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Capitolo 11 - Provare ad essere amici

Cassiopea

Stanca per un'estenuante giornata di lavoro e una serata fuori a fare baldoria finita estremamente tardi, mi ritiro a casa trascinando i piedi, varcando con fare lento e pesante l'ingresso del condominio Melrose.

Traffico con la borsetta per cercare le chiavi di casa, quando una voce mi chiama.

«Genietto!»

Alzo lo sguardo e lui è lì, seduto sulle scale che portano al mio appartamento, l'aria stanca e triste di chi sembra aver avuto una serataccia.

Eppure, nel locale dove eravamo (e che Meredith aveva scelto appositamente per poter seguire la partita) mi sembrava di aver visto un'ottima performance di Dominique e della sua squadra. Hanno anche vinto.

Chissà perché quella faccia!

«Rincasi così tardi?» chiede, alzandosi e venendomi incontro.

Faccio spallucce e gli sorrido.

«Dopo una giornata impossibile al lavoro, sono uscita con Meredith e dei colleghi. Avevamo bisogno di svagarci un po'.»

«E ci sei riuscita?» domanda, le mani in tasca e l'aria da bello e dannato.

«Abbastanza. Tu? Ho seguito la partita coi ragazzi, nel locale dove eravamo. So che hai vinto, eppure sembri giù di morale.»

«Vincere una partita non sempre è tutto, nella vita. Anche per un giocatore di football.»

«Per te, però, lo era.»

Si avvicina lentamente a me, sembra guardarsi attorno. Ma non è un gesto naturale, piuttosto sembra lo faccia con una punta di imbarazzo e con l'aria di chi teme di guardarti dritto negli occhi.

Perché ho l'impressione che quello che vuole dire non mi piacerà?

«Sì, vero. Ma da un po' di tempo sembra che tutto sia cambiato.»

«Da un po' di tempo?» ripeto, cercando i suoi occhi.

Cerco di carpire un'emozione, una qualsiasi cosa che possa farmi intuire cos'abbia e perché sembra parli per enigmi.

Ma rifugge lo sguardo. Tentenna, ciondola sui piedi, si morde il labbro.

Finché dice qualcosa di apparentemente coraggioso che mi fa fremere e sussultare.

«Da quando ci sei tu» dice, come a correggersi.

«Non capisco.» Stavolta sono io a mangiarmi il labbro e a scuotere il capo, non avendo idea di dove voglia andare a parare.

«Cassie, da quando la vita ti ha rimessa sul mio cammino si è incasinato tutto. Ogni giorno torno al passato, a quella notte di tanti anni fa, al dolore che vi ho causato. E non è bello, cazzo! E... anche se forse non ci crederai, fa male anche a me.»

Non so che dire. Non so davvero che cavolo dire.

Perché ritorna a quella notte? Dovremmo lasciarla relegata al passato, non riparlarne.

Che senso ha? E che cosa cambia?

«Dom, io... non so che dirti. Ma... l'unica cosa che credo di sapere è che tutto questo è sbagliato e non ti fa bene. Rivangare il passato non ti porterà a nulla. È qualcosa che non puoi cambiare, però... puoi lavorare sul tuo presente. E sul futuro.»

«Ci sto provando» dice come rassegnato, spalancando le braccia. «Ci provo, ma... sembra che ogni volta io faccia un passo verso il futuro, il passato mi frani addosso per ricordarmi chi ero, chi sono e chi sarò sempre.»

«Non è il passato a condizionare chi sei, né le tue scelte di allora. Esiste il libero arbitrio, Dominique, e puoi usarlo per avere comportamenti migliori, adesso.»

È così enigmatico, cazzo! Perché non dice chiaramente ciò che vuole dire e la fa finita?

«Io... non lo so. A volte mi sento come se non avessi scelta. Come se... qualsiasi azione positiva io possa fare oggi, non potrà mai cambiare chi sono realmente né poi, di fatto, essere davvero così positiva come credo. Cerco di fare del bene, agisco convinto di essere nel giusto, ma mi ritrovo a incasinare tutto, di nuovo.»

«Non ti sto capendo» commento, perplessa.

Dove vuole andare a parare?

Sospira, si passa una mano fra i capelli, si tortura le labbra. Butta fuori tutta l'area, come fosse stato a lungo in apnea.

Mi guarda.

«L'ho fatto di nuovo» spara, lasciandomi interdetta.

Scuoto il capo. Lo fisso stranita.

«Fatto cosa?»

«Sesso con una donna impegnata. Più di una volta, a dire il vero.»

Resto colpita. Delusa, anche.

Perché me lo dice? E, soprattutto, perché ha fatto una merdata del genere, di nuovo?

«Oh. E... come mai?» biascico, incapace di guardarlo negli occhi.

«Io... non lo sapevo. Cioè... non sapevo che questa ragazza fosse impegnata.»

Sbuffa, mi dà le spalle, si risiede sugli scalini e io lo raggiungo, in maniera naturale.

Mi siedo accanto a lui, pronta ad ascoltare la sua storia.

«Tempo fa ho conosciuto questa ragazza. Gabriela» dice, con un sorriso sghembo. «Aveva bisogno di una mano a cambiare una ruota e... era carina... disponibile. Abbiamo iniziato a chiacchierare e...»

«Siete finiti a letto insieme» finisco per lui.

«Sì, ma... prima che accadesse... prima che arrivassimo a quello, io le ho chiesto se avesse una relazione e lei mi ha assicurato di no. Così mi sono lanciato. Volevo divertirmi e sapevo che anche lei voleva lo stesso. Così... ci abbiamo dato dentro» commenta e, mio malgrado, dentro, avverto una fitta allo stomaco che non vorrei provare.

«Il sesso tra noi è stato grandioso, eravamo sulla stessa lunghezza d'onda e, di comune accordo, abbiamo deciso di diventare...»

«Degli scopamici» finisco per lui e Dom ridacchia, alleggerendosi un po'.

«Sì. Quello. Comunque... è andata avanti per diverso tempo, ma quando stasera le ho chiesto di ufficializzare la cosa, di... provare a vederci come coppia, lei mi ha confessato di avere un altro e di non avere alcuna intenzione di lasciarlo.»

«Che stronza!» commento di getto, non potendo frenare la lingua. «Insomma, ha preso in giro sia te che il suo ragazzo e ti ha portato a fare un errore che non avresti commesso se avessi saputo la verità.»

«Sì, infatti.»

«Quindi non capisco, Dom, per cosa ti senti in colpa, esattamente?»

«So che può sembrarti folle, però... quando ho saputo la verità mi sono sentito come quella notte, con tuo fratello. Mi rendo conto che, in parte, è sciocco, che adesso la situazione è molto diversa, che, all'epoca, sapevo cosa facevo, mentre adesso no, però... non ho potuto fare a meno di sentirmi un bastardo. Un fottuto bastardo che si è scopato per mesi la ragazza di qualcun altro.»

Poso una mano sulla sua gamba, gentile e lui alza gli occhi per guardarmi.

«Dom, capisco che tu ti sia sentito così, ma non lo hai fatto di proposito e devi toglierti di dosso questi assurdi sensi di colpa. Non ti fanno bene e non sono giusti, credimi.»

«Io...»

Guarda in alto, le stelle, poi torna a guardare me.

«Sì, hai ragione. Non mi fanno bene.»

Annuisco e poi guardo anch'io in alto, chiedendomi come mai Dominique Tracker, l'uomo che non vuole mai impegnarsi, lo scapolo più ambito di L.A., il giocatore sexy che è tutto sesso e divertimenti, abbia avuto voglia di ufficializzare con questa ragazza.

«Anche se si è comportata da stronza, questa Gabriela... doveva essere una ragazza molto speciale» dico, guardandolo. «O, almeno, è stata brava a farti credere di esserlo.»

«Lei è...» Fa spallucce, sembra provare a cercare le parole adatte. «Stavamo bene, insieme. Parlavamo a lungo e di tutto. Eravamo... caratterialmente compatibili» dice freddo, lasciandomi basita.

«Quindi non eri innamorato di lei? O cotto, o quello che sia?»

Stringe gli occhi, arriccia il naso e nasconde un sorriso.

«No. Assolutamente no.»

«E allora perché volevi iniziare una relazione con lei?» domando, incapace di capire l'enigma vivente che è diventato per me, oggi, quest'uomo.

«Per...» Si blocca. «Dimenticare» aggiunge, guardandomi così intensamente da togliermi il fiato.

«Dimenticare cosa?»

«Chi» mi corregge, senza smettere di fissarmi.

Lo guardo a mia volta, provando ad essere coraggiosa e, per una volta, a non farmela sotto di fronte a lui.

«Chi» ripeto.

«La ragazza dai codini scuri che mi ha incasinato la testa per anni e che è capace di farlo ancora oggi senza, di fatto, fare niente.»

Il cuore manca un battito. Anzi forse due, tre, quattro. Troppi!

«Dom, tu...»

Mi alzo, allontanandomi da lui e prendendomi la testa tra le mani.

La sua voce mi raggiunge.

«Che c'è? Ho provato ad essere sincero, Cassie. Ci sto provando, cazzo!»

«Noi siamo amici» gli ricordo.

«Lo eravamo» mi corregge, ancora a debita distanza.

«Quindi adesso cosa siamo? Dei... conoscenti?»

Cammina piano, lentamente, continuando a parlare.

«Non lo so che cosa siamo, ma qualunque cosa sia, è lontana anni luce da quello che vorrei essere per te, Cassiopea» dice e sembra che solo sulle sue labbra il mio nome per intero - che ho sempre detestato - acquisti un suono dannatamente perfetto e bellissimo.

«Beh...»

Cerco di trovare le parole, ma ogni forma di pensiero mi muore in gola e non so come andare avanti.

Dom mi raggiunge, mi si para davanti.

«Cosa, genietto?»

«Noi... Se è come dici» sussurro, trovando coraggio. «E cioè che eravamo amici e ora non lo siamo più, noi... possiamo tentare di nuovo. Possiamo... provare ad essere amici.»

«È questo che vuoi da me?» mi domanda, a un palmo dal mio viso.

Le gambe sono di gelatina, il petto va su e giù in maniera convulsa, il fiato sembra mancarmi ogni secondo di più.

Ma non posso.

No, non posso. Anche se vorrei.

Sarebbe un casino e io non voglio perdere Arthur.

«Sì, è ciò che voglio» mento, consapevole di mentire.

Arretra di un passo, fissa il pavimento, poi alza nuovamente i suoi occhi grandi ed espressivi su di me.

«Bene. Allora... amici, Cassiopea Silver.»

Allunga una mano, a cercare la mia.

Tentenno ma, alla fine, gliela stringo.

«Amici, Dominque Tracker.»

«Perfetto» sussurra, lasciandomi andare e allontanandosi di una spanna da me.

«Sono... felice che abbiamo chiarito» inventa, guardando ovunque tranne che la sottoscritta.

«Anch'io» dico di rimando, abbozzando un sorriso di circostanza.

«Ottimo! Perciò... amica...» trascina, tornando a guardarmi. «So che Meredith ama Pablo e la nostra squadra, per cui... visto che posso procurarmi due biglietti per la prossima partita in casa, che ne diresti se veniste a vederci?» propone, lasciandomi spiazzata.

«Perché no! A Meredith farà sicuramente piacere.»

«Sì, anche a Pablo.»

Gli sorrido un po' in imbarazzo e lui arretra di un passo, fregandosi le mani.

«Ottimo, allora! Mi faccio vivo io, ok?»

«Ok.»

«Buona notte, amica» mi saluta, spogliandomi con lo sguardo.

Che diamine gli prende? Perché diavolo si comporta così?

«Notte anche a te. Amico» ribatto, stando, come una stupida, al suo gioco.

Dom mi sorride e poi sparisce oltre le lunghe scale a chiocciola che portano al suo mega appartamento.

E io rimango di sotto un po' troppo a chiedermi dove diamine ci porterà la situazione in cui ci siamo appena messi e che fine farà, in tutta questa assurda storia, il mio povero cuore.

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