Grandma Molly
"Quindi andiamo in Inghilterra?" Chiese per la milionesima volta Ev.
"Si lucciola." Risposi preparando il borsone per dormire da Molly e Arthur.
"Ed è molto lontano?" Chiese ancora.
"Tantissimo." Dissi mettendo dentro la valigia anche degli spazzolini nuovi.
"Ma perché dormiamo li?" Domandò.
"Perchè tua nonna e tuo nonno ti vogliono vedere." Le sorrisi.
"Che nonni?" Chiese.
"Quelli che ti mandano sempre i regali, non li hai mai conosciuti di persona, ma sono due forze della natura, li adorerai. Sono i genitori della mamma del tuo papà." Continuai.
"Ci sarà anche il papà?"domandò con occhi brillanti.
"No, solo noi e i nonni, ma dopo che passiamo da zia Hermione e dopo la visita in ospedale." Smentii.
"Non andiamo da Mam Chips?" Chiese.
"No, stavolta devi andare dal dottore super importante. Chissà, magari ti premia con una caramella se fai la brava." Sorrisi.
"E se faccio la brava e non mi da la caramella?" Chiese diffidente.
"Te la compro io, però la mangi il giorno dopo: sono certa che tua nonna ha cucinato per un esercito." Ridacchiai.
"È la stessa cosa che dici al ringraziamento, ma mangia quasi tutto zio Sean." Sbuffò.
"Ma zio Sean è come un esercito." Ribattei, facendo ridere entrambe.
"Farà male all'ospedale?" Chiese.
"Saranno molti controlli, ma li hai già fatti da Madam Chips...solo che stavolta saranno fatti da esperti e tutti insieme." Risposi.
"Tu sai che io non ho paura...ma porto Jack, posso?" Domandò.
"Certo, anche perché se no come faresti a dormire dalla nonna?" Risi.
Lei mi sorrise soddisfatta, poi entrò Sean.
"Ragazze, Il pranzo è pronto." Ci avvisò.
Lo ringraziamo e scendemmo a mangiare.
"Dov'è Rachele?" Chiesi non notandola.
"Ieri non è tornata, andava in un locale con Riona, se non erro, a Miami." Rispose Sean molto infastidito.
Io non dissi niente, limitandomi a lanciare un occhiata complice con mio fratello.
Tutti sapevamo che tra Sean e Rachele ci fosse una chimica mai consumata, erano loro a rovinarsi, dato che avevano deciso di non esporsi.
Forse era colpa mia e di Ev, magari volevano mantenere la famiglia.
O forse avevano solo paura.
Comunque sia l'uno che l'altra avevano avuto storie e avventure, ma mai nulla che durasse più di sei mesi.
Alle tre e mezza io, Ludo, Sean e Ev eravamo in macchina, ovviamente sull'orlo del ritardo, diretti alla passaporta.
Arrivammo giusto in tempo, prendemmo il borsone, i documenti, la bambina, la scimmia...c'era tutto...e partimmo.
La passaporta ci portò poco fuori dalla Tana.
"Lucciola, tutto ok?" Le chiesi, notando che si osservava intorno confusa.
"Si...ho un po' di mal di pancia, ma sto bene." Mi sorrise, prendendomi la mano.
Camminammo fino alla porta e quando bussammo fu Arthur ad aprirci.
Ci scrutò con gli occhi quasi ciechi, azzurri, passando da una all'altra.
"Ciao Arthur, come stai?" Gli chiesi gentile.
"Lei è molto vecchio..." commentò mia figlia.
"Ev!" La ripresi, stringendo più forte la mano.
"Cosa mamma?" Chiese lei confusa.
"Già, cosa mamma? Io sono vecchio. Capelli bianchi, rughe, pancia gigante..." le resse il gioco il signore.
"Lei mi è simpatico." Sorrise la piccola.
"Anche tu mi sei simpatica, lucciola." Ricambiò lui, porgendole la mano.
"Sei mio nonno?" Chiese incerta.
"Quasi, bisnonno. Povera mia figlia, se scoprisse di fare già parte del gruppo darebbe di matto. Ci tiene a essere giovane." Ridacchiò l'uomo.
"Beh, qui siamo tutti giovani." Sospirai io.
"No mamma! Lui è vecchio!" Mi corresse Ev.
"No tesoro! Lui è anziani. Le cose sono vecchie, le persone sono anziane." Ribattei.
Lei ci pensò un po' su, mormorando le mie parole.
"No mamma! Lui è anziano!" Si corresse, facendo ridere il nonno.
"Accomodatevi, Molly starà facendo la maglia." Ci aprì la porta lui.
Ev mollò la mia mano e prese la sua, facendosi guidare fino al salotto, mentre io andai in cucina, dove Molly stava facendo la maglia, pulendo le stoviglie e anche cucinando.
" un giorno imparerò a fare tutti questi incantesimi contemporaneamente." Risi.
"Come cara? Oh! Ma tu sei Mary! Oh miseriaccia! È da quando eri una ragazzina che non ti vedo! Come sei cresciuta! Quando sei arrivata? E se ci sei tu...dov'è mia nipote?" Chiese a raffica venendo ad abbracciarmi.
"Siamo arrivate cinque minuti fa e Evelyn è di là con Arthur." Risi io.
"Bene, bene, le porto un po' di budino!" Esclamò andando verso il frigo.
"Molly, vi spiace tenere la piccola, mentre io vado da Hermione?" Chiesi.
"Certo che no...dopo dovrebbe anche venire uno dei miei nipoti...mi pare fosse Rose..." affermò pensierosa.
"Se non è lei, di che è una bambina di qualche tua amica...sai che è un segreto e non le abbiamo ancora insegnato nulla...sa solo far levitare i biscotti..." mi ripromisi preoccupata.
"Vai tranquilla cara, ora ho una bambina da sfamare."
Mi sorrise, dirigendosi nell'altra stanza.
Lì trovammo Arthur che dormiva e la piccola che stava seduta sul divano, parlando con la sua amata scimmia di peluche.
"Lucciola!" Quasi urlò Molly, incredibilmente emozionata e svegliando il marito.
"Sei tu nonna Molly? La mamma parla sempre di te." Sorrise lei.
La donna annuì, poggiando sul tavolino il budino.
"Sei incredibile...così grande e bella, hai gli stessi occhi vispi di Ginny...anche se sono esteticamente quelli di Harry..oh cara!" La esaminò la nonna.
"E tra poco scoprirai che ha il carattere di Albus. Io vado al ministero, uso la metropolvere." Avvisai, guardando l'ora.
"Ciao mamma!" Disse con un tono alto la bambina, mentre sua nonna la stritolava.
"Ciao lucciola...a dopo Molly." Ricambiai.
"Ciao cara." Sorrise raggiante.
Arrivata al ministero mi diressi subito nell'ufficio di Hermione.
Non era più ministro della magia, il suo mandato era finito, ora era ministro della sanità.
Appena arrivati nell'atrio mi fecero sedere e aspettare all'incirca venti minuti, poi potei accomodarmi.
"Marianna! Che bello vederti di persona! Ev come sta? È da mia suocera?" Chiese alzandosi e abbracciandomi.
"Tutto bene, si è da Molly e Arthur." Sorrisi.
"Quei due sono come il diamante: indistruttibili." Rise lei.
"Ormai quanti anni hanno? Novanta?" Chiesi.
"Su per giù...se pensi che io ne ho cinquanta..." sospirò lei.
"Hai anche una figlia di ventidue anni e uno di venti..." le ricordai.
"Che la prima convive...anche se Ron pensa sia troppo presto." Ridacchiò.
"Sappiamo tutti che l'avrebbero fatto comunque." Commentai.
"Già...ma sviamo, se no fai tardi."sorrise, alzandosi e ci dirigemmo in una delle stanze blindate sotto al ministero.
"Ci sono incantesimi intorno alla Tana? È controllata?" Chiesi mentre camminavamo, per sicurezza.
"Si, ne abbiamo messi molti, inoltre c'è una casetta poco lontano, dove vive Luis, alternato da altri cugini single. Così in caso di attacco o altro possiamo intervenire tutti. Ti assicuro che tua figlia è al sicuro." Mi sorrise.
"Forse è davvero il momento di iniziare a insegnarle..." sospirai.
"Da quanto rimandi?" Mi chiese.
"Un anno, so che era già pronta, ma mi sento in colpa a farle conoscere tutto questo." Ammisi.
"Beh, non è che ci sia molta scelta. Ne va della sua vita. " mi ricordò.
"Lo so...è ora di prenderle un quaderno." Mugugnai.
"Siamo quasi arrivate..." mi avvisò lei, osservando i numeri sulle porte.
Dopo aver messo il codice perdemmo tutti i documenti e tornammo nel suo ufficio.
"Stai bene? Mi sembri agitata..." mi chiese Hermione.
"Sento che qualcosa non va....non è che Al è in missione?" Domandai.
"Non che io sappia...ma non sono più il ministro della magia." Sì rammaricò.
Io annuii incerta, la ringraziai e mi smaterializzai davanti alla Tana.
Bussai, ma nessuno venne ad aprirmi.
Dopo la terza volta, decisi di forzare la serratura ed entrai.
"Evelyn! Molly! Arthur!" Chiamai i tre, ma nessuno rispose.
Il panico iniziò a prendere il controllo e cercai in tutta la casa, continuando a chiamare disperata.
"Evelyn!" Urlai ancora.
Non ne potei più.
Chiamai Hermione e Rose con dei gufi che erano sul retro della casa, poi rammentai le parole di Hermione e cercai la casa di cui mi aveva parlato.
Appena la notai corsi verso di essa e senza esitare buttai giù la porta.
Erano lì.
Ev era in braccio a Molly che teneva in mano una tazza di tè, dall'altro lato del tavolo c'erano Roxi e Arthur.
Li osservai sul punto di scoppiare a piangere, poi mia figlia scese dalle gambe della donna e corse a stringere le mie.
Ero immobile, non reagivo.
Mi abbassai e strinsi più forte possibile la bambina.
"Lucciola..." sussurrai il suo nome.
"J-jessica? Sei tu?" Domandò balbettante e meravigliata la ragazza dalla carnagione scura.
"Ciao Rox." Le sorrisi, non smettendo di abbracciare la bambina.
"Mamma! Lasciami! Così non respiro! Sembri zio Sean!" Si lamentò la bambina.
Io allentai la presa, prendendole le manine.
"Scusa lucciola...è che ho avuto tanta paura..." dissi accarezzandole i capelli.
"Ma...tu non hai mai paura." Affermò confusa.
"Ho sempre paura." Replicai, lasciandola di stucco.
"M-ma tu eri morta!" Disse Roxanne.
"Solo sparita." La corressi.
"E hai una figlia! Ma...come? Quando?" Chiese sotto shock.
"Mai..."risposi, scusandomi e prendendo la bacchetta, per poi obliviarla.
"È ancora stordita...Molly, Arthur, io porto Evelyn alla visita, ci vediamo stasera." Li avvertii portando via la piccola, che li salutò con la mano.
"Mamma tutto bene?" Chiese lei.
"Abbastanza..." mormorai.
La bambina tralasciò velocemente il discorso, non appena le chiesi del pomeriggio con i nonni.
Era estasiata.
Purtroppo il suo entusiasmo si smorzò quando arrivammo nella struttura ospedaliera.
La piccola scrutava le persone con aria assente, chiudendosi nella solita bolla.
Rimase taciturna, perdendo il bagliore che le caratterizzava lo sguardo.
La cosa un po' mi preoccupava ancora, ma stava bene.
Dopo aver raggiunto il giusto corridoio, ci sedemmo in attesa che ci chiamasse un infermiere o il dottore.
"Mamma...c'è molta energia negativa..." sussurrò la piccola.
"L'ospedale è un posto curioso...molte persone soffrono, ma altrettante stanno meglio, alcune qui lasciano questo mondo meraviglioso, altre invece ci arrivano. Ci sono tante emozioni che si mischiano...se presti attenzione senti anche la gioia di chi va a trovare i parenti guariti e le mamme che abbracciano i loro bambini appena nati." Le spiegai, vendendo allargarsi sul suo viso un gran sorriso.
"Anche tu eri così?" Chiese.
"Anche di più...quando sei nata non respiravi, ma poi hai iniziato a piangere con una forza incredibile. Ti stringevo e non volevo lasciarti più andare, mai più." Le raccontai stringendola a me.
Lei ridacchiò e i suoi occhi ripresero quel bagliore.
"Signorina Smith." Ci chiamarono.
Noi ci alzammo ed entrammo nello studio del dottore.
Hermione aveva tenuto tutti i miei documenti, modificando solo il cognome all'anagrafe.
"Allora, tu sei Evelyn Lux Ginevra, giusto?" Chiese il dottore alla bambina, che annuì con vigore.
"Io sono il dottor Patel, tra poco dovrebbe raggiungerci anche il mio tirocinante. Spero non vi dispiaccia. Vedo che dobbiamo fare un bel po' di esami." Si presentò l'uomo.
"Già, dato che la bambina soffre di asma la scuola mi ha chiesto un esame completo." Spiegai.
"Sei nata in Canada..." lesse l'uomo.
"Si...viviamo a Toronto, ma io sono cresciuta in Inghilterra e ho preferito venire qui per un esame del genere." Continuai.
"Scelta interessante" cercò di trattenere una risata.
"Beh, non è difficile muoversi per una strega, non vedo dove sia il problema nel fidarsi della madre patria." Gli lanciai un occhiataccia.
"Ha proprio ragione." Mi sorrise sbruffone.
Iniziò gli esami: il battito, la pressione, test del respiro, test di affaticamento, test allergenico, radiografia, tac.
Credo abbia fatto tutti gli esami fattibili.
Alla fine Evelyn era distrutta, tanto da addormentarsi sulla poltroncina, mentre io parlavo col dottore.
"La piccola è in perfetta salute. L'asma non è peggiorato, ma ho notato che ha il cuore leggermente ingrossato, davvero un poco, dubito le potrebbe mai dare problemi." Mi sorrise l'uomo.
"Bene...sarebbe già possibile avere il certificato?" Chiesi.
"Intanto prenda i documenti. Domani può tornare a prendere certificato e resoconti. Vedrà che non avrà il minimo problema con la scuola." Disse lui.
Lo ringraziai, prendendo in braccio la leggera bambina e mi diressi alla macchina.
Mentre camminavo sentii un dolore improvviso al fianco, oltre a un forte mal di testa.
Mi appoggiai al muro, cercando di tenere Ev.
Subito presunsi che era successo qualcosa ad Al.
Corsi al pronto soccorso, aspettando nascosta che magari qualcuno della sua famiglia varcasse la soglia della porta.
Un ora e mezza dopo un gruppo di Auror fu portato acciaccato nella struttura.
Una chioma corvina era tra i feriti.
Avevano fatto un blitz nel covo centrale di un trafficante di draghi esotici a rischio di estinzione.
Il mercante era stato preso, ma i suoi uomini non erano ceduti tanto facilmente all'attacco degli Auror, ferendone più di dieci.
"Mamma...siamo ancora qui?" Chiese Evelyn, mezza addormentata, guardandosi attorno.
"Si amore...tra poco credo che arriveranno molte persone, compresi i tuoi nonni. Credo che abbiamo due minuti prima dell'invasione famigliare." Le rivelai, facendola scendere e iniziando a camminare verso la stanza dove ho visto portare Al.
"Mamma, cosa stiamo facendo?" Domandò lei.
"Andiamo da una persona che ha bisogno di amore." Risposi.
"Perché?" Chiese.
"Perché si è fatto male." Spiegai velocemente.
"Gli abbiamo dato un sedativo, preparate la stanza operatoria." Disse una voce maschile dietro la tenda.
Mi nascosi con Ev nell'angolo e aspettai che uscisse.
"Veloce..." sussurrai alla bambina, facendola entrare nella tenda.
Li un infermiera ci guardò malissimo.
"Chi siete? Non potete stare qui!" Esclamò.
"Lei ora esce e ci lascia stare qui, invece." Ribattei facendola entrare in trans.
La donna esaudì subito la mia richiesta e noi ci avvicinammo al letto, su cui era steso il mio ex, padre di mia figlia, vestito e con una goccia di sangue che gli rigava la fronte.
"Beh, signor Potter, ora anche lei ha una cicatrice in fronte." Ridacchiai, accarezzandogli la guancia.
Sapevo che non mi poteva sentire, ma andava bene anche così.
"Mamma, chi è?" Chiese la bambina.
"Te l'ho detto prima. Non aver paura." Dissi prendendole la mano e posandola sul braccio di Al.
Eravamo tutti e tre insieme, per la prima volta e mi sentii come se scattasse qualcosa.
Mi sentivo felice e completa.
"Mamma, ho mal di testa." Si lamentò Ev toccandosi la fronte.
"A me fa male il torace." Esclamai, toccando quella parte.
Mi sentivo come quando avevo inclinato la costola cadendo per le scale mentre scappavo da uno della sede durante le prime missioni, avevo quattordici anni, pessimo giorno.
"Guarda la mano!" Urlò lei, indicando la mia.
Le vene erano colorate di nero, proprio come quelle di Ev.
"Pure la tua, credo che stiamo assorbendo il suo dolore..." le rivelai.
Lei osservò il viso del padre, che si era come rasserenato, tanto da aprire leggermente gli occhi.
"Ehi..." lo salutai con un filo di voce.
Lui non rispose, spostando gli occhi da me alla bambina.
"Chi sei?" Gli chiese lei.
"Lucciola!" La ripresi.
"Non parla! Forse dovevo fargli una domanda!" Si giustificò.
"Si sta facendo tardi...tra poco arriveranno tutti..." dissi sentendo il timer che avevo programmato sul telefono.
"Andiamo dalla nonna?" Chiese con un sorriso.
"Va bene, tu inizia ad uscire..." dissi.
Lei tolse la mano da Al e quel senso di completezza e felicità e serenità venne a mancare.
"Ciao...penserai che sono un allucinazione...mi sei mancato così tanto...sai che sento quando ti fai male e, Merlino, devi stare più attento. Non sei un super eroe e poi non sei invincibile. Mi spiace per la costola, da quel che vedo è stato un brutto schiantesimo. Al, fa attenzione. Ricorda che noi ti aspettiamo, come tu aspetti noi."Mi raccomandai, per poi dargli un bacio sulla fronte e andarmene.
Raggiunsi Ev, svegliai l'infermiera e ci smaterializzai davanti alla Tana.
Molly e Arthur avevano lasciato un biglietto in cui dicevano di aver ricevuto una chiamata da Harry e che tutti erano in ospedale.
Quella sera mangiammo il cibo che ci aveva amorevolmente lasciato Molly e poi salimmo in camera a dormire.
"Mamma, sei sveglia?" Chiese Evelyn.
"Dimmi tesoro." La incitai.
"Perché quando ho toccato quel signore mi sentivo così forte?" Domandò.
"Non lo so, ma anche io mi sono sentita così quando ci siamo toccati tutti e tre. Credo sia stata una delle quattro sensazioni più belle della mia vita." Risposi.
"Quali sono le altre?" Chiese.
"La libertà di quando volavo sulla scopa spensierata, nella brughiera con i miei fratelli. Baciare tuo padre, sentendo tutto il suo amore e la sua passione.
Infine tenerti stretta tra le mie braccia." Risposi.
"Anche a me piace quando mi abbracci." Ridacchiò.
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