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Afraid

Lara's P.O.V.

È passato parecchio tempo da quando sono tornata; rimettere piede nella vita di "Lara Shane" e uscire da quella di "La Ragazza Scomparsa" non è stato affatto semplice. Non ricordo con esattezza come ho incontrato tutti gli altri, forse sono andata a casa io stessa, o forse loro mi hanno raggiunto, oppure mi hanno fatto visita sul letto dell'ospedale.
Probabilmente quest'ultima opzione.

Ad ogni modo non ci ho fatto caso al momento, perché ero troppo occupata ad essere risucchiata dalle mie emozioni.
Riabbracciare mia mamma, vedere il suo sguardo così grato e nostalgico, felice e preoccupato per me, mentre mi stringeva forte tanto da staccarmi la flebo: non dimenticherò mai quella sensazione.
Come quando dopo un lungo viaggio finalmente torni a casa, ti chiudi la porta alle spalle e inspiri quell'odore familiare che da tanto non sentivi, ma che al tempo stesso non hai mai dimenticato.
È stato esattamente così con lei: è stato come sentirsi a casa, e non c'è stata sensazione più bella e confortante.

Più in là, quando per i medici mi potevo considerare "fuori pericolo", mi hanno permesso di vedere il resto della combriccola; non che fossi seriamente malata, nemmeno mi ero ferita, se non per quel graffietto sulla guancia. Probabilmente, senza dirmelo in modo esplicito, i dottori volevano assicurarsi che il mio rapimento non avesse causato gravi danni a livello psicologico.

La prima persona di cui ho chiesto, dopo mia madre, è stata la mia rossa preferita: Jess non osava avvicinarsi a me, mi guardava dalla porta della mia stanza con sguardo incredulo e languido.
«So che se mi avvicino, tu sparirai. Non credere che io non lo sappia, eh. Questo scherzo me l'hai già fatto una marea di volte nei miei sogni. Non pensare che ci cascherò di nuovo»
Eppure mentre pronunciava quelle parole, calde lacrime le bagnavano il viso e le mani le tremavano come se bramassero di raggiungermi e toccarmi; forse per accertarsi che fossi davvero reale.
Alla vista della mia migliore amica in quelle condizioni non ho potuto far a meno di piangere, e mentre piangevo le chiedevo scusa perché il senso di colpa per averla fatta preoccupare tanto aveva cominciato ad attanagliarmi il petto in una morsa decisamente troppo dolorosa.

È arrivato poi Cameron che, con dolcezza, le ha detto che io ero davvero lì, che non doveva temere perché questa volta non me ne sarei più andata.
Jess mi ha guardata e dopo un attimo di titubanza si è fiondata su di me: mi ha abbracciata, mi ha confessato quanto le fossi mancata, mi ha addirittura rimproverata.
A fine giornata mi ha salutata con delle semplici parole che terrò preziosamente con me «Lara, in un'altra vita, preghiamo affinché possiamo essere sorelle, ti va?».

Non avrei potuto desiderare una sorella migliore di te, sia in questa vita, che in una possibile futura.

Assurdo a credersi ma, con una stampella sotto il braccio e una fascia a coprirgli la fronte, è venuto anche Kyle. Si sentiva così terribilmente in colpa che non riusciva a guardarmi negli occhi, non riusciva a pronunciare il mio nome. Semplicemente se n'è stato fermo lì, per una marea di tempo indefinito, stringendo i pugni. La situazione sembrava pesante per lui, tant'è che poi ho parlato io.

Ci ho provato fino allo sfinimento a convincerlo di non sentirsi in colpa, a dargli delle prove che stessi bene: ma nonostante alla fine mi avesse detto di aver capito, il suo sguardo vuoto faceva intendere tutt'altro.
Quasi stavo male per lui, avrei voluto aiutarlo a portare quel pesante fardello, ma so che lui non avrebbe mai accettato; non ho insistito oltre e, zoppicante, l'ho lasciato tornare nella sua stanza.

All'appello mancavano soltanto i Grier che come una mandria si sono presentati alla mia porta con regali e pensierini: cibo a volontà dai signori Grier, un mazzo di fiori da Hayes, un disegno con tanto di brillantini dalla mia piccola Skylynn.
Non appena hanno varcato la soglia, però, ho continuato a guardare la porta con speranza, cosa che Elizabeth deve aver notato perché mi ha accarezzato la mano «Ho provato a convincerlo, ma non è voluto venire. Non mi ha nemmeno davvero risposto, è semplicemente stato muto sdraiato sul letto e io non..»
Le ho sorriso «Non importa. Va bene così, davvero»
«Verrà quando se la sentirà»
Ho annuito.

Mi sei mancato da morire, Nash. Ma per lo stesso motivo per cui tu non sei venuto, forse anche io ho paura che rivederti sia un lusso troppo grande e che io non possa permettermelo.

«Guarda, guarda! Questa sei tu-» mi ha detto, allegra, Skylynn, indicando una figura bassina con i capelli scuri nel suo disegno «e questa.. questa s-sono.. sono..»
Ho alzato lo sguardo, così come tutti gli altri: Skylynn stava piangendo, stringendo le lenzuola con i suoi pugnetti.

Elizabeth le ha subito accarezzato la testolina bionda mentre io le ho sorriso con tenerezza.
«Ei, pulce»
Non appena l'ho chiamata così, lei ha alzato gli occhioni su di me, per poi tirare su col naso.
«Ti sei sentita tanto sola, vero? Eri preoccupata che non sarei più tornata da te?»
Skylynn mi ha abbracciata e in quel momento non sono servite parole per capire.

Gered ha fatto qualcosa che non potrà mai essere cancellato nelle nostre vite. Nonostante lui non sia stato crudele con me in quei momenti, però,esattamente durante quegli stessi, le persone a cui voglio bene più della mia stessa vita, hanno sofferto; ed è per questo che non potrò mai perdonarlo. Non per quello che ha fatto a me, ma per quello che, facendomi, ha procurato di conseguenza.

I giorni sono trascorsi e finalmente sono stata dimessa dall'ospedale: ora mi trovo a casa, sotto le meticolose attenzioni di mia madre.
Mi si avvicina e si siede vicino a me, sull'isola della cucina.
«Tesoro, sei sicura che non ci sia altro che vorresti dire?»
Sospiro.

Così come sono tornata io, sono arrivati inevitabilmente anche gli interrogatori della polizia. A quanto pare Gered si è consegnato volontariamente il giorno della mia liberazione: ha confessato di avermi rapita, mentendo però sul fatto di non aver avuto alcun aiuto da nessuno, così come ha confessato tutto riguardo la storia di Kyle, al quale, fortunatamente, hanno concesso la grazia poiché sotto ricatto.
Inutile dire che in tutta la città c'è un trambusto assurdo: giornalisti e paparazzi curiosi che vogliono saperne di più, che pur di avere tra le grinfie una notizia nuova ed esclusiva mi hanno presto dipinta come la protagonista di un'avvincente e intrigante avventura.
Non so proprio cosa ci sia di avvincente ed intrigante in un sequestro di persona e in un tentato omicidio.

«No, mamma. Non ho più niente da dire alla polizia. Quello che c'era da sapere, l'ho detto» rispondo.
Lei tituba un po', ma alla fine me lo chiede «Lara, tesoro.. quel ragazzo che era con te quel giorno.. quello che Nash ha colpito alla nuca..»
Mi mordo il labbro.

Ho mentito riguardo a Reyner. Non nego di aver avuto paura quando, durante l'interrogatorio, la polizia mi ha detto di confessare ogni cosa, ogni dettaglio. Eppure ho voluto mentire per lui, anche se so che si tormenterà l'anima poiché non può restituirmi il favore.
Di Reyner ho detto che è un semplice ragazzo che mi ha salvata quando quell'uomo legato nella stanzetta con me ha deciso di aggredirmi per uccidermi. Ho detto di aver urlato a squarciagola mentre la porta era aperta, e così lui deve avermi sentita.
Fortunatamente, anche se probabilmente con amarezza, lui mi ha retto il gioco e dopo le ordinarie domande, la polizia ha deciso di rilasciarlo.

«Mamma, ti prego. Almeno tu, credimi. Credimi: quella persona che tu tanto ti ostini ad accusare, è la stessa persona che mi ha salvato la vita. Dovresti essergli grata» affermo, con decisone.
Lei mi abbraccia e annuisce. «Perdonami. Sono diventata talmente suscettibile da dubitare anche di te. Scusami, tesoro»
Le ho dato un paio di pacche sulle spalle «Ci credo, deve essere stata dura»
«Ma sta zitta. Non voglio immaginare quanto tu debba aver sofferto in quella stanzetta. Deve essere stato terrificante»
Faccio un sorriso sornione «Non è stato così terribile perché ti pensavo sempre» dico facendola arrossire.
«Ah, ma smettila che mi commuovo».
Rido, e lei si unisce a me.
«Senti ma.. lui non si è ancora fatto vedere?» chiede lei.
Un velo di tristezza copre la mia espressione «No, ma non gliene faccio una colpa. Non so esattamente come deve essersi sentito lui in questo periodo, non ho nemmeno avuto occasione di chiederlo a Cameron, ma se non se la sente ancora, lo accetto.»
«Verrà, prima o poi. Questo lo sai, vero?»
Annuisco «Lo so, questo.. lo so.»

Nash' P.O.V.

Non so cosa mi prende. Tutto questo mi spaventa a morte.

Lei è qui.

Non andrà più via, vero?

Lara è tornata.

Ho paura.

Di cosa?

Che sia cambiata. Che tutto questo l'abbia fatta ragionare a lungo e che sia arrivata alla conclusione che non voglia più avere a che fare non noi.

Pensi se ne andrà?

No. Non lo so. Davvero non lo so. Ma se ha avuto una paura folle durante queste settimane magari ora pensa di non voler più sentire una paura del genere. Magari ora pensa a voler stare al sicuro, magari via di qui, magari in un posto dove nessuno sa di lei e di quello che le è accaduto.

Quindi hai paura che se ne vada.

Una paura folle. Una paura folle.

E così da giorni, rispondo alle domande che la mia mente si pone, cercando di darmi delle risposte.
E intanto lei è qui, ma non mi azzardo ad avvicinarmi.
Sono un egoista.

Sì, lo sei.

Lo so. Mi sento uno schifo; anche in questa situazione non faccio che pensare a me stesso.

Nash, riprenditi.

Non so che fare, che pensare. Che faccio? Cosa devo fare?

Ora non è il momento dei ragionamenti, ora è il momento di agire. Lara. Lara Shane, la ragazza di cui ti sei follemente è innamorato è stata sequestrata ed ora è di nuovo qui. È ad un palmo dal tuo naso, ma tu sei deciso a voltarti dall'altro lato. Stiamo scherzando??

Non è così semplice.

Cosa ti blocca. Qual è la verità? Di cosa hai REALMENTE PAURA??

Spalanco gli occhi, guardo il soffitto bianco. Di cosa ho realmente paura? Mi pare di aver già risposto a questo: non voglio che se ne vada.

Perché? Perché non vuoi che se ne vada? Il perché sarà la tua vera paura.

Perché non voglio che se ne vada?
È Lara, si tratta di lei; la dolce ragazza dal sorriso amabile e lo sguardo incantatore. La stessa che mi ha ascoltato senza battere ciglio, che è stata al mio fianco quando ne avevo bisogno.

Chi è questa ragazza?

La ragazza di cui mi sono innamorato.

La ami, davvero?

Sì! Certo che sì.

E allora perché non vuoi che se ne vada?

Che domanda è? L'ho appena detto: perché io..

PERCHÉ NON VUOI CHE LA RAGAZZA CHE AMI SE NE VADA?

E così ho capito.
Ho capito tutto.
Nello stesso momento in cui formulavo la risposta corretta, le mie gambe si erano già messe in moto e correvano verso di lei.

"Non voglio che se ne vada perché senza di lei non potrei andare avanti. Non voglio che mi lasci qui perché se lo fa, potrei soffrire. E ho una paura matta di soffrire"

Come sei egoista e codardo. E anche tardo di cervello.

Ma non mi importava, perché io già correvo da lei.

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