23 - La cosa giusta
Uriel, perché non vieni ad aiutarmi? E' questo che fanno gli arcangeli, aiutano i loro protetti in difficoltà!
Mi pentii di quel pensiero nel momento stesso in cui lo formulai, realizzando con una morsa allo stomaco che non avrei mai voluto che il mio amico scoprisse realmente cosa provavo per Sarah.
Mi stavo rivelando una delusione enorme. Il mio arcangelo si era fidato di me al punto da affidarmi la ragazza che amava e io, adesso, lo tradivo in questo modo orribile. No, non dovevo lasciarmi prendere dal panico. Non ero ancora innamorato di Sarah e potevo ancora fare qualcosa per impedire che i miei sentimenti maturassero. Se avessi agito al meglio, tutto sarebbe andato al suo posto e nessun altro ne avrebbe sofferto.
Passai intere notti a chiedermi quale fosse la cosa più giusta da fare. Valutai l'idea di chiedere aiuto ad Azalee, ma proprio non me la sentivo di confidarle i miei sentimenti. Mi ero così indignato per ciò di cui mi aveva accusato... e invece ora capivo che la sua non era un'accusa, solo un disperato tentativo di avvertirmi.
In ogni caso, non avrei permesso ai miei sentimenti di interferire con il bene di Sarah. Mi chiesi come mi sarei comportato se fosse stato tutto come sempre e la risposta mi venne in mente così in fretta che dovetti arrendermi all'evidenza: Sarah voleva David, lui aveva finalmente iniziato ad interessarsi a lei ed era perfetto per una ragazza così fragile e dolce. Dovevo convincere Sarah a rivelargli i suoi sentimenti, così che lui potesse accettarli e renderla finalmente felice. Avrei dovuto spingerla tra le braccia di un altro e mettere la parola fine alla nostra vita insieme, ma se era per il suo bene, andava bene così.
L'occasione perfetta per parlargliene si presentò fin troppo presto. Sarah aveva ripensato spesso a lui, da quel breve contatto, e ogni tanto capitava che ne parlassimo. Si era accorta anche lei dell'improvviso cambiamento del suo vicino e dell'impatto che questo aveva sul suo stato d'animo, ma non sapeva cosa fare per cambiare le cose.
Quando mi disse esplicitamente queste parole, capii che era il momento giusto per dirglielo.
Dovetti chiamare a raccolta tutto il mio coraggio. Sarah era seduta sul divano con aria smarrita e io finsi indifferenza, mentre ancora fissavo libro davanti a me.
«Io invece credo di saperlo. Digli... cosa provi per lui».
La lasciai a bocca aperta.
«E' la cosa migliore da fare, Sarah» insistei prima che potesse rifiutarsi. «E' probabile che lui ti ricambi, ma se anche non fosse, almeno non ti illuderai ancora per poi soffrirne in futuro».
Ancora nessuna risposta. Io avevo il cuore in gola e lei invece mi guardava come se stessi parlando di asini volanti.
«Ti sembra una cosa così inammissibile?» finsi di scherzare, ottenendo finalmente una reazione.
«Sì, Abel. Non posso farlo, di sicuro rovinerei tutto! La nostra amicizia, il nostro legame... ormai vivo così da sempre, non sopporterei di veder cambiare le cose».
«Ma le cose stanno già cambiando» mi costrinsi ad insistere, «prima stavi bene così, certo, ma ora non riesci più a non pensare a lui. Di questo passo presto inizierai a starci male».
«E se lo facessi e poi lui mi dicesse che sono solo un'amica? Rovinerei per sempre il nostro rapporto, non voglio perdere la sua amicizia».
Era davvero di questo che si preoccupava? «Non è un ragazzino, non smetterà di parlarti per questo. E tu, almeno, smetteresti di illuderti prima che sia troppo tardi».
Sembrò riflettere su quella decisione per... quanto? Dieci secondi? Mi sembrarono giorni.
«Va bene, ci proverò» si arrese infine, pallida in volto. L'avevo convinta...
Mi sentii sopraffare da un misto di sollievo e paura che mi ammutolì.
Nemmeno lei ne parlò più, e poco dopo andai nella mia camera, troppo oppresso dall'idea che il mio tempo accanto a lei stesse per scadere, per riuscire a fingere ancora tranquillità.
David non avrebbe mai potuto rifiutare una ragazza come lei, era del tutto impensabile, e con un ragazzo così maturo e affidabile al suo fianco, di certo Sarah non avrebbe mai più avuto bisogno del suo angelo. Perché io ero questo, e nulla di più.
Andava bene così. Doveva.
Non poteva essere altrimenti.
La mattina seguente arrivai a scuola quasi trascinandomi, e durante le lezioni dei nostri protetti raccontai ad Azalee le intenzioni di Sarah. Dovevo dirglielo, anche se si trattava di questioni personali; lo avrebbe capito comunque dal nostro stato, e inoltre, se come pensavo sarei tornato a breve nel nostro mondo, beh... Azalee doveva saperlo. Non sapevamo per quanto tempo saremmo rimasti divisi e non potevo sparire nel nulla senza nemmeno avvertirla.
«Hai fatto la cosa giusta, Abel» mi appoggiò senza esitazione, prendendo la mia mano tra le sue per darmi supporto morale. «So che non è facile, ma David la renderà felice e tu potrai stare tranquillo per il resto della tua vita».
Non mi parlò della sua preoccupazione per Chris, che di certo non avrebbe preso bene una relazione di Sarah, né di noi, che avremmo dovuto separarci di nuovo. Passarono ore prima che riuscissi a notare in lei un segno di preoccupazione, tanto era forte il suo senso del dovere. Si permise di dire solo una frase.
«Quando tu... quando Sarah andrà a parlare con lui» non riusciva a dirlo nemmeno lei. «Magari non accadrà nulla, ma tu vieni comunque a salutarmi».
Si accoccolò tra le mie braccia ed io la strinsi per rassicurarla, come avevo sempre fatto fin da bambino. Era chiaro che non me ne sarei mai potuto andare senza salutarla. In qualunque modo si fosse trasformato il mio sentimento per lei d'ora in poi, Azalee sarebbe rimasta per sempre uno dei più grandi pilastri della mia vita.
All'uscita, Sarah si trattenne qualche minuto a parlare con la sua amica più espansiva, Diane. Quando la salutò per raggiungere noi tre era arrossita, perciò immaginai che stessero parlando di David. Bene, il suo sostegno le sarebbe stato sicuramente di conforto. Avrebbe dato sicuramente più coraggio
Non appena arrivammo in casa ripresi l'argomento, curioso di sapere se era arrivata a qualche nuova decisione grazie alla sua amica, ma la vidi molto restia a parlarne. In realtà non mi stupiva, per una ragazza insicura come lei doveva essere difficilissimo aprirsi in quel modo. Chissà se si rendeva conto che il nostro tempo stava per scadere... Sperai di no, perché questo avrebbe sicuramente influito sulle sue azioni, ma sapevo che le possibilità che lo capisse aumentavano col passare del tempo, e questo era un problema.
«Per quanto credi che potrà andare avanti così?» provai ad insistere quando si presentò il momento giusto.
Mi rispose con un sorriso divertito che mi prese alla sprovvista. «Hai così tanta voglia di vedermi con qualcuno?».
Se era il suo modo per sviare... beh, c'era riuscita. Accennai un sorriso anch'io per stare al gioco senza insospettirla, ma fu davvero difficile. Se solo avesse potuto immaginare...
«Abel, che hai?». All'improvviso mi fissò con aria preoccupata. Uhm, evidentemente non ero stato convincente.
«Nulla, sto bene».
Fuggii dalla situazione rintanandomi in camera, ma ebbi appena il tempo di sedermi sul letto e un istante dopo lei era lì, sull'uscio della porta. Gli occhi sgranati e le mani serrate in due pugni. Lo aveva capito.
«Te ne andrai via?».
Come temevo... «Solo se lui è la persona giusta per te» ammisi a voce bassa.
«Quindi è vero! Perché non me l'hai detto?».
«Lo sapevi già».
«Ma non ci avevo pensato, e tu te n'eri accorto! Dovevi dirmelo!».
L'avevo fatta arrabbiare. Ben mi stava. Aveva ragione, le avevo deliberatamente nascosto qualcosa di molto importante, ma lo avevo fatto solo per il suo bene!
«Ti sbagli, Sarah» mi difesi. «Te l'ho già spiegato. Non devo interferire nella tua vita, devo solo starti accanto fino a che avrai bisogno di me e non oltre».
L'avevo portata sull'orlo delle lacrime. Odiavo vederla in quello stato e soprattutto odiai me stesso per averla ridotta così.
«Non puoi non interferire nella mia vita, Abel. Ne fai già parte! Non posso pensare a cosa sarebbe successo se...» si bloccò, a metà tra paura e rabbia. «...e non hai pensato ad Azalee? Non sarei stata l'unica a soffrire per tua partenza! Possibile che non ti importi?».
Cosa? Credeva davvero che potesse non importarmi?
Mi alzai e le andai incontro. Lottai per non cedere all'istinto di abbracciarla, e non riuscendoci dovetti accettare un compromesso: la imprigionai tra me e la libreria alle sue spalle, con le mie mani piantate all'altezza del suo viso. Lei si immobilizzò, ma il suo petto si muoveva ritmicamente tradendo la sua agitazione. Non avrebbe potuto fuggire, non era abbastanza forte per contrastarmi. Avrei potuto fare qualunque qualcosa, anche... baciarla. Le sue labbra rosse erano a pochi centimetri dalle mie.
Stai fermo.
Rovineresti per sempre il vostro rapporto.
Fu solo grazie a questo pensiero che riuscii a non cedere alla tentazione.
«Non è facile nemmeno per me, Sarah. Pensi davvero che non mi importi?».
Sembrava spaventata. Non per il modo in cui la tenevo, ma all'idea di perdermi. «Allora perché fai finta di nulla?».
«Perché deve essere così!». Questo, almeno, potevo dirglielo. «Se David può renderti felice, il mio compito è quello di avvicinarvi per rendere concreta quella felicità».
«Non potrei mai essere felice se tu te ne vai!».
Quant'era difficile... una parte di me avrebbe voluto solo abbracciarla e gioire di quella sua ammissione. «Certo che puoi. Non rimarrò qui per sempre, lo sai».
Sul suo viso comparve una smorfia di frustrazione, dovuta sicuramente al mio tono intransigente. Alla fine cedetti alla tentazione di toccare il suo bel viso in cerca di un riavvicinamento, e lei non mi allontanò. Aveva una pazienza infinita... avrebbe meritato un angelo molto migliore di me.
«Non sarà brutto come credi» provai a rimediare con un tono più dolce. «Se David ti ricambiasse, non avresti più bisogno di me come ne hai ora».
«E tu, invece, cosa faresti?».
«Io starò bene, se tu sei felice». Questo in parte era vero.
«Ma se non troverò la persona giusta tu rimarrai con me, vero? Non la voglio, così non dovrai andartene!».
Sentii il mio viso piegarsi in una smorfia di sgomento e preoccupazione. Era impazzita? Non poteva prendere una decisione del genere, si sarebbe rovinata la vita con le sue stesse mani!
«Non dirlo mai».
La voce mi uscì secca e tagliente. Mi accorsi di aver stretto troppo le sue spalle, ma non potevo lasciarla adesso. Su quello dovevo essere inflessibile, doveva capire la gravità di ciò che aveva appena detto. O molto presto saremmo finiti entrambi nei guai.
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