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Prologo


Erano quasi le sette di sera. Il tramonto, ormai prossimo, si rifletteva sulle vetrate degli alti edifici di Tokyo, colorandoli di arancione nella loro metà inferiore. L'ombra aveva raggiunto le strade, e il freddo proveniente dalla tumultuosa brezza che vi circolava contribuiva a scompigliare i capelli color albicocca, lasciando che alcune ciocche ricadessero delicatamente sul viso del suo proprietario.

Mentre i grattacieli mastodontici gli sfrecciavano accanto e le luci degli edifici lampeggiavano a intermittenza in un'esplosione psichedelica di colori, le prime stelle apparivano fioche nel cielo, così distanti e minuscole da essere invisibili ad occhio nudo.

L'uomo che camminava silenzioso lungo la via era avvolto in quello che aveva tutta l'aria di essere un trench, piuttosto elaborato e di un colore tendente al nero, rispecchiando perfettamente ciò che si celava al suo interno.

Sentiva nostalgia di casa propria e immaginava, al posto di quel buffo quadro metropolitano, la riva del fiume dove andava spesso a giocare o l'affollato e rumoroso lungofiume; profumi e odori tornarono alla sua mente, nei mix che l'avevano accompagnato fin dall'infanzia, insieme agli aironi che solcavano i cieli e i loro stridii, senza contare il suono della musica blues e rock'n'roll che inondava ogni angolo della sua piccola cittadina, Memphis, anche se non aveva niente a che spartire con i dedali urbani posseduti dalla capitale giapponese.

Lasciò presto la strada principale, troppo affollata e caotica, oltre che popolata da individui indesiderati, tirando su il cappuccio della medesima tonalità del lungo cappotto e infilandosi in un vicolo adiacente: si trattava di un tunnel sconnesso, reso umido dalla pioggia caduta qualche ora prima e pregno di un odore quasi nauseabondo che si levava da uno degli altro vicoli presenti, tipico delle metropoli e ormai diventato abbastanza regolare per uno come lui.

Lì avrebbe certamente trovato ciò che stava cercando, lontano da occhi indiscreti.

Per non parlare del fatto che gli incarichi che adorava portare a termine riguardavano principalmente operazioni sotto copertura o durante le quali bisognava adottare un approccio più stealth, poiché secondo la sua modesta esperienza: "agendo nell'ombra" si evitavano un bel po'di grane.

Procedette a passo spedito e con la testa china verso nord, addentrandosi in uno di quei distretti in cui la gente normale non avrebbe mai nemmeno avuto il coraggio di mettere piede e che il governo aveva così disperatamente cercato di eliminare dalle mappe e dalla memoria dei loro sostenitori.

Ma lui, abituato come pochi a percorrere quelle strade buie, non si curò dell'atmosfera ostile che lo circondava o delle rapide occhiatacce che qualcuno di losco avrebbe potuto rivolgergli, continuando a tirare dritto e venendo ignorato completamente da vagabondi e piccoli criminali che si aggiravano scaltri per quei vicoli e osservano guardinghi chiunque si fosse avvicinato.

Probabilmente era a causa del suo aspetto così minaccioso o dell'aura sinistra che sprigionava o forse ancora per l'arsenale scintillante e acuminato che portava con sé, nemmeno lui avrebbe saputo dirlo con esattezza.

Un odore acre proveniente da nord giunse fino a lui , pervadendogli le narici. Sembrava un miscuglio di ferro e fango, ma c'era quel qualcosa in più che lo rendeva quasi indecifrabile, eppure così familiare.

Accelerò il passo, svoltando a destra subito dopo. Ad ogni falcata, l'insopportabile fetore sembrò farsi più intenso.

Continuò a camminare ancora per qualche metro, puntando il proprio sguardo sulla parete scrostata dell'edificio adiacente, lì dove aveva individuato l'origine di quel particolare fenomeno: una macchia color vermiglio ricopriva gran parte della parete, affiancata ad un enorme artigliata dello stesso colore che aveva squarciato una parte del muro.

«"Great! Sembra che il bestione sia passato di qui"»

Nessuno avrebbe potuto immaginare a quale bestia potesse appartenere una cosa simile, poiché non era certa opera di una qualsiasi. Ma quell'uomo sapeva bene che era molto vicino al proprio obiettivo, ma anche che il tempo era contro di lui.

Al centro della stradina, l'uomo guardò ancora una volta l'enorme macchia di sangue sulla parete opposta. Le chiazze erano ormai secche - in molti punti il sangue si era asciugato a tal punto che aveva cominciato a squamarsi, lasciando una traccia più densa lungo il contorno a dimostrazione della sua reale estensione.

Questo significava che era passato del tempo dal suo ultimo transito e che ora aveva su di lui un vantaggio di almeno due ore.

Alzando lo sguardo verso l'alto, l'uomo individuò altre tracce, questa volta all'apparenza più fresche, sui tubi mezzi-arrugginiti che serpeggiavano lungo le mura degli edifici poco più in la, e che si estendevano verso nord per circa un chilometro o poco più.

«"Beccato!"» pensò l'uomo riprendendo il suo cammino. Era la prova definitiva che avrebbe potuto ancora rintracciarlo.

Mentre procedeva lungo quei vicoli, non poteva fare a meno di riflettere a quanto quel duro allenamento a cui era stato sottoposto sin da bambino, stesse ora dando i suoi frutti in modo eccellente, e che dopo giorni spesi nel girare a vuoto, aveva finalmente trovato una pista da seguire.

Molti l'avrebbero definita una cosa da festeggiare, ma lui non era mai stato il tipo da simili idiozie, anzi, non poteva nemmeno concedersi un attimo di tregua, ora che il bersaglio sembrava vicino.

Qualche metro più avanti invece, notò le orme insanguinate della creatura sul sentiero verso il quale stava proseguendo insieme a quella che sembrava una scia, probabilmente proveniente da qualcosa o qualcuno che veniva trascinato con la forza.

Era il segno inequivocabile che essa aveva abbandonato i tetti, visto che non avrebbe potuto proseguire oltre, in favore delle strade, senza la minima preoccupazione di allertare chiunque fosse passato per quei vicoli.

«"Devo ammettere che è un tipo piuttosto spavaldo"» rifletté l'uomo

Le scia cremisi si protraeva ancora per qualche isolato, snodandosi come un serpente tra le varie stradine tortuose, quasi come se fosse un labirinto senza fine, qualcosa che avrebbe facilmente potuto intrappolare chi non riusciva a destreggiarsi nell'oscurità, malgrado questo, anche lui faticava ad orientarsi in quell'intricata ragnatela.

E quando vi riuscì, si ritrovò assai più lontano di quanto credesse, in un grande e desolato piazzale dalle parti di Asakusa, dove vide la grande Tokyo Sky Tree profilarsi all'orizzonte, e dove le tracce si interrompevano.

I suoi occhi color smeraldo si fermarono su uno spettacolo che definire abominevole l'avrebbe reso meno cruento di quanto non fosse, qualcosa che avrebbe potuto far inorridire persino uno come Commander, il numero 1 tra i supereroi statunitensi ed uno dei più grandi Pro Hero mai esistiti, considerato da tutti come il "simbolo americano della pace". Ma come al solito, questo genere di cose lo lasciava completamente indifferente: due cadaveri, probabilmente donne, a giudicare da qualche brandello di vestiario che svolazzava, erano adagiati sul terreno, completamente smembrati e riversi in una pozza di sangue.

«"Sembra che le tracce finiscano qui"»

Il giovane si chinò nuovamente per esaminare la scena del crimine e in quel momento udì uno strano rumore alle proprie spalle. Vicinissimo. La strana sensazione che prima aveva ignorato adesso era talmente intensa che il pericolo doveva essere imminente.

Molto lentamente estrasse un pugnale dalla forma particolare dalla sua cintura: esso era purpureo e rassomigliante ad un piuma d'uccello, si girò di scatto e la scagliò con forza avanti a sé, colpendo lo spazio tra i vicoli, lì dove qualcosa si stava appena muovendo.

Ed infatti, celata nell'oscurità più totale, emerse una figura imponente e massiccia dall'aspetto lupesco, le cui possenti fauci erano ancora intrise del sangue delle povere vittime che gocciolava copiosamente sul terreno, e i cui occhi riflettevano la luna piena appena sorta.

«"È proprio un bastardone"» osservò l'uomo alzando lo sguardo sulla sagoma oscura che torreggiava su di lui. Sebbene fosse di statura leggermente superiore alla media, doveva ammettere che le sue dimensioni superassero di gran lunga ogni sua rosea aspettativa.

Sfiorava appena i tre metri d'altezza ed era ricoperto di muscoli possenti e di una pelliccia irsuta, nera come le tenebre che da tempo albergavano nel cuore del ragazzo. Quella fiera sollevò il muso verso l'alto ed emise uno spaventoso ululato all'astro che si levava alto nel cielo, risuonando e disperdendosi nel raggio di miglia, in tutto il territorio circostante. Avanzò in posizione eretta, tendendo le poderose braccia terminanti con artigli lucenti e affilati come rasoi, come se da un momento all'altro fosse pronto per spiccare un balzo contro la sua nuova preda.

«Moonchild suppongo. Non ho potuto fare a meno di notare quanto tu sia piuttosto su di giri, dimmi, ti stai divertendo?» disse il giovane volgendo nuovamente il proprio sguardo sul suo ultimo spuntino, ottenendo come risposta soltanto un sibilo gutturale, come se quella creatura senza ragione e in preda ad una furia omicida per un attimo lo avesse capito. Il vento cominciò a spirare furioso e la tensione appariva palpabile, segni premonitori che di li a poco qualche cataclisma avrebbe inghiottito in un solo boccone quell'angolo sperduto.

«Immagino debba prenderlo per un si» replicò lui con nonchalance, sguainando la spada che custodiva dietro la schiena: una katana d'ebano dalla lama argentea e seghettata, utile per infliggere quanti più danni possibili. «Possano gli dei avere pietà di te, perché io non ne avrò»








"Arrivati a questo punto vi starete chiedendo chi io sia e come sia finito in una situazione del genere. In effetti, potrebbe essere qualcosa al di là della vostra comprensione, o quasi....

Quindi, mettetevi comodi, poiché la storia che sto per raccontarvi è qualcosa che non si vede tutti i giorni e non è sicuramente adatta ai deboli di cuore: Possiamo saltare anche la parte dove spiego in che genere di mondo io viva, poiché sarete ormai stufi di sentirvelo ripetere. Posso solo dire che è un mondo che ha completamente stravolto la concezione di essere umano per come la conoscete, ma credo di essermi dilungato troppo.

Dunque, la mia storia non è molto diversa da quelle di molti altri, desiderosi sin da bambini di seguire le orme e le gesta di eroi come All Might, Deku e Commander, ma siamo sicuri che il mondo sia tutto bianco o nero? Che ci siano solo buoni e cattivi? Hero e Villain? Quand'è che un Hero smette di essere tale? Quand'è che si diventa Villain? Esistono zone grigie all'interno di questi schieramenti?

La risposta potrebbe non piacervi, del resto ci sono passato anch'io e potrebbe anche accadere ad ognuno di voi, anche se credo possano gustarla solo coloro in possesso di palati fini.

In un'epoca in cui il titolo di Eroe ha assunto un significato del tutto diverso da quello precedentemente concordato, venendo utilizzato come sinonimo di status e ricchezza, starà a me risolvere la situazione. Quindi, allacciate le cinture, perché questo è il vero inizio della mia storia..."









Salve gente, ed eccoci qui con una nuova storia a tema Mha. Lo so, cosa state pensando, ne sto pubblicando parecchie in questo periodo, il fatto è che mi sento molto ispirato e vi assicuro che questa potrebbe ricevere aggiornamenti più costanti rispetto ad altre e no, esse non verranno abbandonate, sarebbe uno spreco enorme, dico solo che non verranno aggiornate in maniera lineare. 

Vi anticipo inoltre che questa storia potrebbe riservare parecchie sorprese e saranno presenti scene parecchio forti, io stesso mi sono sentito a disagio nel raccontarle. Quindi, non mi resta che augurarvi buona lettura e sperare di vederci alla prossima.

Un saluto and Stay Tuned!

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