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Capitolo 6 - Giornali e guai

Cassiopea

Seduta ad aspettare, picchietto nervosamente il piede sul pavimento mentre, col pugno chiuso, mi diverto a tormentare il tavolino di legno accanto al quale sono seduta e su cui è già posato un bel bicchiere d'acqua che devo ancora bere (è il secondo, in realtà. Il primo l'ho già trangugiato d'un sorso).

Nervosa, alzo il polso per guardare l'orologio. È in ritardo di dieci minuti, ma non mi stupisco. Arthur è sempre stato un ritardatario cronico.

Mi sento un po' tesa perché ieri sera sono uscita con Dom e lui non sa nemmeno che ci siamo rivisti e che viviamo nello stesso condominio.

Con Arthur ci siamo salutati al volo quando è tornato dal suo viaggio d'affari, quindi non mi è sembrato un buon momento per dirglielo, ma adesso che ci siamo promessi una lunga colazione assieme, non mi sembra più giusto mentirgli.

Insomma, non che io stia poi veramente mentendo. Non mi ha mica mai chiesto se avessi, per caso, rivisto Dominique! Diciamo che ho solo... omesso che viviamo praticamente a un passo l'uno dall'altro. È una bugia bianca, ecco.

Ad ogni modo, ora non posso più scappare. Se non mi tolgo questo peso, la cosa mi si ritorcerà contro e questa specie di piccola menzogna che mi sto tenendo per me mi schiaccerà senza che io me ne renda conto.

Non parliamo quasi mai di Dom. Anzi, da quella notte in cui lo scoprimmo con Elsie, la sua ex, a casa di Dominique, non abbiamo mai toccato l'argomento, se non il giorno dopo.

Da allora Arthur mi ha fatto giurare di non nominargli mai più il suo ex migliore amico né quella "troia" della sua ex (parole sue!).

Quindi come faccio, adesso, a dirgli di lui, cavolo?

«Oh, eccolo!» mi dico da sola, vedendolo entrare nel café in cui sono seduta. Mi cerca con lo sguardo e io mi faccio notare, sventolando la mano.

Arthur fa un cenno duro e viene verso di me. Ha la mascella contratta e sembra arrabbiato.

Che sarà successo? Giornata no? Magari ha solo discusso con la sua fidanzata. Se è qui per vomitarmi tutte le sue frustrazioni per qualcosa come problemi al lavoro o di cuore, sono fregata! Non sarebbe certo il momento più adatto per dirgli di Dom.

«Buongiorno, sorellina.» Mi fissa di traverso, nervoso. Si frega il mio bicchiere d'acqua e lo beve d'un fiato, facendo, poi, sbattere rumorosamente il bicchiere di vetro sul tavolino.

«Ciao, Arthur. Va tutto bene?» gli chiedo, non potendo ignorare il suo umore palesemente nero.

«Non lo so, sorellina, dimmelo tu.»

«Che significa?» Lo fisso stranita. Che cos'ha che non va? Sembra ce l'abbia con me.

«Bene.»

Sposta il braccio dietro la schiena e tira fuori dalla tasca dei jeans una rivista.

Me la sbatte davanti e io spalanco gli occhi nel notare che, in copertina, ci siamo io e Dom.

Qualche odioso paparazzo deve averci seguito, ieri sera, nella nostra uscita a quattro con Pablo e Meredith. A quanto pare, però, hanno colto il momento in cui Dominique mi ha preso la mano.

Cavolo, sembra quello che non è, e il titolo recita "Una nuova conquista per lo scapolo d'oro dei Rams?"

Cazzo, sono nella merda!

«Arthur, posso spiegare.»

Mi manca la salivazione. Mi sento sotto interrogatorio, giudicata ancor prima che io possa parlare.

«Che cosa, sorellina? Che cosa vuoi spiegare?» ringhia piano, quasi calmo. Ma io lo conosco troppo bene e so che inizia sempre così. La famosa calma prima della tempesta. Non gli ci vorrà molto per scoppiare.

«Non è quello che sembra» dico, guardandolo.

I suoi occhi indagatori e incazzati mi stanno praticamente incenerendo. Sono sicura che se potesse lancerebbe questo vecchio e malandato tavolino di legno per aria.

«Quello che sembra? Cioè cosa? Che frequenti alle mie spalle l'unico uomo al mondo con cui non vorrei mai vederti?»

Ecco, lo sapevo. Non gli è passata! Maledizione, lo so che Dom si è comportato da stronzo e gli ha spezzato il cuore, ma, cavolo, sono passati molti anni. Arthur ha voltato pagina. Ha una vita piena, adesso. Un lavoro che ama, tanti buoni amici e una donna bellissima e pazza di lui che farebbe invidia a chiunque.

«Noi non ci frequentiamo» spiego, ma non mi dà modo di finire di parlare.

«No? È per questo che vi hanno paparazzati a un tavolino, mano nella mano, in quello che ha tutta l'aria di un appuntamento romantico?»

«Non eravamo soli. Con noi c'erano un suo compagno di squadra e la mia amica di New York che si è trasferita qui per lavoro, come me. Meredith, ti ho parlato di lei.»

«Davvero? E come mai loro non ci sono nella foto? Cos'è li hanno magicamente cancellati con un colpo di photoshop?» dice tra l'ironico e l'infastidito. Sente come se lo stessi prendendo in giro ma non sa quanto è lontano dalla verità.

«Erano usciti, in quel momento. E quel gesto tra noi... non significa niente. Stavamo solo... ricordando il passato» mi esce fuori in maniera naturale, ma mi rendo conto un istante dopo dell'enorme gaffe che ho fatto nel nominare il passato.

«Ah sì, davvero? E avete anche ricordato di quanto si è divertito a fottere la mia donna? O quella parte di vecchie memorie l'avete omessa?»

«Arthur, per favore...»

Alza una mano infastidito e mi parla sopra, prima che possa dire di più.

«No, Cassie, adesso mi ascolti. Sei un'adulta e io non ti posso certo dire chi frequentare e chi no. Ma sappi che se accetti lui nella tua vita, non potrai mai avermi dalla tua parte. Non avrai la mia benedizione o cose simili e se per un assurdo scherzo del destino lui dovesse essere l'uomo della tua vita e vi doveste sposare, io non verrei al vostro matrimonio.»

«Dio, quanto esageri! E, cazzo, se stai correndo. Non c'è niente, tra noi. Quello di ieri non era un appuntamento, non ci siamo mai nemmeno baciati e tu mi parli di matrimonio?»

È per caso impazzito?

«Era per dire. Volevo solo capissi l'antifona.»

«Sì, l'ho capita» rispondo con un sorrisetto infastidito. «Ma adesso sta a me parlare.»

Scuote il capo ancora nervoso, passandosi la lingua sotto al palato.

«Cassie.»

«E gradirei non essere interrotta!» dico piccata, tirando fuori il mio bel caratterino.

«Bene, grazie» dico calmandomi, vedendo che ha abbassato le antenne, provato a calmare il respiro e sembra in posizione d'apertura, nei miei confronti, disposto all'ascolto e al dialogo.

«Ehm... da dove comincio... Io, ehm... ho rincontrato Dominique per caso, il giorno in cui mi sono trasferita qui. Stavo portando a casa tutti i miei bagagli, quando lui mi ha vista e si è offerto di aiutarmi.»

«Tipico!» sbuffa, ma mi lascia continuare.

«Sul primo momento non mi aveva nemmeno riconosciuta. Poi mi sono palesata e ci siamo... salutati. Viviamo nello stesso condominio, a Melrose.»

Spalanca gli occhi e sbuffa, infastidito.

«Grandioso! Quindi rischio pure di imbattermi in lui se ti vengo a trovare a casa!»

Decido di ignorare il suo commento e vado avanti.

«Ad ogni modo... beh, poi ci siamo rincontrati in spiaggia. Lui sapeva che la mia amica Meredith aveva una cotta per il suo compagno di squadra, Pablo Perez, e ha approfittato di quella giornata al mare per presentarli, visto che si trovava lì con lui. Ecco che, allora, il suo amico ha subito colto la palla al balzo per proporre un'uscita a quattro. Non potevo tirarmi indietro, soprattutto per Meredith. È stata un'uscita innocente, abbiamo chiacchierato, non è successo nulla» dico con aria mortificata e non so nemmeno perché sto qui a giustificarmi con lui.

Non è certo mio padre, né il mio fidanzato. E se anche ci fosse stato qualcosa con Dom non dovrei certo chiedergli il permesso o giustificarmi con lui come se avessi commesso chissà quale reato.

«Il punto non è se vi siete baciati, solo parlati o se siete andati a letto insieme. Il punto è chi è lui e quello che ha fatto.»

Scuote nervosamente il capo, come a perdersi in ricordi che gli fanno male, poi mi guarda e va avanti.

«Dici che non c'è stato niente come a volerti giustificare, ma lo hai rivisto senza problemi, quindi non escludi che potresti rivederlo ancora e non neghi che non ti dispiacerebbe riaccoglierlo nella tua vita.»

Scuoto il capo, sospiro. Non so come rispondere a quest'ultima domanda. Certo, sì, è chiaro che lo so, ma non so come dirglielo per non ferire i suoi sentimenti.

«Arthur, ti ha spezzato il cuore e lo so. C'ero anch'io e, quel giorno... ha spezzato il cuore anche a me.»

«Già e non l'ho picchiato abbastanza per aver, in un sol colpo, fatto sesso con la mia ragazza e ingannato la mia sorellina quattordicenne.»

«Per quanto riguarda me, sai che non è stata colpa sua. C'era stato solo un bacio, tra noi, e io non mi sarei dovuta illudere d'altro. Ma ero piccola e ingenua e...»

«E lui non avrebbe mai dovuto baciarti. Proprio perché sapeva che eri piccola, ingenua, inesperta e, per giunta, mia sorella!» ringhia, ancora furioso per ricordi dolorosi che non vanno via e non si affievoliscono.

«D'accordo, forse non avrebbe dovuto, ma l'ha fatto. Era un ragazzo anche lui, Arthur, a volte lo dimentichi. Tutti facciamo degli errori.»

«Sì, con la differenza che il suo gli è costato la nostra amicizia.»

«Arthur...»

«No, adesso fai parlare me. Cassie, io ricordo bene quel giorno. Venisti da me, con aria felice e speranzosa con quel cazzo di pacchetto tra le mani, il tuo... regalo per lui... e mi raccontasti del vostro bacio come se io fossi la tua amica del cuore. E, cazzo, io ero già furioso in quel momento, perché sapevo che Dom si era sempre e solo divertito, con le ragazze. Ma mi sono calmato perché ho capito quanto fosse importante per te. Ed ero disposto a parlare con lui, capire le sue intenzioni e metterci una pietra sopra se non fossero state le più nobili. Mi avrebbe chiesto scusa, ne avrebbe chiesto a te per quello stupido bacio e non si sarebbe più fatto vedere con la mia povera sorellina innamorata.»

«Non ero innamorata!» mi difendo, sentendomi punta nell'orgoglio.

«Invaghita? Beh, non fa la benché minima differenza perché quando hai quattordici anni i due verbi sono praticamente sinonimi. Comunque sia... un bacio dato alla mia sorellina pazza di lui, fatto in maniera superficiale, senza pensarci, beh... gliel'avrei potuto perdonare. Se si fosse scusato con me, giurando di non avvicinarsi mai più a te... se ti avesse domandato perdono per averti involontariamente illusa... o anche se fosse impazzito dicendomi che voleva frequentarti con le migliori intenzioni, beh... era il mio migliore amico e gli avrei dato un'occasione.»

Si ferma, respira piano e prova a cacciare indietro rabbia e delusione.

«Ma quella sera il suo comportamento irresponsabile ha spazzato via tutto. Io ero innamorato di Elsie» mi ricorda, facendomi quasi sentire in colpa. Perché sto dando una chance a Dominique, perché sono uscita con lui come fossimo vecchi amici e perché... perché penso a lui in modi che non dovrei, anche se questo Arthur non lo saprà mai.

«Volevo... volevo costruire con lei un futuro, Cassie. Pensavo al college insieme, ad una casa nostra a...»

«Lo so. Arthur, lo so.» Mi si spezza il cuore vederlo ancora così ferito. Ed è talmente tanto arrabbiato, ancora, da chiedermi se ha mai dimenticato davvero Elsie.

«Beh, non sembra. Altrimenti non staremmo qui a parlare della tua uscita con l'unica persona al mondo che non vorrei vedere nemmeno in cartolina.»

«Arthur...»

«Ero un ragazzino anch'io, è vero. Ma Elsie, per me, non è mai stato un amore da ragazzini. Era di più. Era vero, reale, intenso, da farmi scoppiare il cuore. E lui l'ha distrutto.»

Punta lo sguardo sul tavolino e batte il pugno sotto al mento, piano.

«Lo ha fatto anche lei, però.»

«Già e dopo quello io non l'ho più voluta vedere. Non ho mai risposto alle sue telefonate né ai suoi messaggi di scusa. Ma lei... per quanto significasse per me, per quanto io fossi convinto fosse quella del "per sempre" era solo una ragazza, Cassie. E si sa che può capitare che gli amori vadano e vengano. Sai cosa non va via, se è vera? L'amicizia. Quindi quella di Dom non era autentica e io non voglio stare qui a parlare di una persona che si è finta mia amica per poi pugnalarmi alle spalle nel peggiore dei modi.»

«Ha fatto un errore. Aveva bevuto. Era... un adolescente preda degli ormoni e dell'alcol e ha fatto una grossa cazzata, senza ragionare. Capisco che tu non abbia più voluto essergli amico, ma adesso sono passati molti anni. Lui... lui sembra diverso, cambiato e...»

«Le persone non cambiano mai veramente» sputa fuori deciso, convinto, sicuro delle sue parole.

«Senti... io capisco che tu non voglia più la sua amicizia, va bene, lo accetto. Ma... è passato un secolo, Arthur. Tu adesso hai una vita bellissima e una donna che ti ama davvero. Non dovrebbe contare questo? Insomma... come può, il passato, farti ancora così male?»

«Perché non c'è tradimento peggiore di quello del tuo migliore amico. E spero che tu non debba mai provarlo sulla tua pelle per capire come mi sento.»

«Volete ordinare?»

Una vocina gracchiante ci mostra una cameriera bassina e dal sorriso contagioso.

Le faccio un cenno tirato, ma Arthur parla per me.

«Solo la signorina. Io sto andando via.»

Si alza, facendomi balzare in piedi nello stesso istante.

«Che cavolo fai, dove credi di andare?»

La cameriera, capendo il momento non proprio idilliaco, batte in ritirata, mentre Arthur rimette a posto la sedia senza guardarmi in faccia.

Gli afferro un polso.

«Sto parlando con te» tuono arrabbiata, ma lui non si scompone.

Strattona la presa e si liscia la camicia a quadri di cotone leggero.

«Non credo abbiamo molto altro da dirci.»

«E te ne vai così?» Non posso credere ai miei occhi. Sta innalzando un muro. Sta innalzando un cazzo di muro.

È il suo modo per dirmi "O si fa come dico io o non se ne fa niente".

«Sì, sorellina, me ne vado così.»

«E non finiamo il nostro discorso?»

«Ci siamo detti tutto, Cassie. Tu resterai della tua idea e io della mia. Perciò... buona giornata.»

Mi volta le spalle e se ne va, mentre io lascio il tavolino e lo seguo.

«Arthur, dai!»

«Ah, e fammi un favore: visto che sei entrata con lui così in confidenza, di nuovo, fatti dire quando non si trova a casa, così sceglierò quegli orari per farti visita e vedere il tuo appartamento.»

Scuoto il capo.

Non volevo andasse così.

«Stammi bene, sorellina.»

Se ne va, stavolta davvero.

E mi lascia dentro svuotata.

E mi fa capire che se lascio entrare Dom nella mia vita perderò lui.

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