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51 - Vita di coppia

Claire accettò di buon grado la compagnia del suo angelo. Amber comparve in questo mondo non appena lei si trovò sola nella sua nuova casa, e decisero in breve tempo andare a visitare il loro nuovo quartiere insieme, permettendo ad Uriel e me di osservarle per la prima volta senza che ci notassero. Amber, effettivamente, era piuttosto minuta, e aveva una carnagione pallida che contrastava con i capelli scuri e gli occhi angelici che ormai vedevo così di rado. Però sembrava una ragazza allegra: reagiva con meraviglia a tutto ciò che vedeva e riusciva, così, a strappare dei sorrisi allegri anche alla sua sfortunata protetta.

Claire, al contrario, era di costituzione media, aveva occhi color terra come quelli di Sarah e dei bei boccoli di un rossiccio scuro. Non riuscivo ancora a credere che quella ragazzina, che sembrava quasi una bambola di porcellana, fosse potenzialmente aggressiva, ma ormai sapevo bene che le apparenze non rivelavano nulla delle persone.

Uriel decise di combinare subito un incontro "casuale" con loro, ma senza di me; voleva coinvolgermi il meno possibile perché temeva l'irruenza di Claire anche nei miei confronti, oltre che in quelli di Amber. Così, alla fine della loro passeggiata in città, le fermò con una scusa mentre passavano davanti alla nostra casa per tornare alla loro, e io dovetti limitarmi a osservarli dall'ingresso, seminascosta dalle fioriere.

«Ehi, sei la ragazza nuova?» la chiamò Uriel con il massimo della naturalezza, mentre si avvicinava a lei attraverso il cancello del nostro giardino isolando completamente Amber dalla sua vista.

«Ehm, sì, sono arrivata ieri».

«L'avevo sentito dire. Benvenuta, io sono Uriah».

Claire sembrò contenta dell'accoglienza. Parlarono del più e del meno per qualche minuto, poi lei gli chiese delle informazioni sulla vita in questa città e in qualche modo Uriel riuscì a rispondere a tutte le sue domande, strappandogli la promessa di venire da lui se avesse avuto bisogno di qualche altra cosa. Era incredibilmente bravo... avevo ancora molto da imparare, se volevo realmente essergli d'aiuto.

«Mi sembra che sia andata bene» commentai mentre rientravamo insieme in casa. «Claire sembrava contenta di avere qualcuno a cui affidarsi in questa città».

Uriel, però, non era dello stesso avviso. «Non so... ho l'impressione che le sarà difficile fidarsi di me. Sfuggiva alla mia vicinanza come se mi temesse, e non sarebbe poi così strano, considerato il suo passato».

«Dalle un po' di tempo, andrà bene». Avevo completa fiducia nelle sue capacità.

Mentre pronunciavo queste parole stavo provando a tornare nella mia forma angelica, ma Uriel mi fermò.

«Non trasformarti, non abbiamo ancora finito».

«Perché? Cosa dobbiamo fare?» mi stupii.

Prese la mia mano e mi condusse verso la cucina. «Una cosa che non ti piacerà per niente».

«Uhm, questa cosa ha per caso a che fare col cibo?» intuii con un leggero disgusto.

«Esattamente».

Quella mattina avevamo comprato degli alimenti umani e mi ero dovuta arrendere definitivamente all'inevitabile. Uriel mi aveva avvertita già da prima del giuramento: per seguirlo in questo mondo avrei dovuto imparare a mangiare, quella necessità umana per nulla attraente che in passato mi ero illusa di essere riuscita ad evitare per sempre.

«Mi dispiace, Azalee, non puoi evitarlo se vuoi usare la forma umana, e se non lo fai sarai prigioniera in questa casa».

«Lo so, lo so, non preoccuparti» accettai con un'alzata di spalle. Ma lui sentiva benissimo il disgusto che provavo.

«Vieni qui» mi chiamò mentre tagliava dei pezzi di frutta a fette molto fine. «Apri la bocca».

Obbedii solo e soltanto per paura di essere riportata nel nostro mondo. Era una cosa... disgustosa. Dovetti masticare qualcosa di umido e freddo che si rompeva nella mia bocca facendo rumore tra i miei denti, mentre il suo gusto forte mi faceva contrarre tutti i muscoli del viso. Riuscii a mandarlo giù solo dopo qualche minuto, quando ormai non aveva più né sapore né consistenza. E si trattava solo di una fettina di mela...

«Non esagerare, non è poi così male».

Uriel mi guardava a metà tra incredulità e rimorso. Dopo il primo lunghissimo boccone, mi chiese di mangiare altri piccoli pezzi di frutta che mandai giù con sempre più fatica, fino a che non dovetti arrendermi.

«Basta, smettiamola per oggi». Da umana diventava ancora più difficile ammettere di non riuscire in qualcosa.

«Non è da te arrenderti così presto» mi stuzzicò, anche se vedevo bene il suo dispiacere. «Solo un'ultima cosa».

«No, facciamo domani!».

Non mi ascoltò nemmeno. Non era stato affatto contento di sottopormi a quella prova, ma ora sembrava quasi che si stesse divertendo. Immerse il polpastrello in un barattolo pieno di una melma dorata - che presto avrei scoperto essere miele - e sporcò le mie labbra prima che riuscissi a reagire in alcun modo.

«Ehi!» mi lagnai come una ragazzina.

Mi trovai a leccare a malavoglia quell'impiastro davanti al suo sguardo divertito, aspettandomi un cattivo sapore che invece non arrivò.

«Uhm, questo è buono» mi stupii.

Quando Uriel vide che mi leccavo le labbra come i bambini, scoppiò in una risata allegra e incredibilmente dolce. Non lo avevo mai visto ridere in quel modo, era... stupendo.

«Ehi, non prendermi in giro» mi lamentai per orgoglio umano.

«Non ti prendo in giro».

Avvicinò il viso al mio fino a sfiorarmi la guancia, donandomi una stupenda sensazione di calore. Chissà come, riusciva sempre a farmi sentire il suo amore senza bisogno di parole.

«Ti ringrazio» sussurrò al mio orecchio, mentre le sue braccia mi avvolgevano dolcemente.

«Per cosa?».

«Per essere qui, insieme a me. Con te accanto è tutto diverso, le cose che un tempo mi stressavano ora sono incredibilmente gradevoli. Spero... che un giorno riuscirò a renderti almeno una parte della felicità che tu stai donando a me».

Mi strinsi a lui, sorridendo anche se non poteva vedere la mia espressione. Evidentemente Uriel non si rendeva conto di quanto mi rendesse felice anche solo pronunciando simili parole... Tutto ciò era già al di sopra di qualunque cosa avessi mai osato desiderare in tutta la mia vita, e volevo che lo sapesse.

«Lo hai già fatto, Uriel. Mi rendi felice in ogni singolo giorno che passo insieme a te».

Sprofondai con il viso sul suo petto, senza riuscire a smettere di sorridere. Cibo, freddo, stanchezza, solitudine... accanto a lui avrei affrontato con il sorriso qualunque destino.

*

Quella notte dormimmo nel nostro mondo, poiché Uriel voleva farmi abituare a vivere al chiuso poco per volta. Quando al mattino tornammo indietro, però, non restammo insieme a lungo, perché ben presto lui dovette occuparsi di un altro suo protetto.

«Non starò via più di due o tre ore. Te la senti di rimanere qui da sola?» si preoccupò non appena se ne rese conto.

Avrebbe preferito sapermi all'aria aperta del nostro mondo, ma purtroppo non avevamo scelta: tre viaggi in poche ore erano ancora troppo stressanti per il mio fisico.

«Certo» confermai subito per non farlo preoccupare.

«Cercherò di fare presto, mi dispiace».

«Non preoccuparti per me, Uriel, io sto bene. Pensa solo ai tuoi protetti».

Annuì, ma non sembrava che si sentisse più tranquillo. Strinse la mia mano per un istante e poi si trasferì via, portando con sé tutti i suoi sensi di colpa.

Non appena restai sola andai a rintanarmi nella nostra stanza. Stare dentro quella casa senza Uriel non mi piaceva, quel silenzio assoluto era... esasperante. Sentivo il bisogno di uscire, ma l'unico modo in cui potevo farlo senza disobbedire alle sue indicazioni era trasformandomi in umana e limitandomi a scendere nel nostro piccolo giardinetto. Pensai che in fondo era meglio di niente, così scesi le scalette dell'ingresso e andai a sedermi sulla panchina in pietra, sentendomi meglio non appena percepii il sole sulla mia pelle. In forma umana mi trasmetteva un piacevole tepore, così chiusi gli occhi per concentrarmi su quella sensazione e li riaprii solo quando improvvisamente... mi sentii chiamare a gran voce.

«Melanie! Ehi, sei Melanie, vero?».

Mi voltai con un sussulto. Era Claire, e con lei c'era il suo angelo! Accidenti, Uriel non sarebbe stato per nulla contento di sapere che ci eravamo incontrate da sole. D'altra parte ormai non potevo di certo ignorarla...

Feci un bel respiro e mi arresi ad andarle incontro. Non guardare Amber, non guardare Amber. Avevo il terrore di tradirmi.

«Ciao, mi chiamo Claire. Ieri ho conosciuto il tuo fidanzato e mi ha parlato di te, scusami se mi sono permessa di chiamarti».

«Ciao. Non scusarti, è un piacere conoscerti». Più o meno.

«Chiedile di fare una passeggiata. Sembra una brava ragazza, hai bisogno di conoscere gente di cui fidarti».

Il saggio consiglio del suo angelo. Al suo posto avrei detto la stessa cosa, solo che la povera Amber aveva decisamente sbagliato a giudicarmi.

«Sai? Mi sono trasferita qui solo ieri» la assecondò lei. «Faresti una passeggiata con me? Mi piacerebbe conoscerti meglio, visto che ora siamo vicine di casa».

Pessima idea, andava contro tutte le raccomandazioni di Uriel messe assieme. «In realtà avrei delle cose da fare».

«Ah, che peccato... Allora un'altra volta, quando avrai più tempo».

No, così non andava bene. Non avrei potuto inventare scuse all'infinito, a questo punto preferivo farlo subito per chiudere quella storia il più in fretta possibile.

«No, va bene. Ma dovremo farci bastare cinque minuti, ok?».

Questa volta accettò con un sorriso allegro. «Cinque minuti andranno benissimo».

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