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Black Panther

Poco prima delle nove e mezzo, io e la mamma abbiamo deciso di tornare; anche se lei non voleva ammetterlo, io sapevo che era piuttosto stanca.

Così con questa scusa, ho convinto Elizabeth che sarebbe stato meglio rincasare.

La cosa più complicata che mi è toccata fare è stata, sicuramente, quella di spostarmi dalle braccia di Nash quando, da dentro l'abitazione, sono cominciate a risuonare le voci delle due donne che ci chiamavano a gran voce.

Dunque, mio malgrado, ho lasciato quel posto caldo e sicuro appiccicata a lui.

Tornata a casa, dopo aver detto alla mamma della questione "il tuo paziente Charlie non riesce a prendere sonno la notte", mi sono spaparanzata sul letto con l'intenzione di rimanerci finché non avessi preso sonno.

Ma proprio mentre stavo per addormentarmi mi sono resa conto del buonissimo odore di Nash proveniente dalla felpa che mi ero completamente dimenticata di restituirgli.

La laverò e gliela restituirò o domani, o lunedì.

Il giorno dopo mi sono svegliata stranamente piena di energie

Forse per la serata passata ieri sera con Nash;)

Ho messo in lavatrice la felpa del ragazzo con la consapevolezza che quel suo squisito profumo se ne sarebbe andato, e adesso mi ritrovo sdraiata a pancia in su a pensare all'appuntamento di questa sera con Kyle.

Viene a prendermi alle sette e mezza, e andremo a cena fuori. Dove? Non ne ho la più pallida idea, ma conoscendolo sicuramente farà le cose in grande.

Gioco nervosamente con il laccio del cappuccio.

Questa è l'ultima occasione che do a Kyle; può essere stato anche un mio grande amico per tre anni, ma se è realmente quello che Nash e Cameron dicono che sia, non voglio avere a che fare con assassini.

Me lo ripeto più volte, cercando di convincermene.

Sto pensando se andare da Nash con la scusa di riconsegnargli la felpa, ma:
A: non penso che, avendola messa ora a lavare, si asciugherebbe entro un orario decente.
B: non vorrei essere intrattenuta lì troppo a lungo, e soprattutto non vorrei dovergli rivelare del mio incontro con Kyle.

Sospiro, sconsolata.

Farei bene a cominciare a decidere cosa indossare, nonostante sia solo mezzogiorno, dato che poi devo fare anche i compiti.

Così apro l'armadio e, mentre già adocchio qualcosina d'interessante, digito il numero della rossa; la quale, dopo neanche due squilli, risponde pimpante come al solito.

«Larucciaaaaa!!»
«Ehi, ranocchia, mi serve una mano» ridacchio.
«Certo, certo; dimmi tuttoo!»
«Potresti evitare di urlarmi nell'orecchio?»
«Noo! Metti il viva voce, Baka!»

Sbuffo, ma obbedisco, buttando il cellulare sulla scrivania.

«Kyle ieri sera mi ha invitata a cena fuori per parlare» la faccio breve.

Dopo un attimo di silenzio Jessie caccia un urlo, non più ironico «COSAAAA! E TU HAI ACCETTATO?»

Mi allontano dal cellulare, facendo una croce con gli indici verso di esso.
«Jessie, Jessie calmati...»
«CALMARMI? MI STAI SERIAMENTE CHIEDENDO DI DARMI UNA CALMATAA? QUELLO È UN FOTTUTISSIMO ASSASSINO, PORCA PUTTANA!»
Mi precipito sul telefono, abbassando il volume del viva voce «Cosa cazzo ti urli?!!! Mia madre è in casa e ti crede una suora! Non una scaricatrice di porto!!» sussurro con tono un pochino più alto.

Jessie sembra star prendendo un respiro profondo «Ah, lo sapevo che avrei dovuto cancellarlo quel dannato messaggio...»
Mi acciglio «Come, Jessica?»

Non è che...?

Collego tutto mentalmente «Ma certo!! La notte dell'ubriacata, mi hai preso il telefono e hai letto il messaggio per prima affinché non ricevessi alcuna notifica! MA COME TI SALTA IN MENTE!??»

Jessie fa un verso strano con la bocca «Senti, volevo solo aiutarti»

Prendo un respiro profondo.

No, Lara, calmati. Tu non ucciderai Jessica Wilson altrimenti non avrai più amici. Perdono, pace e tanto amore...

Riacciuffo il cellulare in mano «Tornando alla questione: dobbiamo decidere cosa devo indossare»
«Mmh.» commenta semplicemente la rossa.
«Conoscendolo sceglierà sicuramente un ristorantino o qualcosa di simile; e per quanto questo non sia un "appuntamento romantico", non posso presentarmi come una barbona»
«Perchè no?» chiede la rossa.

Questa ragazza non vuole proprio collaborare.

«Jessie, ti prego. Questa sera mi dirà la verità; è comunque stato un mio grande amico per tre anni...»
«Già, prima di sapere che, per tutti e tre gli anni, ti ha mentito spudoratamente fingendosi un bravo e dolce barman» ribatte, acida.
«Jessie, assassino o meno, sulla mia situazione difficile e su mio padre non mi ha mai mentito. Ha sempre cercato di aiutarmi e...»
«Già, per guadagnarsi la tua fiducia, forse. Esattamente come ha fatto con Sierra e i suoi genitori»

Mi siedo sul letto: non posso perdere Jessie per questa cavolata.

«Jessie, voglio dargli un'opportunità per spiegarmi come sono andati i fatti secondo la sua versione. Poi da sola capirò chi, delle due parti, ha ragione. Ma questa sera; voglio dargli un'ultima occasione»

C'è qualche istante di assoluto silenzio; cosa che mi fa pensare che la rossa ci sta pensando su, forse ha finalmente capito.
Ma la risposta è più agghiacciante del previsto.

«Ottimo, allora va alla tua fottuta cenetta con quell'assassino bugiardo di merda; e, mi raccomando, non perderti il pezzo forte della serata: l'incidente stradale. So che Dalarious ne è specializzato.»
E mi attacca in faccia.

Sono scioccata; Jessie non mi ha mai parlato in questo modo.
È vero, abbiamo litigato delle volte, ma lei non ha mai alzato la voce con me e non mi ha mai trattata... così.
Lo shock e la tristezza, pian piano, lasciano spazio alla rabbia e alla frustrazione.

Bene, ottimo! Non me ne frega un cazzo di quello che pensa lei. Stasera andrò a questa dannata cena e farò tutto da sola, non che sia cosa rara.

Afferro l'accappatoio e mi infilo sotto il getto dell'acqua fredda.

Non ho voglia di pensare, proprio a niente.

Esco dalla doccia, frizionandomi i capelli con un asciugamano pulito, mentre mi pianto di fronte al mio armadio.

Ora, a noi due.

Tiro fuori tutti i possibili vestiti, gonne o abbinamenti vari, che potrebbero andar bene, e li sistemo ordinatamente sul letto.
Noto però, con rammarico, di aver seriamente occupato troppa roba, quindi decido di andare ad esclusione.

Allora: niente jeans e camicia.

Dunque levo tutti gli abbinamenti e li ripongo nell'armadio.
Sul letto ora rimangono solo vestiti e gonne che poi accoppierò.

Però.. le gonne.. i due pezzi non mi convincono. Voglio dire: è vero che non è una cena di Galà, ma almeno qualcosa di leggermente più chic...

E anche queste se ne ritornano nel loro caro posto.

Rimangono quattro vestiti:

Il primo è una camicia celeste con motivi floreali bianchi, lunga fino a metà ginocchio e con le maniche a tre quarti.

Il secondo è un abito molto elegante con scollatura a cuore; formato in modo da avere la parte dalla vita in su completamente nera, mentre dalla vita in giù una gonna di morbido tessuto color rosa salmone stretta a fasciare le gambe fino a poco prima del ginocchio.

Il terzo è un vestito unicamente color crema con le spalline piuttosto spesse e la scollatura squadra, che si avvolge un po' di più sotto il seno, per poi ricadere a rettangolo fino a metà coscia.

L'ultimo, infine, è blu con motivi geometrici arancioni, con scollatura a cuore e una sola spallina. Fascia dolcemente la vita fino ad aprirsi una gonna comoda ma lunga fino alle caviglie.

Oh mamma, non sono abituata a questo tipo di stress. Okay, ragioniamo.

Guardo il primo modello, ma scuoto subito la testa.

È una cena, non un fiera di paese.

Rimiro il secondo.

Oh, no, no,no. DECISAMENTE troppo elegante. Troppo, troppo, troppo.

Arrivo al terzo e devo subito ammettere che non mi dispiacerebbe.

Ci potrebbe stare.

L'ultimo lo scarto senza neanche guardarlo: non sopporto le gonne lunghe, non mi piace avere tutto quel tessuto fra i piedi mentre cammino.

Così, alla fine, sono costretta al terzo abito che abbino ad una borsetta di un rosa chiaro e... le mie converse basse bianche.

Cavoli, tanta fatica col vestito e poi mi ricordo di non avere alcun tipo di scarpa né col tacco, né un tantino elegante.

Prendo il cellulare: sono le 14:03.

Ho parecchio tempo. Per prepararmi mi servono solo quaranta minuti.

Poi scorgo il simbolo dei messaggi e delle chiamate perse, e sblocco lo schermo per accertarmi di chi siano.

12 messaggi da: Jessie
5 chiamate perse da: Jessie

E no eh, se vuole ancora insultarmi che andasse a quel paese. Non ho intenzione di litirgarci, adesso; domani ne riparleremo. E non sarò di certo io a scusarmi.

Così, dopo aver avvertito mia madre che sarei uscita con Kyle, mi metto a fare i compiti; nonostante la mia mente sia sa tutt'altra parte.

Ottimo, così la Roland mi ammazza se non le consegno questa dannata tesina.

Poco più tardi delle sei e mezza, comincio a prepararmi: mi acconcio i capelli in una coda alta, un filo di trucco-- più che altro per coprire queste dannate occhiaie-- e mi vesto.
Ho fatto così presto che mi rimane ancora del tempo; così mando un messaggio a Nash scusandomi nuovamente per la felpa e dicendogli che gliel'avrei restituita l'indomani.
Noto, invece, altri messaggi da parte di Jessie, ma non ho proprio intenzione di starla a sentire; così spengo il cellulare.

Nessuno deve cercarmi; Kyle suonerà al campanello, mia madre al massimo un messaggio. Lei si fida del barman, ma solo perché non sa cosa ha fatto.

E, infatti, poco più tardi sento il campanello suonare e mi fiondo giù alla porta; per aprire ad un Kyle versione principe azzurro.

Indossa un paio di pantaloni neri, eleganti, fermati meglio alla vita da una cintura in cuoio, e infine una camicia bianca infilata dentro con le maniche rigorosamente arrotolate fino all'avambraccio.

Può anche essere solo un mio amico, o un assassino, o quello che gli pare; ma ciò non toglie che sia scandalosamente bello.

«Buona sera, principessa» mi saluta, un braccio poggiato allo stipite della porta.
Ricambio il saluto e lui mi squadra da capo a piedi.

«Sei bellissima, Lara» commenta e mi chiudo la porta alle spalle.
«Grazie» sorrido, ma io per prima mi sono accorta del fatto che non mi sto comportando come ai vecchi tempi.

In passato appena vedevo Kyle allo Starbucks da Jo lo salutavo allegramente; capitava che lo abbracciavo calorosamente, gli scompigliavo i capelli, lo prendevo giocosamente in giro.

E ora... adesso mi limito a cenni con la mano o col capo, sorrisi e parole gentili.

Kyle mi fa strada alla sua auto nera; possente e spaventosa come una pantera, tale e quale al proprietario.

Mi apre la portiera e fa un gesto elegante, invitandomi ad entrare «Vogliamo andare?»

Annuisco e mentre Kyle fa il giro dell'auto per raggiungere il posto del conducente, prego con tutta me stessa che questa serata finisca per il meglio.

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