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6 - Cambiamenti

Fui distratta dal pensiero di Abel per tutta la durata delle lezioni. Se fosse riuscito a trovare quell'angelo sarebbe stata una bellissima notizia, eppure mi sentivo irrequieta, perché non sapevo che conseguenze aspettarmi da una novità del genere. Sarei passata in secondo piano? Abel avrebbe passato meno tempo insieme a me? Purtroppo era molto probabile... e non avrei avuto alcun diritto di risentirmene.

Al termine delle lezioni mi avviai verso l'uscita in fretta, nella speranza di trovare il mio angelo davanti al cancello, ma Chris - che era rientrato quel giorno - mi raggiunse sul portone d'ingresso.

«Sarah, torniamo a casa insieme?». Avrei dovuto aspettarmelo.

«No, scusami, ho dei giri da fare» inventai senza nemmeno rallentare. Se fuori ci fosse stato Abel non potevo di certo perdere tempo con Chris.

«Allora puoi dedicarmi un minuto? Devo dirti una cosa».

Mi fermai a guardarlo, notando solo in quel momento che il mio amico era teso. Mi raggiunse e continuò a camminare accanto a me.

«Va bene, che volevi dirmi?» mi arresi.

«Non è una cosa che si dice così su due piedi, però... beh, ho una proposta per te e sarei davvero felice se accettassi».

Annuii per incoraggiarlo. Eravamo quasi arrivati al cancello e Chris non si decideva a parlare, inoltre non vedevo Abel, e a quel punto iniziavo davvero a preoccuparmi per lui.

«Il fatto è che mi vergogno un po'» mi distrasse Chris. «Mio padre dice che è una cosa che dovrei dirti io, ma non so cosa ne penserai. Noi, mio padre ed io, ci chiedevamo se ti andava di venire a vivere da noi».

Mi bloccai in mezzo alla strada con un sussulto. Vivere... a casa di Chris? Il mio amico appena ritrovato mi stava davvero chiedendo di vivere a casa sua?

Sgranai gli occhi, cosa che non lo sorprese affatto. «Non capisco, perché una proposta del genere?».

«Perché pensiamo che per te sarebbe meglio avere qualcuno con cui condividere la casa e tutto il resto. Abbiamo una stanza in più, quindi potresti avere i tuoi spazi».

«Io... non so che dire» mormorai in piena confusione.

«Non devi decidere adesso. Pensaci un po', e dopo mi darai una risposta».

Ero senza parole. La situazione in casa di Chris era così precaria che non doveva essere stato facile, per loro, farmi una simile proposta. La stanza in più era sicuramente quella del fratello, di cui avevo ancora dei ricordi di quando andavo a giocare a casa loro da piccola. A quei tempi erano in quattro: Chris, Jeremy ed entrambi i genitori. Poi la madre aveva deciso di tornare nel suo paese natale e aveva portato con sé i figli ancora piccoli, che erano andati a vivere per conto loro solo qualche anno dopo. Non conoscevo tutta la storia, ma per decidere di vivere da soli, Chris e suo fratello avevano sicuramente avuto dei seri problemi con entrambi i genitori. Adesso la famiglia di Chris era il frutto di una convivenza forzata; lui e suo padre erano quasi due estranei, me ne accorgevo io stessa quando li vedevo parlare tra i corridoi di scuola. Certo, in qualche modo riuscivano ad andare d'accordo, ma non abbastanza da poter mettere alla prova un equilibrio così precario con leggerezza. Nonostante ciò, dovevo ammettere che l'idea di avere una "famiglia" su cui fare affidamento mi attraeva. Non sapevo che fare... non riuscivo nemmeno a capire se ero felice della proposta o no.

«Beh, io sono arrivato. Allora ci vediamo domani, Sarah. Buona giornata».

Ero così presa dai miei ragionamenti che non mi ero nemmeno accorta di aver camminato in silenzio fino a casa del mio amico.

«Ah, va bene. Buona giornata anche a te» mi sforzai di rispondere con tranquillità.

Chris scomparve dietro al cancello della sua piccola palazzina e io tornai subito a perdermi tra i miei pensieri. Dovevo ragionare su quella proposta, perché d'istinto avrei rifiutato, ma in effetti vivere da sola a lungo termine non sarebbe stata una passeggiata. Certo, io avevo Abel, ma in quanto a sicurezza, burocrazia o cose simili lui non poteva aiutarmi. Però, se avessi vissuto con altri, come avrei fatto a parlare ancora con lui? E mio padre sarebbe stato contento di vedermi lasciare casa nostra? E cosa avrei comportato in una situazione familiare come quella di Chris e suo padre? Più ci pensavo, più mi sentivo confusa.

*

Non trovai Abel nemmeno in casa.

Mi lasciai cadere sul divano con lo zaino di scuola ancora indosso, delusa e preoccupata. Poi, dopo qualche secondo di indecisione, mi alzai e uscii di nuovo. Rimanere lì a non fare nulla mi faceva stare solo peggio, ma ora c'era una persona che sapeva sempre come aiutarmi quando avevo un problema: David.

Andai da lui senza preavviso. Era maleducato, lo sapevo, ma avevo bisogno di parlargliene. In fondo non avrei potuto discuterne obiettivamente con il mio angelo, dato che se fossi andata a vivere con Chris sarebbe stato proprio il nostro rapporto a rimetterci.

David era fuori in giardino e mi notò non appena fui vicina al suo cancello.

«Sarah... ehi, che ti è successo?» si preoccupò subito. Evidentemente la mia espressione parlava da sola. «Vieni, entra».

«Grazie, scusami se sono venuta qui senza avvertire».

Mi fece entrare in casa e accomodare sul divano, sedendosi proprio vicino a me come non faceva quasi mai.

«Ho bisogno di un consiglio» cercai di sminuire. «Un mio vecchio amico mi ha proposto... di andare a vivere con lui. Ma non so se voglio lasciare la mia casa, non riesco a pensarci lucidamente. Secondo te che dovrei fare?».

«Ah, adesso capisco».

Sembrò rilassarsi un po'. David era così, appariva calmo e pacato, ma in realtà si preoccupava sempre molto per gli altri. Avevo sempre amato questo suo aspetto protettivo e al contempo rassicurante.

«Non hai motivo di agitarti così, bisogna solo capire se sarebbe un cambiamento positivo o negativo».

«Non saprei come capirlo» ammisi.

«Vediamo...» rifletté per qualche secondo. «Se ti senti sola ti farebbe bene avere qualcuno accanto. E' solo un'idea, naturalmente, ma in questo caso per me dovresti accettare».

Aveva ragione, certo, ma in realtà io non mi sentivo sola. Come potevo spiegarglielo? E come potevo spiegargli che andandomene via avrei dovuto sacrificare la cosa più importante che avevo? Nessuno, oltre ad Abel, conosceva la mia reale situazione in casa. Anche stavolta potevo dire a David solo una mezza verità.

«Non so. Non saprei come spiegartelo, ma la solitudine non mi dà problemi. Mi preoccupa... tutto il resto».

In qualche modo sembrò riuscire a capirmi lo stesso. Non fece altre domande e iniziò a rifletterci in silenzio, con il viso appoggiato sulle mani intrecciate e lo sguardo basso, bellissimo come sempre anche in abiti da casa.

«E se provassi a fare un periodo di prova?» mi propose poco dopo.

«Cioè?».

«Non accettare subito. Prova a stare dal tuo amico per un tempo prestabilito, non so, un paio di settimane. Così vedrai come ti trovi e dopo potrai decidere con più sicurezza».

Restai a bocca aperta. «E' un'ottima idea! Come ho fatto a non pensarci?».

Mi rispose con un bellissimo sorriso. David era una persona davvero incredibile. Purtroppo questa soluzione non risolveva il problema con Abel, ma a quello avrei dovuto pensare da sola, o meglio avrei dovuto parlarne con lui. Beh, sempre se fossi riuscita a trovarlo.

«David, ora devo andare. Sono venuta qui senza preavviso, mi dispiace tanto».

«Non preoccuparti, puoi venire quando vuoi».

Aveva uno sguardo così profondo da sembrare ipnotico. Se fossi andata a vivere da Chris avrei dovuto mettere in conto anche questo problema: lui non sarebbe più stato il mio vicino e di conseguenza lo avrei visto molto più raramente.

Ringraziai David ed uscii dalla sua casa molto più tranquilla di come ne ero entrata, anche se ora tutta la mia preoccupazione si stava riversando sul mio angelo.

Mentre rincasavo, decisi che se non lo avessi trovato sarei andata a cercarlo, invece lui era lì, silenzioso e immobile sul divano della sala da pranzo.

Tirai un sospiro di sollievo. «Abel, sei qui!».

«Sì, scusami se sono sparito».

Sembrava piuttosto giù di morale. La sua voce si sentiva appena e le sue ali erano accasciate sul divano fino a terra. Vederlo così faceva star male anche me.

«Non preoccuparti. Sei riuscito a trovare l'angelo che cercavi?».

«No. Probabilmente mi ero sbagliato».

Mi andai a sedere accanto a lui, sperando che la mia vicinanza gli fosse di conforto. «Non è detto, magari si era semplicemente allontanato troppo».

«Sì, è possibile».

«Ma se non l'hai trovato, allora cos'hai fatto per tutto questo tempo? A scuola non c'eri e fino a poco fa non eri nemmeno a casa».

«Ero al parco» mi spiegò con voce piatta, mentre fissava il vuoto con aria assente.

«Al parco? Come mai?».

«Mi ricorda il mio mondo. Dopo aver pensato agli altri angeli e a tutto il resto ero diventato un po' nostalgico».

Al parco a riflettere per quasi sei ore... quest'incontro doveva averlo scosso più di quanto immaginassi.

«Questa persona è molto importante, per te, vero?». A questo punto ne ero certa.

«Perché me lo chiedi?».

«Sembri molto giù di morale, non è da te».

«Beh hai ragione» mi confermò fissando ancora il vuoto. «Ti avevo già parlato di lei. Fino a qualche tempo fa era... la mia ragazza».

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