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The cure

Da quando ero giunta ad Adelaide, andai solo una volta al mercato dei maghi o in un locale per noi.
Ci passai solo il primo giorno, quando avevo bisogno di cambiare i galeoni, capire le differenze con l'Inghilterra, testare la sicurezza di quelle strade segrete e rimediare ingredienti per una convivenza con i babbani a basso profilo.

Ma quella settimana di Agosto, quel weekend, mi accorsi di star finendo la pozione per reprimere gli impulsi da creatura e mantenere la magia anche se non utilizzata.
Era una formula semplice: luparia, burro cacao, bulbo di canna indaca, peperoncino, carbone vegetale e sangue d'agnello.
Tutto ciò si fonde, per poi mutare in un liquido grigio perlato, che si usa come inchiostro per mettere un sigillo alla carne.
Avevo bisogno di andare al mercato magico nero, non avevo altra scelta, malgrado la costante sensazione di essere a un passo dalla rovina.

Ayres Road non era certo paragonabile a Dyagon Alley, ma faceva la sua figura.
Il più dei maghi presenti, indossavano indumenti babbani e i negozi avevano uno stile comune.
Si accedeva tramite un negozio dell'occulto sotto un palazzo del centro, chiedendo alla proprietaria di un uomo dalla casacca porpora, ovvero il primo mago colone che ebbe l'idea di creare il mercato magico.
La donna indicava poi un arazzo, il quale celava una vetrata, conducente alla magica strada.
Non servì troppo tempo a raggiungere il posto, per poi cercare il pub "il drago barcollante".
Era un locale cupo, fermo agli anni venti e piuttosto losco, somigliante a come si immaginerebbe il perfetto scenario dove un mafioso fa trattative e favori.
In fondo all'intimo locale vi era un tavolo in soppalco, dove un mago faceva un solitario, accompagnato da whisky incendiario e guardia del corpo.
Mi avvicinai al banco, chiedendo di Tremotino, il contrabbandiere.
Lo gnomo rozzo e grasso mi guardò con aria diffidente e disgustata, facendomi cenno con la testa verso l'uomo del soppalco.
Lasciai un galeone e mi diressi verso il delinquente, notando la repentina e avida mossa del barista nei confronti della moneta.
Mi sedetti determinata, iniziando con un:" buona sera, Tremotino."
"E tu saresti...?" Chiese mantenendo l'attenzione sul solitario.
"Eliza." Risposi tranquilla.
"Audace per essere così giovane e carina."commentò compiaciuto.
"E innocente..." aggiunse in un sussurro la guardia, squadrandomi.
"Scusa pasticcino, ma su quello sei fuori strada." Sporsi il labbro inferiore prendendo in giro omone, che mi lanciò un'occhiataccia.
"Sono qui perché ho bisogno velocemente di queste cose." Continuai imperterrita, sovrapponendo un post-it sulle carte, in cui vi erano la luparia, il sangue e i fiori.
"Richieste...interessanti..." sogghignò lui.
"Quanto vuoi?" Domandai subito dopo.
"Nulla, ho già un affare migliore." Rispose quieto, rilanciandomi sul tavolo il foglietto.
"Che cazzo di risposta è? Che vuol dire?"sbraitai.
"A cuccia, bestiolina, lo scorso mese due ragazzi e una ragazza sono venuti da me e mi hanno pagato profumatamente per trovarti. Con la parcella che mi hanno dato, capisci che qualsiasi tua offerta sarebbe vana. Non so perché sei così importante e non mi interessa, ma ora ti ho trovata e loro potranno saldare la seconda metà.
Ammetto però che sono stato colpito dalla tua bravura nel nasconderti, in un mese nessuno dei miei uomini ti ha vista." Spiegò lui, sorridendo maligno.
"Chi ti ha assoldato?" Domandai rabbiosa.
"Te l'ho detto...ma aggiungo che per essere giovani fossero anche formali, più la biondina, mentre il rosso tendeva all'irascibilità...probabilmente era quello che più ci teneva." Precisò.
"Tu sai che io ho bisogno di quegli ingredienti...anche volendomi catturare o altro me li dovrai procurare o avrai una brutta sorpresa." Dissi minacciosa.
Lui mi guardò male, per poi fare segno alla sua guardia di avvicinarsi.
La guardia mi prese e tirò fino a un corridoio deserto, a due tavoli di distanza.
Il capo ci seguiva serio e torvo, come se le rughe di rabbia sul suo viso fossero irreversibili.
Appena lontani dalla folla, mi fermai e spinsi l'omone contro il muro, malgrado tentasse di opporre resistenza lo guardai dritto negli occhi, sentendo la coscienza calare e la bestia prendere il controllo.
Nel riflesso dei suoi occhi, vidi i miei brillare di un azzurro intenso, poi sgranare dal terrore e infine spegnersi.
Gli avevo appena conficcato gli artigli nel petto, strappandogli il cuore che ancora pompava.
Appena rinsavita, lasciai cadere il muscolo cardiaco e mi guardai le mani insanguinate e i vestiti sporchi, spaventata da me stessa, per poi girarmi verso il misterioso fuori legge e ingoiare rumorosamente, pronunciando:" ho bisogno di quegli ingredienti..."
Egli annuì e dopo avermi portata in una specie d'ufficio, mi recapitò le fiale nel giro di un paio d'ore.
Senza opporre alcun tipo di resistenza, mi lasciò andare, dopo che ebbi usato l'incantesimo ripulitore, tornai in strada e mi diressi allarmata verso casa.

Corsi in camera, da sotto un asse del pavimento presi il mortaio, per poi preparare il pentolone e le ampolle.
Era lungo il procedimento per fare quella pozione: battere la luparia con il peperoncino, mettere sul fuoco per mezz'ora con il sangue, tagliare in sfoglie sottili il bulbo da scaldare a parte con il burro cacao, mettere la polvere di carbone nel primo composto e finire unendo il tutto e lasciando sul fuoco per un ora, diluendolo ogni venti minuti con un cucchiaio d'acqua.
Si creò come una pasta, simile a quella per le impronte dentali, ma nera.
Appena fu completamente pronta presi un coltello e iniziai a lesionare un punto disegnando il simbolo del Dio Zeus, per poi applicare la pasta ancora calda e bendare il tutto.
Era un antica arte usata per placare le creature mitologiche nell'antica Grecia, alcuni la chiamano "terapia delle ninfe".

Mads non era più tornata, pensai che ne avesse combinata un altra delle sue e ne fui sollevata, dato che il mattino successivo, alle quattro, bussarono alla nostra porta.
Erano tre uomini, enormi, armati di bacchetta e pozioni per fermarmi.
"Ci manda Tremotino, i clienti la aspettano..." disse uno, mentre l'altro aveva già conficcato una seringa di sedativo nella mia spalla, non appena aperta la porta.
Quando mi afferrarono il braccio, lottammo per dieci secondi, prima che il sedativo mi obbligò a fermarmi, facendomi accasciare a terra inerme.

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