A smart girl
Cesare giunse a Toronto di mercoledì, per poi dormire quasi diciotto ore.
"Se continua così vedrò la nonna in cartolina..." sbuffò la ragazzina, mangiando un biscotto al tavolo.
"Ma dai, un po' di fiducia..." cercò di incitarla Sean.
"Ma è vero!" Esclamò lei.
"Tu come vai col caso?" Chiese Ludo.
"Penso che la partner di Morgan mi odia." Sbuffai.
"Per forza, vi conoscete da più tempo, si sentirà il terzo in comodo." Rise Sean.
"Non è quella l'intenzione e, Ev, se vuoi smuovere tuo zio dal letto, vai a svegliarlo. Sappiamo tutti che è l'unica soluzione..." suggerii.
"Quello è un lupo, ti attacca se lo svegli." La avvertì Ludo.
"Meglio, così scopriamo subito se posso andare dalla nonna!" Sorrise la piccola, scendendo dalla sedia e correndo al piano di sopra, seguita da noi.
Si avvicinò cautamente a Cesare e gli toccò la spalla.
Lui non reagì.
Allora Evelyn iniziò a chiamarlo, invano.
Gli diede degli scossoni, ma sembrava imperturbabile.
"Zio Ces! Svegliatiii!" Urlò, ma sembrava inutile.
Ci lanciò un occhiata sconsolata, poi le si illuminò lo sguardo.
Corse via tornando col telefono di Sean e ci disse si stare indietro, mise da YouTube il miagolio dei gatti attivando il suo lato canino.
Subito questo sussultò, cadendo dal letto e trasformandosi in animale.
Si guardò intorno confuso.
"Ehi zio!" Lo richiamò mia figlia, con in mano il cellulare è seduta sulla finestra aperta.
Lui la fissò come se fosse la sua preda, mentre lei faceva il sorriso furbetto di Albus.
"Ha gli occhi che fai tu quando ti impunti." Mi sussurrò Ludo.
In effetti i suoi bei occhi smeraldo ora erano cioccolato esattamente come i miei.
Poche volte li avevo visti così, per lo più mentre litigava con qualcuno.
Solo allora mi accorsi che Ev cambiava colore degli occhi in base al momento, quelli erano gli occhi combattivi.
"Forza zio, vieni a prendermi!" Lo istigò, per poi saltare fuori dalla finestra, seguita dal cane lupo.
Non ci credemmo e ci precipitammo alla finestra.
Ev si era appesa a una fune legata al tetto, mentre nostro fratello era a terra, dopo una rovinosa caduta.
"L'ho svegliato. Ora vediamo se è in vena di giocare." Ridacchiò lei.
Dietro casa nostra c'era un piccolo cortile, ma era condiviso con gli altri vicini.
Subito io e Ludo ci mettemmo a fare un interfaccia illusoria per non farli scoprire dai babbani.
Scendemmo le scale e vedemmo Cesare già pronto ad attaccare.
"Dove sono finiti?" Chiese Sean, preoccupato.
Gli presi il braccio e il suo viso cambiò totalmente espressione, vedendo mio fratello alto e grosso che combatteva con quella mingherlina di Evelyn.
Erano entrambi senza bacchette, uno era avvantaggiato dai poteri e stazza, mentre l'altra lo osservava tranquilla e sorridente.
"Vieni qui, piccola peste!" La attaccò lui, correndo con balzi a quattro zampe.
Lei lo evitò abbassandosi e dandogli una spinta verso l'alto al livello delle cosce, che lo fece squilibrare e ribaltare, finendo schiena a terra.
In un paio di secondi lui era già in piedi.
"Bella mossa lucciola, ma non credere di avermi battuto." Rise lui attaccandola come umano.
Lei gli prese i polsi, che iniziarono a fumare e lui urlò, per poi calciarla via.
La mia bambina finì addosso a una macchina parcheggiata.
Un po' acciaccata si rialzò, mentre mio fratello la guardava male.
"Ma che cavolo è successo?" Chiese Sean.
"Credo che abbia reso le mani incandescenti, era una mossa che usavo sempre io. Ma ho iniziato a quattordici anni..." risposi stupefatta.
Cesare si trasformò e le corse incontro, rabbioso, ma lei saltò, così in alto da sembrare leggera come l'aria e si sedette su di lui, per poi prenderlo al collo.
Lei resisteva, mentre sui cercava di scansarla come un toro scatenato.
Dopo molti secondi lui tornò normale, ma lei non si arrese, continuando e facendolo stramazzare a terra distrutto.
Appellò una corda che credo avesse lasciato lì vicino e lo legò, con dei nodi imparati agli scout.
"Mamma! Ora posso andare dalla nonna?" Urlò.
Io, ancora sbigottita che avesse usato una delle mie mosse, annuii e lei venne ad abbracciarci felice, per poi congedarsi con un "avviso subito la nonna! Magari mi fa la torta!"
"Ce la accompagni tu?" Chiesi a Ludo.
"Va bene...ma ora come lo sleghiamo?" Rispose lui.
"Due opzioni: o forbici o bacchetta." Proposi.
"Prendo la bacchetta." Disse, sfilandola dallo stivale e dirigendosi da mio fratello.
"Quando cavolo hai imparato la mia mossa?" Le domandai.
"Leggo spesso il tuo quaderno, fin ora ne ho imparate cinque. L'idea sarebbe quella di imparare i tuoi trucchi." Rispose distratta.
"E la cosa del vento?" Chiesi.
"Arti indigene, me lo ha insegnato zia Rachele, che lo ha imparato a Ilvermorny." Sorrise.
"Uhm...ricordami di chiedergliela." Riflettei.
"Non vedo l'ora di frequentare quel corso: gli incantesimi delle tribù native sono fantastici! Sfruttano gli elementi e si applicano al combattimento, al corpo e sono ottimi per la caccia." Disse estasiata.
"Tu sai di avere 10 anni, vero?" Domandai.
"Si." Sorrise.
"Mi fai vedere il quaderno?" Chiesi.
"Certo, tieni." Me lo porse.
Le prime pagine erano in inglese, ma ora glielo facciamo scrivere in italiano, così fa pratica.
Leggere nella nostra lingua non le crea problemi, un po' parlare. Scrivere le fa strano. Ha capito la storia delle lettere, ma alcuni suoni li scrive come sarebbero in inglese, tipo "ea", che usa al posto della "i"
Il che non lo capisco, dato che in latino si legge "e".
"Non ci credo che l'anno prossimo arriverà la lettera..." sospirai.
"Beh, sarebbe deprimente se mi aveste allenata per quattro anni e poi non vado a Ilvermony." Sbuffò lei.
"Dobbiamo pensare a quando chiedere il trasferimento a Hogwarts." Dissi sedendomi accanto a lei.
"La preside che ha detto?" Chiese.
"Secondi Minerva sarebbe meglio al terzo." Risposi.
"Per te quando sarebbe meglio?" Domandò.
"Anche al primo, mi sentirei tranquilla a saperti lì: madame Chips è il tuo medico, Minerva sa tutto e ti protegge, i professori non sono molto cambiati da quando andavo io. E poi per me, Rose, Scorp, Al...per tutti quanti diventa una seconda casa, un posto sicuro. Ben differente da qualsiasi villa di famiglia o palazzo." Spiegai.
"Villa di famiglia?" Domandò.
"Già, abbiamo una Villa storica di famiglia. Il Duca della famiglia Capaldi viveva nella lussuosa villa a Venezia. Consigliavamo i regnanti, ci occupavamo di commercio in tutto il mondo. Avevano anche dei contatti in Spagna durante il periodo della scoperta delle Americhe.
Casa nostra non è mai stata in rovina, mai avuto problemi con lo stato, ne con la Sede, eravamo come una piccola svizzera nobile." Raccontai.
"Come l'hai saputo?" Chiese.
"Dopo l'irruzione alla sede potei vedere i documenti presi...era tra la roba. Il nostro periodo più florido fu durante le repubbliche marinare, avevano ben quattro navi e commerciavamo in quasi tutti i paesi conosciuti." Continuai.
"Pirati?" Non riuscì a trattenersi.
"Un membro della nostra famiglia, rubò una delle barche e salpò per i sette mari, alla ricerca di magici tesori perduti. Ma non si fece più vedere." Ridacchiai.
"Sul serio?" Domandò con gli occhi luccicanti.
"Non lo so, lucciola, ma è verosimile.
Si sta facendo tardi...forse è ora di andare a chiedere scusa a zio Ces..." le suggerii.
Lei rise e uscì dalla stanza.
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