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45 - Fare i conti col passato

Il nostro gruppo era riunito, quasi al completo, a poca distanza dal bosco, ben lontano dalla valle in cui viveva di solito. Non appena i nostri amici ci videro arrivare ci vennero incontro pieni d'entusiasmo, richiamandosi l'un l'altro a gran voce. La loro accoglienza mi diede una nostalgia incredibile... avevamo dovuto abbandonarli contro la nostra stessa volontà perché erano così spaventati da Uriel che alla fine ci avevano costretti a scegliere tra loro e lui. Nonostante ciò, non avevamo mai smesso di tenerci in contatto e ci eravamo riavvicinati soprattutto nell'ultimo periodo prima del Viaggio, dopo che Uriel se ne era andato.

«Pensavamo che non saremmo più riusciti a salutarvi» iniziò Gale, uno dei più grandi. «Siete tornati alle vecchie abitudini. Come mai lui non è con voi, in questo momento?». Non osava nemmeno fare il suo nome.

«Ben tornati!».

Miriam saltò letteralmente addosso ad Azalee, stringendosi al suo collo per poi soffermarsi a fissare i suoi occhi stanchi. Era la sua migliore amica da sempre e sembrò capire subito che qualcosa in lei non andava. Miriam era sempre stata dalla parte di Azalee in qualunque situazione ed ero certo che la loro amicizia sarebbe rimasta anche dopo, quando Azalee avrebbe scelto Uriel per sempre. Ero davvero felice che le restasse almeno lei.

I miei amici più stretti mi riservarono un trattamento simile, a modo loro, stritolandomi in un abbraccio tutti e tre assieme: Samuel, Bastian e Caleb. Anche loro mi sarebbero mancati molto... me ne rendevo conto forse ora per la prima volta, mentre mi ritrovavo improvvisamente immerso in quella che per anni era stata la mia normalità.

Andammo a sederci tutti insieme sull'erba, Azalee ed io vicini e gli altri di fronte a noi. Raccontare la propria storia nel mondo umano non appena tornati dal Viaggio era una tradizione di qualunque comitiva del nostro mondo.

Azalee fu la prima a raccontare la sua esperienza, davanti agli sguardi elettrizzati di tutti. Come biasimarli? Il ritorno di un angelo nelle vicinanze era un avvenimento interessante, ma un proprio amico che tornava era a dir poco entusiasmante, e noi eravamo in due.

Restarono tutti ammutoliti davanti all'esperienza della loro dolce amica, che si era occupata di un maschio del quale, tra l'altro, non sentiva le emozioni. Azalee stava evitando qualunque riferimento a me o a Sarah al fine di non aprire troppe questioni contemporaneamente, e conoscendo le sue doti oratorie immaginavo che avesse già in mente tutto ciò che doveva dire, in che ordine e con quali sfumature.

Alla fine del suo racconto, fu un ragazzo arrivato dopo la nostra partenza a dare il via alla vera versione dei fatti, un certo Aaron.

«Chissà se eravate capitati in due luoghi vicini» buttò lì con un sorriso scherzoso. «Avreste potuto perfino incontrarvi».

«Beh, in realtà ci siamo incontrati» lo stupì Azalee, cogliendo tutti di sorpresa. «E non è questa la cosa più incredibile. Non ci crederete mai...».

Pendevano tutti dalle sue labbra. Se solo Uriel avesse potuto vederla in quel momento...

«Il protetto di Abel...». Mi guardò. Stava per lasciare la parola a me. «Era una ragazza».

E si creò il caos.

Erano in nove, e parlarono tutti contemporaneamente. Non sapevano se rivolgersi a me o a lei, ed erano spaventati, perché non avrebbero mai immaginato che quell'eccezione potesse avvenire con una tale frequenza. Ma li avrei tranquillizzati, alla fine. Non intendevo tenere alcun segreto al riguardo.

Feci un lungo respiro ed iniziai, cercando di seguire l'ordine cronologico degli eventi così come aveva fatto Azalee finora. Raccontai della stanza chiusa, del pavimento duro, del panico davanti a due occhi femminili terrorizzati, del suo lutto, della sua dolcezza, della sua bellezza...

Omettere i particolari scomodi non mi veniva naturale come ad Azalee. Non raccontai le sue stesse esperienze per non far capire loro quanto lei avesse omesso, ma parlai di molte altre cose: del cibo, delle feste, dei legami parentali, della sua cotta per un comune vicino di casa, della prima volta in cui mi ero visibilizzato... fino a che non dovetti arrendermi ad affrontare la vergogna per dirgli cosa era accaduto alla fine.

Raccontai ad occhi bassi di quel primo abbraccio tra Sarah e il protetto di Azalee che tanto mi infastidì, della mia possessività e delle mie notti tormentate. Intorno a me si creò un silenzio di tomba, mentre Azalee mi era proprio accanto, immobile, con un pacato sorriso rivolto verso il terreno. La conoscevo abbastanza bene da capire che si vergognava anche lei, perché sapeva che tra poco avrebbe avuto addosso gli sguardi compassionevoli di tutti i nostri amici. Ai loro occhi eravamo sempre stati una cosa sola e fino ad ora, per loro, non esisteva un amore più grande del mio per lei: lei che possedeva il mio cuore da sempre pur senza desiderarlo, lei che aveva accettato i miei sentimenti solo dopo aver perso il suo adorato arcangelo; lei che, dopo essersi finalmente innamorata di me, ora mi perdeva a causa della sua stessa protetta.

Gli ultimi minuti del mio racconto trascorsero nel silenzio più assoluto. L'angoscia di venire separati contro la nostra volontà, lo scambio tra i nostri protetti e perfino il modo in cui il mio migliore amico mi aveva portato via dalla mia anima gemella. L'unica cosa su cui non fui sincero fu, come mi aveva chiesto, il ruolo che aveva avuto lui nel mondo umano. Ripercorrere con la mente quelle giornate fu straziante; sentivo più forte che mai il bisogno di tornare da lei, che tutt'ora continuava a vivere quell'incubo senza soluzione. I miei amici erano tutti pallidi, mentre Miriam e una delle ragazze più influenti del gruppo, Megan, stavano piangendo. Miriam piangeva per la sua migliore amica, era chiaro, mentre Megan... lei e Azalee non erano mai andate d'accordo, ricordavo ancora il giorno in cui mi aveva pregato con le lacrime agli occhi di lasciar andare Azalee con Uriel e restare con tutti loro. Lei, forse, piangeva per me.

Non ci misero molto a chiedermi come potessi stare così bene dopo aver perso Sarah. Erano in difficoltà, ma molto meno disgustati di quanto avrei creduto.

Raccontai loro di tutto ciò che Uriel stava facendo per me, specificando più di una volta che solo nel mio caso sarebbe stato possibile quel piccolo miracolo, e spiegai anche che avevamo bisogno di Azalee per prepararmi al meglio, insistendo sul fatto che lei restava accanto ad Uriel solo per collaborare in modo che lui stesse tranquillo.

I nostri amici ci lasciarono andare solo dopo decine di raccomandazioni, con gli sguardi ancora scioccati e la promessa che sarei tornato a salutarli.

Beh, era il minimo che potessi fare, dopo aver trascorso con loro più di metà della mia vita. Andarmene sapendo che il nostro prossimo incontro sarebbe stato per dirgli addio mi pesò molto più di quanto avessi immaginato all'inizio.

*

Uriel ci stava attendendo nel fitto del bosco, seduto ai piedi di un grosso albero.

«State bene?» si preoccupò, notando probabilmente le nostre facce.

Azalee non rispose nemmeno; teneva lo sguardo fisso sul terreno e mi accorsi che, ora che lei non poteva vederlo, Uriel la guardava senza nascondere il dolore che quel suo stato d'animo gli procurava. Eppure, con lei continuava a mostrarsi freddo e taciturno...

Ci fece raccontare com'era andata, ed io ne approfittai per mettere in evidenza le abilità di Azalee ogni volta che potevo. Lei parve sentirsi in imbarazzo per i miei complimenti, ma ne valse la pena, perché dopo avermi ascoltato Uriel si rivolse a lei di sua spontanea volontà, le scostò i capelli dietro ai quali nascondeva il viso arrossato e stupì entrambi guardandola con qualcosa di vagamente simile ad un sorriso.

«Lo immaginavo, sei sempre stata brava in queste cose». Wow, era pur sempre un progresso...

Azalee si irrigidì, nascondendo sorpresa e chissà quanta felicità.

«Grazie» riuscì a dire appena. Dopodiché non parlò più per un bel po'.

Uriel, intanto, aveva deciso che era arrivato per me il momento di apprendere il mio futuro lavoro. Fino ad ora lo aveva lasciato da parte, e finalmente ne capii il motivo: c'erano una miriade di implicazioni burocratiche, geografiche, informatiche e culturali che non avrei mai potuto comprendere senza le basi gettate prima. Avrei dovuto occuparmi delle numerose necessità di alcuni umani che si trovavano in paesi stranieri per lavoro, il tutto a distanza tramite computer. Un impiego perfetto per un arcangelo, in effetti, e poi si poteva svolgere interamente da casa, dove avrei potuto chiarire qualunque dubbio chiedendo a Sarah o magari a Chris.

Anche quello fu un pomeriggio lunghissimo e impegnativo. La notte crollai dalla stanchezza, risvegliandomi solo a giorno fatto. Quando mi alzai, trovai Azalee sveglia accanto a me, sola.

«Uriel è andato al fiume» mi spiegò, vedendomi cercarlo con lo sguardo. «Ha detto di raggiungerlo lì quando ti saresti svegliato». Ovvero si era allontanato da lei perché mentre dormivo erano soli...

Mi stiracchiai e mi alzai in piedi. «D'accordo, non perdiamo tempo».

Lo raggiungemmo insieme, poi andammo a sederci tutti e tre sulle rocce al confine del bosco. Lì Uriel ci stupì, dicendo che voleva raccontarci alcune storie sui suoi protetti: storie complete e senza censure nelle quali era stato necessario il suo intervento e delle quali, naturalmente, non avremmo mai dovuto far parola con nessuno.

Non ce lo facemmo ripetere due volte. Promettemmo entrambi di mantenere il segreto e così il nostro arcangelo, con lo sguardo perso nei ricordi, iniziò a raccontarci una serie di disavventure, tutte legate al mondo umano e a un determinato pericolo da cui dovevo stare alla larga per non trovarmi anch'io in quelle condizioni. Raccontò di ragazzi in difficoltà che pur di non chiedere aiuto avevano rischiato troppo, di uomini che si erano lasciati andare all'ira o ai vizi allontanando così i propri cari, di mariti che perdevano la famiglia per le loro azioni avventate, di umani sprezzanti del rischio che si cacciavano in situazioni talmente pericolose da rimanerne gravemente danneggiati... Ognuna di quelle storie era un avvertimento estremamente coinvolgente: mi avvertiva di chiedere aiuto quando ero in difficoltà, di mantenere sempre Sarah al centro delle mie priorità, di non lasciarmi sopraffare dalle emozioni umane, di stare lontano dalle situazioni pericolose... Fu allo stesso tempo interessantissimo ed estenuante.

Andò avanti fino a sera.

Ci descrisse perfino la vicenda grazie alla quale avevamo potuto conoscerci, a soli undici anni. Uriel si era ferito agli occhi cadendo in acque estremamente inquinate di alcune zone del mondo umano, zone che io avrei dovuto evitare ad ogni costo. In forma di angelo erano stati solo i suoi occhi - l'unica parte permeabile del nostro corpo - a risentirne, ma un essere umano come me avrebbe potuto uscirne gravemente intossicato.

Azalee era sempre più scossa dai suoi racconti, ma lui continuava a parlare schiettamente, nonostante se ne fosse accorto fin dall'inizio. Fu per questo che la sera, quando lei era ormai addormentata accanto a me, gli chiesi il perché di quell'insistenza.

«Volevo che capisse» mi rispose, guardando il suo viso addormentato alla luce del crepuscolo. «Che si rendesse conto di com'è la mia vita. Solo così potrà prendere una decisione consapevole».

La guardava con dolcezza, accarezzando delicatamente le onde dei suoi lunghi capelli.

«Ti senti pronto per andare, Abel?» mi chiese di punto in bianco. «Se hai delle domande è il momento giusto per farle».

«Certo che mi sento pronto» risposi di getto, sentendo già l'adrenalina alla sola idea. «Ehm, ho solo una domanda».

«E sarebbe...?».

«Quando parlerai con Azalee?». Questa storia si stava trascinando da troppo. «Ti prego, devi farlo al più presto. Se partissi senza che lei abbia saputo dei tuoi sentimenti soffrirebbe moltissimo credendo di averci persi entrambi».

Uriel doveva aver smesso del tutto di nascondermi le sue emozioni, perché riuscii a percepire perfettamente quanto tutta questa storia lo preoccupasse.

«Purtroppo hai ragione. Non posso più rimandare, lo so bene. Le parlerò prima che tu vada via, Abel, te lo prometto. E ti prometto che se davvero sceglierà di restare al mio fianco farò tutto ciò che è in mio potere per renderla felice nonostante tutto».

«Su questo non avevo alcun dubbio» lo rassicurai con un sorriso sincero. Finalmente, molto presto anche Azalee ed Uriel sarebbero stati felici come Sarah e me.

Uriel non ricambiò il mio sorriso. Sembrava solamente preoccupato.

«Ascolta, Abel. Ormai ti ho trasmesso tutte le conoscenze che potevo. Se ti senti pronto... domani ti trasformerò».

Sussultai per la sorpresa.

Domani.

Domani l'avrei riabbracciata. Domani avrei detto addio al mio mondo.

Mi sentii improvvisamente così agitato che non riuscii a rispondergli. Uriel però mi fissava, e l'insolito calore del suo sguardo catturò la mia attenzione.

«Sai, Abel? Fin da bambini ci insegnano a nascondere la paura davanti ai nostri protetti, anche se è in assoluto l'emozione più difficile da dissimulare. Te lo avevo mai detto?».

«No, ma non fatico a crederci» ammisi.

«Adesso ho paura. Per ciò che può accadere ad Azalee e a te da domani in poi. Mi devi promettere che sarai sempre prudente, perché io non sarò mai più in grado di proteggerti».

«Te lo prometto, non rischierei mai nulla con Sarah al mio fianco» mi trovai a ripetere per l'ennesima volta.

Uriel mi rivolse un lieve sorriso, poi si sdraiò sull'erba. «Bene. Adesso mettiti a dormire, domani avrai bisogno di essere riposato».

«Uhm, ci provo».

Obbedii e mi sdraiai, anche se avrei voluto solo mettermi a volare per la tensione e la gioia.

Domani tornerò indietro.

Non vedo l'ora di essere di nuovo con te, amore mio. 

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