~ Sayin' things that you can't say tomorrow day
Lo so ho già usato la canzone del titolo ahah ma non c'era frase più adatta. Leggete e scoprite :3
◊ Aizawa POV ◊ (ci ho preso gusto :3)
Lo premo ancora di più contro il muro e lui geme, contraendo il viso in un espressione di dolore del tutto ingiustificata. Se volessi fargli del male non si limiterebbe a gemere. «Ultima possibilità: dimmi come l'ha saputo e ti lascio andare» dico con calma, mentre l'uomo di mezza età continua a dimenarsi inutilmente «non gliel'ho detto io! Non so chi sia stato!» urla con gli occhi sgranati dal terrore.
Probabilmente sta dicendo la verità, è troppo codardo per proteggere Mic. Non credo sia stato lui a dirgli dell'appartamento di Meleys ma voglio esserne certo. Muovo leggermente la mano con cui sto bloccando la sua, un rumore disgustoso e due dita sono rotte. Aspetto infastidito che finisca di urlare «il prossimo osso è il collo».
Inizia a piangere, scuotendo la testa «no.. ti prego.. io non ci ho parlato..». Lo lascio e l'uomo si accascia al suolo tenendosi le dita rotte con la mano. Era la soluzione più ovvia e invece ho solo perso tempo, così ancora più nervoso di quando sono arrivato me ne vado, pensando a chi sia il prossimo a dover parlare. Anche se non lo trovassi, molti capirebbero che non gli conviene aiutare quel biondo platinato.
Con l'aiuto delle bende scalo in pochi secondi un edificio, ritrovandomi sul tetto. È più facile muovermi, osservando la città dall'alto. Il buio mi nasconde ai pochi eroi che possono guardare più in alto dei palazzi, mentre la solitudine mi aiuta a pensare, evitando il fastidio di essere circondato da persone che non sanno nemmeno dove stanno andando, perché camminano, il motivo per cui ogni mattina si alzano dal letto e scelgono quella vita.
Come ormai accade ogni sera, raggiungo l'edificio che fronteggia quello di Meleys. Continuo a dire che sia un'abitudine di quando ero tenuto a segnare ogni suo spostamento, ma non è la prima persona che ho pedinato e negli altri luoghi non sono mai tornato. Sospiro sedendomi sul bordo del palazzo, lasciando che le gambe oscillino nel vuoto. Non ho paura di cadere perché potrei trovare facilmente un appiglio, così mi limito a riflettere su cosa fare, come proteggerla.
Idiota, preoccuparmi così per lei.. Devo essermi fuso il cervello, magari riempirmi casa di domestiche mi ha contagiato di qualche stronzata femminile, non c'è altra spiegazione. Anzi, sono sicuro che sia per quanto è fottutamente eccitante la sua lingua rossa che mi succhia senza vergogna. Si, è certamente perché il mio cazzo la desidera.
Mi alzo e raggiungo rapidamente la sua finestra chiusa, in cui ormai è sempre più facile entrare. Lei dorme ancora e richiudo la finestra, impedendo all'aria fredda di entrare nel piccolo appartamento in cui faranno quasi trenta gradi. Sono certo che le piaccia avere casa calda, così anche d'inverno può dormire senza pantaloni, in quella ridicola maglietta che tante volte ho deriso e gettato sul pavimento prima di assaporare la sua pelle candida.
La osservo qualche secondo e mi sento ancora più stupido quando decido di non svegliarla e semplicemente mi sfilo i vestiti, infilandomi piano sotto le coperte senza disturbarla, negando con i fatti tutto ciò che mi sono ripetuto pochi minuti fa.
Noto che il suo pigiama si è sollevato leggermente, rivelando il gluteo pallido e rotondo. Ho appena trovato il modo di prendermi un altro pezzo di lei, per sempre. Lo farò presto, devo solo avere pazienza..
◊ Meleys POV ◊
Cammino nello stretto vicolo, accelerando il passo cercando di raggiungere la strada, mancano pochi metri e non ho altre vie d'uscita. Il telefono non è nelle mie tasche, forse l'ho perso, oppure è stato quell'uomo al locale.. Rabbrividisco e mi guardo alle spalle, dove non vedo nessuno. Cammino ancora e la fine del vicolo si allontana continuamente finché non compare una figura. Dovrebbe essere l'uomo al locale, invece non è lui bensì un uomo più alto, dai capelli biondi ed il sorriso malato. Chiamo lui, l'unico che potrebbe proteggermi, urlo il suo nome, aizawa, ma non risponde. A rispondere è la risata dell'uomo biondo, che sorridendo indica un punto al lato della strada. Riconoscerei i suoi folti capelli neri ovunque, per tutte le volte in cui mi hanno riempito il cuscino. Aizawa è lì, gettato in un angolo come spazzatura, immerso nel suo stesso sangue. Urlo e continuo finché un calore familiare non mi avvolge totalmente.
Urlo e continuo a farlo, spalancando gli occhi senza riuscire a mettere a fuoco nulla. Con il respiro affannato mi guardo attorno, è la mia camera. Un altro incubo, ma non mi sento vuota come ogni volta, non sento freddo per il sudore che mi si è cristallizzato sulla pelle e ciò è dovuto a due braccia salde che mi stringono con forza. Alzo lo sguardo ed incrocio gli occhi neri di Aizawa. Non gli chiedo che ci fa nel mio letto, semplicemente mi abbandono sul suo petto, chiudo gli occhi e mi lascio confortare dall'abbraccio che non so quando è iniziato.
Lui resta immobile e non dice nulla, ma la cosa non mi stupisce. Quello che mi sorprende è quello stupido incubo. Mi asciugo le lacrime senza staccare la fronte dal suo corpo, non voglio che mi veda. Mi sento così stupida..
Non dovrei amarlo, a lui non importa nulla di me e non potrà mai ricambiare. Ma come faccio, se quando ho bisogno di lui è proprio dove vorrei che fosse? Anche se il motivo per cui è con me quasi sicuramente è che vuole il mio corpo, mi sento stupidamente felice tra le sue braccia, soprattutto dopo averlo sognato morto in un vicolo buio.
Attenta a non guardarlo di nuovo mi alzo e vado in bagno a lavarmi il viso. Ho un aspetto terribile, il volto pallido e le occhiaie. Sospiro e torno nella mia stanza, dove Aizawa sta comodamente sdraiato con un braccio sotto la nuca, intento a fissare il soffitto. Quando mi nota volta gli occhi verso di me «stai bene?»
Vorrei dirgli di no ma il mio orgoglio è più forte «che ti importa..?» lo supero trovando il mio solito posto vicino al muro. Lo sento sospirare «ti ho solo fatto una domanda, potresti essere più gentile..».
«Sto bene» rispondo acida. Non mi sopporto quando mi nascondo dietro stupide bugie, ma che potrei dirgli? "Non sto bene perché non mi ami"? Assolutamente no, preferisco rispondergli male piuttosto.
«Come ti pare» commenta apatico. Fantastico, che grande conversazione.
Dopo vari minuti ancora siamo al buio, in silenzio. Sono sicura sia sveglio e non ho ancora capito perché è entrato in piena notte per poi mettersi a dormire nel mio letto. Casa sua è decisamente più bella e più comoda, con donne più belle di me pronte a scaldargli il letto. Non riuscirò mai davvero a capirlo e la cosa mi fa impazzire.
«Se fossi incinta?» uccido il silenzio con quella domanda, arrivata da strane parti della mia mente. Sento quasi il suo respiro fermarsi mentre si gira verso di me, poi mi afferra la spalla per voltarmi verso di lui.
«Lo sei?» chiede preoccupato.
«No»
«Prendi la pillola?»
Roteo gli occhi «si..»
«Allora perché fai domande idiote? Adesso devo preoccuparmi anche che tu smetta di prendere contraccettivi per qualche stupida-»
«Non ho intenzione di farlo» lo blocco «non sono stupida, non ho intenzione di avere un figlio da te come fossi un'idiota che cerca di "incastrarti", perché so che non ti importerebbe che l'hai concepito tu. Ti ho solo chiesto cosa faresti» sospiro «lascia stare, buonanotte».
Tento di voltarmi ma mi blocca «cosa vuoi che faccia?» chiede. Tra tutte le risposte questa non era ciò che mi aspettavo. «Non voglio figli. Non così, non da te, non ora..» mi osserva qualche istante «allora non lo avremmo, se è quello che vuoi».
È stato incredibilmente accondiscendente e resto a fissarlo incredula. Se gli avessi detto che avrei voluto tenerlo mi avrebbe semplicemente detto che gli sarebbe andato bene? Non credo, forse è stata la risposta che voleva, un aborto sarebbe la soluzione perfetta per lui, giusto?
«Meleys, ti voglio» sussurra, interrompendo i miei dubbi e raggiungendo le mie labbra. In un attimo è sopra di me e le nostre bocche continuano a scontrarsi. Vorrei di più, vorrei che mi amasse e il pensiero che non è così mi fa pizzicare gli occhi per un istante, ma le sue mani calde mi fanno scordare ogni cosa, facendomi gemere ancora per lui. «Non lasciarmi..» mormoro, sperando quasi che non mi senta.
Si allontana leggermente e mi rendo conto di quanto sia stupido ciò che ho detto. Ci fissiamo per secondi interminabili e sono risucchiata dalla profondità del petrolio che gli inonda l'iride. Si riappropria della mia bocca, poi raggiunge l'orecchio e sussurra tra i baci, quasi impercettibilmente «mai».
°°°°
Dopo quella notte Aizawa è sparito e ne sono quasi confortata. Non avrei dovuto dire nulla, invece stavo quasi per ammettere che lo amo. Abbandono la fronte sulla scrivania e mi lascio scappare un sospiro. «Meleys stai bene?» dalla postazione difronte si affaccia Yuri, una mia collega. Biascico un "si" prima di ricompormi e sollevare la schiena «sto aspettando che carichi le modifiche che ho inserito e mi riposavo».
Lei annuisce poco convinta «sei pensierosa oggi..». Vorrei solo che mi lasciasse in pace, così le sorrido e rispondo con gentilezza. Non mi è particolarmente simpatica, è tanto dolce e sempre così perfetta da risultare terribilmente finta. Forse sono io ad essere una cattiva persona, ma non riesco a sopportare le ragazze impeccabili come lei, sempre con la parola giusta, perché non le ritengo sincere e i suoi occhi varie volte hanno confermato la mia ipotesi.
Torno al mio lavoro e finisco la giornata senza particolari problemi, trovandomi poi in un locale con la mia amica Izumi. Arrivo a casa piuttosto stanca, sollevata che nel mio appartamento non ci sia nessuno così che possa andare a dormire. Noto un foglio sul tavolo, saranno altre istruzioni su come usare il mio quirk. Lo afferro e riconosco senza problemi la calligrafia di Aizawa "domani alle 4 vieni a quest'indirizzo, vai all'entrata del personale e chiedi di Kimura" vi è poi un indirizzo di Minato, uno dei quartieri centrali di Tokyo.
Non mi faccio molte domande e anzi trovo prevedibile sappia che domani non dovrò lavorare. Vado a dormire, ignara di cosa avrei dovuto fare il giorno seguente, ma innegabilmente felice che l'avrei visto. Poi ripenso ancora a quella frase che mi sono lasciata sfuggire e sono quasi tentata di non andare, ma so che non finirà bene. Il mio imbarazzo ora è a livelli maggiori del solito e non so come lo guarderò negli occhi, soprattutto pensando alla sua risposta..
°°°°
Sollevo ancora la testa incredula, con la bocca schiusa davanti l'immensità della Tokyo Tower. Non è la prima volta che la vedo ma è sempre sorprendente, soprattutto sapendo che Aizawa mi ha fatta venire qui per andare nel suo appartamento..
Sono terrorizzata ed emozionata al tempo stesso, mentre cerco "l'entrata del personale". Dopo un paio di giri, che mi hanno fatto perdere quasi un quarto d'ora, finalmente la vedo. Davanti c'è un uomo di mezz'età con un completo elegante e le braccia dietro la schiena dove intravedo dei fogli, una lista del personale probabilmente.
Mi avvicino e chiedo titubante del fantomatico "Kimura", probabilmente un nome falso di Aizawa, ma potrebbe anche essere quello vero se il nome detto a me è falso. Che confusione..
«Si certo, lei deve essere Abe» risponde cordiale. «Ehm.. si esatto» sarebbe stato idiota da parte di Aizawa dirgli il mio vero cognome e sono grata che non l'abbia fatto. Non voglio che qualcuno scopra che da mesi vado a letto con un villain, anche se in teoria mi ha costretta.
Mi fa passare e mi indica un ascensore, dove vi sono solo due pulsanti, uno con lo zero e uno senza scritte. Premo il secondo e inizio a salire velocemente. In meno di un minuto sono salita di 330 metri, incredibile..
Le porte si aprono e mi ritrovo in una camera totalmente grigia senza finestre, con luci fredde ed un unica grande porta di legno. Busso e ad aprirmi è Asami, che gentilmente mi invita ad entrare e poi si dilegua con un cenno del capo. Come immaginavo sono nel suo appartamento, di nuovo.
Mi fa uno strano effetto, soprattutto considerando che Asami è sparita senza dire nulla e non c'è nessun altro nell'immenso salone. Faccio qualche passo quando arriva Aizawa «sei in ritardo». Il solito, sempre cordiale ed accogliente «non trovavo l'entrata» ammetto e un leggero sorriso gli incurva le labbra.
«Vieni» mi ordina ed io lo seguo, incantata dalla sua schiena. Arriviamo in camera e una leggera ansia mi assale, come se percepissi un'insolita sensazione di pericolo. «Ormai avevi capito dove abitassi, ho deciso di approfittarne..» dice raggiungendo un armadio, creando in me confusione.
Il suo ghigno mi inquieta mentre si avvicina al letto con una sacca «di che parli?». Tremo appena, ha gli occhi sottili di un lupo davanti la preda e, anche se non so cosa ha in mente, sono già terrorizzata.
«Ricordi Meleys.. ti ho detto che se avessi voluto il tuo culo te lo avrei detto. Beh, adesso lo voglio» afferma deciso, avvicinandosi pericolosamente a me, che faccio un passo indietro scuotendo la testa «n-non puoi..».
Sorride «in realtà posso..» mi allontano ancora dirigendomi rapida verso la porta, come se davvero potessi andare via senza problemi. Mi afferra entrambi i polsi e si congiunge alla mia schiena «non fare così Meleys» mi volta puntando gli occhi nei miei «dovresti essere felice. Avevo voglia di una vergine e invece che andare con un'altra ho scelto te» con le dita percorre lentamente il profilo del mio viso, raggiungendo il mento.
Piano si avvicina e mi lascia un bacio stranamente delicato, quasi dolce se non fosse che tremo ancora come la prima notte «fidati Meleys» dice piano «non ti farò male». Il mio cervello urla che sta mentendo e mi impone di scappare, ma la mia nuca annuisce debolmente mentre i piedi seguono i suoi passi fino al letto, dove mi conduce con le mani fino a farmi sdraiare e lui sopra di me.
Continua~
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