Cosa mi dici di Singapore?»
«Io... Io... Carlos, ti prego... rallenta... ti prego.»
Josie non voleva rispondere a quella domanda, non era il caso di parlare di quel bacio a Carlos mentre lui era alla guida ubriaco ed accecato di gelosia. Ma quel silenzio venne frainteso dallo spagnolo che, perdendo definitivamente il controllo, accelerò senza pietà.
Nonostante Josie avesse la cintura allacciata, quel cambio di corsa la portò a schiacciarsi ancor più al sedile e le prime lacrime iniziarono a cadere dai suoi occhi.

*****

Charles non staccava gli occhi dalla macchina che correva davanti a lui, doveva impegnarsi non poco per riuscire a mantenere la distanza da Carlos.
Non voleva che lui si accorgesse che lo stavano seguendo.
La verità però era che voleva metter fine a quella corsa, bloccare quella maledetta macchina, prendere Josie da lì e portarla a casa. Il solo pensiero di questo lo fece spingere di più sull'acceleratore.
«Ehi... piano, Charles, rallenta. Se continui così, si accorgerà di noi.», esclamò Ricciardo seduto accanto a lui.
«Non mi interessa, voglio che si fermi.»
«Non si fermerà però, anzi farà peggio, perciò rallenta e vediamo dove vuole arrivare correndo in quel modo.», lo ammonì l'australiano fissando i fari posteriori della McLaren davanti a loro.
«È ubriaco, Daniel! Sta guidando come un pazzo! Piove! E lei è lì dentro! Voglio che si fermi!»
«Lo so. È ciò che voglio anche io. Ma appunto è perché lei è lì dentro che dobbiamo restare calmi. Non possiamo fare altro al momento.», concluse Daniel cercando di far restare il monegasco calmo e concentrato.
Conosceva bene la freddezza di Charles in pista, la sua concentrazione nell'affrontare una gara e un rivale, aveva la capacità di restare lucido sotto pressione, ma in quel momento era diverso, in gioco non c'era nessun podio, c'era il cuore.
Difficilmente si riusciva a rimanere lucidi quando erano coinvolti i sentimenti.
All'improvviso la macchina di Sainz sterzò bruscamente verso un grande parcheggio vuoto e iniziò a fare dei giri impazziti su se stessa.
Charles si sorprese dell'improvviso cambio di direzione, la seguì e si infilò a sua volta nel parcheggio, completamente confuso dalle azioni dello spagnolo.
«Che diavolo sta facendo?!», si domandò.

*****

Josie non aveva più alcuna influenza sul ragazzo di fianco a lei, Carlos aveva perso del tutto la ragione, continuava ad imprecare e spingere sull'acceleratore, ignorando completamente gli scongiuri della ragazza di fermarsi.
Impazzito iniziò a girare su se stesso in modalità squalo, fece dei veri e propri burnouts ad una velocità così al limite che Josie non riusciva a vedere ciò che la circondava. 
Strinse forte le mani sul sedile e chiuse gli occhi più forte che poteva, fu allora che li vide di nuovo. Una sequenza di immagini senza sosta le catturarono la mente, sprofondandola nell'oblio...

La pioggia cadeva incessante sbattendo violenta sul parabrezza, il suono di una brusca frenata, lo scontro, l'auto che rotolò su se stessa, la confusione, l'odore del sangue, il dolore. All'esterno solo il buio. L'immagine sfocata di Abigail sul sedile anteriore, respirava a fatica, dalle sue labbra usciva solo un lamento e sangue. Tanto sangue.
Girò lo sguardo sul sedile del guidatore. «Papà... papà!», chiamò.
Lui non rispose.
Lottò per alzarsi, per toccarlo, ma non riusciva. Qualcosa le bloccava le gambe, lo chiamò di nuovo.
«Papà, aiutami... papà, ti prego, rispondi... papà!»
Con tutte le forze che aveva riuscì a muoversi di qualche centimetro, urlò dal dolore ma riuscì a raggiungere la sua spalla.  Cercò di strattonarlo, ma l'uomo non si mosse.
Josie non poteva vedere il suo viso ma sapeva che qualcosa non andava, non riusciva a sentire l'inconfondibile respiro di suo padre.
Lo chiamò ancora una volta, ma non ci fu risposta.
E Josie capì.
Joseph Moreno non avrebbe più risposto a quella dolce chiamata di sua figlia: «Papà!»

Il ricordo di quella notte non era mai andato via dalla sua mente ed in quel momento tornò a riviverlo di nuovo, doloroso come una lama che trafigge il petto. La paura e la disperazione l'avvolsero, mangiandola viva.
Non riusciva a respirare e le lacrime ricoprirono completamente il suo viso.
Doveva fermare quella macchina e scendere subito.
Voleva disperatamente allontanarsi da Carlos.
Così, senza pensare alle conseguenze, azionò il freno a mano. Un gesto veloce e deciso.
Lo spagnolo non ebbe il tempo di fermarla e urlando perse il controllo dell'auto che, ancora girando su se stessa, finì contro un palo della luce del parcheggio.
Nell'urto Josie colpì inevitabilmente la testa contro il finestrino, l'impatto le provocò un taglio sulla fronte, ma almeno la macchina si fermò.
Non guardò minimamente il ragazzo di fianco a lei, afferrò solo la leva dello sportello e l'aprì.
Confusa dalla botta alla testa e con il volto coperto di lacrime, uscì velocemente dall'abitacolo. Barcollando più veloce che poteva, un passo dopo l'altro, si allontanò dall'auto.

*****

Quando Charles vide l'auto di Sainz colpire all''improvviso il palo della luce, fermò la macchina all'istante, aprì lo sportello e scese così velocemente che lasciò i fari attivi e il motore acceso della sua Ferrari.
Vide poco distante da lui Josie che camminando sotto la pioggia si allontanava dalla macchina e le corse subito incontro.
La ragazza alzò la testa, abbagliata dalla luce dei fari di un'auto si accorse che non era sola nel parcheggio, tra le lacrime intravide la sagoma di un ragazzo che le andava incontro correndo.
La sua visuale non era limpida e a fatica riusciva a distinguere chi fosse la persona che le stava andando incontro, ma più la figura si avvicinava e più l'immagine le era chiara. Avrebbe riconosciuto ovunque quel portamento. Il suo cuore iniziò a palpitare emozionato sperando fosse lui. 
E una volta che fu finalmente di fronte a lei, non ebbe alcun dubbio che quel ragazzo fosse il suo Charles.
Scoppiò in un pianto disperato e sospirò il suo nome, come per esser sicura che non stesse sognando.
«Charles.»
Lui l'avvolse tra le braccia all'istante, stringendola a sé e respirando il suo profumo. La lasciò piangere sul suo petto tenendola al sicuro mentre lei spaventata tremava.
Josie stringeva forte con le mani il suo maglione, quasi con la paura che lui svanisse come per magia.
Tra un singhiozzo e l'altro diceva: «Li ho visti di nuovo... Erano ancora lì... Li ho visti.»
Charles non capiva a chi o cosa Josie si riferisse, ma non fece domande in quel momento, l'unica cosa importante era che lei stesse bene.
La strinse ancora più forte a sé e le sussurrò dolcemente tra i capelli: «Ehi... Ehi... È tutto ok, Josie, sono qui. Non ti lascio. Non vado da nessuna parte... Sono qui.»
Il suono della sua voce lentamente la calmò e sospirando profondamente alzò la testa per guardarlo, Charles le prese il viso tra le mani osservando ogni suo piccolo dettaglio: le lacrime e la pioggia avevano sciolto tutto il trucco, le sue labbra tremavano e i suoi splendidi occhi erano rossi e pieni di paura.
Sulla parte destra della fronte aveva un taglio, non era grande, ma sanguinava.
Josie seguì il suo sguardo e si portò una mano alla testa, sfiorò con le dita il liquido caldo che le aveva sporcato la fronte.
«Sto sanguinando...», constatò sorpresa di non essersene accorta prima.
«Non è niente, solo un piccolo taglio. Lo medicheremo.», la rassicurò guardando dolcemente i suoi occhi e continuando a sfiorarle il viso con i pollici.
Poteva ancora vedere nel suo sguardo la paura, non smetteva di tremare e lui desiderava solo farla sentire al sicuro, la strinse di nuovo a sé. «Sei al sicuro ora, testolina. Sta tranquilla.», le sussurrò tra i capelli
Lei non disse nulla, strinse ancora di più il suo maglione, appoggiò la testa al suo petto e sospirò.
La pioggia stava bagnando entrambi ma non importava, lei desiderava solo restare ancora un po' tra quelle braccia e sentire il suo calore.
Ricciardo intanto aveva raggiunto Sainz e stava cercando di calmarlo e tenerlo lontano da Josie il più possibile.
Lo spagnolo era confuso e continuava disperatamente a chiamarla non vedendola vicino a lui.
Daniel con una stretta ben salda lo teneva fermo.
«Ehi, amico, stai bene? Sei ferito?», gli domandò scrutando bene il suo viso per eventuali ferite.
«Dov'è Josie?», chiese agitato Carlos ignorando completamente le sue domande.
«Lascia stare Josie, dimmi se stai bene. Devo chiamare qualcuno? Sei ferito?», ripeté di nuovo l'australiano.
«Cosa?», esclamò lo spagnolo confuso, «Sto bene, voglio solo vedere Josie, dov'è?»
«Carlos, sei ubriaco e hai avuto un incidente, perciò ti chiedo di nuovo stai bene?»
«Lo so cos'è successo! Non me lo devi dire tu! Voglio solo sapere dov'è la mia ragazza!», urlò irritato spintonandolo bruscamente, provando a spostarlo da davanti a lui.
Poi si guardò intorno per cercarla e, spostando gli occhi più lontano, la vide tra le braccia di lui ed un impeto di rabbia tornò ad infuocarlo. 
«Bastardo!», imprecò e scattò provando a raggiungerli, ma Daniel lo bloccò.
Intanto anche Pierre e Caterina erano arrivati sul posto e la pioggia cadeva ormai incessante.
La coppia scese subito dall'auto e andò in aiuto dei loro amici.
Pierre corse in direzione di Daniel e Caterina, dopo aver trovato sul retro dell'auto un ombrello, si precipitò da Charles e Josie.
Gasly arrivò alle spalle di Ricciardo intento a tenere fermo Sainz, il quale imperterrito continuava a divincolarsi dalla sua presa, cercando disperatamente di liberarsi e raggiungere la ragazza qualche metro più distante di dove si trovavano loro.
«Carlos, calmati, ok? Cerchiamo di stare tutti calmi!», esordì Pierre avvicinandosi a loro, tentando di parlare con lo spagnolo.
«Non dirmi di calmarmi, sono calmo!!! Voglio solo andare da Josie e vedere come sta!», urlò Carlos alterato dal loro comportamento.
Pierre lanciò uno sguardo verso Caterina e la vide che stava raggiungendo Charles e Josie, si voltò di nuovo verso lo spagnolo e disse: «Sono sicuro che sta bene e la vedrai, ma ora calmati, ok?»
«Ma che cazzo vi prende a tutti, eh?! Ok, ho bevuto un po', e allora? Era una festa, cazzo! Sono ok! L'incidente non c'entra con l'alcool. Voglio vedere Josie ORA.», sbraitò contro i suoi colleghi e amici, liberandosi ferocemente dalla stretta di Daniel e avviandosi verso il punto esatto dove Josie si trovava, ma sia Pierre che l'australiano lo bloccarono di nuovo.
«Sei ubriaco, Carlos, ed è meglio che non la vedi per ora.», affermò con sicurezza il francese.
«Ma che cazzo stai dic... Ahh, vai al diavolo, Pierre!», vociò Sainz ribellandosi a ciò che gli stavano imponendo.
Lui voleva vederla e soprattutto voleva strapparla dalle braccia di Charles. Ma, per quanto potesse dimenarsi e lottare per liberarsi, non riusciva, erano pur sempre due contro uno.
Esausto li spinse un'ultima volta e poi si fermò rinunciando.
Caterina raggiunse con l'ombrello i due ragazzi, erano abbracciati sotto la pioggia e nel mezzo di quel parcheggio fantasma, non voleva interrompere quel momento tra loro che ai suoi occhi sembrava davvero intimo, ma stava piovendo e Josie era completamente bagnata ed infreddolita.
Si schiarì appena la voce cercando di attirare la loro attenzione, ci riuscì, i due ragazzi a quel suono alzarono subito la testa per prestarle attenzione.
Caterina poté scorgere negli occhi di Josie un velo di timore e si rattristò per lei.
Qualsiasi cosa fosse successa in quella macchina, l'aveva terrorizzata non poco.
Charles si allontanò un po' da Josie, le spostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso e con l'altra mano accennò a Caterina di avvicinarsi con l'ombrello.
La bolognese si affiancò a loro coprendoli dalla pioggia, guadagnando un grazie silenzioso dal monegasco che subito riportò l'attenzione alla spaventata ragazza di fronte a lui.
Non voleva lasciarla ma sentiva un bisogno disperato di spaccare la faccia a Sainz per ciò che le aveva fatto. Voleva sistemare la cosa, intimarlo di starle lontano, punirlo, ma prima doveva accertarsi che lei fosse al sicuro e lontana da lui.
«Josie, perché non vai con Caterina nella mia macchina? Io arrivo subito e poi ti porto a casa.», le suggerì dolcemente cercando di non farla sentire costretta, lei lo guardò e sgranò gli occhi ancora rossi dal pianto, strinse di più il suo maglione tra le mani aggrappandosi a lui e allarmata sussurrò: «Charles... Non...»
«Stai tranquilla, vado solo a dire a Daniel e Pierre che ti porto a casa e poi torno da te. Aspettami in macchina, ok?», ripeté Charles abbassando leggermente la testa per poterla guardare meglio negli occhi.
Josie continuava a osservare il suo viso per cercare di capire quanto di vero ci fosse nelle sue parole.
L'ultima cosa che voleva era vedere litigare i suoi due piloti.
Sapeva per certo però che, se Charles avesse raggiunto gli altri, niente di bello sarebbe accaduto, il suo buon cuore lo avrebbe portato a prendere le sue difese.
Strinse ancora il suo maglione e guardandolo un'ultima volta lo implorò: «Promettimi che non farai niente di stupido.»
Charles le sorrise e appoggiò la fronte alla sua.
«Stai tranquilla.», sospirò.
«No! Promettimelo, Charles!», ribatté Josie insoddisfatta dalla sua risposta.
Il monegasco osservò attentamente il suo viso.
Aveva paura a promettere qualcosa che avrebbe rischiato di non mantenere, perché l'unica cosa che voleva fare era pestare quello stronzo.
Ma più la guardava e più capiva che lei aveva bisogno di quella rassicurazione e, dopo un istante di silenzio, lo fece.
«Te lo prometto.», asserì.
Scivolò con le mani sulle sue esili braccia, era gelata e la camicetta bianca era completamente bagnata. Tremava ancora, ma ora probabilmente era per il freddo.
«Stai gelando. In macchina ho una felpa, mettila. Io torno subito.», le disse sfiorandole la schiena e spingendola dolcemente verso Caterina, poi si staccò da lei.
Josie a malincuore lo lasciò andare, sentì il delicato abbraccio di Caterina che la sospinse in direzione dell'auto di Charles parcheggiata poco più avanti
Si lasciò trascinare dalla ragazza di Pierre, ma continuava a voltarsi e guardare Charles che velocemente si stava avvicinando agli altri.

*****

Come un fulmine Charles superò Pierre, afferrò Carlos per la maglia sbattendolo con forza contro la sua stessa macchina. Avvicinò la faccia a quella dello spagnolo e a denti stretti sibilò: «Sei ubriaco!»
Carlos con la gola stretta e a fatica rispose: «Non sono cazzi tuoi!»
Il monegasco non apprezzò per niente quella risposta e con rabbia strinse di più la presa sbattendolo ancora sull'auto con tutta la forza che aveva e furioso disse: «Avevi lei in macchina ed eri ubriaco!!! Eri ubriaco, cazzo!», ripeté di nuovo strattonandolo, poi aggiunse: «Sei uno stronzo, Sainz!»
Lo spagnolo lo spinse bruscamente allontanandolo e urlandogli addosso: «Ti ho detto che non sono cazzi tuoi, cosa non ti è chiaro?!»
«Cosa non mi è chiaro?! Potevi farle male! Non mi interessa di come e dove ti schianti tu, ma lascia fuori lei. L'hai terrorizzata!», disse Charles afferrandolo di nuovo con una mano e preparando il pugno nell'altra, pronto per sferrare quel gancio destro che tanto desiderava sferrargli, ma la promessa che gli aveva strappato lei gli balenò in testa: "Non fare niente di stupido.", gli aveva chiesto.
Così si bloccò, lasciò la presa, ma continuò a tenere la sua faccia vicino a quella dello spagnolo, poteva sentire nel suo respiro ancora l'odore forte dell'alcool.
Carlos lo spinse via di nuovo.
«Dovevi starle lontano, ero stato chiaro! Devi starle lontano, hai capito? Stai lontano da lei!», farfugliava con rabbia, barcollando verso di un furioso Charles che veniva allontanato da Pierre mentre Daniel cercava di tenere fermo Sainz.
«Non lo farò!», rispose chiaro il monegasco guardandolo dritto negli occhi.
Sainz scattò ancora a quelle parole, ma Ricciardo lo spinse di nuovo contro la macchina, poi lo spagnolo improvvisamente si voltò di lato e vomitò sull'asfalto bagnato tutto ciò che aveva nello stomaco.
Daniel guardò Charles che era fermo ad osservare la scena immobile mentre Pierre lo tratteneva.
«Ok, direi che può bastare per stasera, riporto io Carlos a casa, voi andate dalle ragazze. E tu...», disse puntando un dito verso il monegasco, «Parla con Josie!»

*****

Caterina prese una salvietta struccante dal pacchetto che aveva sempre con lei in borsa e la passò delicatamente sul viso di Josie, cercando per quanto poteva di portar via i residui di trucco e sangue che c'erano.
Di certo la ferita andava medicata ma almeno il viso era tornato pulito.
«Adesso va molto meglio.», esclamò sorridendo per tranquillizzarla.
Da quando erano entrate in macchina la ragazza non aveva detto una parola e continuava a guardare fissa lo spiazzo del parcheggio di fronte a lei.
Caterina sapeva che stava cercando di intravedere attraverso il parabrezza la scena che si stava svolgendo ad alcuni metri da loro.
Non sapeva però quanto Josie potesse vedere, perché la pioggia offuscava completamente il vetro della macchina, ma entrambe erano perfettamente consapevoli che Charles non era andato là solo per parlare con Daniel o Pierre.
La bolognese sospirò e guardò la ragazza seduta sul sedile di fianco a lei, i suoi occhi erano tristi ed era completamente persa nei suoi pensieri.
«Tornerà presto, Josie, stai tranquilla.», la rassicurò.
«Non voglio che litigano per causa mia.», rispose Josie preoccupata.
«Tesoro, non è colpa tua. Carlos era ubriaco, non avrebbe dovuto guidare.»
«No, Caterina, la verità è che ho fatto un casino. Ho davvero fatto un grande casino.», mentre quelle parole uscivano dalla sua bocca, le lacrime iniziarono a presentarsi di nuovo.
Josie pensò a quanto Maggie avesse ragione su tutto.
Non poteva smettere di provare ciò che provava per Charles imponendoselo e doveva smettere di prendere in giro Carlos facendogli credere che tra loro esistesse davvero una relazione, perché non c'era.
Lei non lo amava.
Caterina non aveva perfettamente capito su cosa avesse esattamente sbagliato Josie. Ma aveva intuito che tra loro si era creato una sorta di triangolo, l'italiana non aveva dimenticato lo sguardo inquieto di Charles mentre lei era insieme a Carlos durante quel weekend in barca. E di certo poteva vedere benissimo il calore negli occhi di Josie ogni volta che incontrava lo sguardo del monegasco.
«Senti, Josie, io non so di cosa tu stia parlando e non so cosa sia successo in quella macchina, ma so per certo che tu sei qui e stai bene, e questo è l'importante. Tutto il resto si sistemerà!»
Josie la guardò sorridendo timidamente e la ringraziò.
«Vieni qui, fammi asciugare queste lacrime o Charles dirà che non ho fatto un buon lavoro.», ironizzò Caterina ridendo, facendo sorridere anche lei.
L'atmosfera sembrava essersi alleggerita e Josie si sentì un po' più tranquilla, ormai il costante peso sul petto che sentiva mentre si trovava in macchina con Carlos era quasi sparito. Quasi, perché sarebbe stata del tutto tranquilla solo quando Charles fosse tornato in macchina.
Dopo qualche minuto di silenzio tra le due ragazze, Caterina, guardando fuori, intravide la figura del monegasco che correva sotto la pioggia. Si voltò a guardare Josie e la vide tirarsi più avanti sul sedile per poter guardare meglio, e, quando fu sicura che il ragazzo fosse Charles, il suo viso si illuminò.
«Hai visto? È tornato!», esclamò l'italiana e Josie semplicemente annuì.
Un attimo dopo Charles aprì la portiera della Ferrari, Caterina gli sorrise in modo da fargli capire che Josie stava meglio e sospirando disse: «Ok, direi che io posso andare ora.»
Si voltò un'ultima volta verso la ragazza per salutarla e poi uscì velocemente dall'abitacolo lasciando il posto di guida al legittimo proprietario.
Charles si infilò dentro la macchina chiudendo subito lo sportello, la pioggia non smetteva di venir giù, e cercò per quanto potesse di non far entrare altra acqua nell'abitacolo.
Guardò Josie seduta sul sedile accanto, indossava la sua felpa nera, era decisamente grande su di lei, ma gli piaceva.
Gli piaceva molto.
«Ehi.», sussurrò lui, passandosi una mano sui capelli completamenti bagnati.
«Ehi.», gli fece eco lei, sorridendo un po'.
Lo vide posare il suo sguardo sulla sua felpa e notò quanto lui fosse bagnato, così tirando in su i lembi per sfilarla disse: «È meglio che indossi tu, questa.»
Lui afferrò velocemente le sue mani bloccando il suo gesto.
«Assolutamente no! Tienila, io sono ok.»
Josie sorrise.
«No, Charles, non sei ok, sei completamente bagnato!»
«Mi asciugherò, stai tranquilla. E poi sta decisamente meglio a te che a me. Andiamo via da qua, ora. Ti porto a casa.», affermò accendendo la macchina.
Imbarazzata la ragazza abbassò la testa, convinta di essere arrossita per ciò che lui aveva appena detto.
Era stata una serata così lunga e strana, ma lei in quel momento, in auto con lui, si sentiva felice.
Ad un tratto il pensiero di dover tornare a casa da Maggie la preoccupò.
La sorella, vedendola in quello stato, avrebbe fatto delle domande e di certo non avrebbe preso bene il comportamento di Carlos.
E soprattutto avrebbe discusso con lei anche per il suo comportamento.
Non era pronta emotivamente per una strigliata da parte di Maggie.
Non quella sera.
Così, prima che lui partisse, gli sussurrò: «Non posso farmi vedere da Maggie così... lei non...»
Josie non sapeva esattamente come spiegarlo nel modo giusto, come dirlo senza far sembrare sua sorella pesante e strana.
Il suo essere iperprotettiva non era compreso da tutti, ma Charles era diverso, lo aveva sempre saputo, la guardò intensamente e senza bisogno di spiegazioni capì perfettamente la situazione. 
Riportando lo sguardo sulla strada, disse: «Ti porto a casa mia.»

*****

Carlos continuava a vomitare nel water di casa sua e Ricciardo era appoggiato al lavandino osservando lo spagnolo subire le conseguenze delle sue azioni.
Ovviamente l'australiano stava dalla parte di Charles in tutta questa situazione, aveva i suoi buoni motivi per farlo, e non era solo per il legame che aveva con la sorella maggiore delle Moreno.
La verità era che vedeva qualcosa di speciale negli occhi del monegasco quando parlava di Josie ed era la prima volta da quando lo conosceva che succedeva e voleva spronarlo a non rinunciarci.
Comprendeva la gelosia dello spagnolo, nonostante non avesse condiviso il comportamento di quella sera.
Carlos era innamorato pazzo di quella ragazza e non avrebbe rinunciato a lei così facilmente, lo capiva perfettamente, neanche lui avrebbe rinunciato a qualcuno di speciale.
Ed era per questo che non lo avrebbe abbandonato, sarebbe rimasto con lui almeno finché non avesse smesso di vomitare in quel water.
«Ma si può sapere quanta roba ti sei bevuto per stare in queste condizioni?», chiese Daniel all'ennesimo conato di vomito dell'amico.
«Ah! Non lo so! So solo che ero incazzato e ho bevuto qualunque cosa, di qualsiasi colore.», rispose lo spagnolo accasciandosi con il sedere per terra.
«Accidenti, Carlos... Hai fatto una stronzata, te ne rendi conto?», gli fece notare l'australiano.
«Lui doveva starle lontano! Lo avevo avvertito, più di una volta... Ah, che lo dico a fare a te?! Tu stai dalla sua parte!», biascicò lo spagnolo seduto sul pavimento, mentre appoggiava la testa contro il muro.
«Non c'entra niente questo.», ribatte Daniel.
«Oh sì, invece! Ha messo gli occhi su di lei e non doveva. Lei sta con me!!!»
A quelle parole Daniel sospirò coprendosi la faccia con la mano, non stava a lui parlare, ma non gli piaceva sentir definire Charles uno sleale, perché non era affatto così.
Anzi, era tutto il contrario.
A causa della sua lealtà, si stava facendo sfuggire la ragazza a cui teneva.
«In realtà sei tu che sei arrivato dopo. Charles ha conosciuto Josie prima di te.»
Carlos lo guardò completamente confuso. «Cosa? Di che parli?»
«Parlo del fatto che Charles ha incontrato Josie prima che tu la conoscessi, a Monaco, prima del Gran Premio di Monte Carlo, e, al contrario di quello che tu stai insinuando, lui si è fatto da parte portandoti rispetto più di una volta... Comunque non sta a me raccontarti com'è andata. Ma evita di parlare in questo modo infangante di Charles, ok?»
Detto quello, con tutta la calma del mondo uscì dal bagno dello spagnolo, attraversò il lungo corridoio e arrivò alla porta d'ingresso, l'aprì e se ne andò, lasciando Carlos completamente confuso e stordito sul pavimento di casa sua.

*****

Charles aprì la porta di casa e si spostò leggermente invitando Josie ad entrare.
La ragazza timidamente lo guardò, sorrise e sussurrando un leggero "grazie" entrò.
Attraversò lentamente e in punta di piedi il piccolo atrio che la portava nel grande salotto, poi, non sapendo dove andare, si fermò e si voltò verso di lui.
Lo vide immobile all'entrata, ancora bagnato e con le chiavi in mano che la osservava.
Charles non riusciva a credere che lei fosse davvero lì.
Nell'ultimo mese l'aveva sognata così tanto che non voleva distogliere lo sguardo da lei, aveva paura che voltandosi o guardando altrove lei sarebbe svanita dalla stanza.
Josie sorrise e pronunciò il suo nome allontanandolo dai suoi pensieri e riportandolo alla realtà.
«Sì, scusami. Vieni ti faccio vedere dov'è il bagno.», si apprestò a dirle tornando in sé.
Lo seguì nel lungo corridoio e, una volta di fronte alla porta del bagno, il monegasco si voltò e disse: «Aspettami qui, vado a prenderti qualcosa per cambiarti e medicare la ferita.»
«Ok.», rispose, entrando dentro.
Mentre aspettava che lui tornasse si specchiò, Charles aveva ragione, il taglio sulla fronte non era grave, ma sicuramente le sarebbe venuto un livido il mattino seguente.
Caterina aveva fatto un buon lavoro con quelle salviette struccanti, i residui del trucco colato non c'erano più, ma si sciacquò lo stesso per rinfrescarsi, e pochi minuti dopo Charles tornò con una t-shirt bianca.
«Tieni, puoi indossare questa. I tuoi vestiti sono completamente bagnati, è meglio cambiarli e farli asciugare.», le suggerì dolcemente.
«Grazie.», rispose un po' imbarazzata afferrando la maglietta dalla sua mano e appoggiandola sul mobile, poi, portò le dita ai bottoni della camicetta ed iniziò a slacciarli.
Lui restò immobile incantato a guardare il suo gesto, finché lei alzò lo sguardo fermandosi.
Charles immediatamente tornò in sé, si schiarì la voce e disse: «Sì... Giusto... Ehm... Vado a cambiarmi anch'io, torno subito!»
«Ok.», farfugliò lei arrossendo leggermente.
Il ragazzo chiuse la porta dietro di sé e si avviò a cambiarsi nella sua camera, continuando ad insultarsi a voce bassa per la figura che aveva fatto poco prima.
«Sono uno stupido! Andiamo, Charles!»
Aspettò il tempo necessario che lei si cambiasse e poi discretamente tornò a bussare.
«Posso?»
«Entra pure.», rispose aldilà della porta.
Pensava che con la sua felpa addosso fosse bellissima, ma appena entrò e la vide con la t-shirt bianca, che addosso a lei stava larga, pensò che non ci fosse nulla di meglio al mondo.
Si avvicinò al suo corpo e appoggiò la scatola delle medicazioni sul mobile vicino a loro, aprendola e afferrando cotone e disinfettante, e iniziò a medicare la ferita.
Le spostò delicatamente i capelli dalla fronte e appoggiò il batuffolo di cotone imbevuto sul taglio.
«Forse questo brucerà un po'.», le sussurrò vicino al viso.
«No, va bene.», bisbigliò lei alzando appena lo sguardo a rubare uno scorcio dei suoi lineamenti, quella sera ancora una volta così vicini.
Charles cercava di tenere la sua attenzione sulla ferita provando ad ignorare, con grande fatica, gli occhi di lei su di lui, convinto che sarebbe bastato un solo sguardo a quelle iridi per perdere il controllo e baciarla.
Scese un timido silenzio tra loro, ognuno perso nei propri pensieri, entrambi in balia dei propri sentimenti, l'uno sconosciuto all'altra.
L'unico suono tra loro era il battito dei loro cuori che rimbombavano prepotentemente nel rispettivo petto.
Fu Josie a parlare per prima.
«Grazie.», sussurrò guardandolo negli occhi.
«Per cosa?», domandò lui.
«Per tutto, Charles. Per quello che stai facendo ora... per essere venuto in quel parcheggio...», pronunciò quelle parole in modo timido, abbassando gli occhi.
Charles si fermò da ciò che stava facendo e la guardò.
«Non ringraziarmi, Josie. Non avrei mai dovuto lasciarti salire su quella macchina quando siamo usciti dal locale. Sapevo che era ubriaco e che poteva succedere qualcosa di spiacevole.»
Josie alzò immediatamente gli occhi su di lui.
«No, è stata colpa mia!»
«Cosa?!», le chiese confuso il monegasco, «Era ubriaco, Josie, non avrebbe dovuto guidare!»
«Sono stata io a provocare l'incidente! Ho azionato il freno a mano... Io ero spaventata... lui... lui correva, gli ho chiesto di rallentare ma non l'ha fatto... Ero davvero spaventata e ho azionato quel maledetto freno a mano... Potevo... io potev...», ogni frase che pronunciò lo fece in modo agitato mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime ancora una volta.
La verità era che si sentiva in colpa per tutta quella situazione.
E Charles era sempre così premuroso con lei.
Pensava di non meritare quella gentilezza, ma lui non le permise di continuare a darsi la colpa.
La guardò intensamente e ripeté ancora una volta: «Josie, non è stata colpa tua! Sainz era ubriaco e non doveva guidare!»
«Era ubriaco a causa mia!», esclamò all'improvviso lei.
«Di cosa parli? Non è stata colpa tua, testolina.», confuso continuò ad osservarla.
Lei si portò i capelli dietro le orecchie in un gesto frenetico e provò ad essere più chiara: «Max deve avergli detto del bagno e lui ha pensato che noi due...insomma... Sì, si è alterato.», tremò mentre gli dava una spiegazione e osservava la sua reazione.
«E... e non so come... Non so chi gliel'ha detto, ma sapeva di Singapore...»
Sperava che Charles capisse a cosa si riferisse senza dover aggiungere altro.
Il ragazzo continuava a fissarla senza dire una parola, il suo sguardo era confuso. Era per questo che lei si sentiva in colpa? Pensava davvero che l'ira di Carlos a quella scoperta potesse dargli il diritto di fare ciò che voleva con la sua vita? Rifletté senza distogliere il suo sguardo da lei.
Josie presa dal panico di fronte al suo silenzio, ignara di ciò che realmente Charles stesse pensando di ciò che lei gli aveva appena detto, aggiunse: «Ho cercato di spiegargli che non era niente... che siamo solo amici... Ma lui era fuori di sé e continuava a correre. Io ero spaventata e volevo solo che si fermasse. Ecco perché ho azionato il freno a mano. Sono stata un'incosciente, avremmo potuto schiantarci da qualche parte e...»
Charles si allontanò da lei senza dire niente, lasciando confusa Josie con il suo silenzio.
Sistemò il disinfettante e il cotone nella scatola poi, voltandosi verso la porta, disse: «La ferita è ok. Vieni con me, ti faccio vedere la camera dove puoi dormire.»
Josie percepì subito dalla sua voce che aveva detto qualcosa di sbagliato, all'improvviso era diventato freddo e distante.
Lo vide allontanarsi verso il corridoio e subito lo seguì.
«Charles?», lo chiamò.
Il ragazzo non si girò e non rispose.
«Charles, ti prego.», lo chiamò di nuovo.
Lo raggiunse e gli afferrò un braccio facendolo voltare verso di lei.
«Perché fai così?», gli domandò.
«Così, come?», chiese lui fingendo di non capire.
«Ti sei allontanato da me.», sussurrò fermandosi nel mezzo del corridoio.
Charles si voltò immediatamente e si avvicinò al suo viso, sarebbe bastato un altro millimetro e avrebbe sfiorato le sue labbra che tanto desiderava.
«Perché...», non continuò.
La verità era che era geloso.
Voleva strapparla da Carlos e averla per sé.
Ma non poteva dirle quello o sarebbe stata lei ad allontanarsi da lui.
«Perché dopo quello che lui ha fatto stasera, tu ancora lo difendi! Ti senti responsabile. Non lo capisco...», sospirò frustrato, «Era ubriaco, Josie, stava correndo come un pazzo e non si è fermato quando gliel'hai chiesto, ma tu lo difendi. Scusa, ma non ti capisco.», detto ciò, si voltò di nuovo per paura che il suo sguardo lo tradisse.
«Charles.», pronunciò lei con le lacrime agli occhi.
Lui si girò ancora una volta verso di lei.
«Sono abbastanza adulta per prendere le mie decisioni. Mi ero accorta che era ubriaco, ma sono salita lo stesso su quella macchina... perciò quello che è successo è anche responsabilità mia.»
Charles non le rispose, non era d'accordo con lei, ma non era nella condizione di poterla convincere del contrario. Era stata chiarissima poco prima quando aveva affermato che non era niente, che erano solo amici, riferendosi al loro bacio a Singapore. 
Sapeva perfettamente che lei non provava sentimenti per lui, ma sentirglielo dire ad alta voce era stato ancora più doloroso.
Prese un respiro cercando di calmarsi, poi la guardò un'ultima volta e disse: «Ti ho lasciato un antidolorifico sopra il comodino, nel caso la ferita ti dia fastidio.»
Lei corrucciò la fronte, ma capì che quella conversazione sarebbe finita lì.
Sorrise tristemente.
«Grazie.», affermò.
«Buonanotte, Josie.», freddo la salutò e superandola la lasciò sola nella stanza, maledicendo se stesso per essere stato così duro, ma al tempo stesso ripetendosi che doveva pur difendersi in qualche modo.

*****

Mai una notte le era sembrata tanto lunga.
Josie si girò per l'ennesima volta tra le lenzuola, guardò il suo telefono sul comodino e trovò diverse chiamate perse di Carlos e cinque suoi messaggi a cui lei però non avrebbe risposto.
Non voleva per alcuna ragione parlare con lui in quel momento.
Non riusciva a dormire, la sua testa iniziava a fare male e la pioggia non voleva saperne di smettere.
Come chiudeva gli occhi quel ticchettio insistente le riportava quelle funeste immagini alla mente.
Poi in testa le balenò lo sguardo di Charles, il modo in cui l'aveva guardata quando le aveva dato la buonanotte.
Era stato freddo con lei e il suo cuore si era spezzato all'istante.
Guardò l'antidolorifico che le aveva lasciato, lo ingerì insieme ad un sorso d'acqua preso dalla bottiglietta vicina e sorrise pensando al suo gesto premuroso.
Senza davvero pensare a cosa stesse per fare, d'istinto uscì dalla camera, attraversò al buio il corridoio e arrivò davanti alla camera del monegasco.
La porta era aperta e lei entrò, neanche lui stava dormendo perché non appena la vide si mise seduto guardandola.
La ragazza si avvicinò al suo letto.
Nonostante la penombra poté nitidamente vedere i suoi occhi tristi e spaventati.
Pensò che neanche lei riusciva a dormire. «Vieni qui.», le sussurrò sollevando il lenzuolo e facendole spazio vicino a lui.
Lei timidamente si distese nel letto e si rannicchiò con la schiena al suo petto.
Charles la coprì e lentamente le appoggiò una mano sulla vita.
«Grazie.», sospirò lei.
E lui dolcemente la strinse di più a sé.
Tra le sue braccia si rilassò completamente.
I loro corpi combaciavano perfettamente e il silenzio che scese tra loro non era imbarazzante, ma profondamente intimo e familiare.
Charles ripensò a quello che Josie aveva detto tra le lacrime mentre erano nel parcheggio.
C'era qualcosa di strano in quelle parole, qualcosa che gli aveva fatto pensare che non aveva niente a che fare con quello che era successo quella sera.
«Stasera, nel parcheggio, dopo l'incidente, hai detto che li avevi visti di nuovo. Di chi stavi parlando, se posso chiedertelo?», chiese curioso.
Josie non rispose subito a quella domanda, non ricordava di averlo detto.
Restò in silenzio per un attimo e Charles non aggiunse altro, se non voleva parlarne non avrebbe insistito, ma dopo poco la ragazza rispose: «Parlavo dei miei genitori.»
«Capisco... non devi... non sei costretta a parlarne se non vuoi... io posso capire.», la rassicurò subito lui.
«No, mi va di spiegarti... se ti va di ascoltare.», gli confessò lei.
«Certo che voglio ascoltarti, Josie. Ti ascolto.», le sussurrò tra i capelli, scivolando un po' di più con la mano sulla sua vita.
«Loro hanno avuto un incidente mentre pioveva, erano più o meno le otto della sera ed erano andati a fare la spesa. Pioveva tanto e non si vedeva bene la strada, all'improvviso ha attraversato una ragazza in bicicletta e mio padre per non prenderla ha perso il controllo dell'auto, finendo dentro una scarpata.»
Il suo racconto fu breve e la sua voce fredda e distaccata.
Charles era certo che mancasse qualcosa in quel racconto, infatti dopo un istante Josie in un sussurro aggiunse: «C'ero anch'io in quell'auto quella sera.»
Appena lo disse, Charles si irrigidì.
«Cosa?», chiese scioccato dalla sua rivelazione.
«Ero in macchina con loro, era la sera del mio diciottesimo compleanno e dovevo dare una festa, avevamo lasciato Maggie al locale e noi eravamo andati al centro commerciale. Si era fatto tardi e in macchina non facevo altro che lamentarmi che non avremmo fatto in tempo per la festa... Abigail continuava a ripetere che dovevo stare tranquilla e che saremmo arrivati in tempo per preparare tutto, ma io come una bambina avevo messo il broncio.»
Charles ascoltava ogni singola parola in silenzio e lei continuò senza indugio.
«Papà stravedeva per me e avrebbe fatto di tutto per togliermi quel broncio, così nonostante la pioggia, ha accelerato... il resto non lo ricordo benissimo, sono solo immagini confuse che a volte mi saltano alla mente.»
«Non è stata colpa tua, Josie.», disse Charles immediatamente, convinto che la ragazza tra le sue braccia si sentisse responsabile di quell'incidente.
«Non c'è giorno in cui non mi chieda perché non mi abbia portato via con lui.», ammise con un filo di voce.
Charles a quelle parole la strinse più forte a sé e le baciò la testa sussurrando di nuovo tra i suoi capelli: «Non dirlo, Josie. Non dirlo mai più.»
Lei chiuse gli occhi lasciandosi stringere dalle sue braccia e, poggiando una mano su quella di lui, intrecciò le loro dita.
«Non hai mai paura quando corri?»
«No, non ci penso.», rispose Charles.
«Io invece ho tanta paura quando corri.»
La voce di Josie era appena un sussurro quando fece quella piccola confessione, ma Charles sentì perfettamente quello che lei disse.
«Perché?», le chiese lui con il cuore in gola, ansioso di conoscere la risposta.
Josie si stava ormai addormentando al calore del suo abbraccio, tanto che la voce di Charles le sembrò lontana, ma, nonostante fosse in balia di Morfeo, riuscì a rispondere: «Perché ho paura di perderti.»
Il cuore di Charles accelerò in un istante e appoggiando di nuovo le labbra ai suoi capelli, disse: «Ora sei tu che confondi me, testolina.»
Ma la risposta di Josie non arrivò perché si era addormentata profondamente senza sentire la sua ultima frase.

[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per scoprirlo.]

N.B. Ciao a tutti spero tanto vi sia piaciuto
🙈❤️
Questo è un capitolo che io amo molto. Molte sono le emozioni che travolgono i protagonisti e ho amato scriverlo. Fatemi sapere le vostre emozioni, sensazioni, cosa avete provato. Cosa pensate della reazione di Carlos? E di ciò che ha fatto Josie?
Grazie a tutti 😘😘😘😘

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