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8 - Hudson River Park

Quella sera a Jay il tempo sembrava trascorrere più lento del normale.
Quando terminò il suo turno si precipitò negli spogliatoi del ristorante, dove lavorava, per cambiarsi.
La sua amica Emily le aveva consigliato un abbigliamento decisamente più sexy rispetto a quello per cui lei aveva optato. Sentiva che non sarebbe stata a suo agio con una minigonna e una camicetta trasparente, sapeva che Jeff l'avrebbe guardata, e sapeva che effetto avessero i suoi occhi su di lei.

Converse, jeans skinny, maglioncino nero e giacca in pelle le erano sembrati la scelta più adeguata.
Si dette un'ultima occhiata allo specchio prima di dirigersi verso l'uscita.

Quando raggiunse il marciapiede, antistante il locale, una fredda brezza le fece raggelare il collo. Sciolse immediatamente la coda di cavallo per lasciare che i suoi lunghi capelli la proteggessero.

Cercava con una mano di sistemarsi al meglio la chioma, odiandosi per non averci pensato prima di lasciare il ristorante.
Jeff era in auto, ad una ventina di metri di distanza dal locale. Jay ancora non l'avevo visto e lui si decise ad aspettare, per poterla guardare ancora un po', imprimendosi nella mente i suoi movimenti.

Più la guardava più si interrogava sul perché fosse lì. Aveva passato il pomeriggio nella sua stanza d'albergo a pensare a quanto stava per succedere.
Quella ragazza gli piaceva, non poteva negarlo, ma non sapeva come comportarsi con lei. Vederla, uscire con lei, frequentarla, era una delle sue scelte, forse quella che gli sembrava più giusta, ma si chiedeva se sarebbe stato davvero in grado di portare avanti una relazione; tra il suo lavoro, il divorzio e gli impegni di lei, quanto tempo avrebbero veramente trascorso insieme? E, sopratutto, voleva davvero impegnarsi così presto? Non aveva ancora neanche firmato il suo divorzio e già pensava ad una nuova storia.
Quando questi pensieri gli affollavano la testa si ripeteva che forse era meglio lasciar perdere e cercare di non incontrarla più. Ma sapeva benissimo che sarebbe stato impossibile, lei e il suo gruppo erano davvero bravi, avrebbero sicuramente raggiunto le fasi finali del concorso e lui non poteva evitare tutte le serate; aveva finanziato quel programma e la sua presenza sarebbe stata richiesta prima o poi. Vederla mandava a puttane tutti i suoi buoni propositi, come era successo la sera prima durante il loro ultimo incontro.
Jeffrey sapeva che non poteva restare fermo senza parlarle, senza toccarla, quando lei gli si parava davanti.
Cominciò a valutare anche l'opzione che la sua ossessione per Jay fosse solo un qualcosa di sessuale. Se fosse riuscito a portarsela a letto magari tutti questi problemi sarebbero spariti e lei sarebbe diventata solo un bel ricordo. Ma se le cose non fossero andate così? Se il sesso lo avesse reso ancor più dipendente di quella ragazza?
Ormai era lì, si disse che non era il momento adatto per farsi sopraffare dalle sue incertezze e, così, chiese a Griffin di avvicinarsi con la limousine verso di lei.

"Serve un passaggio signorina?"

Jay riconobbe subito l'auto di Jeffrey e, quando il suo volto sbucò dal finestrino, le sfuggì un sorriso: "No, grazie. Aspetto una persona." lo prese in giro, cominciando a camminare girando intorno all'auto fino a raggiungere lo sportello del guidatore.

Griffin abbassò subito il finestrino salutandola e lei contraccambiò, comunicandogli subito dopo la destinazione che aveva scelto per la loro serata.

"Volete che vi lasci soli?" Jeffrey scese dall'auto e quando capì cosa lei stesse facendo le rivolse un sorriso divertito.

"Grazie, Griffin." Jay si congedò dall'autista per voltarsi verso Jeff. Fu felice di non essere stata la sola ad aver scelto un abbigliamento casual per quella serata, quando lo vide. Anche lui indossava un paio di jeans ed una giacca in pelle, con una semplicissima t-shirt grigia. Pensò che trovarsi lì con lui, in quel momento, la rendesse la ragazza più fortunata del pianeta.

"Ciao, Jeffrey, spiegavo a Griffin dove si trova il carretto di Hot Dog di cui ti parlavo ieri."

"Ti piace prendere le iniziative, eh? Mi piace." L'uomo le rispose maliziosamente mentre la aiutava ad entrare in auto.

Durante il tragitto riuscirono per la prima volta a parlarsi senza interruzioni, senza imbarazzanti silenzi, senza bruschi imprevisti.
Jeffrey raccontò a Jay delle sue vecchie passioni, in particolar modo della recitazione, e di quanto gli sarebbe piaciuto girare anche solo un altro film.

Raggiunsero la loro meta in una ventina di minuti. Cominciarono a camminare attraverso il Hudson River Park dirigendosi verso il carretto di cui Jay aveva parlato a Jeff la sera prima.
Mentre passeggiavano la ragazza rivelò a Jeffrey che non era il solo ad aver dovuto affrontare numerose rinunce nella vita e che comprendeva benissimo il suo stato d'animo.
Gli raccontò degli anni che aveva dedicato alla danza e del canto, quando metteva la musica davanti a tutto, mettendo tutta se stessa nello studio pur di realizzare quel sogno che allora le sembrava così reale.
Inevitabilmente finì a parlare dei suoi genitori, di quanto la loro morte le avesse stravolto la vita, lanciandola in una nuova esistenza che nessuna ragazza dovrebbe affrontare sola.

Rimandarono il discorso per pochi minuti una volta arrivati al carretto degli hot dog.
Quando il grasso venditore passò loro ordinazione, la coppia si diresse verso una delle panchine che si trovavano sul lungomare.
Jeffrey chiese a Jay di continuare parlargli, e le chiese cosa l'avesse portata in America.

Voleva sapere tutto di lei, e sentirla parlare gli dava un senso di pace che mai aveva provato.
Jay gli accennò della sua borsa di studio e dei primi mesi a New York, della solitudine che l'aveva quasi mandata in depressione e della sua successiva ripresa. Gli parlò dell'Università e dei sacrifici fatti per portare avanti gli studi, e di tutti i lavori che aveva fatto per guadagnarsi da vivere.

"Quanti anni hai, Jay?" si erano da poco seduti su una panchina in legno quando Jeff le rivolse la domanda.

"Venticinque."

"Cazzo, venticinque anni e hai già affrontato tutto questo? Deve essere stata dura per te, mi dispiace, sul serio." Jeff la abbracciò baciandole dolcemente la fronte. Per un istante Jay aveva sperato che l'uomo avesse voluto osare più di un casto bacio sulla testa, ma apprezzò comunque quel gesto sincero.

I due rimasero seduti lì a godersi lo spettacolo che quel posto regalava.
Consumarono i panini e le birre che avevano preso, mentre Jeff non faceva che ripetere a Jay che quello era davvero l'hot dog più buono che avesse mai assaggiato.

Quando terminarono la loro inusuale cena Jeff le chiese se le andava di passeggiare.

"Sono anni che non mi godo l'atmosfera che questo posto regala di notte." le disse cingendole le spalle con un braccio.

Iniziarono a camminare mentre lui la teneva stretta a sé.
A Jay sembrava di vivere un sogno:
Manhattan le sembrava così silenziosa, o forse era lei che riusciva a sentire solo la voce di Jeffrey ,cancellando tutto quello che le stava attorno?
Presa da quel momento decise di farsi coraggio e allungò un braccio dietro l'ampia schiena di lui, facendolo scivolare giù fino ad una delle tasche posteriori dei suoi jeans.

Il tocco delicato di lei fece rabbrividire Jeffrey che rallentò il passo. La cosa quasi lo spaventò: se con una semplice carezza aveva provato quel brivido, che effetto avrebbero fatto le sue labbra su di lui?

Non era di certo quello il momento di chiederselo, decise, e continuò a parlare con Jay del suo lavoro e dei posti che aveva visitato, scacciando quei pensieri dalla mente.

Seguirono a parlare dei loro hobby e di quello che amavano fare nel tempo libero.
Jay raccontò del suo amore per gli animali, sottolineando quanto le mancasse la presenza di un cane in casa. Gli impegni e il lavoro, diceva la ragazza, non le permettevano di prendere nessun animale domestico, poiché non avrebbe potuto dedicargli il tempo meritato.

"Anche a me manca la presenza di un amico a quattro zampe nella mia vita." disse Jeff rattristandosi "capisco perfettamente come ti senti. Ogni volta che ne parlavo con mia moglie lei esprimeva tutto il suo disaccordo. Diceva che un cane avrebbe reso la nostra casa sporca e 'meno elegante' solo con la sua presenza."

L'uomo teneva la testa basta mentre pronunciava quelle parole.

"È anche per questo che vi siete lasciati?"

Jeffrey si fermò di botto staccandosi da Jay. Strinse le labbra e, abbozzando un sorriso, cercò di nascondere quello che in realtà provava.

"Comincia a far freddo, meglio tornare all'auto." continuò, voltandosi, e dirigendosi verso la limousine. Non gli piaceva parlare di sua moglie e non voleva di certo farlo con Jay, non in quel momento.
Lei lo seguì in silenzio, restando qualche passo dietro di lui. Aveva capito che la sua domanda lo avesse in qualche modo turbato, ma non si spiegava quella reazione.

Arrivati davanti all'auto, Jeff afferrò la maniglia dello sportello e si fermò.
Tirò un lungo sospiro e con la testa ancora bassa rivolse finalmente la parola a Jay:
"Scusami Jay, non mi piace parlare della mia separazione. Avrei dovuto dirtelo prima ma... la domanda, ecco, mi ha innervosito. Perdonami."

Le offrì la mano aiutandola ad entrare mentre la ragazza si limitò a dirgli un timido: "È tutto ok."

Una volta seduti Jeffrey disse a Griffin di guidare fino a casa di Jay, cercando, poi, di continuare a parlare con lei come avevano fatto poco prima.
Le chiese del suo lavoro e lei lo accontentò; prese a parlare del ristorante, dei lunghi turni e delle esperienze, a volte anche divertenti, che la mansione di cameriera porta a vivere.
Gli raccontò di come tutto fosse più complicato da quando il concorso era iniziato e che, nonostante tutto, la sua vita frenetica le piaceva; l'aiutava a sentirsi viva.

"Alla tua età io pensavo solo a divertirmi. Sei ammirevole." Jeff le disse mentre si teneva il viso tra le mani. Le piaceva ascoltare Jay, ma da quando aveva pensato a Jennifer non riusciva più a godersi quella serata con lei.

"Ehi guarda che lo trovo anch'io il tempo di divertirmi." la ragazza provò a dargli una gomitata, sorridendogli. "Non sono mica un robot, una donna ha i suoi bisogni."

Jay credeva di riuscire a strappargli un sorriso. Non aveva più visto le sue fossette da quando erano entrati in auto e la cosa la rammaricava. L'uomo rimase in silenzio a fissarla. Si accorse che erano quasi arrivati a casa sua e si domandava cosa avrebbe dovuto fare.

Le guardò la bocca, si chiedeva come sarebbe stato morderla per scoprire che sapore avesse. Quel pensiero gli provocò di nuovo dei brividi lungo la schiena, si passò la lingua sul labbro inferiore e si accorse che anche Jay lo stava guardando.

Jay trovò quel suo gesto maledettamente sexy. Stava per gettargli istintivamente le braccia attorno al collo per baciarlo, quando lui voltò la testa verso il finestrino: "Siamo arrivati."

Jeffrey si affrettò a scendere dall'auto e a raggiungere Jay.
La portò, nuovamente,  fin davanti al cancelletto arrugginito della sua casa, restando in silenzio.
Non era pronto, Jay era lì con lui e l'unica cosa a cui pensava era Jennifer, il divorzio, il lavoro... vedeva solo ostacoli tra lui e quella meraviglia che gli stava davanti. Improvvisamente la scelta giusta da fare gli fu chiara.

"Vuoi entrare? Ti preparo un caffè." osò Jay, sperando di recuperare l'appuntamento rovinato.

"Non posso Jay, tra poco mi tocca andare in aereoporto. Domani devo essere a Los Angeles, ricordi?"

"Hai ragione, sarà per la prossima volta allora."

"Sarà per la prossima volta." Jeff mentì ripetendo quella frase. Non doveva più vederla, non poteva più illuderla.

"Buonanotte, Jay." pronunciò quelle parole mentre allungava le mani verso i suoi fianchi.
Jay sperava che fosse finalmente arrivato quel momento che sognava da settimane, quando sentì che lui la avvicinava a sé.

Lo guardò negli occhi senza mai distogliere lo sguardo, poggiando le mani sul suo petto villoso e bramando il momento in cui le loro bocche si sarebbero incontrate.
Vide il volto di Jeffrey avvicinarsi lentamente al suo e socchiuse istintivamente gli occhi inumidendosi le labbra con la lingua.

In un istante sentì la bocca di Jeffrey sulla sua guancia.
Il cuore sembrò schizzarle fuori dal petto, non comprese quel gesto. Perché non l'aveva baciata?

Jeff le prese il volto tra le mani e poggiò la fronte alla sua tenendo gli occhi chiusi.

Percepiva il disagio della ragazza, e avrebbe voluto urlarle quanto anche lui desiderasse baciarla. Ma non lo fece, non poteva.
Si staccò da lei ripetendo con un filo di voce le parole che le aveva appena pronunciato:
"Buonanotte, Jay."

Le dette un'ultima occhiata prima di darle le spalle e camminare verso l'auto.
Questa volta non restò lì per accertarsi che lei raggiungesse la porta di casa, non sapeva se ne avrebbe avuto la forza. Era già stato difficile non accettare il suo invito e scansare quelle labbra carnose che chiamavano a gran voce le sue.
Se avesse continuato a guardarla l'avrebbe fatta sua per tutta la notte.

Entrò in auto cercando di scacciare i brividi che pervadevano tutto il suo corpo.
Lei era ancora lì che fissava incredula l'auto che si allontanava.

Si domandava cosa avesse sbagliato, se davvero quella sua stupida domanda avesse portato a tutto questo.
Quell'uomo le aveva concesso un solo, delicato, innocente bacio e la sua buonanotte le era sembrata quasi un addio.

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