Il bel vedere (cap. 14)
NA: scusatemi se ho ritardato un pò per questo nuovo capitolo🙏🏼🙏🏼🙏🏼🙏🏼🙏🏼🙏🏼🙏🏼,
Spero vi piaccia....se si,sarei felice di una vostra stellina e magari lasciatemi due righe per sapere i vostri pensieri... detto ciò buon fine settimana 💜
Martedì pomeriggio, Monaco.
«Smetti di fissare quel telefono, non suonerà con la forza del pensiero!», esclamò Maggie osservando la sorella che non scollava gli occhi dal suo cellulare.
Erano passati due giorni dal weekend in barca, due giorni da quando aveva scritto il suo numero sul palmo della mano di Charles.
Impaziente, il lunedì mattina era corsa a comprare un nuovo telefono, l'altro era andato perso in acqua come quello di tutti gli altri.
Aveva riattivato il suo vecchio numero il prima possibile, preoccupata che se Charles l'avesse chiamata l'avrebbe trovato spento.
Era già martedì e lui non si era ancora fatto sentire.
Dopo quello che si erano detti sull'uscio del suo porticato, Josie ci sperava davvero che lui avrebbe chiamato.
Sentiva che qualcosa era cambiato su quella barca, non riusciva a spiegarlo, ma era così. Lui le aveva detto che voleva essere suo amico e lei ci aveva creduto. Scacciò via le insicurezze e sospirò, dicendo a se stessa: "Chiamerà!"
Per la Formula 1 era iniziata la pausa estiva e le gare avrebbero ripreso il primo giorno di settembre. Carlos chiamò il giorno successivo alla loro uscita in barca e anche lui, munito di cellulare nuovo, il lunedì stesso non esitò a sentirla.
Josie cercò di scacciare il paragone che si creò immediatamente nella sua testa, non poteva fare differenze tra Carlos e Charles. Erano due persone completamente diverse ed era certa che provassero sentimenti diversi nei suoi confronti.
Sapeva perfettamente cosa Carlos volesse da lei e più volte gli aveva detto che non era pronta.
Il rapporto tra loro era intimo e passionale e non poteva negare che le piacesse molto. Ma era perfettamente cosciente che lo spagnolo non sarebbe mai stato il grande amore della sua vita.
Quando era con lui il suo cuore non cambiava frequenza, non esplodeva impazzito nel suo petto. Le sue gambe non tremavano e le sue mani non sudavano.
E tutto ciò era perfetto per lei. La cosa più sana per la sua persona era stare lontano dalle emozioni.
Charles invece era tutta un'altra storia. Solo il pensiero di lui la faceva arrossire, sospirare, tremare. Il suo cuore accelerava la velocità dei battiti e una forte sensazione di calore le avvolgeva tutto il corpo.
Non sapeva che ruolo avesse nella sua vita, l'unica cosa di cui era certa era che la faceva sentire emozionata come una bambina la mattina di Natale, agitata come prima di un esame, sconvolta come dopo il passaggio di un uragano.
Charles la travolgeva, rendendola vulnerabile, e di questo aveva paura. Lui era tutto ciò da cui lei doveva stare lontana. Nonostante quella paura però, non riusciva ad allontanarlo dalla sua mente.
La sua passione nascosta per la Formula 1 e quel buffet a Monte Carlo le avevano cambiato la vita. Prima di quel weekend pensava di salvarsi vivendo senza emozioni, ma poi tutto era cambiato.
I sentimenti così opposti che i due piloti le provocavano la mandavano in completa confusione, niente era più limpido nella sua testa. Niente era più freddo nel suo cuore.
Forse era capace ancora di sentirsi viva.
«Posso sapere dov'è la tua mente in questo momento?», chiese Maggie riportandola alla realtà.
La bella mora si girò e guardo la sorella con un timido sorriso.
«Ovunque fosse, non era qui.»
«Sì, questo l'avevo capito.», rispose Maggie con una piccola risata sarcastica.
Josie aveva raccontato ogni cosa alla sorella di quei due giorni sullo yacht e di quel momento con Charles nella dispensa.
E tutto ciò che Maggie le aveva detto era stato: «Non vorrei essere nei tuoi panni, sorellina!», e poi scoppiando a ridere aveva aggiunto: «Scoprirai da sola che fare.»
In un primo momento Josie non aveva capito cosa intendesse, ma con il trascorrere dei giorni aveva iniziato ad avere una vaga idea di ciò che la sorella voleva dirle.
Non c'era un minuto della sua giornata in cui non pensava a Charles o a Carlos o ad entrambi contemporaneamente.
Per lei era un continuo dilemma.
Per Maggie invece era puro divertimento vederla in quello stato amletico.
«Non divertirti dei guai altrui!», l'aveva rimproverata Josie, fingendo una faccia offesa.
«Perché?! È così bello vederti in questo modo... così...», disegnò due virgolette in aria con le mani e aggiunse: «Persa tra le nuvole.»
Entrambe scoppiarono a ridere, ma quando il cellulare di Josie squillò, diventarono serie, si girarono verso il bancone dov'era poggiato ed insieme si precipitarono a vedere chi fosse.
*****
Lunedì sera, Monaco.
«Visto e considerato tutto quello che è successo, direi che ho fatto bene ad invitarli in barca!», urlò Daniel comodamente seduto sul divano a uno Charles di ritorno dalla cucina con la sua birra.
«Quindi hai invitato Sainz in barca con un secondo fine?», gli rispose Charles porgendogli la bottiglia.
«Certo! Speravo che ti svegliassi, sapevo che Pierre ti avrebbe invitato per via dell'amica di Caterina, perciò ho avuto l'illuminazione.»
Charles lo guardò sconvolto.
«Per quale diavolo di motivo avete tutti questa fissazione per la mia vita sentimentale?!»
Daniel rise di cuore all'affermazione del monegasco, ma si ridimensionò e tornò serio allo sguardo di lui per niente divertito.
«Avanti, amico, quella ragazza ti piace davvero e te la fai soffiare così da Sainz?!»
Charles abbandonò la testa sullo schienale del divano e sospirò pesantemente, guardando il soffitto. Daniel aveva ragione, ma non riusciva a lasciarsi andare, aveva paura fosse una distrazione dal mondiale e in questo momento della sua vita la Ferrari aveva la priorità su tutto. Nonostante era consapevole di questo, Josie continuava ad occupare i suoi pensieri.
«Io non capisco, Charles, ti ha dato il suo numero e tu le hai detto che vuoi essere suo amico, allora perché non la chiami? Perché non le scrivi?»
Charles continuava a fissare il soffitto mentre Daniel parlava e in una mano faceva roteare il suo cellulare nuovo. Lo aveva comprato il lunedì mattina stesso dopo l'episodio dello yacht, e la prima cosa che aveva fatto, era stata quella di memorizzare il numero di lei. Senza averlo ancora usato però.
Dopo un lungo silenzio finalmente rispose a Daniel: «Le scriverò! Solo... ho i miei tempi, ok?»
«Cos'è, vuoi farti desiderare?! Hai capito il mezzo francesino!», scherzò Ricciardo sperando di sdrammatizzare un po'.
Charles rise alla battuta dell'amico e poi disse: «Be', per battere Sainz c'è bisogno di una strategia!»
*****
Mercoledì sera, Monaco.
Anche il mercoledì se ne stava andando come i primi due giorni della settimana e Charles non si era fatto sentire.
Nessun messaggio. Nessuna chiamata.
Ci aveva creduto davvero questa volta, ma tutte le sue speranze si erano sgretolate lasciandole una velata tristezza nel cuore e un gran malumore.
Arrabbiata più con se stessa che con il monegasco, decise di mettere una pietra sopra a tutte le sue speranze e decise di concentrarsi su Carlos.
Lo spagnolo, dopo l'incidente in barca, l'aveva chiamata più volte in quei giorni. Non si erano visti perché era stato messo in assoluto riposo dal suo medico per la ferita alla testa che aveva riportato. Ma quel mercoledì sera la invitò a mangiare a casa sua e a guardare un film insieme.
*****
Sul tavolo davanti al divano c'erano avanzi di cibo cinese che ne coprivano quasi tutta la superficie. Il televisore continuava a raccontare la storia di "THE MEXICAN", ma Carlos e Josie avevano completamente abbandonato la visione lasciandosi andare a baci caldi e appassionati.
Lei era stesa sul divano di pelle nera e lui era sopra di lei completamente estasiato dal profumo dolce del suo corpo.
La mano di Carlos scivolò dal fianco alla gamba fino ad arrivare al bordo del suo vestito, delicatamente la infilò sotto, accarezzando la sua pelle liscia come la seta.
Josie emise dolci suoni ad ogni sua carezza mandandolo completamente fuori di testa.
All'improvviso si staccò dalle labbra di lei e sospirò profondamente.
Josie lo guardò sorpresa e lui spiegò: «Meglio fermarci, oppure non rispondo di me!»
Stava diventando difficile per Carlos non spingersi oltre i baci ma voleva rispettare la sua decisione di fare con calma perciò si fermò.
Josie non rispose ma continuò a baciarlo sul collo e pian piano gli prese i lembi della maglietta e gliela sfilò da sopra la testa.
Lui la fissava stranito, finché lei non disse: «Forse non dobbiamo fermarci... forse possiamo...»
Non finì la frase ma continuò a baciarlo sul petto e Carlos non si lasciò scappare l'occasione.
L'afferrò dalle spalle provocando risate giocose dalla ragazza e la portò in camera da letto.
Tutto ciò che successe dopo era fatto di sospiri, mormorii, estasi e calore.
*****
Josie era distesa sul letto completamente nuda, i suoi vestiti giacevano sul pavimento della camera di Carlos. Lui dormiva beato accanto a lei, intenta a guardare il soffitto tenendo stretto il lenzuolo intorno al corpo.
Era andata a letto con Carlos.
Continuava a ripeterlo nella sua mente e una strana sensazione la avvolse.
Si era pentita? Non aveva una risposta chiara a quella domanda.
Lui era così attraente ed era passato tanto tempo da l'ultima volta che era stata con qualcuno.
Stare con Carlos le sembrava giusto ed era stato fantastico, ma ora tutte le sue buone ragioni erano sparite per lasciare il posto ad un persistente senso di disagio.
Voleva solo andare via.
Si alzò, raccolse i suoi indumenti da terra, gli lasciò un biglietto in salotto e scappò via.
Al di fuori trovò una calda serata estiva.
Mentre si avviava alla macchina prese di fretta il suo telefono per vedere che ora fosse e nel tramite entrò nell'auto.
Una volta seduta premette il tasto e il display si illuminò, con sua sorpresa trovò una chiamata persa da un numero sconosciuto.
Immediatamente sotto, la notifica di un messaggio vocale su WhatsApp.
Il suo cuore perse un battito e tutta la speranza che qualche ora prima si era sgretolata tornò come un fuoco dentro di lei.
Respirò profondamente promettendosi di non rimanere delusa se non era chi desiderava, poi aprì il messaggio e con il cuore in gola ascoltò: "Ciao... sono Charles... ho provato a chiamarti ma non hai risposto, sicuramente sei impegnata... o non puoi rispondere... ed ora sono qui che parlo a vuoto... sì, be', è un po' strano..."
Josie lo sentì ridere e poteva immaginare perfettamente il suo sorriso, chiuse gli occhi mentre la sua voce continuava a parlare.
"Comunque, sono in questo locale con un amico e lui dice che fanno un caffè americano davvero buono... e mi sei venuta in mente... magari ci possiamo venire insieme una volta... tipo domani? Se non sei impegnata, e se ti va ovviamente... e... niente, fammi sapere..."
Poi sentì dei rumori in sottofondo e lui che disse con voce più distante: "Arrivo, arrivo!", poi tornò a parlare al telefono perché sentì di nuovo la voce più vicina: "Ok, ora vado... Ah, sì... questo è il mio numero! E... niente... allora... ciao!"
Josie continuava a fissare il suo telefono.
Restò immobile in macchina nel buio della notte, ascoltando quel messaggio all'infinito.
Il disagio che provava al pensiero di aver passato la notte con Carlos venne spazzato via in un attimo dalla voce di Charles.
Ascoltò ancora una volta quel breve vocale e si lasciò andare al sorriso che le si formò sulle labbra.
Charles l'aveva contattata.
*****
La mattina seguente, dopo aver bevuto il suo caffè mattutino, Josie decise di rispondere a quel messaggio a cui aveva pensato per tutta la notte.
Non era sicura di cosa scrivere: aveva digitato frasi su frasi per poi cancellarle ogni volta e ricominciare da capo.
Maggie le passò davanti diverse volte osservandola attentamente, fin quando esasperata le si piantò davanti e esclamò: «Josie, ti prego, scrivi quel benedetto messaggio!»
Josie alzò le spalle e rispose: «Sto solo cercando le parole giuste!»
«Sì, da più di mezz'ora! Sii solo sincera!»
«Non voglio essere banale!»
«Josie, tu non sei banale!»
Sorrise a Maggie che in fondo aveva ragione, bastava scrivere semplicemente ciò che davvero voleva, così digitò velocemente il messaggio ed inviò.
Charles era intento a fare le sue ore di palestra e allenamento mattutino quando il suo telefono vibrò
Inutile nascondere l'impazienza che aveva nel controllare chi fosse, così lasciò quello che stava facendo e prese il telefono. E guardando il display sorrise.
Da: Josie
Ciao Charles, mi piacerebbe molto provare quel caffè 😊
A che ora?
Non aspettò neanche un secondo per risponderle.
Da: Charles
Alle 17:00 ti passo a prendere 😉
Poi con aria vittoriosa tornò a fare ciò che stava facendo.
*****
Fu così che Josie dopo aver ribaltato camera sua per trovare il giusto outfit, rigorosamente aiutata da Maggie, stava aspettando il monegasco seduta sulle scalette dello CHERIE.
In qualche modo cercava di tenere a bada quell'emozione che ormai da più di un'ora le impediva di respirare regolarmente.
Come se fosse la prima volta che lo vedeva, era agitata come una bambina, ma in fondo lui aveva sempre questo effetto su di lei, perciò sospirò e cercò di calmarsi.
Alle 17:05 dalla strada sopraggiunse una Stelvio rosso amaranto, si fermò al parcheggio e Charles, in tutto il suo charme, scese e si avvicinò a lei.
Sorridendo la salutò con un: «Ehi!»
Josie si alzò da dove era seduta e gli andò incontro ricambiando il suo sorriso.
«Ciao!»
Una lieve sensazione di imbarazzo aleggiò tra loro creando un dolce e imbranato silenzio.
Erano una di fronte all'altro, senza muoversi, entrambi con il desiderio di un contatto, ma allo stesso tempo con la paura di sbagliare.
Si guardarono negli occhi e non poterono fare a meno di ridere della loro goffaggine.
«Andiamo?», chiese Josie.
«Sì, andiamo!», le rispose lui con determinazione.
Le aprì gentilmente la portiera invitandola ad entrare e la ragazza salì sussurrando un timido ringraziamento.
Una volta in macchina notò i bicchieri di caffè d'asporto e curiosa disse guardandolo: «Pensavo andassimo al locale a bere il caffè...»
«So che ti piacciono i bicchieri d'asporto... così...»
Sorrise alzando una spalla e nonostante guardasse dritto davanti a lui percepì subito la confusione di Josie che curiosa continuava a fissarlo.
«No, scherzo... è solo che voglio andare in un altro posto.», affermò mantenendo quel sorriso ammaliante e giocando un po' con lei.
Josie non spostò lo sguardo da lui e sorrise timidamente posando poi gli occhi su uno dei due bicchieri.
Ne prese uno e disse: «È vero che mi piacciono i bicchieri d'asporto. In realtà li adoro proprio.»
Lui non rispose ma la ragazza vide con la coda dell'occhio che lui sorrideva ancora più ampiamente. Non sapeva se fosse una coincidenza o davvero sapesse dei bicchieri d'asporto. Ma non voleva sapere, preferì avere l'illusione che l'avesse fatto per sorprenderla.
Charles la portò al Belvedere di Monaco.
Camminarono un po' per raggiungere il posto dove la vista era perfetta. Una volta scelto il punto a loro più gradito, si sedettero a terra appoggiandosi a un grande masso.
Erano così vicini che le loro spalle si toccavano, felici di quel leggero contatto tra loro, sorseggiavano i caffè mentre si godevano la splendida vista di Monaco dall'alto.
«Adoro questo posto!», affermò Josie perdendosi con lo sguardo su tutto ciò che era di fronte a loro.
«Sì, anch'io. Qualsiasi emozione io stia provando questo posto la placa. Vengo spesso qui a schiarirmi le idee.»
«Mio padre mi ci portava da bambina ogni volta che ero di cattivo umore...», raccontò Josie, «La prima volta mi disse che quassù c'era qualcuno che mi avrebbe fatto ridere e una volta arrivati mi chiese di urlare una qualsiasi frase all'aria, gli domandai il perché e lui rispose che "il signor Eco" avrebbe cambiato il mio umore. Confusa, urlai: "Ehi!" e dietro al mio: "Ehi!" ci furono tanti e tanti "Ehi!" in risposta, così scoppiai a ridere e papà mi disse: "Visto?!"... Ah, ero solo una bambina...»
A Josie si riempì il cuore di triste allegria al ricordo di quel momento e si stupì con quanta naturalezza era riuscita a condividerlo con lui.
Charles la guardò ridendo.
«Mi piace il ragionamento di tuo padre!»
Lei sorrise a quell'affermazione.
«Sì, anche a me... lui era speciale.»
Entrambi sospirarono continuando a sorseggiare il loro caffè.
Il sole era vivace in cielo ed i classici rumori dell'estate erano tutt'intorno. Il cinguettio degli uccelli in sottofondo creava una piacevole melodia ed il leggero fruscio del vento tra gli alberi faceva compagnia ai loro respiri.
Josie si voltò a guardarlo scoprendolo completamente assorto a fissare il mare. Charles sentendo i suoi occhi su di sé si girò verso di lei e le sorrise.
«Che c'è? Perché mi guardi?»
«Niente... eri... eri così serio.», gli fece notare Josie abbassando lo sguardo.
La verità era che stava pensando a lei.
Da quando era salita in macchina non aveva desiderato altro che baciarla, però non poteva. Le aveva detto che voleva essere suo amico, ma ogni volta che la guardava, sentiva sempre più che sarebbe stato faticoso comportarsi come tale. Non poteva dirle ciò che davvero provava: rischiava di allontanarla da lui proprio ora che aveva avuto il coraggio di prendere la decisione di cercare in qualche modo di farla entrare nella sua vita.
Scelse perciò di dirle una piccola bugia.
«Sono solo rilassato.», poi sorrise cambiando discorso: «Allora, posso sapere la famosa storia del tuo nome?»
«O mio Dio, tu sei uno che non dimentica, eh?»
«Mi spiace, ma devi sapere che per alcune cose ho una buona memoria!», scherzò ridendo.
Aveva scoperto che era molto sensibile al suo sorriso, ogni volta che lui sorrideva lei restava imbambolata a guardarlo e avrebbe fatto di tutto e detto di tutto per lui in quei momenti.
E per la prima volta, forse da sempre, aveva voglia di raccontare quella storia.
Sorseggiò di nuovo il suo caffè e con voce tranquilla iniziò: «Mio padre si chiamava Giuseppe, lui era innamorato di una ragazza del suo paese, la quale adorava i nomi stranieri. Lei sosteneva che avevano un suono più armonico, così decise di chiamarlo sempre Joseph e pian piano lui divenne tale per tutti. Più tardi sposò quella ragazza e poco dopo nacqui io.»
Fece una pausa guardando il mare, deglutì e continuò: «Mia madre morì dopo il parto per una gravissima emorragia e papà resto solo con una piccola neonata. Non so per quale motivo non avessero già scelto un nome per me, ma lui si trovò solo a decidere e così mi chiamò con il suo stesso nome, Josephine. Per gli amici, Josie.», concluse con un sorriso amaro e, per nascondere quel nodo in gola che le si era formato, sorseggiò il suo caffè.
Non guardò Charles perché aveva il terrore di vedere la compassione nei suoi occhi. E scoprire che provava pena per lei o che pensasse a lei come ad una persona debole le avrebbe spezzato il cuore.
Voleva essere forte ai suoi occhi.
«Maggie perciò...?», chiese lui, ma Josie gli rispose prima che lui potesse finire la domanda: «Maggie è la mia sorellastra. Subito dopo la morte di mia madre ci trasferimmo qui, a Monaco, e papà poco dopo conobbe e sposò Abigail, la mamma di Maggie. Diventammo così un'unica famiglia. Per me sono davvero la mia famiglia.»
Scese qualche attimo di silenzio tra loro.
Charles non era riuscito a staccarle gli occhi di dosso mentre parlava. Si era fatta così piccola e fragile... e ora capiva perché non amava raccontare quella storia.
Non voleva apparire vulnerabile agli occhi degli altri.
Ciò che però lui vedeva era tutto fuorché fragilità, era tangibile la forza che aveva dentro, tutto il suo dolore era stato trasformato in una dolcezza che la rendeva speciale.
Si schiarì la voce e le domandò: «Come si chiamava lei?»
«Mia madre?»
«Sì. Come si chiamava?»
«Isabella.», rispose lei sorridendo dolcemente.
«Isabel, vuoi dire...», precisò lui con un enorme sorriso sulle labbra.
Incatenò i suoi occhi a quelli di lui e senza dire una parola accennò un sì con la testa.
Era completamente rapita da come lui riusciva a scaldarle il cuore spazzando via la malinconia e sgretolando tutti quei muri che si era creata.
Sentì il bisogno di abbracciarlo ma si costrinse a non farlo.
Lo guardò solo sussurrando: «Grazie.»
Lui sapeva perfettamente perché Josie lo stesse ringraziando.
Allungò la mano verso il suo viso dando un buffetto affettuoso con un dito alla punta del suo naso e le chiese: «Allora, com'è questo caffè?»
Josie sorrise al gesto tenero di lui e guardando il caffè, disse sbeffeggiandolo: «Non è così tremendo...»
Lui finse una faccia sconvolta appoggiando una mano sul cuore.
«Tremendo?! È ottimo! Così mi spezzi il cuore!»
Risero entrambi.
Poi lei aggiunse: «Mi spiace, ma quello che faccio io è più buono!»
«Non lo so, lo dovrei provare...», le rispose lui guardandola.
«Mi piacerebbe che tu venissi a provarlo...», confessò la piccola Moreno ricambiando il suo sguardo.
«Lo farò.», promise sfiorandole una ciocca di capelli ribelli.
Josie gli credeva. I suoi occhi erano sinceri.
Avrebbe tanto desiderato fermare il tempo in quel preciso istante per godere più a lungo della felicità che sentiva.
Sospirò, sorseggiò il suo caffè ormai arrivato alla fine, e gli chiese curiosa: «Ti mancano le gare quando sei in pausa?»
«Da morire! Non posso vivere senza adrenalina.», rise e aggiunse: «Vado spesso sui kart a Brignoles, per compensare...»
La guardò confabulando qualcosa nella sua testa, poteva vedere la sua mente all'opera, poi strizzò gli occhi e disse: «Un giorno ti ci porto!»
Lei fece un risolino.
«A vederti?!»
«No! A guidarne uno!»
Lei a quel punto rise davvero di cuore ed esclamò: «Oh no! No! Tu sei il pilota... io non l'ho mai fatto, non sono capace... non sono mai salita su un kart! Ti guarderò! Se mi porterai ovviamente...»
«Certo che ti porterò! Ti insegnerò a guidarne uno e non accetto un no come risposta. Ci divertiremo, vedrai!», insisté il monegasco.
Josie non rispose e si limitò a sorridere.
Uno sguardo all'ora sul suo telefono e fu sorpresa fossero già passate le sette, il tempo era volato e Charles l'aveva completamente ipnotizzata.
Non si era neanche accorta che il sole dietro di loro era sceso.
Sul suo telefono notò quattro messaggi di Carlos e decise che li avrebbe letti dopo, così infilò di nuovo il cellulare nella borsa e si girò di nuovo verso Charles che serio la guardava.
«Devi andare?»
«Sì, forse è meglio.», rispose dispiaciuta.
Lui si alzò e raccolse il bicchiere vuoto da terra e la mano libera la offrì a lei per aiutarla ad alzarsi. Josie afferrò la mano e si alzò in piedi.
Un semplice contatto e mille brividi le attraversarono la schiena.
Aveva delle belle mani, già lo aveva notato, erano grandi e calde.
Con sua sorpresa lui non abbandonò il contatto tra loro quando scesero il piccolo pendio che li portava alla strada. Anzi, dopo che lui lasciò il sentiero e si ritrovò sulla parte asfaltata, si girò verso di lei, afferrò il bicchiere con la bocca e le afferrò delicatamente i fianchi.
Tutto in una frazione di secondo.
Lei appoggiò d'istinto le mani sulle sue spalle e una volta a terra si trovò vicinissima al suo viso.
Charles tolse il bicchiere dalla bocca e si fermò a fissare i suoi occhi.
Lei restò immobile, persa nelle sue iridi verdi, poi il suo telefono squillò.
Riportò entrambi alla realtà rompendo quello che davvero sembrava il tipico momento perfetto.
Si staccò da lui che la lasciò andare. Prese il telefono dalla borsa per scoprire che Carlos la stava chiamando, guardò Charles e si giustificò: «Rispondo un attimo, scusa.»
Lui fece un cenno con la testa e lei si allontanò. Charles poté sentire alcune delle frasi di quella conversazione.
«Non sono scappata, era solo tardi e dovevo andar via...»
«Non ti ho svegliato perché dormivi...»
Non riuscì a sentire molto altro perché lei aveva abbassato la voce.
Concluse con: «Ok, ci vediamo più tardi.»
Tornò da lui un po' imbarazzata e disse: «Scusami, io...»
«Devi andare.», finì lui fissando davanti a sé con un sorriso amaro in volto.
«Sì.»
*****
In macchina non parlarono molto e, immersi nei loro pensieri, ascoltarono un po' di musica.
Charles sapeva chi era al telefono e aveva notato come l'umore di Josie era cambiato.
Evitava di guardarlo in volto, era distante da lui e non riusciva a dire nulla per farla sorridere di nuovo.
Aveva paura di dire la cosa sbagliata e peggiorare la situazione.
Arrivati allo CHERIE lei prese con sé il suo bicchiere di caffè vuoto e poi scesero entrambi dalla macchina.
Guardando Charles sorrise.
«Sono stata bene.»
C'era un leggero velo di malinconia nel tono della sua voce e fu per questo che lui non riuscì a ricambiare quel sorriso, disse solamente: «Anch'io.»
Lei lo guardò per un'ultima volta per poi girarsi e andare verso il portone. Qualche passo dopo però si girò di scatto, tornò da lui e avvolgendogli le braccia al collo lo abbracciò stretto.
Preso alla sprovvista, Charles le appoggiò solo lievemente le mani sui fianchi, ma subito dopo la strinse più forte che poteva, inebriato da quel familiare profumo di vaniglia.
Troppo presto e senza dire nulla, lei si staccò e andò via, per davvero questa volta.
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