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1 - Un timido ragazzo del Queens

"S-smettila di picchiarlo, Flash! L-lascialo s-stare!"

"Avete sentito ragazzi? Il pavido Parker mi ha detto di smetterla! E se io non la smettessi tu cosa faresti? Non hai un quirk, quindi non hai potere su di me, sei solo un inutile arrampicamuri!"

"Ehi Flash, che ne dici se lo pestiamo per bene?"

"Mi sembra un'ottima idea: agli illusi come Parker bisogna insegnare chi conta davvero qui!"

Le persone non nascono uguali, questo è ciò che realizzai mentre Flash e i suoi amici mi prendevano a calci. Non importa se hai un animo nobile e generoso: se non hai un quirk la tua opinione vale ben poco.

Quella in cui vivo è una società in cui l'80% della popolazione mondiale nasce con un dono, un superpotere chiamato quirk, ed in cui il restante 20% non lo possiede. Tutto ebbe inizio a Brooklyn nel 1945, quando un uomo di nome Steve Rogers, ad oggi conosciuto come Captain America, sbaragliò i nazisti guidati da Teschio Rosso. Quell'uomo fu il primo super-essere nato in America, come anche il primo supereroe a salvare il mondo grazie alle sue abilità sovrumane.
Dopo di lui ne comparvero altri in tutta l'America con altrettante abilità straordinarie che, ispirati dal sacrificio compiuto da Cap, dedicarono la loro vita a combattere il crimine e difendere gli innocenti. In tempi più recenti questo fenomeno si diffuse anche nel resto del mondo. Il sogno si tramutò in realtà e così sempre più persone intrapresero una carriera vista solo nei fumetti.

Quello dell'eroe, ad oggi, è un vero e proprio lavoro ed è, pertanto, insegnato e retribuito. Chiunque ha la possibilità di diventare un eroe...beh, non proprio tutti.

Direi di partire dall'inizio, così capirete come sono finito a farmi pestare di nuovo da Flash.

Mi chiamo Peter B Parker, sono un ragazzino di 12 anni che vive nel peggior quartiere che potrete mai trovare, il Queens. Al contrario degli altri ragazzini della mia età appassionati di sport, vado matto per la scienza e i fumetti, un vero nerd. I miei genitori sono morti quando ero molto piccolo, quindi non ricordo molto di loro: solo che dovevano avere un lavoro importante, motivo per il quale non passavamo molto tempo insieme.

Vivo con mio zio Ben e mia zia May.

Dovete sapere che mio zio Ben, quando era giovane, era un vero supereroe conosciuto come Spider-man, ora però è in pensione. Qualche volta mi ha fatto vedere il suo costume:

una tuta antiproiettile rossa e nera fighissima, la cosa che mi colpì è che non era aderente come le altre tute di supereroi, lo zio Ben mi ha sempre detto che ciò che conta non è tanto come appariamo, ma quello che facciamo; mi ricordo che gli chiesi come faceva a lanciare le ragnatele, dato che i ragni le producono, e lui mi spiegò che gli fuoriuscivano direttamente dai polsi, ma che, a causa di un incidente nel suo ultimo scontro, non riusciva più a spararle, motivo per il quale dovette ritirarsi, oltre al fatto che la sua agilità non era più quella di una volta.

E poi c'è zia May. Pur non avendo un quirk, lei è a tutti gli effetti un'eroina: dal lunedì al venerdì presta servizio alla mensa dei poveri e, da giovane, capeggiava dei movimenti pacifici contro la guerra, in più trova sempre il tempo per badare a me e allo zio Ben. Lui dice sempre che, seppure lui fosse il supereroe, era lei a salvarlo ogni volta che stava per mollare.

Insomma, con delle figure genitoriali come queste era inevitabile che anch'io volessi fare la mia parte. È per questo che, da bambino, non facevo che aspettare il mio quirk, sognando le fantastiche avventure che avrei vissuto e le vite che avrei salvato ma, come tutti i sogni, mi dovetti svegliare da quest'ultimo: avevo quattro anni e i miei zii mi portarono dal dottore per capire quando avrei ottenuto il mio quirk, dato che tutti quelli della mia età già ce l'avevano, compreso Flash. Ascoltando quello che era il mio sogno, il dottore mi rispose con tre parole, che distrussero ogni mia speranza

"Meglio se rinunci."

"Come sarebbe?" chiese May

"Vede," riprese il dottore "normalmente un quirk è il risultato dell'ereditarietà da parte di madre o padre, o anche una combinazione di entrambi. Dove sono i genitori del ragazzo?"

"Purtroppo non sono più tra noi." rispose May

"Hmmm...sono stati condotti degli studi sui supereroi e abbiamo scoperto un tratto che tutti loro hanno in comune: la presenza, nel mignolo del piede, di un'unica articolazione. In altre parole possiamo dire se una persona avrà o meno un quirk semplicemente osservando la radiografia del piede. Come può vedere la radiografia di suo nipote mostra che il suo mignolo possiede non una, ma due articolazioni, per cui possiamo capire che il motivo per il quale lui non ha manifestato ancora un quirk è che non ce l'ha."

Il mio sogno, che mi sembrava così nitido e chiaro, all'improvviso non lo fu più. Tornati a casa entrai nello studio di Ben e mi misi ad osservare la sua vecchia tuta. May e Ben arrivarono insieme e mi videro lì, davanti alla teca, in lacrime. Mi voltai verso di loro e chiesi allo zio

"I-io p-posso diventare come t-te?"

May non perse un attimo e corse ad abbracciarmi, mentre Ben mi mise una mano sulla spalla. Dopo qualche minuto di silenzio lui mi disse

"Ascoltami Peter, ti ricordi cosa ti dico sempre?"

"S-sì 'sigh' : 'Da un grande potere, derivano grandi responsabilità'"

"E sai a quale potere mi sono sempre riferito?"

"Ai quirk?"

"No, figliolo. Cos'è che rende i supereroi diversi dai supercattivi?"

"...l-loro salvano le persone."

"La loro più grande differenza non sta nei loro pugni o nei loro poteri, ma qui," lo zio Ben mi mise un dito sul petto "nel loro cuore. Un eroe non è solo chi ferma un treno in corsa o sconfigge cattivi in calzamaglia, ma anche chi, come tua zia, pensa ai bisognosi, chi si cura degli altri senza pensare alla ricompensa: un eroe non è chi ha un quirk, ma chi ha un cuore buono e altruistico. Ognuno di noi ha il potere di fare qualcosa per qualcuno, ed è nostra responsabilità farlo, anche quando è difficile. Ecco cosa significa essere veri eroi."

Quelle parole mi segnarono profondamente e, da allora, la mia percezione degli eroi cambiò. All'improvviso capii che quirk o no, sarei diventato un'eroe come mio zio.

Qualche giorno dopo vidi al notiziario le riprese di una battaglia in cui l'eroe Iron Man era riuscito a salvare tutti e 20 gli ostaggi del cattivo noto come Iron Monger, sconfiggendolo. Le parole che disse erano semplici in apparenza, ma mi colpirono ugualmente

"Non abbiate paura. Perché? Perché io sono qui!"

E il mattino dopo, in una conferenza stampa, il miliardario Tony Stark rivelò al mondo una notizia che lasciò tutti a bocca aperta

"Io sono Iron Man."

Incredibile, inaudito: un uomo senza un quirk era riuscito, solo con il suo intelletto, a diventare il supereroe più conosciuto d'America! Questo mi diede speranza: capii che se avessi sfruttato la mia intelligenza e la mia passione per la scienza, unendoli agli insegnamenti di mio zio Ben, anch'io avrei potuto realizzare il mio sogno e diventare un supereroe.

Ed ora eccoci al momento presente. Io, un ragazzino nerd magrolino, bassino con gli occhiali e senza quirk, che cerco di difendere un mio compagno di classe dalle angherie di Flash Thompson, venendo preso a calci.

Flash è il classico ragazzo che ha tutto nella vita: alto, bello, l'ossessione di ogni ragazza, stella nascente del football e con un quirk invidiabile: lui ha il potere di generare dalle sue mani un liquido nero oleoso di un materiale sconosciuto ed usarlo per potenziare la sua già notevole forza, resistenza e agilità. Il fatto che un ragazzo tanto fortunato picchi gli sfigati come me per divertimento mi fa arrabbiare: ha tanto potere per fare del bene, eppure non si fa scrupoli a sfruttarlo per troneggiare sugli altri! L'aspetto peggiore è che, prima di sapere che non avrei avuto alcun quirk, noi due eravamo amici, e questo mi fa stare ancora male.

Comunque questo non mi avrebbe fermato: non importava ciò che Flash e tutti gli altri dicevano di me, io sarei diventato un eroe come mio zio e sarei riuscito, con il mio genio, a salvare tutti come fa Iron Man, io ce l'avrei fatta.

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