32 - Ciò che più desidero e più temo
Da quella sera iniziai a preoccuparmi molto seriamente per i sentimenti di Sarah nei miei confronti. Facevo continuamente attenzione a come si comportava nella speranza di trovare qualcosa che fugasse i miei dubbi, ma non la trovai, e col passare dei giorni lei divenne sempre più... spenta.
Perse la voglia di mangiare e di fare qualunque altra cosa. Stava sempre sul divano, con i libri di scuola che seguiva solo a tratti e marcate occhiaie violacee che tradivano la sua mancanza di sonno. Se le chiedevo cosa avesse mi rispondeva sempre di stare bene, eppure dovevo continuamente forzarla a consumare i pasti e richiamarla di mattina perché spegneva la sveglia senza riuscire ad alzarsi. Non stava bene affatto, e visto che si ostinava a non dirmi nulla, il motivo aveva per forza a che fare con me.
Furono giornate difficili. Dopo che già mi ero precluso ogni tipo di contatto con la ragazza che amavo, ora venivano a mancarmi anche la sua dolcezza e la spensieratezza che l'avevano sempre caratterizzata. Odiavo saperla in quello stato e, soprattutto, non osavo pensare a come poteva sentirsi in trappola se davvero aveva scoperto di provare un sentimento proibito di cui non poteva parlare con nessuno. Nemmeno con me.
Tentai di aiutarla come meglio potevo, cercando di consigliarle qualcosa da fare ogni volta che la vedevo a far nulla o cucinando cose buone che la invogliassero a mangiare. Nonostante ciò, la situazione peggiorò al punto che alla fine arrivai a desiderare che si sfogasse con me, a prescindere dalle conseguenze. Se il problema riguardava i suoi sentimenti sarebbe stato un guaio, certo, ma non riuscivo più a guardarla tormentarsi in quel modo senza poter fare nulla, né riuscivo più a sopportare quella situazione di incertezza.
Cosa provava, Sarah, mentre guardava nel vuoto? A chi pensava? Continuavo a ripetermi che dovevo sperare di essere fuori strada, poi invece mi ritrovavo a immaginare scenari in cui lei ammetteva di desiderarmi come io desideravo lei, di volere me e nessun altro accanto per tutta la vita. Non potevo negare di desiderare il suo amore, ma più di tutto desideravo la sua felicità. La cosa che più desideravo al mondo, era anche quella che più temevo.
Quando Sarah sembrò sul punto di crollare, capii di dover decidere cosa fare se si fosse dichiarata. Mi forzai a considerare le diverse possibilità, e mi accorsi che in fondo sapevo già la risposta: avrei assecondato i suoi desideri come sempre, nonostante ciò che poteva comportare. Ero disposto a qualunque cosa per lei.
Non dovetti aspettare ancora molto. Dopo un ennesimo pranzo consumato per meno di metà, Sarah mi disse che andava a studiare e io la lasciai fare per sdraiarmi sul letto con i miei pensieri. Invece non passò più di una manciata di secondi che subito sentii la sua voce dall'altra parte del muro. Piangeva e singhiozzava.
Mi preoccupai così tanto che attraversai direttamente il muro, ignorando le regole di privacy che avevamo stabilito fin dall'inizio. Subito mi ritrovai accanto a lei; era raggomitolata sul letto in preda ai singhiozzi, con le spalle ricurve e il capo nascosto sulle ginocchia. Un'immagine insopportabile.
«Ti prego, non sopporto di vederti piangere» cedetti, come se avesse potuto decidere.
Mi inginocchiai sul letto di fronte a lei, le sollevai il mento per guardarla in viso e vi trovai due occhi rossi e pieni di lacrime.
«Mi... mi dispiace» provava a dirmi tra i singhiozzi. Le tremavano anche le labbra...
A me dispiaceva. Ero io la causa del suo pianto, non potevo più dubitarne. Ormai non avevamo più modo di far finta di nulla.
«Ora la smetterai di dire che va tutto bene?» provai a spezzare la tensione con un mezzo sorriso.
Lei probabilmente non aveva idea di come comportarsi; non aveva deciso di arrendersi, era chiaro, ad un certo punto era semplicemente crollata perché non ne poteva più. Ed era tutto a causa mia.
Riuscì a sorridermi nonostante le lacrime. «Va bene».
A metà tra sollievo e angoscia, ignorai le nostre restrizioni e l'abbracciai nella speranza di tranquillizzarla. Provai una sensazione indescrivibile... tutto intorno a noi sembrava immobile, tranne la meravigliosa creatura davanti a me, che sembrava fatta apposta per incastrarsi tra le mie braccia. Lentamente i suoi singhiozzi si trasformarono in un respiro agitato, mentre lei cercava ancora conforto stringendosi a me. Era così agitata che ormai mi era chiaro che stava per dirmi tutta la verità, mentre io ancora non riuscivo a staccare gli occhi da noi, dal suo viso arrossato premuto sul mio petto, dalle mie mani sulla sua pelle...
«Ho paura di quale sia il motivo di queste lacrime» cedetti all'ansia.
«Mi dispiace tanto... ho tentato di non fartelo capire, ma non sono così forte. Io...».
Mi allontanò appena. Quegli occhi rossi, ora, mi guardavano con risolutezza nonostante l'angoscia.
«Io mi sto innamorando di te».
*
Lo sapevo già, eppure rimasi paralizzato per lo sconcerto e la paura. Possibile che Sarah mi desiderasse davvero? Proprio me, così insignificante... proprio l'unica persona al mondo che non poteva renderla felice? Ora come avrei fatto a resisterle, sapendo che lei desiderava quegli stessi baci? Sarebbe stato un inferno per entrambi.
L'unica alternativa per non metterci nei guai era che me ne andassi...
Lo avrei accettato senza esitazione, se Sarah me lo avesse chiesto, ma sarebbe stato forse ancora più straziante.
E se invece mi avesse chiesto di stare insieme? Sarebbe stata la nostra rovina, soprattutto la mia, ma... Dio, quanto lo desideravo.
«Ti prego, di' qualcosa» mi pregò, tesa come una corda di violino.
Mi allontanai un po' e mi voltai di spalle, costringendomi a proporle quella che per Sarah sarebbe stata la scelta migliore. Dal mio arrivo era diventata più forte, più matura, si era fatta dei veri amici... Ormai ce l'avrebbe fatta a stare senza di me.
«Posso andarmene, se vuoi» sillabai col cuore in gola.
«Andartene?».
«Se per te è difficile starmi accanto posso andare via, anche solo per un po' di tempo. Sai che non ho bisogno di una casa per stare bene».
Quel secondo di attesa mi sembrò non finire mai. «No! Non voglio che tu te ne vada».
«Allora cosa vuoi che faccia?».
Restavano due scelte già chiare ad entrambi: iniziare una storia d'amore proibita o, semplicemente, non farlo.
«Tu cosa vuoi, Abel?».
«Io voglio solo che tu sia felice».
«E' un problema. Anche io voglio solo che tu sia felice» scherzò, rendendo la situazione più leggera in un secondo. Chissà come faceva... riusciva a farmi innamorare di lei ogni minuto di più.
«Dico davvero, vorrei solo farti smettere di star male, perché è chiaro che ti sto facendo soffrire. Quindi devi dirmi tu come fare» provai a spiegarmi.
L'attesa fu breve quanto estenuante, fino a che quei suoi occhi meravigliosi non sembrarono illuminarsi.
«Voglio stare con te».
Stare insieme.
Sarah ed io insieme, come avevo a malapena osato sognare per tutti questi mesi. In un istante il mio destino mi divenne chiaro: momenti di pura felicità accanto a lei, poi la delusione di tutti gli angeli a me cari per il resto della mia vita. Ma ne valeva la pena, se Sarah era sicura di volerlo. Prima, però, dovevo assicurarmi che capisse appieno il destino che stava scegliendo.
«Ti rendi conto di cosa significa?».
«Lo so, rischiamo di essere separati» rispose prontamente. Ma non era esatto.
«Non è un rischio, è una certezza. Sei disposta a rimanere sola, dopo? Preferisci essere felice per un po' e poi perdermi?».
«Non riuscirei ad andare avanti in nessun'altra maniera» si ostinò. Poi sembrò ripensarci. «Però se tu non vuoi troverò un modo».
«Certo che lo voglio anch'io. Non sopporterei di vederti soffrire, e poi io ti desidero da molto tempo, ormai» ammisi, dando finalmente sfogo ai miei pensieri. «Ho solo paura di cosa accadrà dopo».
Sarah strinse la mia maglia tra le dita. Tremava ancora, ma era molto più lucida di prima... «Anche io ho paura, solo che ho bisogno di te. Se proprio non possiamo essere felici per sempre, almeno potremo esserlo per un po' di tempo, no?».
Un lieve sorriso le illuminò il volto. Solo a quel punto realizzai che lei non poteva rendersi conto di tutte le conseguenze di quella storia su di me, ma mi andava benissimo così. Avrei deluso Azalee e Uriel al punto che non sarei mai riuscito a tornare a vivere con loro; mi sarei guadagnato la nomea di "angelo maledetto", come chiamavamo i rarissimi casi in cui uno di noi si innamorava di un umano; avrei visto il mio più caro amico venire a prendermi e potarmi via da lei per sempre, con la rabbia e la delusione nel cuore, giocandomi ogni possibilità di riconquistare la sua amicizia. Ma per Sarah avrei affrontato tutto questo senza ripensamenti.
Per Sarah avrei fatto qualunque cosa.
Diedi un doloroso e muto addio a tutto ciò che avevo costruito con Azalee e Uriel, sperando che questo, almeno, potesse farli riavvicinare; poi cancellai la loro immagine dalla mia mente per tornare a guardare la meravigliosa creatura davanti ai miei occhi.
«Va bene». Non riuscivo già più a smettere di sorridere.
«Va bene?».
«Sì».
«Quindi adesso noi...».
Adesso... stiamo insieme.
Come si poteva essere così felici in una situazione tanto critica? «Non immagini nemmeno quanto io ti ami, Sarah».
Ora che aveva preso la sua decisione, non avevo più motivo di limitarmi. Lasciai che le mie dita sfiorassero il suo bellissimo viso ancora arrossato e ne seguii i lineamenti fino alle labbra. Poi avvicinai il mio viso al suo, lentamente, per essere sicuro che anche lei lo volesse. Sarah chiuse gli occhi, affidandosi totalmente a me, e lasciò che per la prima volta guidassi le sue labbra verso le mie, che avevano desiderato quel bacio ardentemente e incessantemente per quella che mi era sembrata un'eternità.
Non ero mai stato così felice in tutta la mia vita.
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