Capitolo 7
CAPITOLO 7
Il campanello la fece oscillare, si era preparata in anticipo avendo poco dimestichezza nel truccarsi con una mano sola. Si affrettò a dire: «È aperto.»
Alessio aveva ancora i vestiti della mattina e quando entrò il profumo della candela gli inondò le narici, non amava in modo particolare quel profumo ma fece finta di niente e la raggiunse in salotto, non trovandola si sedette sul divano dove Nina aveva lasciato il cellullare capovolto, la sua curiosità si fermò sulla schermata di accensione, nulla, non c'era niente che potesse far intuire ad un amore, né una foto, né un disegno.
«Nina hai bisogno di aiuto?» gli chiese alzando la voce per farsi sentire.
«Si grazie.»
«Posso entrare?»
Si trovò nella sua camera da letto dove la luce di un tramonto rendeva l'aria magica.
«Potresti per favore allacciarmi il cinturino dei sandali?»
Alessio si inginocchiò lentamente osservando le caviglie delicate e sottili, i piedi allungati e nervosi erano leggermente abbronzati e le unghie curate. Nina era seduta sul letto e stava trattenendo il respiro chiuso nelle mani che stringevano il lenzuolo bianco. Alessio avrebbe voluto baciarle la pelle morbida e vellutata ma alzò la testa trattenendo un pensiero audace. La guardò intensamente negli occhi sollevandosi e offrendogli la mano per farla alzare a sua volta. Non si era allontanato dai suoi occhi che gli stavano trasmettendo qualcosa che lui non riusciva ancora a capire.
«Sono troppo stretti?»
«No. Vanno bene grazie» rispose, cercando di non fargli capire il turbamento che le stava facendo esplodere il cuore nel petto.
Nina si avviò verso la porta prendendo la borsetta e girandosi gli sorrise, aveva notato il rossore sulle sue guance e il desiderio nei suoi occhi ma si era fermato, come avrebbe voluto che la baciasse. "Forse stasera" pensò Nina aspettando che lui fosse fuori e chiudendo la porta dietro di sé.
Durante il tragitto che li portava al ristorante dove Alessio aveva prenotato, parlarono del giorno in cui avrebbe tolto il gesso, di come si erano alzate le temperature, del bisogno di un po' di fresco. Alessio non chiese del romanzo, non gli importava sapere come sarebbe finito né come Nina potesse stravolgere la trama, ora voleva solo godersi la serata ma Nina invece gliene avrebbe voluto parlare. Era intenzionata a cancellare l'ultimo pezzo dettato. Glielo avrebbe fatto ascoltare mentre tornavano ma un piccolo e fastidioso magone ripensando alla scena le annebbiò gli occhi e Alessio se ne accorse.
«Tutto bene, ti fa male la mano?»
«Si. No. Stavo pensando all'ultimo paragrafo che ho dettato.»
«È così brutto?» E sorrise.
«Non è quello. È che uno dei personaggi è diventato una persona che conosco e questo non mi piace.»
Alessio si chiese a chi potesse assomigliare e pensò bene di non indagare, non chiedere, non voleva sapere chi e che cosa la stesse facendo rattristare.
«Madame? Siamo arrivati.»
«Merci, mon chéri.»
Risero di gusto avviandosi verso l'entrata, respirando un rivolo di felicità che era scappato al loro controllo. Quando fu il momento di ordinare, scelsero la birra insieme decidendo per una rossa non filtrata, due pizze e Alessio prese il piatto di Nina spostando il suo.
«Taglio a fette o a quadratini.»
Nina si sentì felice, nessuno le aveva mai prestato così tante attenzioni.
«A fette va bene, grazie.»
Non era mai stata in quel locale e chiese da quanto tempo fosse aperto. Alessio che invece era un cliente abituale le rispose che era da qualche anno che lo frequentava soprattutto quando era stanco e non aveva voglia di cucinare.
«Vivi da solo?»
Domanda spigolosa ma qualcuno doveva pur farla. Quando seppe che viveva in uno dei quartieri più belli di Milano gli fece i complimenti. Mentre la riaccompagnava a casa Nina azionò il registratore, aveva bisogno di sapere cosa ne pensava, se era il caso di assecondare il disagio riguardo al dolore di Simon e se invece poteva essere un incentivo per rendere il romanzo più interessante.
«Molti di noi hanno delle cicatrici da nascondere, penso che Simon se la possa cavare e tu saprai rendere sicuramente la sua sofferenza in un riscatto per il suo futuro con Jack.»
Forse Alessio aveva ragione, forse avrebbe potuto mettere molto di lei in quel ragazzo che le si era materializzato nella mente rendendola fragile. Ma Simon non doveva passare quello che aveva passato suo fratello o forse sì?
Quando arrivarono a casa, Alessio l'accompagnò e sulla porta di casa si sporse del darle un delicato bacio sulla guancia anche se Nina avrebbe desiderato di più si accontentò di quel gesto, "Oggi un bacio casto. Domani chissà."
Si spogliò lentamente pensando che le sarebbe piaciuto essere come la sua Beatrice, forte, risoluta, audace ma lei non era così, lei viveva di parole e immaginazione. Si coricò che era molto tardi, i suoi personaggi tronarono a farle compagnia in un sogno che sembrava quasi reale, ma questa volta se n'erano aggiunti altri due, lei e Alessio facevano parte del gioco, del racconto. Le sembrava di ripercorrere con i fatti reali quello che lei scriveva su di loro. Come una maga che mescola nel suo pentolone di rame gli ingredienti per una pozione d'amore per poi trarne la storia.
Alessio si era assopito pensando alle sue gambe, il sorriso smorzato dalla tristezza e agli occhi brillanti e sensuali di quando le aveva detto che: "nulla l'avrebbe fermata dal raggiungere il suo obiettivo."
Tutte quelle emozioni sentite in un paio d'ore gli davano la motivazione giusta per pensare che forse sarebbe riuscito ad amarla, o forse già l'amava ma come avrebbe fatto a fare in modo che anche lei provasse lo stesso per lui. L'aria divenne fresca e una dolce musica arrivò dal piano di sotto. Conosceva chi stava suonando il piano e chiuse gli occhi immaginando che Nina fosse con lui abbracciata nel letto, sentendo il respiro calmo e rilassato di chi prova qualcosa che può rendere l'altro uno strumento di infinita dolcezza. Non si rese conto che coccolato dal quel pensiero si era addormentato. Quando si svegliò il sole passava attraverso le tende colorate del suo attico in centro e aveva la sensazione di non essere stato da solo, il pensiero di lei gli aveva fatto compagnia tutta la notte. Il telefono trillò e lui si precipitò a rispondere: "Ciao, buongiorno, come stai?" Non sapeva più cosa dire, il cuore era un tamburello suonato da un bambino, senza melodia ma allegro e scoordinato.
"Vengo a prenderti."
Riattaccò felice, fece una doccia veloce e mise il suo gilet porta fortuna, le bretelle abbinate ai pantaloni e la camicia bianca, legò i suoi riccioli biondi e infilò la coppola estiva. Ora si sentiva a suo agio, poteva correre da lei che nel frattempo aveva indossato il suo abitino a fiori, le scarpe da tennis bianche e un golfino che riprendeva i colori della primavera.
Aveva ancora un po' di tempo e quindi azionò il registratore.
"Erano avvolti nella coperta di cotone fatta a mano color panna, i corpi caldi e ansimanti. Era da tanto che non gli succedeva di stare così bene, Simon aveva scaricato tutto la sua sofferenza nelle lacrime facendosi abbracciare sempre più forte. Jack conosceva il suo passato, il suo dolore e con il suo amore gli stava insegnando a essere di novo felice, sotto la scorza dura e irreprensibile giaceva un cuore puro e pronto a stargli sempre vicino. Simon pensava che fossero come tanti colori su una tavolozza, bastava mischiarli per renderli reali e si accoccolò sul suo petto sospirando.
«Come stai ora?»
«Meglio» e sorrise.
«Non prendertela ma non credi che sarebbe opportuno vedere un medico.»
«Ti stai scordando che studio per diventare un, medico» ma nella sua voce si notava un senso di incertezza.
«Hai capito bene di cosa parlo.»
Simon si spostò dal suo caldo e perfetto torace per guardarlo negli occhi. Quei magnifici occhi blu che non facevano altro che sostenerlo.
«Posso pensarci, era da tanto tempo che non ricordavo quell'episodio.»
«È lo stesso nel quale ti ho raccolto quella notte, dove ti avevano picchiato a sangue? Dove sono venuto in ospedale tutti giorni, dove credevo di averti perso per sempre?»
«Si. È stato come se mi fossi trovato ancora a terra, dolorante e mortificato e ho pensato per un attimo che se mi avessero ucciso forse sarei stato più contento.»
Jack non poteva crederci non gli aveva mai raccontato di come si era sentito, di come quei teppisti omofobi l'avevano fatto sentire. Cercò di trattenere una lacrima ma scappò al suo volere, l'asciugò velocemente, un istante che non avrebbe mai dimenticato."
Nina spense il cellulare e chiamò suo fratello, ormai viveva all'estero e da molto tempo non lo sentiva. La sua voce fu come una ventata di leggerezza, sentì il suo compagno chiedergli chi era, e lui con la voce felice gli disse che era sua sorella, una futura scrittrice famosa. Lei le raccontò del polso, del nuovo romanzo, di Alessio e sorridendo alla fine della telefonata si ripromisero di sentirsi più spesso e che preso lui sarebbe tornato in Italia per passare un po' di tempo insieme. Gli aveva dato un filo di speranza, allora pensò che anche per Simon sarebbe stato lo stesso. Si sarebbe ripreso con l'amore di Jack. Sentendosi più allegra riprese il cellulare e parlò con calma.
"Beatrice si era appena alzata dal letto che sembrava troppo grande per una persona sola. L'odore del caffè aleggiava nel pianerottolo e arrivò anche nel suo appartamento.
"Chi fa ancora il caffè con la moka?" si chiese assorta.
Aveva dormito profondamente e a differenza di chi usava la moka lei accese la macchina espresso per gustarsi il suo caffè ristretto e sentì qualcuno che parlava. Si affacciò ancora in pigiama sulla porta e Lui ..."
"Lo chiamerò Leonardo" pensò Nina e riprese a dettare.
"Leonardo forse aveva il giorno libero e si coprì meglio quando lui si accorse che era sulla porta.
«Scusami ti ho svegliata?»
«No. Ero già sveglia. Ma cosa sta succedendo?»
«Parlavo con Jack e Simon, faranno un pic-nic domani e mi hanno invitato.»
«È una vita che non lo faccio.» Disse lei ad alta voce, rincorrendo un pensiero.
«Vuoi venire con noi mi farebbe piacere.»
Beatrice non seppe come rispondere almeno non subito, Leonardo rimase in attesa sperando che dicesse un sì. Il silenzio venne interrotto da Simon che uscì di casa tenendo stretta la mano di Jack e disse: «Leo allora?»
«Ho invitato anche Beatrice ma non mi ha ancora risposto.»
«Se viene ci farebbe piacere, più siamo meglio è. A proposito ci saranno anche altri nostri amici, ci conosciamo da sempre ed è un bella occasione per passare una giornata all'aperto.»
Beatrice si fece coraggio, era da parecchio tempo che non usciva e si distraeva e così rispose che sarebbe stata contenta di andare.
«Devo preparare qualcosa? Portare da bere?»
«Abbiamo Leo che è un cuoco provetto, faremo una grigliata, quindi non si preoccupi sarà nostra ospite.»
«Possiamo darci del tu?» Chiese Beatrice titubante.
«Certo.»"
SPAZIO AUTRICE: Tengo molto a questa storia e non nego che mi farebbe piacere che avesse lo stesso successo di Bad Girl. Grazie per ogni vostro commento e ogni voto.
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