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13 - Piccole attenzioni

Il mattino della Vigilia ci svegliammo entrambi tardi. Grazie alla lunga dormita, il mio angelo si era completamente ripreso dalla trasformazione, così a metà mattinata uscimmo per comprare gli ingredienti per il cenone di Natale. Ormai conoscevo i gusti di Abel: amava i contrasti e i sapori forti - quelli delicati non riusciva ancora a percepirli - perciò avevo deciso di basare il pasto su quelle caratteristiche.

Trovammo il supermercato pieno di ogni tipo di addobbo e leccornia. Perfino gli scaffali erano addobbati, mentre gli altoparlanti trasmettevano una musichetta di Natale che rallegrava gli acquirenti, che perlopiù giravano in coppia o in famiglia.

Già... Per tradizione, la Vigilia si festeggiava con i propri familiari. Per quanto mi riguardava, Abel ormai era la mia famiglia, ma guardando quelle coppiette entusiaste realizzai per la prima volta che sarebbe stato più giusto lasciare che il mio angelo stesse con la sua fidanzata.

Mi fermai di punto i n bianco in mezzo al corridoio. Volevo fare la cosa più giusta per lui, anche se mi costava molto.

«Abel» iniziai, sperando egoisticamente in una risposta negativa. «Stavo pensando che di solito il Natale si passa in famiglia o con la persona che si ama, perciò... forse dovresti passarlo con Azaly».

L'attesa mi sembrò molto più lunga di quanto non fosse. «Scherzi? È una festa umana, a noi non importa nulla di festeggiarla. E anche se fosse, non ho alcuna intenzione di lasciarti da sola».

Il suo sguardo sembrava quasi rimproverarmi per aver pensato il contrario. «Ne sei sicuro? Potremmo cenare comunque insieme, perciò...».

«Più che sicuro» troncò la discussione.

Tornò a guardare gli scaffali, facendomi sentire sollevata e anche un po' sciocca per aver temuto che accettasse di lasciarmi sola. Abel aveva tenuto fede alla sua promessa: continuava a mettermi sempre al primo posto nonostante la sua bellissima fidanzata. Ero davvero fortunata ad averlo accanto a me.

*

La fermata dell'autobus che ci avrebbe riportati a casa era a qualche centinaio di metri dal grande supermercato, su una stradina piena di negozi nei quali i più ritardatari si affrettavano a concludere gli ultimi regali di Natale. Mentre camminavo tra quelle vetrine con il mio angelo, pensai che anche se avevo evitato qualunque decorazione in casa per rispetto al lutto di mio padre, c'era una cosa che avrei voluto procurarmi: un regalo che Abel potesse scartare quella sera come da tradizione. Il problema era che lui non aveva mai desideri, senza contare che mi sarebbe servita una certa dose di effetto sorpresa praticamente impossibile da ottenere, quando l'interessato è sempre al tuo fianco. E la Vigilia ormai era arrivata.

«Sarah. Hai detto che il Natale si passa in famiglia o con la persona che si ama, giusto?» mi distrasse all'improvviso. Aveva l'aria così assorta che temetti che avesse cambiato idea. «Allora perché non chiedi a David di stare con te?».

Per un attimo immaginai la scena, con tutte le conseguenze che una proposta del genere avrebbe comportato. «Ma che dici? Non posso chiedergli una cosa simile, non c'è questo rapporto tra di noi! Se glielo dicessi capirebbe tutto, e poi un ragazzo come lui sarà sicuramente impegnato con molte altre persone». Magari altre ragazze.

Se non mi lasciai prendere dalla gelosia fu solo perché mi accorsi improvvisamente che tutti i passanti mi stavano guardando. Non ne compresi subito la causa, almeno fino a che non incrociai con lo sguardo la vetrina a specchio accanto a me, nella quale vidi come apparivo in quel momento: Abel non veniva riflesso, e agli occhi degli altri stavo gesticolando nervosamente e parlando a voce alta da sola senza motivo. Ovvio che mi guardavano tutti.

«Sarah?».

Mi girai a guardarlo, ben attenta a non dare più nell'occhio. Abel sembrava preoccupato, si era accorto del motivo per cui mi ero fermata?

«Scusami, è tutto a posto» lo rassicurai a voce bassa.

La smorfia di preoccupazione, però, non scomparve dal suo volto. «Parliamone quando siamo in casa, ok?».

Quindi se n'era accorto... Ma non volevo farlo preoccupare, non conoscevo quelle persone e non mi importava di fare bella figura con loro.

«No, possiamo parlare, non preoccuparti. Devo solo stare attenta a non alzare troppo la voce».

Abel annuì e tornò a guardare avanti, probabilmente per non costringermi a parlargli controvoglia. Nonostante tutto preferii assecondarlo, e proprio in quel momento, osservando le vetrine davanti a noi, la mia attenzione fu attratta da un negozio che faceva al mio caso: la libreria.

Ma certo, i libri! Come avevo fatto a non pensarci? «Abel, aspettami qui, ok? Torno subito, rimani dove sei». Ero così entusiasta che non pensai nemmeno a inventare prima una scusa.

«Ma... dove vai?».

«A salutare un conoscente» inventai mentre già mi stavo allontanando.

Entrai nella libreria e mi diressi subito allo scaffale delle scienze naturali. Un regalo del genere gli sarebbe piaciuto di sicuro, ma dovevo sbrigarmi a scegliere o mi avrebbe scoperta. Scorsi velocemente i titoli dei volumi più grandi: alcuni li avevamo già, altri mi sembravano fin troppo semplici – o meglio, ai livelli di studenti liceali come me – ma mi restava comunque un ampio margine di scelta.

Per fare prima, e soprattutto per farmi trovare a parlare con qualcuno se Abel mi avesse cercata, decisi di chiedere aiuto a un commesso. Il ragazzo era piuttosto esperto e in pochi secondi trovò un cofanetto di tre tomi che spiegava nel dettaglio tutti gli argomenti che il mio angelo amava di più. Era perfetto, Abel lo avrebbe adorato.

Li comprai subito, li nascosi tra le buste della spesa e tornai in fretta dal mio angelo, che era rimasto ad aspettarmi esattamente dove l'avevo lasciato.

«Tutto bene? Non è da te sparire in questo modo» si preoccupò.

«Certo, tutto ok».

Per fortuna non poté farmi domande più specifiche, perché proprio in quel momento arrivò il nostro autobus, che era troppo affollato per permetterci di parlare liberamente. Gli avrei spiegato tutto quella sera, dopo avergli dato il mio regalo.

*

«Dopo cena, invece, cosa vuoi fare?» mi chiese Abel non appena arrivati a casa, mentre già mi organizzavo il lavoro ai fornelli.

«Ehm, non ci ho ancora pensato. In centro c'è la tradizionale festa con i fuochi d'artificio a mezzanotte, ma possiamo anche restare a casa».

«Tu cosa preferisci?».

Ci pensai un momento. L'idea della festa mi attraeva, ma dopo l'episodio di fronte alla vetrina non ero più sicura di voler andare con Abel in un luogo così affollato. «Non lo so».

Girai il viso per nascondere la mia incertezza, ottenendo invece l'effetto opposto: Abel se ne accorse e mi costrinse a voltarmi, sfiorandomi il mento con la punta delle dita.

«Ehi. Che c'è che non va?».

Mi lasciai intrappolare dai suoi occhi indagatori. Come avrei potuto dirgli la verità?

«Ti preoccupi di come apparirai agli altri mentre parli con me?» comprese da solo, per nulla felice di quella constatazione.

Purtroppo aveva quasi indovinato. «Non proprio, ho solo paura di passare la serata col pensiero di essere sentita. E' che ho ancora in mente quello che è successo prima, poi non ci penserò più, non preoccuparti».

Abel sembrò perdersi nei suoi pensieri per qualche secondo.

«E se mi trasformassi? In questo modo potremmo parlare senza preoccuparci degli altri» mi propose a bruciapelo.

Restai a fissarlo, stupita. La trasformazione avrebbe risolto il problema, certo, ma per lui sarebbe stato faticoso restare umano per tutto quel tempo, più di quanto lo sarebbe stato per me far finta di essere sola.

«Non è necessario, devo solo stare attenta al volume della voce e ai gesti».

«Ormai ho deciso».

Incrociò le braccia con fare deciso, e a quel punto mi venne un'idea. «Va bene, ma allora voglio un compromesso. Io non ho bisogno di te qui, mentre tu e Azaly non vi vedete da due giorni. Vai da lei, almeno per qualche ora».

«No, non ti lascio da sola». Che testardo...

«Per favore, Abel, mi sentirò troppo in colpa se oggi uscirai con me ma non vedrai lei. E poi io devo cucinare, ci metterò tutto il pomeriggio per fare questa roba». Gli mostrai i pezzi di patata che stavo tagliando come prova, sperando sinceramente che desistesse.

«E va bene, come preferisci» accettò con un sospiro. Aveva funzionato.

Gli sorrisi, soddisfatta del compromesso. Chiamai Chris immediatamente per non rischiare che il mio angelo cambiasse idea, e anche il mio amico sembrò sentirsi sollevato dalla notizia; era impegnato con il padre per i preparativi della sera e di conseguenza avrebbe dovuto lasciare Azaly da sola per tutto il pomeriggio.

Abel se ne andò poco dopo e io mi impegnai a cucinare fino a sera, con la musica accesa per non sentire la solitudine. Finii alle otto in punto, ma Abel non si vedeva ancora, così tornai in salone e mi rannicchiai sul divano a guardare dei programmi natalizi a caso sotto la coperta invernale. Attesi per un po', fino a che il calore e le voci della televisione non mi fecero venire sonno. Il pomeriggio davanti ai fornelli, evidentemente, mi aveva stancata più del previsto.

*

«Ehi, Sarah».

Mi sentii scuotere delicatamente. Aprii gli occhi e trovai Abel accanto a me, inginocchiato davanti al divano.

«Scusami, mi sono addormentata» realizzai solo allora.

«Scusami tu, ho fatto tardi».

«Non è tardi». L'orologio sopra di noi segnava le otto e mezza appena passate, e poi non volevo che si sentisse in colpa per così poco.

Mi alzai piena di entusiasmo nonostante il sonno, e nel giro di pochi minuti era già tutto in tavola. Le pietanze mi erano venute bene, Abel sembrò apprezzare tutto quello che avevo cucinato e mi diede tantissima soddisfazione.

Alla fine della cena riponemmo un'infinità di avanzi nel frigo e a quel punto decisi che era finalmente arrivato il momento di dargli il mio regalo.

«Sai Abel? C'è una cosa che non ti ho ancora detto sul Natale» lo avvertii, trattenendo a stento un sorriso.

«Ah sì? E cosa sarebbe?».

«Aspettami qui».

Andai in camera a prendere il pacchetto, ma quando portai avanti le mani per mostrarglielo, la sua espressione fu meno sorpresa del previsto.

«Cos'è?».

«Un regalo. A Natale gli umani si scambiano dei regali, consideralo un ringraziamento per tutto ciò che fai per me».

Prese il pacchetto e se lo rigirò tra le mani per studiarlo. «Ti ringrazio, Sarah, però avresti dovuto dirmelo. E se anch'io avessi voluto farti un regalo?».

«Non ne avresti motivo, è un'usanza umana» ribattei prontamente.

Aveva un'espressione indecifrabile. Scartò il pacco con delicatezza, quasi preoccupato all'idea di rompere la carta. Poi, quando capì di cosa si trattava, mi ringraziò con un bel sorriso allegro che mi fece felice, dicendomi che non avevo motivo di regalargli qualcosa perché non aveva bisogno di nulla, se non di me. Esattamente la reazione che mi aspettavo.

Mi girai per allontanarmi, molto soddisfatta della serata, ma Abel mi fermò trattenendomi per un braccio.

«Ehi, non così in fretta».

Mi voltai con aria interrogativa. Il suo sorriso, adesso, era quasi divertito... Lo vidi prendere qualcosa dalla tasca, me la porse con il pugno chiuso e poi lo aprì lentamente davanti a me: era un oggetto colorato e lucido.

«Cos'è?». Stavolta fui io a chiederlo.

«E' il mio regalo per te. Mi hai sottovalutato, sapevo già della tradizione dei regali».

Mi lasciò senza parole.

Come l'aveva saputo? E poi dove aveva trovato una cosa così bella senza nemmeno disporre di denaro? La presi tra le mani e la osservai meglio: era un braccialetto, fatto di tante pietruzze unite tra loro attraverso un filo molto fino. Le pietre erano di diverse sfumature di blu e celeste, tutte lucide, piccole e di forma simile.

«Wow, è meraviglioso. Dove l'hai trovata una cosa del genere?».

Sembrava molto soddisfatto della mia reazione. «Non l'ho trovata, l'ho fatta. Azaly ha saputo di questa tradizione perché Chris voleva farle un regalo, così abbiamo deciso di regalarvi qualcosa anche noi; per questo stasera ho fatto tardi. Chris colleziona pietre rare e lei voleva trovarne una che ancora non possedesse, così ho pensato che anche io avrei potuto farti un regalo di questo genere».

«E... dove avete trovato delle pietre così belle?».

«In montagna. Azaly ha qualche conoscenza in questo ambito perché Chris gliene parla spesso».

Restai a fissare prima lui, poi il bracciale. In effetti aveva creato un regalo stupendo, ma... aveva finalmente avuto un pomeriggio libero per stare con la sua ragazza e l'aveva passato a cercare un regalo per me? Non riuscivo a crederci, era arrivato perfino in montagna, a tre ore di distanza da qui in macchina.

«Non dovevi, Abel».

«Nemmeno tu, se è per questo».

Prese il mio braccio e mi legò il bracciale intorno al polso, così delicatamente che sembrava quasi aver paura di rompermi. Forse era infantile, ma mi piaceva che si prendesse cura di me a quel modo. Guardai le pietre lucide di quell'azzurro così intenso e decisi che per la festa di quella sera mi sarei vestita di quegli stessi colori, così da dare il giusto valore al suo stupendo regalo.

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