Capitolo 1 - Bambole di plastica
Dominque
Stropiccio gli occhi, che apro piano per capire dove cazzo mi trovo.
Mi volto di poco e scopro una bionda maggiorata che dorme al mio fianco.
Sorrido e ricordo la notte passata.
Che notte, ragazzi!
Dopo la vittoria in casa contro i Philadelphia Eagles, io e i miei compagni di squadra siamo andati a festeggiare.
Un localino nuovo sulla Walk of fame. Un posto da sballo.
Abbiamo rimorchiato delle tipe e una di queste è la donna al mio fianco.
Fa la parrucchiera, dice. Ha speso tutti i suoi risparmi per aumentare il volume del seno e sogna di diventare un'influencer.
Bambole di plastica. Ovunque. Ormai le donne sono tutte così.
È difficile trovarne qualcuna che sia figlia solo di Madre Natura.
Linda, la donna che è qui accanto a me, mi ha detto che i prossimi interventi saranno: naso, bocca, zigomi e culo. Ecco perché le serve un lavoro che sia più redditizio di quello attuale.
Sono uno che sa ascoltare, anche se di quello che mi ha detto non me ne fregava un cazzo visto che, in pratica, ero solo interessato a infilarmi nelle sue mutande.
Così, tra una birra e l'altra - e dopo averla fatta parlare un bel po' - le ho chiesto in maniera diretta se le andasse di scopare e... BINGO: ha detto di sì.
Mi ha portato nel suo appartamento, alla periferia di L.A.
Ci siamo praticamente saltati subito addosso e l'ho castigata per bene diverse volte.
Ha una voce da oca, Cristo santo! Urla in un modo che...
Se fossi un altro, probabilmente quella voce così stridula me lo avrebbe fatto ammosciare, ma io... The Exterminator non fa mai cilecca.
Lo sterminatore. Mi chiamano così perché, metaforicamente parlando, sul campo da gioco li faccio tutti fuori.
I mie lanci sono perfetti, da touchdown. Grazie a me abbiamo messo a segno diversi punti e vinto un mucchio di partite.
Sono il migliore, impeccabile, invincibile.
Il migliore in campo e il migliore a letto.
Parecchie ragazze fanno a gara per avermi almeno una volta dentro di loro e io... cazzo, io non mi tiro certo indietro.
Si vive una volta sola e io voglio godermelo appieno questo fottuto viaggio. Ecco perché non dico mai di no a una bella scopata offertami su un piatto d'argento.
Non ho una ragazza fissa, anche se... beh, se trovo qualcuna che mi piace particolarmente ed è degna di nota a letto, in quel caso mi concedo una specie di relazione prolungata di solo sesso scaccia pensieri.
Alla fine, ne esco comunque sempre pulito.
Vogliono tutte di più e quando mi accorgo di essere arrivato a quel punto, le congedo gentilmente e lascio loro una sorta di regalo d'addio che mi costa un occhio della testa, inventando che il grande Exterminator non può avere relazioni serie perché per lui non esiste il vero amore.
Faccio però credere alle fortunate di essere comunque, in qualche modo... speciali. Ecco, sì, questa è la parola adatta.
Dico a tutte: "guarda che se fossi un altro, se fossi diverso... beh, saresti tu quella giusta!"
E loro ci credono e mi dicono addio ricevendo un contentino di migliaia di dollari. A qualcuna ho regalato un Tiffany, a un'altra un Cartier, altre si sono beccate una Vuitton o una Birkin.
Insomma, so come giocare le mie carte.
Ovviamente, vedere loro in una specie di relazione fissa, non mi impedisce di fottermi altre fanciulle e questo è uno di quei casi.
È quasi un mesetto che mi vedo con una donna di origini messicane. Si chiama Gabriela, Gabi, per gli amici. È così che si è presentata sotto casa mia, ormai tempo fa.
Aveva bucato una gomma e io l'ho aiutata a ripararla. Da cosa nasce cosa e l'ho invitata a bere una birra.
E poi... beh, il resto potete immaginarlo.
Cazzo, penso decisamente troppo! Ma che ore sono?
Recupero il cellulare e mi metto seduto.
Cristo, è tardi! Ho appuntamento con il mio migliore amico. Gli avevo promesso una colazione assieme, vuole espormi le sue idee su un locale che vuole comprare. Ha deciso di investire per un futuro in cui sarà troppo vecchio per giocare.
Dio, come fa a pensare così tanto in là? Io non riesco proprio a immaginarmi senza il football.
Potrei andare in depressione senza il mio lavoro. È praticamente la cosa più bella della mia vita, l'unica che mi rende davvero orgoglioso.
«Dove vai, bambolotto?»
La voce della donna al mio fianco, melliflua e fastidiosa, mi costringe ad avere una conversazione che avrei voluto evitare.
«Devo scappare. Sono in ritardo per un appuntamento.»
Mi alzo e rimetto boxer e pantaloni.
«Oh, che peccato! Speravo potessi concedermi un altro round» cinguetta, facendomi gli occhioni dolci.
Sorrido e mi chino su di lei per prendere con due dita il suo bel visino.
«Stanotte abbiamo fatto parecchi round, piccola.»
«Lo so, è proprio perché ricordo bene cosa si prova che speravo di averne un altro ancora. Sei la scopata migliore della mia vita, Exterminator!»
Rido e scuoto il capo, baciando con lascivia la bionda che, probabilmente, dopo oggi, non rivedrò mai più.
«Devo andare, adesso.»
Rimetto anche la maglietta e infilo al volo le scarpe.
«Ti accompagno» dice Linda, alzandosi dal letto.
«Non c'è bisogno. Conosco la strada.» Provo a fermarla, ma lei mi ha già raggiunto.
«Insisto» dice, con un sorriso da oca giuliva.
«Come vuoi» mi arrendo e la precedo, sperando di scappare da lì prima possibile.
All'ingresso, la sua voce mi ferma.
«Dominique, aspetta! Non saluti Arthur?»
Quel nome, cazzo!
«Chi?»
«Il mio pesce rosso» spiega, avvicinandosi ad un'ampolla, posta all'ingresso su un piccolo tavolino. «Lui è il mio migliore amico. Sai, avrei voluto presentartelo, ieri sera, ma eravamo entrambi presi dalla foga di scopare, quindi...»
Chino il capo e ridacchio, osservando il piccolo pesciolino che nuota in quella minuscola boccia.
«È un vero piacere, Arthur. Come mai questo nome?» chiedo, stranito dal fatto che abbia dato un nome così imponente a un pesce rosso.
«Da Re Artù. Mai visto il cartone La spada nella roccia?»
Annuisco, continuando a ridacchiare e provando a immaginare dove mai ci porterà il suo assurdo racconto.
«Da bambina lo adoravo. Sognavo un uomo che fosse forte come lui, tanto da estrarre quella spada. Sognavo un maschio alfa che mi prendesse, che vedesse la mia passera come una roccia in cui affondare la sua spada» racconta con aria sognante, mentre io non so se ridere o piangere per le patetiche allusioni di questa donna.
«E poi... impavido come un guerriero, tirasse via la sua arma, affondando e ritraendo, lentamente, dentro e fuori di me.»
Si muove sinuosa, a minare un amplesso e io resto lì ad ascoltarla, divertito, per vedere come andrà a finire questa ridicola storia.
«Perdonami, ma tutto questo cosa ha a che fare col tuo pesce rosso?»
«Beh... è il mio pesce, no! Capita l'allusione?» dice con un sorriso idiota.
«Il tuo pesce, certo» ripeto, facendo il possibile per non scoppiarle a ridere in faccia.
«E poi Arthur è il mio migliore amico, la mia anima gemella. È bravo, silenzioso, ubbidiente. Insomma, ha molte delle caratteristiche che cerco in un uomo. Quindi...»
«Certo, sì, ora è tutto chiaro» dico, fingendo di aver capito il suo discorso delirante. «Adesso però devo andare, Linda. È stato un piacere conoscere te. E il tuo amico, ovvio» concludo, battendo le dita sull'ampolla, come a salutare il pesciolino.
Linda mi si butta addosso e mi bacia intensamente.
«Potrò rivederti?» chiede, con voce melensa.
«Purtroppo non è possibile. Sono pieno di impegni e per un bel po' credo che farò il bravo. Devo riposare in vista degli allenamenti e delle partite» invento e lei abbocca.
«Ook! Che peccato però» commenta, mettendo il broncio.
Le prendo di nuovo il viso e la guardo con intensità, fingendo di adularla.
«Sono sicuro che presto o tardi troverai il tuo re Artù. È stato davvero bello stanotte, Linda. Addio.»
La bacio un'ultima volta, lasciandola tramortita, e schizzo via dal suo appartamento prima che possa trattenermi con una qualsiasi scusa.
Volo nella mia Mustang e metto in moto alla velocità della luce.
In auto, una canzone che mi ricorda la mia adolescenza, mi mette addosso felicità e tristezza insieme.
Che strano! Due segnali a brevissima distanza, ed entrambi riguardanti lui.
Arthur, il mio ex migliore amico, quello con cui siamo cresciuti insieme ma a cui ho fatto un male cane, incasinando la nostra amicizia fino al punto di non ritorno.
Con lui ho fatto uno di quegli errori imperdonabili. Uno di quelli che fanno fare a botte e mettono fine alle amicizie.
Ecco, io, Dominque Tracker, ho messo fino alla nostra amicizia. L'ho fatto comportandomi come uno stupido, come un ragazzino senza cervello, incosciente ed egoista.
Sono passati tanti anni ormai, ma... ricordare fa ancora un male cane.
A volte mi chiedo che fine abbia fatto. Viviamo nella stessa città ma non ci siamo più visti. Nè per scelta nè per caso.
Insieme a lui, ho perso anche l'amicizia della sua sorellina, spezzando il cuore di entrambi.
Aveva quattordici anni quando si invaghì di me e io le rubai un primo bacio che avrei dovuto lasciare a qualcun altro.
Eppure ha sempre avuto una marcia in più quella ragazzina ossuta, dagli occhiali enormi che le ricadevano sul viso e un apparecchio ai denti che, in maniera strana, le donava particolarmente.
Ricordo che sognava di studiare moda e a me sembrava assurdo perché il suo modo di vestire era tutt'altro che alla moda. Eppure quella quattordicenne secchiona e intelligente era una cazzuta, una tosta. Una che non si faceva passare mai la puzza sotto al naso.
Il telefono squilla, mettendo fine ai miei assurdi pensieri.
Un messaggio del mio amico che, giustamente, si chiede che cazzo di fine abbia fatto.
Gli rispondo con un audio e gli dico che sto arrivando.
Poso il cellulare e torno con gli occhi sulla strada, concentrandomi solo su quello.
Non devo farmi fottere dai ricordi. Il passato è passato e non si può cambiare. Io devo pensare solo ad oggi e al mio futuro.
E se non so ancora cosa mi riserverà il futuro, so per certo che il mio oggi non è fatto per avere rimpianti e piagnucolare come una femminuccia.
Il mio oggi è fatto di sport, allenamenti, vittorie, conquiste da bar, sesso e, di tanto in tanto, una giusta e sana dose di alcol.
Il mio oggi è fatto di football e sconosciute nude sotto di me.
Il mio oggi è contornato di touchdown e bambole di plastica.
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