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Desidèri

Lui ancora non c'è, ma so che arriverà a breve. Non mi importa, indosso il mio pigiama e vado a farmi un thé. Non ho intenzione di assecondare i suoi capricci.

Accendo la tv e mi getto sul divano, la tazza fumante tra le mani, pronta a godermi un momento di pace. Momento che ovviamente è destinato a concludersi bruscamente, quando nel corridoio si fa strada l'ombra di un uomo, ormai troppo familiare.

Ma come diavolo fa ad entrare così ogni volta?

Spengo la televisione e lo osservo. Ha un completo elegante, simile a quello che indossava la prima volta che l'ho notato, in quel piccolo locale in cui mi ha messo i brividi. Come quella volta si passa una mano tra i capelli e sorride.

Non è un sorriso caloroso il suo, ma uno che mi fa gelare il sangue, che mi fa capire quanto io sia stata stupida, di nuovo. Avrei dovuto mettere quella ridicola canottiera. Mi osserva e basta questo a causarmi un leggero tremore. Non voglio che lo noti, così mi affretto a posare la tazza.

«Ti do un'altra possibilità» dice secco «vatti a mettere quell'intimo senza storie e fingerò di non averti trovata in quella ridicola maglietta da uomo».

Non è ridicola.. è comoda e calda.

Deglutisco a fatica, trattenendomi dal dar voce ai miei pensieri. Annuisco invece, mi alzo e per andare in camera sono costretta ad avvicinarmi a lui, che sorride compiaciuto.

Il battito accelera. Non lo guardo negli occhi, non ci riesco. Mi faccio piccola, tentando di superarlo senza sfiorarlo, appiattendomi lungo il muro. Sento il suo sguardo su di me, mentre gli passo a pochi centimetri, ma non mi blocca.

Mi distanzio di due passi prima di respirare di nuovo, andando in camera a passo svelto. Forse sono una codarda a non ribellarmi a lui, forse sono stupida perché tento debolmente di farlo, forse sono pazza perché, nonostante tutto, non lo rifiuto.

Afferro le vesti ancora sul letto, mi volto e Aizawa è dietro di me. Emetto un piccolo grido per lo spavento, poi lo guardo con astio e lo supero di nuovo, andando in bagno. Non voglio cambiarmi davanti a lui.

Lo sento ridere, ma per fortuna mi lascia andare. Chiudo la porta alle mie spalle ed indosso quella veste tanto piccola quanto raffinata. Mi osservo allo specchio e non credo a chi ho davanti.

Come immaginavo la veste mi copre a malapena l'inguine, e i glutei sporgenti sono nascosti solo per metà, ma non è quello che mi lascia sconvolta. Sono io a non riconoscermi. La scollatura a cuore risalta il seno non molto abbondante, la veste nera è in contrasto con la pelle chiara.

I capelli mossi ricadono con delicatezza sulle spalle nude, e i miei occhi azzurri risaltano tra lo scuro che li circonda. La ragazza del riflesso sembra sicura di sé, sembra attraente, sensuale in un modo che non ho mai imputato a me stessa. Eppure, quella sono sempre io, per quanto io fatichi a sovrapporre quell'immagine erotica con la ragazza che vedo allo specchio ogni giorno.

«Mi sto stancando» la voce ferma di Eraser Grin mi riporta alla realtà. Improvvisamente, quella ragazza mi sembra solo una puttana, pronta a soddisfare ogni desiderio del suo uomo per un unico prezzo: la sua vita.

Deglutisco, espiro e mi infondo coraggio, cercando anche di sorridere a me stessa. Esco e lo trovo sdraiato sul mio letto, la cravatta gettata sul pavimento. Quando mi vede si solleva, sedendosi sul bordo «era ora..» mormora quasi a sé stesso.

Deglutisco ed espiro. Ormai è diventato un rituale quando lui è vicino a me. Mi avvicino sotto il suo sguardo attento. Osserva le gambe nude, ci passa le dita delicatamente. Riesco quasi a vedere il velo di passione che si espande nei suoi occhi neri.

Lo sguardo risale verso il mio seno a cui avvicina il capo ed io serro gli occhi, il cuore furioso che non vuole saperne di calmarsi. Inizia a darmi lievi baci, poi mi afferra le mani e le porta alla sua giacca, facendomela sfilare.

Inizio a sbottonare la parte superiore della camicia, fin dove posso raggiungerla. Quando mi interrompo Aizawa si allontana da me, aprendo gli ultimi bottoni e togliendo la camicia scura, facendola ricadere sul letto.

Un'ondata di calore risale fino alle gote quando scorgo il suo fisico, così chiudo gli occhi un'altra volta per recuperare il controllo. La calma di questo momento mi fa tremare. So che la sua quiete è solo apparente, che presto i suoi baci diventeranno famelici, urgenti, intervallati da morsi.

Mi accarezza i fianchi sollevandomi la canottiera e scoprendo il ventre pallido, che inizia a baciare, soffermandosi poi sull'ombelico dove infila la lingua.

Non c'è punto che venga risparmiato dalle sue mani o dalla sua bocca, dalla lingua che gira vorticosamente attorno al capezzolo turgido, strappandomi deboli lamenti. Il desiderio che quelle attenzioni durino a lungo è sempre più forte.

Tuttavia, allo stesso tempo vorrei che smettessero. Non sono in grado di capire se sia perché tutto ciò mi è imposto a forza oppure perché bramo un contatto maggiore.

Come avevo previsto, la sua presa diventa più salda, il respiro più pesante, i baci più umidi. Si alza e cattura le mie labbra, la mia lingua, mentre le mani mi afferrano possessive i glutei.

Rispondo al bacio, persa. Sento solo la sua lingua ruvida farsi strada in me e l'accolgo bisognosa, inspirando il suo odore muschiato che ha riempito la stanza. Gemo involontariamente ed Aizawa sorride della mia reazione. Sa già di aver vinto, come ogni volta.

Si stacca bruscamente e mi volta, afferra i polsi e mi fa piegare i gomiti. Ora le mie mani afferrano ciascuna l'avambraccio opposto e sento qualcosa iniziare a cingerli assieme. Protesto, cerco di liberarmi ma la sua presa è forte. Pochi secondi e le mie braccia sono legate dalla sua cravatta, recuperata chissà quando.

Lo sento avvicinarsi al mio orecchio, i capelli che mi solleticano la spalla «l'altra volta ti ribellavi troppo» un brivido mi attraversa, mentre mi si forma un nodo alla gola. Un misto di paura e trepidazione mi assale, facendomi quasi perde l'equilibrio, ma le sue braccia mi sorreggono.

Mi aiuta a salire sul letto su cui poggio le ginocchia, dandogli ancora le spalle. Mi sposta i capelli dal collo e inizia a baciarlo, leccarlo, morderlo, mentre le sue mani si fanno strada verso i seni, che vengono stretti, pizzicati nel punto più sensibile. Mi sfugge un altro ansimo, complice l'erezione di Aizawa che preme sul mio fondoschiena, facendomi capire quanto mi desideri.

Sento la stoffa morbida dei pantaloni muoversi lentamente, cercando soddisfazione. Le sue mani si spostano in sincrono: una raggiunge il mio ventre, l'altra la spalla. Fa pressione su entrambi i punti e mi ritrovo piegata, la testa poggiata sulle lenzuola profumate.

Lo guardo spaventata. Mi sento vulnerabile e tremo visibilmente, mentre lui è ancora in piedi dietro di me, dominandomi totalmente. Mi osserva un secondo, con un'espressione che non riesco a capire, poi si inginocchia sul pavimento, accarezzandomi piano le cosce.

La paura si riduce. Ora il suo viso è all'altezza del mio bacino ed Aizawa sembra meno pericoloso. Ad aumentare è invece l'imbarazzo. È talmente vicino alla mia intimità da poter percepire su di essa il suo respiro.

Ovviamente ciò, assieme ai suoi baci, non mi aiutano a mantenere il controllo. Come ogni volta il mio corpo ha una reazione del tutto irrazionale al suo tocco, alle dita che mi sfilano gli slip, che mi allargano la fessura già umida.

Anche la mia voce non ascolta il mio cervello, quando inizia ad emettere gemiti bisognosi, a causa della sua lingua che mi percorre dal clitoride fino all'apertura, dove si insinua senza vergogna.

Ora anche il mio cervello sembra non ascoltare se stesso, perché implora Aizawa di continuare, quando le sue dita raggiungono il mio clitoride, massaggiandolo con forza.

Lo sento sorride e rallentare i movimenti.

«no..» protesto.
«No cosa?» la sua voce è ferma, ma palesemente eccitata. «Non ti fermare..» sussurro, abbandonando ogni ribellione, ogni reticenza.

E lui mi premia, inserendo di nuovo la lingua in me. La sento muoversi velocemente, ne percepisco la ruvidezza e mi fa impazzire. Sento l'orgasmo avvicinarsi di nuovo, cerco di accoglierlo e lasciarmi pervadere, ma Aizawa si ferma, si alza ed io abbandono il mio corpo frustrato, rilassando i muscoli.

Lo vedo avvicinarsi al mio viso, la mascella contratta per l'eccitazione «questo è per non aver messo l'intimo. La prossima volta impara a fare come ti dico, o le conseguenze saranno molto più dolorose di un orgasmo mancato»

Non rispondo, frustrata dalla situazione. Lui è di nuovo in piedi, ma non ho paura come prima. Adesso il corpo per quanto io mi opponga è eccitato, pronto. L'unica cosa che riesco a fare è contrarre le mie pareti interne in cerca di una frizione che ovviamente non troverò.

Sono talmente persa in quel vortice di sensazioni contrastanti, da non far caso ad Aizawa che si sfila i pantaloni, finché non sento la sua erezione premere sulla mia apertura. In un lampo di lucidità tento di allontanare il bacino, ma le sue mani me lo impediscono e lo sento affondare in me.

Dovrei respingerlo, invece mi sembra di non aver aspettato altro. Soffoco i gemiti nelle coperte mentre lentamente esce da me per poi affondare con più forza. Continua a farlo, con una lentezza estenuante. Cerco di stringerlo a me, contraendo le pareti strette, ma lui beffardo si allontana dopo ogni affondo.
Ogni spinta è un tremito, ogni volta che di allontana è il vuoto. In bilico tra la pienezza e la sua mancanza, non so neanche io cosa desidero.

«a-aizawa» gemo.

«Cosa?» la sua voce è roca e tagliente.

«Ti prego..» mormoro ma non lo guardo, arrossendo per la vergogna. Non so di cosa lo sto pregando. Di smettere? Di muoversi con più forza? Spero sia lui a capirlo per me, io adesso non ne sono capace.

Aizawa sceglie la seconda opzione, forse l'unica che lui abbia mai contemplato. Inizia a spingersi in me brutalmente, con velocità, premendo le mani sui fianchi tanto da sentire i polpastrelli affondare senza pietà.

I suoi gemiti rochi risuonano dietro di me e dopo alcuni minuti, finalmente un orgasmo appagante mi percorre interamente, facendomi tendere sotto di lui. Sento il membro di Aizawa ingrossarsi, fino a riempirmi del suo seme.

Mi rilasso, stremata. Lui resta immobile qualche secondo, poi esce da me e mi scioglie le braccia, lasciandomi un bacio tra le scapole che trasmette una scossa lungo tutta la schiena.

Come ogni volta non lo guardo negli occhi, non parlo, rossa per l'imbarazzo. Fuggo in bagno per recuperare il pigiama, che infilo anche se sono ancora accaldata. Mi lavo il viso, sperando che riprenda un colore normale, ma resta arrossato così come le labbra.

Sui fianchi noto il segno rosso delle sue dita preannunciare un livido che resterà a lungo. Esco non sapendo se troverò Aizawa nella mia camera. Sinceramente non so cosa preferirei.

Lo trovo in boxer sul letto, con uno sguardo gelido «continui a prendere i contraccettivi vero?». Sento gli occhi pizzicare per delle lacrime di cui non so neanche io l'origine. Le trattengo ed annuisco.

Non lo guardo, ma non per l'imbarazzo, non per la paura. Temo piuttosto che se incontrassi di nuovo quegli occhi neri, inizierei a piangere. Di frustrazione forse, di insoddisfazione. Ripenso a quelle foglie al parco. Adesso sono di nuovo gettata sull'asfalto, non voluta.

Alla fine, per lui sono soltanto qualcuno da sfruttare. Mi sfrutta per il mio quirk, per il mio corpo. Quello che lo preoccupa è soltanto che io continui a prendere i contraccettivi e di sicuro è solo perché non vuole aspettare quasi un anno per potermi avere di nuovo. La speranza di essere qualcosa di più è solo una mia illusione. Quando credo che i suoi occhi mi desiderano, la realtà è desiderano un orgasmo, qualcuna che lo soddisfi, non importa chi.

Per quel che ne so stanotte dormirà con me, domani con un'altra donna. Magari qualcuna che si dona totalmente a lui. Potrebbe avere dei figli, una compagna, mentre io sono solo un piacevole passatempo, qualcuna con cui sfogare i suoi istinti, godendo della mia condizione di sottomissione.

«Smettila» dice secco. Non so di che parla, io mi sto solo mettendo nel mio letto, in cui lui si è infilato senza permesso.

«Non sto facendo nulla» mormoro con la voce più incerta del voluto.
«Smetti di fare quella faccia Meleys» precisa.

Lo ignoro. Non può controllare le mie emozioni così come al solito gli do le spalle e resto in silenzio. Lo sento voltarsi verso di me. Preme le dita sul mio fianco, dove sta già uscendo un livido.

Gemo dal dolore e sento la sua voce profonda e calma alle mie spalle «odiami come sempre, guardami con rabbia, con gli occhi infuocati, ma non fare quella faccia»

Vorrei urlare, piangere. Perché deve essere così contorto? Ogni fibra del mio corpo vuole insultarlo, chiedere spiegazioni, ma resto ferma anche se tremo leggermente.

«Non te ne andrai neanche oggi?» chiedo con una freddezza che non rispecchia il mio animo in fiamme. Si avvicina ai miei capelli, inspira profondamente «no Meleys» allunga le braccia sotto di me, stringendomi possessivamente «e smetti di dirlo ogni volta, non ti scordare con chi stai parlando»

Come se fosse possibile..

Passano i minuti, decine e decine di interminabili minuti ed io resta ferma, immobile, incapace di dormire. L'unico odore che percepisco è il suo, l'unica fonte di calore è il suo petto, l'unico rumore è il suo respiro lieve nell'orecchio, che tuttavia mi sembra assordante.

Se guardo il muro l'ombra proiettata non è la mia, bensì quella di Aizawa. La sua sagoma mi circonda del tutto ed io scompaio nelle sue tenebre. Ora mi torna in mente l'aiuto che gli ho dato con quella rapina. Forse, se invece avessi avvertito Tsukauchi, lui adesso sarebbe in prigione ed io sarei libera.

Non riesco a togliermi quel dubbio sempre più insistente che mi riempie la mente. Avrei davvero potuto concludere tutto ciò? E se così fosse, perché non l'ho fatto?

«Eri in quella banca?» chiedo, sperando sia sveglio anche se non ha dato segnali finora.

«Pensi che sia un idiota?» la sua voce annoiata è leggermente graffiata.

«Non mi hai risposto»

Sospira, prendendosi qualche secondo «no Meleys, non c'ero. Non sono tanto stupido da mettere la mia vita, la mia libertà nelle tue mani». Altre poche parole, altra fitta dritta al cuore. So di essere il nulla per lui, ma sentirglielo dire è più duro del previsto.

Non aggiungo altro, schiacciata dall'ennesima prova della sua considerazione nei miei confronti.

«Perché mi hai aiutato?» chiede. Ci metto qualche istante ad elaborare quella domanda, che mi sembra davvero assurda.

«Mi hai costretta, cosa avrei dovuto fare? Oppure in quella banca hai mandato persone di cui volevi liberarti, sperando che io le consegnassi alla polizia?»

Scuote piano la testa «avevi una scelta. Hai scelto di non dire nulla, di aiutare me piuttosto che il tuo amico»

«Se non ti avessero preso cosa sarebbe stato di me? Non credo che avrei vissuto a lungo»

«La notte in cui ti ho rapita hai detto di non temere la morte, che non è la cosa peggiore. Questo non è peggio? Essere mia, fare tutto ciò che ti dico, ubbidirmi e tradire i tuoi ideali.
È vero, hai paura di me, ma se stai facendo tutto ciò è perché hai scelto di farlo»

Un'altra volta, resto schiacciata dalle sue parole, la rabbia inizia a salire, per poi tramutarsi in lacrime silenziose. Allora credeva che non avrei retto e che avrei preferito la morte, è questo che voleva facessi.

«Quindi credevi-» la voce mi si blocca «volevi che mi uccidessi? Che mi lasciassi uccidere?»

«Non hai la minima idea di cosa io desideri». Nella sua voce sento una nota di amarezza, ma di sicuro sono io che mi illudo. Sono un'ingenua, come lui non smette di ripetere da quando ci siamo incontrati.

Mi fa voltare con facilità. Sento il battito del suo cuore raggiungermi attraverso la fronte poggiata al suo largo torace. Mi sembra quasi irreale, come se mi aspettassi che avrebbe avuto il petto immobile, vuoto, privo dell'organo a cui imputiamo le nostre emozioni.

Una sua mano è poggiata sul retro della mia nuca e trovo irrazionale quel gesto quasi dolce, ma sono consapevole che non ci sia dolcezza in lui.

«Voglio che tu sia mia Meleys» sussurra. La sua voce risuona nel mio corpo, vibra dal suo petto e mi raggiunge lo stomaco, facendo tremare anche me. Al di fuori di ogni logica, quelle parole hanno in me un effetto più forte di ogni "ti amo" che io abbia mai sentito.

In quella nuova posizione le lacrime cessano di scendere, il respiro si regolarizza, le palpebre sembrano pesanti. In breve mi addormento, confusa e con una strana sensazione nel petto che sembra non voler diminuire.

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Il mio sonno leggero viene interrotto da un rumore debole ma fastidioso che non riconosco. Socchiudo gli occhi e riconosco a stento il petto di Aizawa, ancora premuto sulla mia fronte. Lui si sposta, allungando la schiena sul materasso e tendendo il braccio verso il pavimento, allontanandosi da me.

Capisco che quel suono è la suoneria di un telefono, a me sconosciuta. Immagino sia di Aizawa e resto ferma. Il suo viso viene illuminato dalla luce dello schermo, dopo un istante risponde con voce assonnata. Richiudo gli occhi e fingo di dormire, ma l'udito resta in tensione.

Una voce dall'altro capo del telefono risuona nella camera silenziosa «~heeei Eraser» il suo tono di voce, per qualche motivo, mi da i brividi «ancora da lei?»

Il tono di Aizawa sembra infastidito «che diavolo vuoi?» parla sottovoce, per non svegliarmi forse. Intanto inizia ad alzarsi lentamente e spero ci metta molto, perché voglio sentire cosa dice quell'uomo, che forse si stava riferendo a me.

«Oh man, molte cose..» risponde lo sconosciuto ridendo piano e mi si gela il sangue «vorrei anche questa strana sfera, non ho mai capito di cosa si tratti.. Beh non importa, credo che la terrò. Non c'è nessuno ad impedirmelo d'altronde»

Non so di cosa stia parlando, ma Aizawa sembra aver capito, perché risponde velocemente «esci subito dal mio appartamento». Sento un'altra risata all'altro capo del telefono, poi Aizawa si allontana e non posso più sentire nulla.

Resto tesa, cercando di cogliere qualcosa, ma mi è impossibile. Ho quasi perso le speranze quando una frase più forte delle altre, pronunciata con una rabbia spaventosa, raggiunge le mie orecchie «tu pensa solamente di toccarla e giuro che ti uccido».

Un brivido mi attraversa. La voce di Aizawa era cupa e seria, in un modo che non gli avevo mai sentito, neanche nei momenti in cui è stato più duro e arrabbiato.

Dopo un paio di minuti sento i suoi passi leggeri vicino al letto e il rumore dei vestiti che vengono sollevati. Capisco che si sta vestendo, quindi se ne andrà. Vorrei dire qualcosa, fargli capire che sono sveglia, sapere cosa direbbe, invece resto immobile, mentre dento di me infuria una tempesta.

Nella tempesta si apre uno squarcio di luce nel cielo, che dirada le nubi, quando le labbra di Aizawa si posano sulla mia nuca «buonanotte Meleys» sussurra. Due semplici parole, che mi fanno inspiegabilmente accelerare il battito cardiaco, mentre un'ondata di calore mi raggiunge il viso.

Sento la finestra aprirsi e chiudersi, poi nulla. Affondo la testa nel cuscino ed emetto un grido soffocato. Quell'uomo mi sta facendo impazzire.

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