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"E SE....." (cap.22)


I raggi del sole filtravano timidi dalla finestra ed illuminavano leggeri tutta la stanza e salendo dolcemente sfioravano il corpo ancora addormentato di Josie fino a scaldarle il viso.
La ragazza schiuse lentamente i suoi occhi e rimase incantata da quel fascio di luce delicata, ignara solo per un istante di dove fosse, ma con una strana pace nel cuore.
Alla mente poi, in un attimo, le balenò tutto: l'incidente della sera precedente, la pioggia, Charles.

Spalancò i suoi occhi per osservare meglio la camera ed ebbe la sua conferma: non lo aveva sognato, aveva dormito tra le braccia di Charles.
Ancora incredula, allungò una mano appoggiandola sulla parte del letto vuota, era calda ed il lenzuolo sgualcito, tutto era stato reale.

Portandosi una mano alla testa sentì la sua ferita pulsare, si levò dal letto e osservò la stanza intorno a lei, non era molto ordinata.
Sorrise.
Pensò che fosse la tipica camera di un ragazzo.
Sembrava esserci molto silenzio in casa e timidamente provò a chiamarlo: «Charles?»
Non ci fu una risposta, così decise di alzarsi.
Appoggiò i piedi nudi sul parquet e camminò fino alla porta, si fermò sull'uscio tentando di capire se lui fosse in casa, ma non sentì alcun tipo di rumore.

Si voltò verso il bagno trovandolo vuoto, si avviò verso il salone attraversando il corridoio e, una volta lì, d'istinto si coprì gli occhi dalla forte luce che filtrava dalla portafinestra alla sua sinistra.
Guardò nella zona cucina, ma del monegasco neanche l'ombra, poi i suoi occhi sbirciarono sul tavolo dove vide appoggiato un thermos con un sacchetto di carta a fianco e un biglietto bianco, piegato.
Si avvicinò al tavolo e prese il biglietto tra le mani, lo aprì e vide che Charles le aveva lasciato una nota, passò le dita sopra quelle righe scritte nere su bianco pensando a quanto fosse bella la sua grafia.

Buongiorno, testolina.
Dormivi così bene che non ho voluto svegliarti.
Sono dovuto andare via presto, oggi ho delle interviste tutto il giorno e sarà una lunga giornata, non so a che ora mi libererò.
Ma sarei felice di trovarti ancora qui al mio rientro.
Nel caso tu volessi andar via, ti lascio le chiavi della Stelvio.
Ma spero davvero tu rimanga.
Il caffè è caldo, è americano come piace a te, e la brioche... be', non sapevo come la preferissi, perciò l'ho presa al cioccolato... A chi non piace il cioccolato?!
Io ora vado...
P.S.: Aspettami.
Charles

Josie sorrise leggendo le sue parole, Charles era un ragazzo davvero dolce e premuroso, era impossibile non lasciarsi coccolare da lui, riusciva ad essere davvero meraviglioso.
Chiuse gli occhi e sospirò profondamente, ripensò alla sera precedente nel suo letto, al calore delle sue braccia e a ciò che si erano sussurrati nel silenzio della notte, ed il suo cuore iniziò a battere veloce di nuovo.
Si versò il caffè in una tazza e diede un morso al cornetto che aveva preso per lei, lasciò che la sua mente vagasse a lui, al suo sorriso, al suo sguardo mentre parlava, al modo che aveva di toccarsi la punta del naso quando era concentrato su qualcosa. Era bello.
Ed era speciale per lei.

Sospirò e lesse di nuovo il suo messaggio, Josie avrebbe voluto aspettarlo come lui le aveva chiesto, ma dentro di lei sapeva che non poteva.
Charles non provava i suoi stessi sentimenti, la considerava solo un'amica, era più che consapevole di quello, e il solo pensiero le provocava un forte dolore nel petto.
Lo amava e non poteva essere sua amica, si sarebbe fatta solo del male.
Restargli vicino, fingendo di non provare quello che realmente provava, significava morire ogni giorno un po' di più, fino a spegnersi completamente.
No, non poteva restare.

Lavò e ripose al suo posto la tazza che aveva usato e appoggiò il thermos vicino al lavandino.
Prima di andare a cambiarsi, afferrò il biglietto di Charles e lo infilò nella sua borsa che aveva lasciato la sera precedente all'ingresso, dopodiché si recò in bagno. 

Prese i suoi vestiti asciutti e si cambiò, ripiegò accuratamente la t-shirt bianca che le aveva prestato e la riportò in camera.
Una volta lì decise di sistemare entrambe le stanze in cui aveva dormito, ed iniziò proprio da quella.
Le lenzuola sapevano di lui, il suo odore era così intenso sui cuscini che le provocò una fitta al basso ventre.
«No, non posso restare!», esclamò ad alta voce coprendosi il viso con una mano.
Ancora il dubbio di restare la tentava e non era facile combattere con la voglia che aveva di vederlo di nuovo.

Uscì velocemente dalla stanza, ma, non appena varcò la porta si bloccò, si voltò a guardare la t-shirt bianca che aveva lasciato sul letto e senza pensare un minuto di più tornò indietro a prenderla e la strinse a sé.
Voleva un ricordo di quella notte, un ricordo delle sue braccia intorno a lei e di come si era sentita al sicuro.
Così la portò via con sé.
Si infilò le scarpe, prese la borsa e uscì da quell'appartamento.
Non prese le chiavi della Stelvio che lui le aveva lasciato.
Avrebbe preso un autobus.
Sentiva il bisogno di riordinare i suoi pensieri.

*****

Charles era all'ennesima intervista di quel giorno, la mattinata sembrava non passare mai e lui ogni dieci minuti guardava il suo cellulare, controllava l'ora e compulsivamente apriva WhatsApp per vedere se lei aveva scritto, nonostante non fosse arrivata alcuna notifica.

Era ormai mezzogiorno e gli sembrava strano che non si fosse ancora svegliata, Josie era un'amante delle prime ore del mattino, lo ripeteva spesso: "I profumi e i colori delle prime ore del mattino sono diversi, Charles."
Sorrise e pensò che avesse indubbiamente ragione.

Guardò di nuovo quel maledetto telefono, ma del suo nome nemmeno l'ombra, voleva chiamarla e sapere se aveva letto il suo biglietto, se lo stava aspettando.
Era impaziente che quella giornata finisse, voleva tornare a casa e scoprire se lei fosse rimasta.
Voleva guardare i suoi occhi, respirare di nuovo il suo profumo, sentire ancora quell'odore di vaniglia di cui non poteva più fare a meno.


Pensò a quando nel letto gli aveva sussurrato: "Ho paura di perderti."
Era vero?
Aveva davvero paura di perderlo?
E perché?
Queste erano le domande che si era fatto tutta la notte, restando sveglio ad ascoltare il suo respiro e tenerla stretta a sé, aveva il terrore di addormentarsi per paura che al risveglio lei non ci sarebbe stata, realizzando così che era stato solo un altro sogno. 
Ma lei era realmente lì, ed era la creatura più bella che avesse mai visto.

«Charles, scusa se ti ho fatto aspettare.», disse una voce stridula all'improvviso, strappandolo da quei pensieri.
Si voltò e vide una donna dai capelli rossi in un completo nero.
«Nessun problema.», rispose educatamente il monegasco.

La seguì e si sedettero in uno dei tanti divanetti della hall dell'albergo, pronti per iniziare la loro chiacchierata.
Quella era l'ultima intervista della mattinata, poi tutto si sarebbe concentrato nel pomeriggio. Aveva un servizio fotografico come testimonial, sul tardi delle questioni burocratiche da risolvere e poi una sezione di allenamento con Andrea.
Se era fortunato, poteva essere a casa per le nove.
E il suo pensiero andò di nuovo a lei, guardò ancora il suo cellulare trovando diversi messaggi ma nessuno veniva da lei.

La donna davanti a lui sorrise e domandò: «È tutto ok? possiamo iniziare?»
«Oh sì, sì, certo, scusami, è che mi sono svegliato presto...», si giustificò lui per la sua distrazione.
«Vuoi un caffè?»
«No, no, sto bene così, grazie.»
«Ok, allora inizio subito. Com'è essere un uomo in rosso?»
Sorrise alla domanda, aveva risposto a quella già quattro volte, e ovviamente la risposta era sempre la stessa.
«Fantastico!»
Come poteva dire diversamente? Era il suo sogno da che era bambino, perciò la risposta non poteva essere un'altra.

La donna continuò con le sue domande ormai parecchio familiari a lui: «La tua rivalità con Verstappen?», «Hamilton è l'uomo da battere?», e via via una dietro l'altra.
Rispose a tutte senza perdere mai la concentrazione, nonostante la sua mente vagasse ancora a quei due grandi occhi nocciola.

*****

Dopo essere tornata a casa ed essersi fatta una doccia, Josie si vestì velocemente e guardandosi allo specchio decise di truccarsi un po', il necessario per coprire il livido che aveva sulla fronte.
Una volta pronta scese le scale e andò allo CHERIE.

Appena entrò in cucina vide Agata ai fornelli, il suo solito posto.
La donna le sorrise e la salutò: «Buongiorno, Josie!»
«Buongiorno, Agata, Maggie dov'è?», chiese la ragazza guardandosi intorno.
Agata non ebbe il tempo di risponderle che una voce dal magazzino urlò: «Sono qui! Arrivo!»
Dopo la sua voce arrivò un grande tonfo e poco dopo uscì sua sorella maggiore: aveva i capelli coperti di farina e agitava le mani in aria, con l'intento di spostare la polvere bianca svolazzante.

Josie sorrise alla vista di fronte a lei.
«Maggie, ma che stavi facendo?»
«Oh, niente, dobbiamo rifare l'ordine e contavo i sacchi della farina, diciamo che ci stavo litigando. Tu...? È tutto ok?», domandò la maggiore con un tono decisamente curioso, ed uno sguardo da fare invidia ai migliori detective, impaziente di ascoltare il racconto della sera precedente.
«Diciamo di sì, o almeno credo. Forse tanta confusione.», replicò Josie giocherellando con il suo braccialetto e con lo sguardo fisso su di esso.

«Sì, vedo... Immagino sia meglio fare una bella chiacchierata, ma non ora.», osservò Maggie, guardando l'orologio appeso al muro che segnava ormai mezzogiorno passato.
«Tra poco il servizio per il pranzo prenderà il sopravvento, ma parleremo subito dopo, ok?», continuò Maggie, cercando di non trascurare lo sguardo della sua sorellina che appariva davvero molto confuso.
«Certo, Maggie, grazie.»
Josie sorrise debolmente.

Entrambe si dedicarono ognuna ai propri compiti come di consueto, Maggie continuò a preparare gli ordini per i fornitori e intanto gestiva i camerieri che già si alternavano tra sala e cucina. Josie invece andò in sala ed iniziò a preparare i tavoli, il suo pensiero però tornava a Charles e alla scelta che aveva fatto.


Poche ore dopo, la stanza si era già sfollata, i clienti svanivano per tornare alla loro routine lavorativa e la tranquillità era tornata a fare da padrona nella grande sala dello CHERIE.
Josie stava caricando l'ultimo ciclo di stoviglie, i camerieri avevano finito il loro turno e anche Agata se ne stava andando, dandole l'ultimo saluto.

Pochi istanti dopo, Maggie uscì dalla cucina, la guardò e sorridendo propose: «Facciamo quella chiacchierata?»
Josie le rivolse uno sguardo carico di gioia, preoccupazione e tanta confusione, sorrise a sua volta e ribatté: «Preparo il caffè?»
«Certo!», esclamò Maggie.
Una volta che il caffè fu pronto, si sedettero una di fronte all'altra al loro solito tavolo.
La loro mamma, Abigail, gli aveva dato un nome: "Il tavolo delle confidenze".

Lei diceva che a quel tavolo, davanti ad una tazza di caffè, ci si poteva raccontare tutto, qualsiasi dubbio, emozione o paura. E una volta che ne avessero parlato tutto si sarebbe sistemato.
Be', ovviamente quando erano piccole solo ad Abigail era concesso il caffè, a loro spettava solo un succo. Ora erano adulte ed il caffè aveva sostituito il succo.

Josie non sapeva da dove iniziare e si abbandonò al silenzio, così Maggie decise di rompere il ghiaccio ed iniziare il discorso: «Allora mi vuoi raccontare cos'è successo ieri sera?»
Josie la guardò demoralizzata.
«Non so da dove iniziare...»
«Puoi iniziare dal livido sulla tua fronte.», disse Maggie sorseggiando il caffè.
La sorella la guardò di nuovo, deglutì a fatica e iniziò il racconto di quella sua lunga serata.
Maggie ascoltò in silenzio fino all'ultima parola e Josie concluse con enfasi dicendo: «Ti prego, Maggie, non giudicare Carlos. Ha sbagliato, ma era confuso e arrabbiato, ed in gran parte lo era per colpa mia, avevi ragione tu su tutto.»
Maggie la lasciò finire e poi sospirando, con calma rispose: «Josie, non giudico nessuno, Carlos ha sbagliato e, credimi, è meglio per lui che da me non si faccia vedere per un po', un bel po'. Ma per fortuna non è successo niente, e questo è l'importante.»

Fece una piccola pausa e Josie annuì con la testa. Poi Maggie aggiunse: «E comunque credo che a sistemare Carlos ci abbia già pensato Charles...»
Josie alzò la testa di scatto, guardando confusa sua sorella. Non era scesa nei dettagli di quella parte del racconto, anche perché nemmeno lei sapeva cosa fosse successo quando Charles aveva raggiunto gli altri.

Era morta dalla voglia di chiederglielo quando il monegasco era rientrato in macchina, ma non lo aveva fatto, scegliendo di credere che lui avesse mantenuto la sua promessa.
Appena però la sorella aveva fatto quell'affermazione, era stata travolta da mille dubbi.
«Di che parli, Maggie?»
«Stanotte Daniel mi ha chiamato e mi ha raccontato tutto.», confessò Maggie sotto lo sguardo della piccola Josie.
«Che vuol dire tutto? Cosa sai che io non so?!»
«Niente, Josie... Niente che tu non sappia, stai tranquilla!», affermò Maggie quando la vide agitarsi.

«Cos'ha fatto Charles? Mi aveva promesso che non avrebbe fatto niente, tu invece hai detto che a sistemare le cose ci ha pensato lui, perché? Cos'ha fatto?», chiese in agitazione la minore delle due.
«Niente, Josie, stai tranquilla... Non ha fatto nulla, a quanto pare ha rispettato la tua promessa.», le disse Maggie sorridendo.
Quando Daniel le aveva raccontato dell'ira di Charles e poi dell'improvviso cambio di atteggiamento del monegasco, trattenendosi dal palese desiderio di spaccargli la faccia, non aveva ben capito il perché, ma ora che Josie aveva menzionato la promessa tutto era chiaro.

Maggie non ne aveva ancora la certezza, ma era sempre più convita che la sua sorellina avesse un po' stregato il bel pilota monegasco.
Aveva più volte provato a fare domande a Ricciardo nel tentativo di capire se sapesse qualcosa, ma l'australiano aveva sempre cambiato discorso e lei, per non insospettirlo, non aveva mai insistito più del dovuto.
Ma più il tempo passava e più lei ne era convinta.
«Di certo avrei preferito gli avesse fatto un occhio nero...», considerò subito dopo la sorella maggiore.
«Maggie!!!», esclamò Josie.
«Cosa?! Era ubriaco, Josie, e guidava come un pazzo di proposito. Poteva succedere qualcosa di brutto e....»
«Non è successo però!!!», la bloccò subito Josie.

Non voleva neanche pensare a cosa sarebbe potuto accadere, non era successo niente per fortuna, e questo era l'importante.
Maggie, vedendo la sorella agitarsi e stringere le mani intorno alla tazza con disagio, si calmò e capì solo in quel momento quanto per lei fosse stato difficile e quanto si era spaventata.
Probabilmente si era anche sentita molto sola e vulnerabile, e ringraziò il cielo mille volte che Charles e gli altri avevano deciso di seguirli. 
Allungò le mani verso di lei coprendo le sue, Josie alzò il viso e Maggie sorridendo disse: «Raccontami di Charles.»

Il suono sdolcinato con cui la sorella pronunciò il suo nome la fece arrossire, abbassò timidamente lo sguardo sul suo caffè e sorrise.
«È stato dolce...», rispose.
«Oh, avanti, Josie, mi hai raccontato di quell'idiota di Carlos e non mi racconti la parte più interessante di tutta la sera?»
Josie posò i suoi occhi su di lei esasperata.
«Non è successo niente di quello che pensi tu, calma il tuo entusiasmo.»

«Lascia decidere a me su cosa entusiasmarmi. Avanti, racconta, e voglio i particolari!», precisò Maggie sistemandosi più comoda sulla sedia.
«Non c'è bisogno di alcun particolare, è stato molto dolce e premuroso, non riuscivo a dormire e sono andata nella sua camera...»
«E brava la mia sorellina! Ma allora sei una ragazza cattiva!!!», esclamò entusiasta Maggie, interrompendola.

«Oh, Maggie, ti prego, puoi smettere di fare la scema?», la intimò Josie ridendo, «Te l'ho detto, non è successo niente di quello che pensi tu, abbiamo passato la notte nello stesso letto ma non è accaduto niente, e va bene così, perché in realtà è stato molto più importante per me.»
Maggie sorrise quando Josie disse quelle parole e ricomponendosi la lasciò parlare.
«Gli ho raccontato di papà e mamma, dell'incidente... E che anch'io ero in quella macchina.»

Maggie si immobilizzò sgranando gli occhi, sulle labbra poi le apparve un piccolo sorriso.
«Wow, Josie, dici sul serio?»
«Sì.», rispose la ragazza, sorridendo anche lei un po'.
Maggie era davvero stupita e felice di quella notizia.
Josie dopo il funerale dei loro genitori non aveva parlato più dell'incidente con nessuno, neppure con lei, tanto che a volte aveva l'impressione che lo avesse dimenticato.

Alcuni mesi dopo l'incidente aveva iniziato a mostrare i primi segni dello sconforto. Si rifiutava di mangiare, passava ore ed ore in assoluto silenzio e durante la notte spesso vagava per la casa in attesa che il sonno la raggiungesse. Non era più sua sorella, era solo una parvenza di lei.

Maggie si trovava persa, impotente di fronte a quello stato di catalessi che sua sorella aveva assunto, aveva deciso quindi di affidarsi ad una psicologa. In seguito era subentrata una psichiatra.
Josie aveva iniziato una lunga terapia assistita, le era stato concesso di restare a casa e lavorare allo CHERIE quando voleva, ma doveva rispettare gli incontri settimanali. Parte del pacchetto erano le sue pillole per farla stare meglio.

La dottoressa aveva spiegato a Maggie che a volte le persone per non soffrire tendono a rimuovere dalla loro mente tutto ciò che suscita un sentimento, qualcosa che potrebbe creare aspettative, delusione o malessere.
Josie stava facendo esattamente quello.
Allontanare da lei la vita e tutte le sue emozioni.

Non provare niente la faceva sentire in una zona sicura, e questo comprendeva non raccontare mai più quello che era successo quella sera.
C'era voluto tanto tempo per cambiare le cose e per tornare in qualche modo alla realtà quotidiana, ma Josie piano piano era riuscita a riprendersi. Aveva portato a termine la terapia e aveva smesso di prendere antidepressivi, ma di quella sera continuava a non parlare.
Charles invece era riuscito dove altri avevano fallito.
Quel ragazzo aveva davvero qualcosa di speciale.
«E lui come ha reagito?»

Josie arrossì di nuovo, per un istante le sembrò di sentire ancora il calore del suo abbraccio e le sue labbra tra i capelli mentre le baciava la testa.
Piacevolmente imbarazzata sorrise e sospirò: «È stato perfetto...»
Maggie si portò una mano al petto ridendo emozionata e con gli occhi lucidi disse: «Non avevo dubbi su di lui.»

Josie sospirò di nuovo e si coprì il viso con entrambe le mani, completamente avvolta da mille emozioni, innamorata, spaventata e insicura, esclamò: «Oh, Maggie...»
«Cosa? Avanti, racconta, che è successo dopo?»
Josie non voleva raccontare tutto a Maggie, lei l'avrebbe travolta con il suo entusiasmo, confondendole di più le idee.
Conosceva sua sorella e l'avrebbe spinta a sperare. Ma lei non poteva sperare in qualcosa, la delusione le faceva troppa paura.
Ma non riusciva a resistere, aveva bisogno di raccontarle tutto, o almeno quasi tutto.
«Niente, te l'ho detto, ci siamo addormentati e alla mattina quando mi sono svegliata non c'era. Mi ha lasciato un biglietto sul tavolo della cucina insieme al caffè.»

«Ti ha preparato il caffè?», chiese Maggie con un tono totalmente smielato.
Come aveva immaginato, sua sorella già fantasticava, era così euforica che fece sorridere anche lei, che aggiunse: «Americano.»
«O mio Dio, il tuo preferito!», precisò Maggie mentre un luccichio le brillava negli occhi, se fosse stato un cartone animato sarebbero stati a forma di cuore.
«Sì, lui sa che amo quello americano.»
«Oh, Josie, è stato davvero molto dolce...», ribatté Maggie ormai pronta a vestire le ali di cupido e lanciare frecce ovunque.
«Sì, è stato dolce.», confermò la più piccola senza aggiungere altro.
«E poi?», insisté Maggie.
«E poi niente, sono tornata a casa.»
«Aspetta, cosa c'era scritto sul biglietto che ti ha lasciato?», si incuriosì Maggie, convinta che la sorellina avesse tralasciato qualcosa nel suo racconto.
«Niente di importante, solo che aveva da fare ed era dovuto andare via presto.», asserì Josie senza guardarla e restando sul vago.
«Josephine Moreno, cosa c'era scritto sul biglietto?!», chiese Maggie con tono severo che non ammetteva repliche, tanto che Josie la guardò per un secondo, poi di scatto si alzò dalla sedia e andò verso il bancone.

Maggie la seguì immediatamente e una volta di fronte a lei, ripeté: «Josie, cosa c'era scritto?»
Aveva capito che la piccola Josie stava nascondendo qualcosa e probabilmente aveva preso una qualche stupida decisione dettata dalla sua testa confusa.
La ragazza, girando compulsivamente il braccialetto che aveva al polso, chiuse gli occhi e tutto ad un fiato rispose: «Mi ha chiesto di aspettarlo.»
Maggie sgranò gli occhi, «E cosa ci fai qui?! Perché non sei rimasta a casa sua?»
«Perché lui non vuole quello che voglio io! Lui mi vede come un'amica, Maggie! Ed io non posso, non riesco ad essere un'amica quando vorrei solo che mi baciasse e abbracciasse. Perciò è meglio troncare questo rapporto ora. Non voglio soffrire.»
«Josie, ma cosa stai dicendo?! Ti è mai passato per la testa che forse anche Charles prova qualcosa per te?!»
«No... cioè, a volte l'ho sperato... ma mi sono sbagliata. Lui è solo gentile, ma è il suo modo di essere. Niente di più.»
«No, non credo sia così, secondo me ti sbagli, ho visto come ti guarda, il modo in cui ti sorride e quello che ha fatto ieri sera, o stamattina... Josie, un ragazzo non guarda tutti in quel modo. E credo che tu debba riflettere un attimo e prendere in considerazione la possibilità che Charles provi qualcosa per te.»
Josie restò in silenzio guardando attentamente sua sorella che aspettava impaziente una reazione, ma all'improvviso la porta dello CHERIE si aprì e Valerie entrò nella sala pronta per iniziare il servizio.

Entrambe le sorelle si girarono a guardarla e Maggie subito spostò lo sguardo all'orologio appeso alla parete che segnava già le 18:30.
Erano state così tanto immerse nel discorso da non accorgersi che il tempo era volato e l'ora della cena stava arrivando.
Salutarono la loro cameriera, Maggie poi, prima di dare il via al lavoro, guardò di nuovo Josie e si raccomandò: «Promettimi che penserai a ciò che ti ho detto, e chiama quel ragazzo, Josie.»

*****

Charles aveva appena finito il suo allenamento, la sua giornata era definitivamente giunta al termine. Entrò in macchina lanciando velocemente il borsone sui sedili dietro e per l'ennesima volta guardò lo schermo del suo cellulare sperando di trovare un messaggio, ma niente, di lei non aveva notizie.
Aveva pensato tutto il giorno di chiamarla, per sentire la sua voce, sapere come stava, ma non voleva risultare asfissiante.
Le aveva scritto su quel biglietto di restare e aspettarlo, sperava davvero di trovarla ancora a casa sua al suo rientro.

Parcheggiò l'auto nel suo garage e recuperò in fretta il borsone, entrò nel palazzo e corse all'ascensore, pigiò più volte il pulsante di chiamata, ma era occupato. Guardò spazientito il led rosso che segnava la sua chiamata ma non attese un minuto di più, si precipitò alle scale e facendo i gradini due a due arrivò alla sua porta.
Si bloccò riprendendo fiato, prese le chiavi dalla tasca ed aprì.
Entrò in casa solo per trovare il suo grande salone al buio.
Lei non c'era, non l'aveva aspettato.
Lasciò cadere il borsone a terra e notò un biglietto sul tavolo, si avvicinò e lo prese tra le mani, riconobbe che non era il suo, tuttavia non lo aprì subito, lasciò qualche secondo alla sua mente di elaborare la delusione di non trovarla lì. Poi in un gesto veloce aprì il foglio.

Grazie per tutto, Charles.
P.S.: Il caffè era buonissimo.
Bacio.
Josie

Restò immobile a guardare quelle righe e mille infinite domande invasero la sua mente. 
"Perché non è rimasta? Perché non ha mandato un normale messaggio invece che scrivere su un foglio queste due righe? Perché ieri sera mi ha detto che ha paura di perdermi e poi è lei che sparisce?!", Charles pensò esattamente quello: lei era sparita, era scappata da lui.
Più leggeva quelle righe e più avevano il suono di un addio.
Prese all'istante il telefono.
Non voleva che lei si allontanasse da lui, non poteva accettarlo, non dopo quella notte.
Digitò il suo nome tra i contatti e la chiamò, ma Josie non rispose.
Guardò l'ora e realizzò che probabilmente le dieci di sera erano un orario di fuoco allo CHERIE, quindi cercò di calmarsi e le scrisse un messaggio.

Da: Charles
Speravo davvero di trovarti a casa una volta qui.
Ma tu non ci sei.
Appena puoi mi richiami?

La sala dello CHERIE era piena, nonostante fosse un banale lunedì sera di metà ottobre, e lei era bloccata dietro il bancone a fissare quel messaggio sul display del suo iPhone.
Il cuore le batteva forte nel petto e le labbra contro il suo volere sorridevano mentre leggeva e rileggeva quel messaggio.
Davvero sperava così tanto di trovarla lì?
E se Maggie avesse avuto ragione? Se lui provava qualcosa e lei non se ne era resa conto?
Era facile sperare e credere in quello che le aveva detto Maggie, ma lei non poteva permetterselo, perché il suo cuore non avrebbe retto un'altra delusione.
La ragione spazzò via quel sorriso dalle sue labbra e decise di continuare a lavorare e rispondere solo successivamente al messaggio.
Ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni e, sentendosi osservata, alzò la testa per vedere Maggie che la fissava.
«Era lui, vero?»
Josie annuì.
«Gli risponderò a fine serata, c'è troppa gente ora.»
E continuò il servizio ignorando lo sguardo di disapprovazione della sorella.

*****

Le lancette dell'orologio segnavano le 23:30 precise quando la sala si svuotò completamente.
Josie prese il cellulare e rispose al messaggio che l'aveva rapita per tutta la sera.

Da: Josie
Ciao, Charles, grazie per ieri sera.
Sei stato gentile con me.
Ma ho bisogno di stare un po' per conto mio.

Scrisse, cancellò e riscrisse di nuovo quel messaggio almeno dieci volte prima di inviarlo.
Non era veramente ciò che voleva scrivere, ma era la cosa giusta da fare.
Giusta per lei.
La risposta di Charles arrivò pochi secondi dopo.

Da: Charles
Non capisco. Che succede?
Ho fatto qualcosa di sbagliato?

Leggendolo il cuore le si spezzò.
«No, Charles, tu sei perfetto, niente è sbagliato in te.», bisbigliò passandosi una mano sul viso.
Josie decise di essere più diretta possibile.

Da: Josie
No, non hai sbagliato niente.
Non posso essere tua amica, Charles.
Scusa.

Josie vide che Charles visualizzò il messaggio ma non rispose.
Attese qualche minuto guardando lo schermo, ma niente, la sua risposta non arrivò. 
Fu l'ennesima prova di ciò che lei già sapeva: per lui era solo un'amica e basta, "Un ragazzo interessato avrebbe insistito...", considerò Josie tristemente, sentì gli occhi iniziare a bruciare e le prime lacrime formarsi, ma si obbligò a non piangere.

Chiuse la schermata di WhatsApp e si affaccendò per la chiusura del suo locale.
Le due sorelle spensero l'ultima luce dello CHERIE ed uscirono dalla porta laterale.
La prima a varcare la soglia fu Maggie, Josie la stava seguendo quando si accorse di non avere con sé le chiavi.
Si girò e tornò dietro al bancone dove le aveva viste l'ultima volta, ma, non trovandole, chiese alla sorella ormai fuori: «Maggie, hai preso tu le chiavi?»
Ma Maggie non rispose, lentamente attraversò di nuovo il locale e uscì dalla porta.
«Maggie, hai...?», fece per ripetere ma si bloccò all'istante, appena vide il motivo per cui sua sorella guardava immobile davanti a sé senza risponderle.

Charles era ad un paio di metri da loro, addosso aveva una felpa grigia e un pantalone della tuta, i suoi capelli erano spettinati ed il ciuffo davanti, senza gel, ricadeva libero sulla sua fronte.
Aveva l'aspetto di essere uscito di fretta così come si trovava in casa.
E agli occhi di lei era uno spettacolo.
«Che ci fai qui? É tardi.», esordì Josie con voce tremante.
«Possiamo parlare?», chiese lui.
Lei era profondamente sorpresa dalla sua presenza, così tanto che continuava a fissarlo senza pronunciare nemmeno una sillaba di risposta.

Maggie vide sua sorella in difficoltà e cercò di sciogliere un po' la situazione: «Josie, io salgo, ti lascio le chiavi sulla porta, ok?»
Poi voltandosi verso il monegasco e sorridendogli disse: «Buonanotte, Charles.»
Josie rispose con un debole "ok" alla sorella e tornò a guardare il ragazzo di fronte a lei.
«'Notte, Maggie.», rispose Charles, salutando la maggiore.

Appena rimasero soli, lui senza distogliere gli occhi da quelli di lei si avvicinò appena.
«Ho bisogno di sapere perché, Josie.»
«Charles, ti prego, ne abbiamo già parlato.», asserì lei debolmente.
«No, non è vero. E poi ieri sera... pensavo... insomma, credevo...», fece una pausa, «Voglio solo sapere perché.», le chiese ancora, avvicinandosi un po' di più a lei.
«Charles, ti prego...», sospirò Josie, implorandolo con lo sguardo.
Ma lui non era intenzionato a mollare.
Non era disposto a rinunciare a lei.
Voleva che gli desse un motivo valido per cui lo stava allontanando.

Fece altri due passi verso di lei.
«Voglio sapere perché, Josie. Perché mi stai allontanando?», le domandò con tutto il sentimento per lei che aveva nel cuore, guardandola profondamente negli occhi.
«Charles, noi non possiamo es...»
«No, non mi basta un "non possiamo", voglio un motivo!»
«Te l'ho detto il motivo: noi vogl...»
«È per Carlos? Non ha senso se è per lui, è uno stronzo, Josie! Guidava ubriaco come un pazzo e ti ha messo in pericolo fregandosene di tutto, e tu...»
«Non è per Carlos!!! Sono io... è un mio problema!», esclamò la ragazza con voce tremante, cercando di fermare il fiume di parole a cui lui stava dando libero sfogo.
«Allora dimmi perché! Parla con me, Josie!»
Fece l'ennesimo passo avanti verso di lei, desiderando disperatamente la sua vicinanza.
I loro sguardi erano incollati, come se fossero legati da un qualcosa di più grande di loro.

Entrambi iniziarono a parlare contemporaneamente in modo frenetico, quasi senza ascoltare cosa diceva l'altro.
«Non posso, Charles, vogliamo cose diverse, io...»
«Lo so, ho sbagliato a baciarti, io sono...»
«...pensavo di sì, ma quel bacio ha cambiato tutto ed io...»
«...sono stato uno stupido, e posso mettere da parte ciò che pro...»
«...non posso perché sono innamorata di te!», concluse Josie alzando la voce e Charles si bloccò immediatamente fissandola a occhi sgranati.
«Che hai detto?»
Entrambi senza rendersene conto, travolti dai loro discorsi, si erano avvicinati così tanto che potevano sentire perfettamente l'uno il respiro dell'altro.
Gli occhi di Josie erano pieni di lacrime e il suo viso era leggermente arrossato, inspirò profondamente e disse di nuovo: «Non posso essere tua amica perché sono innamorata di te e so che tu non provi lo stesso perciò...»
Ma non riuscì a finire la frase perché Charles afferrandola per la vita la strinse a sé e la baciò.
Un bacio dolce, intenso ed emozionato.
Un bacio così atteso che lui si prese tutto il tempo per assaporare le sue labbra, per poi schiuderle e gustare il suo sapore.
Josie fu sorpresa da quel gesto inaspettato, per un breve secondo restò inerme tra le sue braccia, ma non appena sentì il suo calore rispose al bacio, appoggiò delicatamente le mani sul suo petto e pian piano le portò fino al collo, accarezzando i suoi bei capelli scuri.
Charles, incitato da quel gesto, approfondì il bacio e mentre le loro labbra danzavano Josie sospirò il suo nome: «Charles...»
Lui non le permise di dire altro, la strinse più forte a sé baciandola ancora più intensamente.
Lei si arrese completamente a lui, lasciando che il suo cuore esplodesse di gioia.

Ormai senza fiato, Charles lasciò le sue labbra e appoggiò la fronte a quella di lei, guardò i suoi occhi ancora una volta pieni di lacrime, ma la vide anche sorridere debolmente.
«Devi smetterla di baciarmi così.», sussurrò lei.
«E tu devi smetterla di piangere ogni volta che lo faccio.», le rispose baciandole il naso.
«Hai ragione.», affermò lei ridendo.
«Sì.», bisbigliò Charles guardando attentamente i suoi occhi senza spostarsi neanche di un millimetro da lei.
Se avesse potuto avrebbe fatto durare quel momento in eterno. Inspirò la sua pelle sfiorando con il naso e le labbra il suo viso.
«Profumi di buono.», le sussurrò.
«Odoro di cucina, Charles...», ribatté lei ridendo.
Era bellissima quando rideva, soprattutto quando era lui a farla ridere, considerò completamente perso in lei.
«No, profumi di torta di mele.», precisò.
Lei arrossì e, sorpresa da quell'affermazione, corrugò un po' la fronte.
Charles rise e abbassando sconcertato la testa le domandò: «L'ho detto ad alta voce, vero?»
Rise imbarazzata anche lei.
«Sì, l'hai fatto, ma mi è piaciuto.»
Alzò di nuovo la testa e guardandola senza aggiungere altro dolcemente la baciò di nuovo.
Troppo breve fu quell'ultimo bacio perché Josie si staccò e a bassa voce disse: «È tardi, e tu domani hai un aereo da prendere.»

Charles sarebbe dovuto partire per il Messico, aveva la gara quel fine settimana e per via del fuso orario avevano anticipato di un giorno la partenza.
Ma in quel momento a lui non interessava, voleva solo stare lì con lei.
«Non preoccuparti per me.», rispose e stringendola più forte a sé sfiorò ancora le sue labbra, «Resta ancora un po' con me.»
Lei sentì il suo cuore sciogliersi a quelle parole.
"Si può essere così felici da rischiare di morire?", si chiese guardando gli occhi che tanto amava.
Ancora non credeva a ciò che stava succedendo.

Sembrava tutto un sogno, troppo bello per essere vero, ed invece era la realtà, ma nella realtà c'erano anche delle responsabilità.
Si allontanò un po' dal corpo di Charles per poter riacquistare il controllo e ristabilire il regolare battito del suo cuore e seria disse: «Devo parlare con Carlos, prima. Non ci parlo da ieri, non ho risposto alle sue chiamate e ai suoi messaggi, e non è giusto. Io non sono così. Ha sbagliato, ma gli devo parlare di persona. Chiudere la cosa.»

Il monegasco strinse le labbra e guardò a terra, quello che lei diceva aveva senso, Josie aveva tutto il diritto di chiarire con lui, che fino a prova contraria credeva ancora di essere il suo ragazzo.
Perciò, anche se a malincuore, concordò: «Ok.»
«Forse ci vorrà qualche giorno, sai, per via del Gran Premio... Devo aspettare che torna...», spiegò Josie con il timore di urtare la sua sensibilità.
«Sì, lo so... Lo capisco.», rispose lui continuando a guardarla.
Non faceva i salti di gioia al pensiero che lo rivedesse, ma sapeva che non poteva fare nulla per impedirlo, e comunque non sarebbe stato giusto.

Scese il silenzio tra loro mentre si guardavano e dopo un istante lei imbarazzata disse: «Ok... è meglio che vado... Si sta facendo tardi.»
«Posso chiamarti? Voglio dire... domani e dopodomani ancora... posso chiamarti anche se non hai chiarito con lui?»
Il suo sguardo era incatenato ai suoi occhi e in silenzio aspettava una risposta da lei.
Josie gli sorrise, uno dei più bei sorrisi che lui le avesse visto fare.
«DEVI chiamarmi, Charles.»
Dolcemente gli baciò la guancia, si girò e varcò il suo portone.
Charles alzò la testa al cielo e all'improvviso gli sembrò più luminoso, sorrise alle stelle e continuando a guardarle sospirò un vittorioso "sì".

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N.B. È tardi ma non volevo andare a dormire prima di pubblicarlo 😍.
Spero tanto vi piaccia ❤️ notte notte.
Mi fate felice se mi regalate una stellina.

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