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29 - Ti amo

Non parlai subito con Sarah, non ero ancora pronto a rivelarle tutto. Le chiesi di poter restare per conto mio ancora per un po' e nonostante la preoccupazione lei accettò di rientrare in casa senza di me, dimostrandomi di essere maturata davvero molto dal giorno del mio arrivo.

Una volta rimasto solo, decisi di volare per provare a sfogare la tensione. Diedi fondo a tutte le mie energie, arrivando fino al mare e costeggiandolo a lungo, mentre continuavano a tornarmi in mente i momenti più importanti della mia vita con Azalee: il nostro primo incontro a quattro anni, sulle sponde opposte del nostro grande fiume; il giorno in cui decidemmo di allontanarci insieme dalle due coppie di angeli che si erano presi cura di noi; il primo incontro con quello che per anni sarebbe stato il nostro gruppo di amici e, infine, il giorno in cui mi raccontò del misterioso bambino nel bosco, che aveva gli occhi coperti da erbe medicinali per via di un'inspiegabile ferita; occhi che rivelarono la sua identità solo una settimana dopo, una volta guariti, spaventandola a morte per il loro colore oro che poteva indicare una sola cosa. Fui proprio io a spingere Azalee a tornare da lui, dando inizio senza saperlo a un triangolo amoroso che ci aveva tormentato per anni. E al quale avevo appena messo fine nel peggiore dei modi possibili.

Che ironia... fino a pochi anni prima vivevo unicamente per lei, che invece provava per il mio migliore amico un amore talmente profondo che, quando lui divenne freddo e apatico, arrivò quasi a distruggerla.

Se solo Azalee avesse potuto immaginare... in realtà ero certo che anche Uriel fosse innamorato di lei. La mia teoria era che lui si fingesse apatico solo per impedirle di ricambiarlo, in modo da evitarle "una vita di emarginazione e piena di difficoltà" così come mi aveva detto lui stesso in passato. A quell'età, a quattordici anni, aveva avuto la scusa perfetta per allontanarla: tutti "sapevano" che gli arcangeli erano freddi e senza cuore, e Uriel era nell'età dello sviluppo.

O almeno ritenevo probabile che fosse così, anche se c'erano troppe cose che non tornavano. In fondo non avremmo potuto biasimare gli arcangeli, se fossero stati davvero apatici; non doveva essere facile la vita di qualcuno che invece di avere un solo protetto ne aveva migliaia, ai quali andava in aiuto solo in caso di problemi gravi e con i quali spesso erano costretti a fare la parte del cattivo.

In ogni caso, vera apatia o no, alla fine Azalee si era arresa ad aver perso il ragazzo che amava e aveva deciso di soffocare i suoi sentimenti per lui, dando a me la possibilità di conquistarla quando lui, poco tempo dopo, se ne era andato definitivamente. Col senno di poi, sarebbe stato meglio se non me lo avesse permesso.

*

Tornai verso casa al tramonto, volando lentamente per concedermi il tempo di ragionare. Preferivo parlare con Sarah prima della questione di Azalee, e solo dopo dei miei sentimenti, così da non mandarla in confusione. E soprattutto dovevo fare in modo che il mio amore per lei sembrasse qualcosa che stava in un angolo senza mai disturbare nessuno, nemmeno me; solo così avrebbe potuto stare tranquilla.

La trovai in casa, ad attendermi sul mio letto.

Scattò in piedi non appena mi vide. «Abel, finalmente! Ero preoccupata!».

«Mi dispiace» mi scusai, mortificato. Doveva essere passato più tempo di quanto credessi.

Andai a sedermi sul letto insieme a lei. Ormai era arrivato il momento di parlarle, non avevo più scuse.

«Ti senti meglio, adesso?» riprese lei con tono più pacato.

«Sì, non devi preoccuparti per me».

«Non è facile. Ci sono così tante cose che non riesco a capire... per favore, spiegami tutto».

«Va bene, ma mettiti comoda» cercai di scherzare. «È una lunga storia».

Mi appoggiai con la schiena alla parete e iniziai. Come avevo deciso, le spiegai per prima cosa com'era andata con Azalee, ma quando arrivai al motivo della mia decisione il coraggio sembrò venirmi meno.

«Abel, ti prego, parla chiaro» insistette con fin troppa angoscia. Come immaginavo, aveva già capito. Non mi restava che darle una conferma.

Feci un lungo respiro per restare calmo. «Ti ho mentito, o meglio non ti ho detto tutta la verità».

«Riguardo a cosa?». Le tremavano le mani e perfino la voce...

«Riguardo ai miei sentimenti. Non temevo di innamorarmi di te, non ero spaventato dalla possibilità che nascesse qualcosa tra di noi. La verità è che ...io ti amo».

*

Silenzio.

Sarah tentò di dire qualcosa, ma non riuscì ad articolare alcun suono. Volevano essere parole gentili? O di disgusto? L'incertezza mi faceva girare la testa.

«Ti amo da tanto tempo, Sarah» ripresi col cuore a mille. Dovevo dire tutto ora o dopo non ne avrei più avuto il coraggio. «Tutto ciò che ho fatto finora è stato sia per impedire che il mio sentimento crescesse, anche se è stato inutile, sia per impedire che tu ti innamorassi di me, perché se arrivassimo ad amarci a vicenda, allora sarebbe tutto molto, molto più complicato».

Sarah era pallidissima, tremava ancora più di prima. Adesso sapeva come stavano davvero le cose, e il solo pensiero mi faceva vergognare tanto da desiderare di fuggire da quella casa.

Lei, invece, non provò nemmeno per un istante il disgusto che temevo.

«Avevi detto che chi si fosse innamorato dell'altro... non avrebbe dovuto rivelare i propri sentimenti» balbettò dopo qualche secondo.

Riuscì a strapparmi un sorriso. Proprio come avevo detto, nei momenti di panico diventava incredibilmente razionale.

«Credimi, sono mesi che lo faccio, ma arrivato a questo punto non potevo più stare insieme ad Azalee e di conseguenza tu avresti capito tutto. A questo punto ho preferito parlartene io stesso».

«Quindi è davvero colpa mia» si preoccupò. Proprio quello che temevo.

«No, Sarah, tu non hai alcuna colpa. Sono io l'angelo che si è innamorato della propria protetta».

«Non dirlo in questo modo, non c'è nulla di male nell'innamorarsi!» mi difese senza esitare, e in qualche modo mi fece stare meglio. «Azalee lo sa?».

«Sì, anche lei lo avrebbe capito in ogni caso».

«E cosa succederà adesso?».

Tentai di farle un sorriso rassicurante. Avevo una voglia incredibile di stringere le sue mani tra le mie per tranquillizzarla e non era facile restare fermo. «Nulla. È un problema mio e tu non devi preoccupartene».

Sarah piegò le labbra in un sorriso malriuscito, mentre una lacrima silenziosa rigava la sua guancia ancora arrossata dall'imbarazzo. Era orribile vederla in quello stato...

«Non piangere. Vedrai che andrà tutto bene» tentai.

Asciugai istintivamente le sue lacrime, e lei reagì prendendo quasi inconsapevolmente la mia mano tra le sue. «Non c'è nulla che posso fare per farti stare meglio? Qualunque cosa».

Una frase del genere era proprio da lei. La stavo caricando di un enorme peso emotivo e Sarah pensava solo a come alleviare il mio dolore.

Strinsi la sua vita e l'avvicinai a me, mentre lei stringeva ancora la mia mano. Il contatto con lei era rigenerante, ma per il suo bene questa doveva essere l'ultima volta che mi concedevo di abbracciarla.

«Lo stai già facendo» le rivelai. «Il fatto che tu lo sappia e che non mi giudichi per questo mi è di grande aiuto».

Rimanemmo così, senza riuscire ad allontanarci ancora per molto, e nella tranquillità di quella vicinanza riuscimmo lentamente a riprenderci entrambi.

Prima di uscire dalla mia stanza, qualche minuto dopo, Sarah sembrò ritrovare la sua tipica curiosità, facendomi promettere che il giorno seguente le avrei raccontato di come erano nati e come si erano evoluti i miei sentimenti per lei. Avrei dovuto aspettarmelo... Sarebbe stato terribilmente imbarazzante, ma almeno avrei potuto riscattarmi di mesi di silenzi e bugie. A pensarci bene, l'idea di condividere tutto questo con lei non mi dispiaceva per nulla.

Durante la notte rivissi il nostro abbraccio e i nostri discorsi d'amore decine di volte. Ora che potevo contare sul suo appoggio mi sentivo molto più ottimista: sarei tornato ad essere un buon angelo, a qualunque costo.

Al mattino mi alzai di buon'ora, preparai la colazione e andai a svegliarla con un sorriso sincero. Lei, però, non era del mio stesso umore; si sentiva in imbarazzo anche solo a parlarmi e dovetti accettare che non avrei potuto evitarlo, almeno per i primi tempi. Tra l'altro ero abbastanza sicuro che quel giorno Azalee non si sarebbe presentata a scuola, ancora incapace di parlare tranquillamente con me, così decisi di rimanere a casa per evitare alla mia protetta l'imbarazzo della strada insieme, ma anche per scongiurare il pericolo di incontrare la mia ex, nel caso alla fine fosse arrivata. Parlare ora non avrebbe fatto bene a nessuno dei due.

Ovviamente a Sarah spiegai solo la seconda motivazione, e lei andò a scuola da sola, salutandomi sulla porta di casa con un pacato sorriso.

Furono cinque ore abbastanza veloci, considerata la situazione, durante le quali la mia preoccupazione per Azalee si alternò costantemente al pensiero di ciò che avrei raccontato a Sarah sui miei sentimenti per lei.

Quando tornò a casa, all'ora di pranzo, mi disse che in effetti Azalee non si era presentata e che anche Chris era rimasto a casa con lei. Bene, mi sollevava sapere che non era rimasta sola per tutta la mattina.

Mangiò velocemente e poi fuggì nella sua stanza a studiare, tradendo tutto l'imbarazzo che continuava a provare nei miei confronti.

Beh, non potevo prendermela. La lasciai fare e andai anch'io nella mia stanza, dove tentai invano di concentrarmi sulla lettura fino a che, almeno un'ora dopo, non sentii bussare Sarah alla mia porta. Nonostante fosse aperta.

«Posso disturbarti?». Come se per me potesse mai essere un disturbo.

«Certo. Volevi dirmi qualcosa?».

«Beh, in realtà... speravo che tu avresti potuto dirmi qualcosa. Avevamo lasciato un discorso a metà, ricordi?».

E come dimenticarlo? «Sì, ricordo».

Mi alzai. Dato che era una bella giornata di sole, le proposi di parlarne in giardino, nella speranza che l'aria aperta mi aiutasse a restare tranquillo. Sarah accettò volentieri la mia proposta, così andammo a sederci insieme sull'erba come un tempo facevamo abitualmente, solo più distanti.

«Da dove devo partire?» iniziai, appoggiando la schiena su un piccolo tronco.

«Non saprei. Vediamo... Quand'è che ti sei accorto di provare, ehm».

«Di provare qualcosa per te?» continuai per lei con un mezzo sorriso divertito. Era di una tenerezza incredibile con il viso arrossato dall'imbarazzo.

«Sì».

Tornai serio e ci pensai su, realizzando ben presto che tutto era iniziato il giorno in cui avevo visto Sarah abbracciare Chris, ormai ben tre mesi prima. Le raccontai di come quell'immagine mi avesse colpito e di quei miei primi pensieri di possessività verso di lei, che lentamente si erano trasformati in qualcosa di più. Le spiegai della conflittualità che provai nel proporle di dichiararsi a David, del modo in cui i miei sentimenti continuavano a crescere nonostante i miei tentativi di impedirlo e di tutte le paure che ne derivavano, prima tra tutte quella di non essere l'angelo che lei meritava. Naturalmente non le dissi che provavo il costante desiderio di baciarla o di stringerla tra le mie braccia... si sentiva già abbastanza in difficoltà così. Andai avanti fino alla fine, mentre il suo sguardo, dapprima incuriosito, si faceva via via più malinconico. Ora sapeva ogni cosa, e questo mi rasserenava e allo stesso tempo mi imbarazzava moltissimo.

«Cosa ti accadrà quando... quando andrai via?» si chiese alla fine, faticando anche solo a finire la frase.

«Nulla. Se tu sarai felice lo sarò anch'io, è l'unica cosa che conta e... sai? Non avevo mai pensato una cosa del genere, nemmeno per Azalee» ammisi sinceramente.

«E se invece io non mi innamorassi mai?».

«Arriverebbe comunque un momento in cui non avrai più bisogno di me. E poi perché non dovresti?».

Lo chiesi apposta, in modo che se Sarah avesse avuto ancora dei dubbi sull'argomento avremmo potuto affrontarli subito. Invece lei sviò il discorso, e la questione "sentimenti" si chiuse lì. Con un eccesso di ottimismo, sperai di averla conclusa per sempre.

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