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The beauty and the beast (pt.2)

Gered P.O.V.

Rido, divertito: forse questo qua non ha capito con chi ha a che fare, così faccio un cenno a Phil che non ci pensa due volte a sferrare un calcio nello stomaco di questo bastardo.
Cade steso su un fianco, tossendo sangue e contorcendosi.

Patetico.

Mi avvicino allo straccio di persona che ormai questa qua è diventato; sta tremando.

Allora lo vedi che con le cattive poi cominci a temermi, eh.

Mi chino sulle ginocchia, attento a non sporcarmi i pantaloni neri stirati col sangue di questo idiota; gli sorrido.
«Ah, Vic, Vic, povero Victor. Tu devi ascoltare quando ti parlo: perché non lo fai? Eppure lo sai no, che a Gered non si disubbidisce» chino il capo, divertito quasi da quella scena talmente pietosa e carezzo un paio di volte i capelli del ragazzo.
«Ho o non ho ragione? Eh, Vic? Rispondimi» dico, freddamente, con un tono che non ammette repliche.
Ed ecco infatti che con voce tremante, ancora a terra, immobile a terra, mi risponde «H-h-ai rag-gione, G-gered..» balbetta, con le lacrime a solcargli il viso.
Alzo gli occhi al cielo, per poi tirarmi su «Dunque non c'è neanche bisogno che ti dica che non devi più farlo, non disubbidirmi. Lo dico per il tuo bene, per la tua incolumità sai, e per quella di chi ami»
Gli occhi di Victor si spalancano di paura a quelle parole, ma non ribatte; non ne ha le palle.
«Ci si vede in giro, e sarà meglio che tu ti comporti in modo da tardare sempre di più un nostro possibile incontro; non so se mi spiego.» mi volto e mi incammino verso l'auto con Phil a farmi da ombra.

Chi l'avrebbe mai detto che sarei finito a fare questo nella vita...

Calcio un sassolino mentre cammino verso l'auto, facendolo rotolare fino a che non cade in un tombino. Sbuffo, quasi come se quella misera pietruzzola potesse rappresentarmi.
Il viaggio dura fortunatamente poco, non mi piacciono gli spostamenti, soprattutto se è Phil a guidare: la guardia del corpo migliore ma.. in quanto autista... dovrei decisamente trovarmene uno bravo.
Scendo direttamente di fronte al mio palazzo- perché sì, non faccio questo mestiere per nulla- e salgo subito all'ultimo piano dove non solo ci sono i miei appartamenti, ma anche il mio ufficio in una stanza a parte.
Mi butto di peso sull'enorme poltrona in pelle e tolgo gli occhiali, poggiandoli sulla scrivania di fronte, per poi massaggiarmi l'attaccatura del naso.

Come ci sono arrivato a stare in un posto del genere, facendo cose del genere...

Scuoto la testa, amaramente, dandomi  una risposta più che convincente.

Thomas..

Neanche il tempo di far riaffiorare quei ricordi felici quanto dolorosi che sento qualcuno bussare alla porta.
«Siamo Elliot e Reyner, Capo» dice la voce pacate del primo.

Sospiro, rinforcando nuovamente gli occhiali e incrociando le dita sulla scrivania «Entrate»
La porta di apre mostrando le figure degli altri due miei più fidati sottoposti che chinano leggermente il capo in segno di rispetto.
«Il resoconto riguardante la detenuta Lara Shane, Capo.» mi ricorda Elliot, seguito da Reyner che annuisce.
Poggio la schiena alla poltrona «Lara Shane.. la ragazza di Grier, l'amica di Dalarious, l'amica di Dallas..» ridacchio amaramente «..che coincidenza: tante persone importanti con cui ho a che fare che circondano un esserino come quella ragazza..» assottiglio lo sguardo, guardando nel vuoto «davvero curioso.»
Poi mi rivolgo ai due «Cos'ha di speciale? Deve avere qualcosa di particolare, per forza: o non si spiegherebbe perché una come tante come lei stia in contatto con quella gente.»
Elliot si va avanti per primo, ricevendo un'occhiataccia dal compagno che, probabilmente, voleva intervenire «Apparentemente nulla, Capo. È semplicemente una ragazza dalle condizioni non troppo agiate, ha perso il padre a 13 anni, Micheal Shane, e vive attualmente con la madre, Rosaline Clark. Conosce la famiglia Grier, e di conseguenza i Dallas, poiché lavora come babysitter della sorellastra del secondogenito Grier, Skylynn Floyd. Ha conosciuto Kyle Dalarious attraverso un suo vecchio lavoro part-time ad uno Starbucks nei dintorni di casa sua. Non è particolarmente loquace, né troppo impaurita della situazione in cui si trova attualmente. Non ha caratteristiche identificative e sembra un soggetto tranquillo e timido: sotto questo aspetto non dovrebbe procurarle alcun problema. Sappiamo che possiede una forcina nascosta tra i capelli poiché non faceva altro che toccarsi la nuca in modo agitato, ma probabilmente non sa nemmeno come farne buon uso: non scapperà. »
Incrocio le braccia, accavallando poi le gambe, e sorrido «Una forcina?»
Reyner annuisce «Si, Capo.»
«E sapete se ha già provato ad usarla?»
«Considerando che si trova lì sotto da qualche giorno, probabilmente sì.»
«Ma non deve essere andato a buon fine, se lei è ancora lì» ridacchio.

Una forcina eh.. è la prima volta che me ne capita una del genere.

«Non sembra il tipo che le si rivolterá violentemente contro. Il massimo che potrebbe farle sarebbe gridarle e scalciarle, ma poi la supplicherebbe soltanto di lasciarla andare.» mi informa Reyner, e annuisco, comprensivo.
«Ho capito, ottimo lavoro. Occupatevi ancora voi di portarle i pasti e dei vestiti.»
«Capo..» inizia Reyner.
Alzo nuovamente lo sguardo «Mm.»
«Per quanto riguarda Dalarious? Non l'ha ancora del tutto ripagata e le ha disubbidito: dobbiamo continuare a seguirlo?»
Porto due dita alla tempia, pensandoci.

Non che Dalarious mi sia stato poi così utile, in questo periodo. Adesso ho anche la sua preda tra le mani, dovrebbe bastare, mi sono anche stancato.

«No, Dalarious non mi interessa. Piuttosto...»
«Ai suoi ordini» incomincia Elliot.
«Continuate a cercare la madre di.. di voi sapete chi..» dico, con un groppo in gola.
Elliot annuisce «Ai suoi ordini, Capo»
Fanno per andarsene quando li fermo «Se doveste scoprire qualcosa sull'identità di quella donna fatemelo subito sapere e..» butto un occhio al calendiario cartaceo sulla scrivania, sospirando «e comprate dei fiori con un'iscrizione»
«Al nome di..?» chiede Reyner.
«Thomas. Thomas Parker»
I due annuiscono prima di congedarsi.
Guardo di nuovo il calendario.

A quanto pare domani ci faremo un'altra bella chiacchierata, Tommy. Dopo tanto tempo, vengo a trovarti.

Scuoto la testa al triste pensiero di dovermi recare al cimitero, l'indomani. Mi metto in atto.

Lara Shane. Lara Shane.. chissà cosa ci trovano Dalarious e Grier in un tipo come te.

Afferro un giornale e un libro a caso dalle scartoffie inutili nella libreria, senza nemmeno leggerne il titolo e scendo al piano terra. Nonostante le repliche di Phil di volermi accompagnare, rifiuto fermamente, e così attraverso a piedi neanche un paio di incroci che mi ritrovo di fronte ad un palazzo diroccato.

E non un palazzo qualunque.

La porta, malmessa, è piuttosto resistente e si apre solo con la chiave che solo io e i miei fidati possediamo. Subito c'è un corridoio che si sdoppia: quello di sinistra porta ai piani superiori inaccessibili, quello di destra da ad una rampa di scale che porta al seminterrato: ed è lì dove devo andare. Le scendo e una guardia mi accoglie subito con un cenno del capo, per poi aprirmi l'enorme porta che mi separa da quella ragazzina.
Lei deve essersi subito accorta che qualcosa stava per accadere, tanto che nemmeno il tempo di fare un passo nella stanza sudicia che la vedo drizzarsi in piedi.
Mi sfugge un sorrisino.

Si mette in agguato, per caso? Non sa forse che qui il predatore sono io?

Faccio chiudere la porta alle mie spalle, con un tonfo che la fa sobbalzare. La osservo bene: sembra più smunta di prima.

Ma Elliot e Reyner le danno da mangiare?

Le occhiaie le sottolineano gli occhi che a dir la verità mi aspettavo di trovare spenti e tristi, mentre invece sono accesi e decisi e mi guardano fissi, forse un po' impauriti, ma comunque pertinenti tanto da restare incollati ai miei.

Mi sta incuriosendo ancora di più.

I vestiti sono ancora quelli di quando l'ho rapita, solo ora più sgualciti, rovinati e sporchi, un po' come il suo viso chiazzato di polvere sulle guance e sulla fronte. I capelli sciolti e sporchi le ricadono comunque in un modo piuttosto grazioso sulle spalle, nonostante le sue condizioni pietose.

In fondo, non è male.

«T-tu..» cerca di dire, stringendo i pugni.
«Mi ferisce che non ricordi il mio nome, mi pare di avertelo detto.» ghigno.
Non risponde, rimane semplicemente lì a guardarmi male.

Me l'aspettavo in fondo.

«Puoi anche sederti, stai comoda» ma lei non sembra volermi ascoltare.
«D'accordo, come preferisci» apro il giornale in più parti, poggiandoli poi a terra per non sporcarmi d'abito, e infine mi siedo sopra di essi, incrociando le gambe.
Nonostante non la stia guardando posso ben percepire il suo sguardo stupito su di me.
«C-che stai facendo?» mi chiede.
«Mi sono seduto»
«P-perchè? Non sei qui a farmi le tue minacce per poi andartene?»

Un po' troppo ribelle, forse.

Alzo lentamente lo sguardo verso di lei, uno sguardo di rimprovero, cosa che deve aver notato dato che fa involontariamente un passo indietro.
«Vuoi così tanto che ti minacci, Lara?»
Lei deglutisce a fatica.
«Non mi stai rispondendo, Lara» dico, tagliente.
«N-no, s-scusa.»
La guardo meglio: adesso è davvero impaurita, e non le do torto. Quanti anni avrà? Diciassette? Diciotto?

Sospiro e batto sul giornale «Dai su, siediti un attimo qui» dico con un tono tornato umano.
Lei tituba un po', ma forse per la scenata di prima si decide ad ubbidirmi e si siede sul giornale sul bordo, il più lontano possibile da me. La cosa mi fa ridacchiare «Non devo proprio piacerti»
Lara non alza lo sguardo, ma risponde «Che pretendi, mi hai rapita» dice, ma non con tono di sfida, quasi con il broncio.
Sorrido «Giusto anche questo»
Guardo la piccola porticina aperta dall'altra parte della stanza «Hai visto? Ti ho fatto aprire quella stanzettina a parte che era murata e ti ho fatto installare un bagno più o meno decente, rispetto al resto»
Non mi aspettavo alcuna risposta, quando invece, inaspettatamente, lei sussurra un "grazie" che mi sorprende alquanto.
Faccio finta di non averlo sentito.
«Dunque hai conosciuto due dei miei più fidati sottoposti»
Lara annuisce, stringendosi ancor di più le ginocchia al petto «Elliot e Reyner» sussurra
«Esattamente e infatti..» prendendola alla sprovvista le metto entrambe le mani tra i capelli, tenendola ben ferma. Cerca di allontanarsi, scalciando, ma presto tutto finisce quando ritiro le braccia, avendo trovato quel che cercavo.
Le mostro la forcina «e questa?»
La ragazza sbianca «i-io..»
Sorrido, divertito «Fin tanto che non sai come usarla non ti farò nulla stai tranquilla, non avrei fatto niente anche se avessi saputo come usarla ma.. non importa»
Mi alzo dai giornali «Sembra che la mia breve visita sia gia finita.» le porgo il libro «Deve essere noioso qui, vedrò di rimediare, se non mi causerai problemi.»
Mi allontano e faccio per bussare per farmi aprire quando le indico il bagno «ormai è tardi, domani fatti una doccia, ti verranno portati vestiti puliti. E se senti ancora freddo dillo ad Elliot e Reyner quando verranno. E questa» mi rigiro​ la forcina tra le dita «la prendo io» sorrido.

Perché questo esserino mi da questa tale sensazione di quiete? Come se per poco non fossi io il "Capo", come se fossi una persona a parte nonostante questi abiti.

Non faccio in tempo ad alzare la mano per bussare che sento chiamarmi.
«G-gered!»
Sorpreso, mi giro verso la ragazza «Visto che lo ricordi, il mio nome?!»
Lara si rigira nervosamente il libro tra le mani «Dica loro che sto bene, per favore. Solo.. solo questo.»
La guardo per un attimo «Non sono conosciuto perché esaudisco desideri, ma perché ricatto la gente. Non sperarci troppo, non mi piace dare speranze; generalmente io quelle le strappo via.»
Busso un paio di volte e, senza voltarmi, torno al mio palazzo, lasciandomi alle spalle quell'angelica sensazione di pace.
Una volta nella mia camera mi affaccio dall'enorne vetrata, mentre mi sbottono i polsini.

Cosa sei in grado di fare, di preciso, alla gente, Lara Shane?

Lascio correre lo sguardo tra i palazzi medio-grandi che circondano il mio grattacielo, finché non intoppo in Quel palazzo il cui seminterrato ospita la mia preda più preziosa al momento.
«Forse capisco cosa incuriosisce tanto Dalarious e Grier.»
Mi avvicino al letto impostando la sveglia all'alba.

E domani, Thomas, ti saluteró di nuovo, e di nuovo poi ti darò un ennesimo addio; proprio come tanti anni fa per la prima volta.

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