Capitolo 9 - Touchdown!
Dominique
Siamo in attesa di scendere in campo. L'adrenalina è a mille.
I fari dello stadio illuminano la nostra partita serale e gli spalti sono pieni di tifosi.
I magnifici colori delle nostre squadre rendono l'atmosfera piena di un trionfo di luci e tinte che portano sensazioni di gioia e pieno divertimento.
I Bears, sono rappresentati dal blu navy, arancione e bianco, mentre noi dei Rams fissiamo, tra le urla e gli incitamenti dei nostri tifosi, il blu reale e l'oro, che spiccano tra gli spalti.
I telecronisti James Matthews e Timothy Part ci presentano uno ad uno e noi scendiamo in campo per salutare i tifosi.
Un boato si leva tra il pubblico. Noi ci posizioniamo a bordo campo e facciamo qualche piccolo esercizio fisico in attesa che la partita cominci. Saltello, roteando le braccia per scaldarmi.
Quando l'arbitro ci chiama per sorteggiare il kick-off, guardo dritto negli occhi il capitano dei Bears, Oliver Stunton. Gli sorrido e lui ricambia.
Stunton è sempre stato uno di quelli con cui è facile andare d'accordo, anche se siamo rivali.
I miei compagni scendono in campo e ognuno di noi prende posizione.
Tocca ai Bears eseguire il calcio d'inizio e quando il fischietto dell'arbitro ci dà il via, la concentrazione è tutta sulla ragione della mia vita: lo sport che ho sempre amato e scelto di fare fin da bambino.
Prendo al volo la palla e inizio a correre. Tentano di placcarmi ma non ci riescono.
Scattante come un felino, li sorpasso tutti, ma quasi nella zona del touchdown, mi fottono la palla.
Impreco, ma non mollo.
Torniamo tutti in posizione. Un giocatore dei Bears tenta l'impossibile, provando a oltrepassare la difesa, ma viene placcato e la palla la raccoglie Dwight Bones, un mio compagno di squadra in posizione halfback.
Corre verso l'area di meta ma poi è costretto a lanciare il pallone e io l'afferro al volo.
Corro per arrivare al touchdown, ma poi, completamente bloccato dai giocatori della squadra avversaria, sono costretto a lanciare l'ovale.
Con determinazione e grande concentrazione, eseguo un tiro lunghissimo, in direzione di Pablo, uno dei running back della squadra, effettuo un passaggio impeccabile, oserei dire perfetto.
Pablo arriva nell'area di meta ed è subito...
«Touchdown!» urlano i telecronisti.
Esultiamo, con l'adrenalina a mille e la voglia di portare la partita a casa.
I tifosi esultano, urlano il mio nome e quello di Pablo.
Io e il mio amico ci guardiamo e ci facciamo reciprocamente un cenno.
La partita ricomincia, i Bears possiedono la palla per un bel po', ma per fortuna non riescono a fare punti.
Stunton lancia la palla che viene intercettata da un difensore della nostra squadra.
La perde di nuovo, ma poi sono io a rimettere le cose a posto.
Recupero di nuovo il pallone, ma Lucas Romper, defensive lineman dei Bears, cerca di bloccarmi.
Lo scanso e lancio verso Dimitri Petronov, un mio compagno di squadra wide receiver in posizione flanker, disposto sull'esterno, un passo dietro la linea.
Corre di poco, ma poi lancia subito la palla a un compagno di squadra che, però, viene fermato dalla difesa avversaria con un tackle che lo fa finire per terra.
Questo casino fa riprendere possesso palla ai Bears che riescono a segnare due punti con una conversione a due.
Non mollo e, quando è il momento, riesco a recuperare la palla e corro come un matto per segnare io stesso il prossimo touchdown.
E ce la faccio, cazzo!
«The Exterminator! The Exterminator!»
Lo stadio si incendia, il pubblico urla il mio soprannome e io esulto, perdendomi tra gli abbracci di alcuni compagni di squadra.
Il primo quarto finisce e andiamo avanti col secondo dove, nonostante un touchdown della squadra avversaria, riusciamo comunque a restare avanti di diversi punti.
Finisce il primo tempo e noi scendiamo negli spogliatoi per rifocillarci.
Il coach Stevens viene a farci i complimenti, caricandoci un botto per il secondo tempo, e ci dà ancora dritte per avere la meglio sugli avversari anche per l'altra parte della partita.
«Amico, sei stato grande» mi dice Pablo, dandomi una pacca sulla spalla.
«Sì, anche tu.»
Gli sorrido e poi guardo l'orologio appeso alla parete degli spogliatoi.
Non vedo l'ora di scendere di nuovo in campo e riprendere a giocare, facendo del mio meglio per portare la partita a casa e lasciare sconfitti i Chicago Bears.
Mi sono fatto una promessa: se avessi vinto questa partita, avrei rivisto Gabi e parlato con lei dell'eventualità di metterci insieme. Seriamente, intendo. Come una coppia.
Non che la cosa mi entusiasmi. Insomma... se lei dovesse dire di sì non saprei proprio come fare, perché sarebbe tutto nuovo, per me. Però... però sento che questo è l'unico modo per dimenticarmi per sempre di Cassie.
Ci sarebbero troppe implicazioni negative che verrebbero fuori da una nostra eventuale unione, prima fra tutte: dirlo a suo fratello.
Ecco perché non posso. E sono convinto che per togliermela dalla testa una volta per tutte devo solo stare con un'altra. Ma starci per davvero. Fare tutte quelle cazzate da coppiette innamorate che mi hanno sempre fatto vomitare ma che darebbero stabilità alla nostra storia. E se tra noi diventasse qualcosa di serio non farei mai nulla per ferirla. Men che mai andare con un'altra. Men che mai fiondarmi tra le braccia di Cassiopea Silver.
Fuori, sul campo, impazza lo show da fine primo tempo, e noi ne approfittiamo per ristudiare le tattiche di gioco.
Dopo un bel po', siamo quasi pronti per ricominciare.
«Forza, in campo!»
La voce del coach ci ridesta e torniamo in campo, pronti per giocare e dimostrare quanto cazzo valiamo.
***
La partita è finita e abbiamo avuto la meglio. Abbiamo vinto di parecchi punti e il coach ci ha elogiato, negli spogliatoi, dicendoci che siamo stati grandi e che, in futuro, dobbiamo continuare su questa linea.
Ad ogni partita vinta, la mente vaga nei ricordi, a cercare i primi momenti in cui mi sono avvicinato a questo sport, rammentando i primi lanci con papà, nel giardino di casa, le prime partite viste insieme alla TV e poi la mia prima partita sul campo, da spettatore. I Rams giocavano contro i Dolphins e io ero eccitato come non mai.
Ricordo che vincemmo e, da quel momento, decisi: avrei fatto il giocatore di football. E non un giocatore qualsiasi: sarei diventato il quarterback dei Rams.
E da allora mi sono impegnato ogni giorno per inseguire il mio sogno. Al liceo, prima, al college, poi, e oggi, come giocatore sul campo, uno dei più quotati della National football league.
Dopo aver festeggiato insieme ai miei compagni, li saluto e mi avvio con Pablo nei parcheggi sotterranei, dove un'autista, pronto a riaccompagnarci a casa, ci attende.
Pablo parla come una macchinetta, gasandosi a più non posso nel ricordare gli highlights del match, mentre il mio cellulare vibra e lo recupero dalla giacca.
Congratulazioni, campione! Che ne diresti se, stasera, facessi un altro bel touchdown dentro la sottoscritta?
Ridacchio nel leggere il suo messaggio e rispondo subito.
Gabi, Gabi! Sei terribile. Ma, come sai, in me hai trovato pane per i tuoi denti. Quindi, ci vediamo tra un'ora a casa mia.
«Ma mi stai ascoltando?»
Pablo mi lancia un'occhiataccia e io ridacchio, alzando il cellulare a mo' di trofeo.
«Era Gabi. Tra un'ora è da me.»
«Vuoi davvero chiederle di essere la tua ragazza?» domanda, fissandomi perplesso.
Pablo è l'unico a cui ho confessato le mie intenzioni e, ovviamente, ha detto che sono matto e che mettersi con un'altra non è un buon modo per dimenticare la ragazza che mi piace.
Secondo la sua visione il motto chiodo schiaccia chiodo è una grandissima stronzata.
«Sì, amico. Glielo chiederò stasera, dopo essermela scopata» lo informo.
«Amico, stai facendo una grandissima stronzata. E quando capirai che è così, non venire a piangere sulla mia spalla. Odio dover dire "te l'avevo detto".»
Faccio spallucce e l'ignoro.
Accetto sempre i suoi consigli. O meglio, ascolto cos'ha da dire, spesso ci rifletto su e se secondo me ha ragione, posso anche cambiare idea. Ma, in questo caso, sono irremovibile.
Parlerò con Gabi e inizierò un nuovo percorso al suo fianco.
Perché da quando Cassie è rientrata nella mia vita sto incasinando tutto. Stavo persino per mandare a puttane gli allenamenti di football e non posso permettermelo.
Perché mai, mai nella vita mi sono sentito debole come quando sono al suo fianco.
E se l'amore, o quello che sia, è una debolezza, non mi lascerò fottere. Non da lei, non dai suoi occhi dolci e da quelle cazzo di labbra da baciare.
Mi fidanzerò con Gabriela e la esporrò, davanti alla stampa, come un trofeo. Un trofeo con cui mi piace andare a letto, ma grazie al quale il mio cuore è al sicuro.
Perché non ci sarà mai nulla di sentimentale, tra me e lei. Insomma, forse sulla carta, agli occhi del mondo, ma non per me. Non nel mio cuore.
Nel mio cuore c'è solo un cazzo di nome. C'è da sempre. Solo che allora ero un ragazzino idiota e ho mandato a puttane tutto. Sia la mia amicizia con Arthur che il rapporto con lei, anche se solo di amicizia. O quello che era all'epoca. Qualunque cosa fosse e qualunque cosa stesse nascendo tra noi.
Perché se è da tutti questi anni che c'è sempre stata solo lei - in maniera folle e assurda - oggi che il destino ha deciso di rimetterla sul mio cammino, o la allontano o sarò fottuto per sempre.
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