8 - Attesa
Abel non stava bene per niente. Da quando aveva parlato con Azaly era teso, aveva lo sguardo perso e non proferì parola per tutto il tragitto fino a casa. Avrei avuto tantissime domande da fargli, ma preferii trattenere la curiosità e limitarmi a qualcosa che lo facesse stare meglio.
«Ehi, Abel... io so dove abita Chris. Anche se è domenica, domani potresti andare parlare lo stesso con Azaly» provai a proporgli.
Lui continuò a fissare il vuoto. «Meglio di no, preferisco avere un giorno in più per decidere come comportarmi. La vedrò lunedì mentre tu e Chris siete a scuola. Sicuramente anche lei sta pensando la stessa cosa».
«Ah, va bene».
Restò di nuovo in silenzio, e questa volta preferii assecondarlo. Una volta arrivati a casa, mi aiutò a cucinare e mangiò con me come sempre, ma era chiaro che si stava forzando. Così, dopo un'altra mezz'ora di pesante silenzio in casa, non sopportai più la situazione e decisi di parlare.
«Abel» iniziai esitando. «Come stai?».
Non rispose subito. «Io... non lo so».
Sembrava molto confuso... mi guardò e sembrò notare solo allora la mia preoccupazione per lui. Forse per questo iniziò finalmente a parlarmi.
«Ho condiviso con lei quasi tutta la mia vita e mi mancava, perciò sono felice che ora sia qui. Il problema è che la nostra situazione è troppo precaria per restare in questo modo».
Naturalmente. E non era difficile immaginare come sarebbe cambiata. «Ora che non siete più lontani, di sicuro Azaly ti chiederà di tornare insieme».
«Non è propriamente per la distanza che ci siamo lasciati. Quella è stata solo la scintilla».
Ora, più che confuso, sembrava in imbarazzo. Non potevo biasimarlo, ma ormai la cosa mi riguardava troppo da vicino e avevo bisogno di sapere.
«E allora perché?» insistei.
Nessuno dei due pensava a mangiare. Io prendevo qualche piccolo boccone sporadico, mentre Abel non faceva altro che rigirare gli spaghetti nel loro sugo. Aveva gli occhi bassi, seminascosti dai capelli liscissimi che gli ricadevano sulla fronte. Mi faceva male vederlo in quello stato.
«Il motivo principale è che litigavamo troppo spesso».
«Possibile? Lei sembra così tranquilla... e anche tu lo sei» mi stupii.
«Forse, ma la pensiamo diversamente su molte cose. Lei è il mio opposto, è... il prototipo dell'angelo perfetto». Tornò a guardarmi, accennando un sorriso che stonava con quelle parole così dure. «Ha un forte senso della giustizia ed è estremamente razionale. Fa sempre la cosa giusta e quando decide di dedicarsi a qualcosa o qualcuno lo fa senza riserve».
«E tu saresti l'opposto di questa descrizione?» ripetei incredula.
Rise, ma io ero seria. Anche lui mi sembrava quello stesso tipo di persona e poi non mi piaceva che idealizzasse così tanto quella ragazza. Che stupida, ero di nuovo gelosa di lei.
«Sì» mi confermò. Sorrideva ancora, ma era chiaro che dietro a quel sorriso nascondesse tutt'altro stato d'animo. «Io sono istintivo, spesso seguo le emozioni piuttosto che la ragione. Azaly mi diceva continuamente che dovevo fare quello che era più giusto, ma per me non era facile come per lei, così spesso finivamo col discutere».
Istintivo lui? Ma se metteva sempre me al primo posto... «Non è vero, non sei istintivo. Non lo sei mai stato da quando sei qui».
«Ah no? E quello che è successo ieri notte?».
Sussultai. Non mi aspettavo che ne avrebbe riparlato. «Quello è stato colpa mia».
«No, Sarah, quella decisione riguardava la tua vita e io non dovevo interferire, invece mi sono arrabbiato e in più ti ho fatta preoccupare andandomene via». Si interruppe in un sospiro di pentimento. «Questo non è un comportamento angelico, Azaly non l'avrebbe mai fatto. Anzi, è stata lei a proporre a Chris di farti andare da lui, nonostante il sacrificio che questo avrebbe comportato. Ed è normale che tu abbia considerato la sua proposta, perché dal punto di vista razionale era la soluzione migliore per entrambi». Fece un altro lungo sospiro. «Non scherzavo quando dicevo che le somigli, spesso ragionate allo stesso modo... In ogni caso, se Azaly venisse a sapere quello che ho fatto si arrabbierebbe molto, e farebbe bene».
L'idea di deluderla sembrava creargli una frustrazione enorme. Povero Abel, chissà quanto doveva starci male...
«Non è così, era una questione che riguardava anche la tua vita» lo giustificai.
Lui scrollò la testa. «No, Sarah, è questo il punto. Io sono qui per farti stare meglio, non per farti perdere delle opportunità. Ieri notte ho sbagliato e ti chiedo scusa per questo». I suoi occhi sembravano pregarmi di accettare le sue parole.
«Non scusarti, al tuo posto anch'io avrei reagito così».
«Ma tu, Sarah, sei umana. È diverso».
A questo non seppi proprio cosa ribattere. Fino a che punto la natura degli angeli poteva distaccarsi da quella umana? Odiavo pensarlo così diverso da me e, soprattutto, odiavo che lui mi considerasse così diversa da sé.
Abel si alzò e ripose il suo piatto in frigo, dicendo di non avere proprio voglia di mangiare. Lo capivo, ma prima di lasciarlo andare volevo dirgli cosa pensavo di quella situazione.
«Abel». Mi servì un momento di pausa per trovare il coraggio di andare contro i miei stessi interessi. «Io credo... che dovreste riprovarci. Da come ne parli si vede che sei ancora innamorato di lei».
Si appoggiò a un ripiano della cucina con un sospiro carico di preoccupazione. «La stima e l'amore sono due cose diverse» sussurrò appena.
Noi due avevamo la stessa età, eppure, in quel momento, Abel mi apparve molto più maturo di me. E ancora più distante.
«Non mi sembra che la tua sia solo stima, a giudicare da come ti fa sospirare» dovetti ammettere.
La mia mente e il mio cuore andavano in due direzioni opposte. Sapevo che per Abel la cosa migliore era stare con Azaly, ma se si fosse riavvicinato a lei io sarei passata al secondo posto, proprio come ora. In questo momento eravamo insieme, certo, ma la sua mente era ben lontana da me: mi trapassava proprio come il suo sguardo.
«Forse hai ragione, ma io non ho intenzione di fare nulla. Aspetterò di sapere cosa vuole lei» decise infine.
«Sì, forse è la cosa migliore».
Avevo iniziato a pulire le stoviglie per nascondergli il mio stato d'animo, ma fu inutile. Abel se ne accorse non appena i suoi occhi tornarono su di me e subito mi costrinse a girarmi per guardarlo.
«Tutto bene? Sembri preoccupata».
«Ti sbagli, non sono preoccupata» mentii spudoratamente, un po' rincuorata da quel lieve contatto con cui mi tratteneva.
«No, non mi sbaglio. Ehi, non avrai paura che questo cambi le cose tra di noi, vero?» indovinò. E ora? Se anche avessi mentito l'avrebbe capito di sicuro. «Non cambierà nulla».
«Come no» mormorai quasi senza accorgermene, e ovviamente la mia risposta non gli piacque.
«E' la verità, Sarah. Io sono qui per te, sono nato per te, come puoi pensare che possa cambiare qualcosa ora che finalmente ti ho incontrata?».
Restai in silenzio. Sarebbe stato più giusto chiedersi come avrebbe potuto non cambiare qualcosa, ma desideravo che Abel vivesse anche per se stesso ed era chiaro che la cosa migliore, per lui, era avere la sua Azaly accanto.
«Vedrai, ti dimostrerò che è così» decise, notando forse il mio sguardo incerto.
«Va bene».
Fuggii sul divano per non doverne più discutere. L'espressione angosciata di Abel mi stringeva il cuore, ero stata un'egoista a non chiedergli mai nulla del suo passato. Chissà quante volte aveva pensato ad Azaly senza che potesse parlarne con nessuno...
«E' da molto che vi siete lasciati?» cambiai argomento, vedendo che non era intenzionato a lasciarmi sola.
Abel mi venne accanto, rassicurandomi con il suo calore e la sua vicinanza. «No, l'ho fatto poche ore prima di arrivare qui».
Sgranai gli occhi dalla sorpresa. «Il giorno stesso?».
Annuì appena. «Ho aspettato fino alla fine perché non ne trovavo il coraggio; ci sono riuscito solo quando ho capito che stavo per andarmene».
«Perciò quando sei arrivato avevi appena lasciato la tua ragazza!».
Mi sentivo tremendamente in colpa. Quel giorno ero così sconvolta dalla sua apparizione che non mi ero affatto preoccupata di come potesse sentirsi lui. Aveva appena perso la sua ragazza e subito dopo era stato trascinato in un mondo sconosciuto in cui nessuno poteva vederlo, completamente solo. La pazienza con cui aspettava che lo accettassi doveva essergli costata molto più di quanto pensavo. Come poteva dirsi istintivo? Anche ora, nonostante tutto, stava pensando solo a rassicurare me.
«Non devi preoccuparti, Sarah. Non appena sono arrivato qui, il mio pensiero principale sei diventata tu ed ogni cosa è andata al suo posto» mi tranquillizzò, infatti.
Senza nemmeno accorgermene, appoggiai il viso sulla sua spalla. Era calda e rassicurante... «Mi dispiace per tutto quello che hai passato, Abel» sussurrai.
«Ormai è una vecchia storia, non pensarci più».
Accettai con un cenno silenzioso, in modo da chiudere il discorso e provare a distrarlo un po'. In effetti sapevo già come fare.
«Abel, stavo pensando a una cosa: visto che domani avremo la giornata libera, ti va di fare un giro fuori città?».
Di recente mi ero informata sui parchi naturali della mia zona e ne avevo trovato uno che sicuramente avrebbe amato. Forse la natura lo avrebbe aiutato a riprendersi un po' da tutto quello stress.
Come immaginavo, Abel accettò con entusiasmo. Restammo insieme sul divano ancora per un po', a cercare conforto reciproco, poi mi misi sui libri e non mi alzai fino a che non finii tutti i compiti per il week end. In questo modo, la domenica sarebbe stata solo per noi.
*
Impiegammo un'ora e due autobus per raggiungere il parco naturale, ma il posto valse tutta la fatica del tragitto. Era bellissimo: c'erano zone curate ed altre lasciate a se stesse, un lago artificiale e perfino un boschetto pieno di piccoli animali che riempirono Abel di entusiasmo, dato che nel suo mondo non ne esistevano. Passeggiammo a lungo, pranzammo al sacco e poi ci riposammo sdraiandoci su un telo fino al tramonto. Si stava benissimo.
Tornammo a casa stanchissimi. Abel era stato bene per tutto il giorno, ma a cena non toccò cibo perché era di nuovo teso per l'indomani. Mi ringraziò molte volte per averlo distratto dal pensiero di Azaly ed io ero davvero felice che fosse stato bene, ma viste le sue condizioni, evidentemente, non ero riuscita nel mio intento fino in fondo.
Arrivai al mattino seguente di pessimo umore, tesa all'idea che Azaly potesse portarmi via l'affetto del mio angelo e soprattutto preoccupata per Abel, per il quale la questione era molto più seria di una semplice e infantile possessività.
Quando mi lasciò andare in classe sembrava tranquillo, ma non mi ingannava, stava solo cercando di non farmi preoccupare. Inutilmente.
«Buona lezione, a dopo» mi salutò con un sorriso.
«Grazie». Provai a sorridere anch'io, ma la mia voce mi tradì.
«Perché sembri essere più in ansia di me? Stai solo andando a scuola» scherzò.
Io, però, non ero in vena di scherzi. Avevo paura di come sarebbero cambiate le cose e non fui in grado di nasconderlo. «Ricorda che hai promesso, Abel. Non deve cambiare nulla».
Evitai di guardarlo e subito fuggii in classe, percorrendo l'ingresso affollato di studenti quasi correndo. Che infantile che ero...
Le ore passarono lentamente. Ci furono due lunghe ore di matematica, storia e poi finalmente la ricreazione, ma anche se potevo uscire dalla classe sapevo che non era il caso di disturbarlo.
«Sarah, smettila di preoccuparti! Ti si legge in faccia che pensi al tuo angelo, vedrai che andrà tutto per il meglio». Chris si era avvicinato senza che me ne accorgessi. Nonostante le parole severe, era più che sorridente.
«Tu invece sembri molto allegro» notai.
«Beh sono felice per Azaly. Di sicuro lei e Abel saranno tornati insieme».
Sussultai, faticando a non alzare la voce. «Come fai a dirlo?».
«Beh, perché ne ho parlato con lei. E' ancora innamorata di Abel e le ho consigliato di provare a tornarci insieme».
Per un momento odiai il povero Chris, che aveva consigliato ad Azaly di proporre al mio angelo di fidanzarsi con lei. Lui invece trasudava entusiasmo da tutti i pori, sarebbe stato sinceramente felice di vederli insieme, così come avrei dovuto esserlo anch'io.
«Mi auguro che abbia accettato» continuò con un sorriso a trentadue denti. «Azaly merita di essere felice anche nel nostro mondo e scommetto che tu pensi lo stesso di Abel».
«Ehm, certo».
Il senso di colpa mi colpì così violentemente che stropicciai il quaderno che stavo riponendo nello zaino. Perché non riuscivo a pensarla come lui? Abel non meritava il mio egoismo.
«Ehi, che fate lì da soli?» ci interruppe una voce maschile.
«Vogliamo partecipare anche noi, di che parlate?».
Simon e Matthew ci avevano visti in disparte e si erano avvicinati. Non erano mai stati un granché in quanto a delicatezza, soprattutto Simon. E ora?
«Ci lamentavamo di matematica» fu la scusa pronta e salvifica di Chris.
Da quel momento iniziammo a lamentarci degli esercizi; al discorso si unirono anche Diane e Melanie e così, grazie a tutti loro, almeno il quarto d'ora della ricreazione trascorse gradevolmente.
Passate le ultime due lunghissime ore di lezione, non fui affatto sicura di voler sentire le novità che Abel aveva da dirmi, al contrario di Chris che corse letteralmente via dalla classe.
Uscii anch'io poco dopo e trovai il mio angelo ad aspettarmi al cancello, da solo. Quando lo vidi non riuscii a chiedergli nulla e inaspettatamente nemmeno lui mi parlò di Azaly. Che strano, sembrava che non fosse successo nulla di rilevante, eppure Azaly doveva avergli chiesto di tornare insieme e Abel mi aveva già detto che in quel caso avrebbe accettato. Che lei non avesse avuto il coraggio di parlagli? Qualcosa non tornava, eppure, nel vedere che era rimasto tutto come prima, mi sentii incredibilmente sollevata.
Abel passò l'intero pomeriggio in giardino senza far nulla, ma la sera si dedicò a me con la gentilezza di sempre, e questo mi tranquillizzò del tutto. Andai a dormire convinta che tra loro fosse rimasto tutto in sospeso, e solo il mattino dopo, appena arrivata in classe, realizzai che avrei potuto chiedere notizie a Chris.
Non persi tempo a andai a sedermi sul suo banco per parlargli, come a volte faceva lui con me.
«Chris, per caso hai saputo cos'è successo tra Abel e Azaly?» iniziai.
«Certo, ma perché lo chiedi a me?». Domanda più che lecita... «Non l'hai saputo?».
«Ehm, non ho proprio avuto tempo di parlarne con Abel» inventai.
«Che strano» si stupì. Nemmeno immaginava quanto sembrasse strano a me. Per fortuna Chris non faceva troppe domande quando era entusiasta di qualcosa. «Beh, è proprio come speravamo, stanno di nuovo insieme».
«Ah».
Strinsi i pugni sul banco. Non riuscivo a crederci, si erano rimessi insieme e Abel me lo aveva nascosto.
«Sarah? Stai bene?» si preoccupò, vedendomi forse sbiancare.
«Sì, scusami, è che non so che dire. E'.... una bella notizia».
Era così contento per loro che non si accorse di quanto falso fosse il mio sorriso. Nel frattempo, decine di domande si stavano già affollando nella mia mente: per quale motivo non me l'aveva detto? Come sarebbe cambiato il nostro rapporto? E se litigare con lei lo avesse fatto soffrire ancora?
Faticai a mostrarmi allegra davanti a Chris. Per la prima volta nella mia vita, fui felice di iniziare le lezioni.
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